SINDROME DELLA VESCICA
IPERATTIVA
La sindrome
della vescica iperattiva è una condizione medica diffusa in tutto il
mondo con un significativo impatto sulla qualità di vita di quanti ne soffrono.
Attraverso una serie di domande con relative risposte si cercherà di descrivere
al meglio questa condizione sottolineando quale ruolo possa avere nel suo
management il medico di medicina generale.
1. Che
cosa si intende per vescica iperattiva?
Per sindrome della vescica
iperattiva
(altrimenti chiamata sindrome urgenza-frequenza o sindrome da urgenza) si
intende una entità clinica caratterizzata da urgenza minzionale con o
senza incontinenza da urgenza, di solito associata a pollachiuria diurna e
nicturia. Per urgenza
minzionale si intende l’improvviso,
irrefrenabile desiderio di mingere, difficile da procrastinare nel tempo. La
nicturia
è un
sintomo caratterizzato dall’alzarsi di notte una o più volte per urinare. La
pollachiuria diurna identifica un sintomo
lamentato dall’individuo secondo cui vi è una elevata frequenza minzionale
diurna. Per incontinenza
urinaria
si intende una qualsiasi perdita involontaria di urina. In ogni specifica
circostanza l’incontinenza urinaria dovrebbe essere ulteriormente descritta
specificando fattori rilevanti quali il tipo, la frequenza, la gravità, i
fattori precipitanti, l’impatto sociale, l’effetto sull’igiene e la qualità di
vita, le misure utilizzate per contenere le perdite ed il desiderio del paziente
di essere curato. Ne consegue che quando si parla di incontinenza urinaria da
urgenza si
intende una perdita involontaria di urina accompagnata o immediatamente
preceduta da urgenza. Per iperattività
detrusoriale si intende, la presenza di
contrazioni detrusoriali involontarie durante la fase cistometrica di
riempimento, che possono essere spontanee o provocate. Essa può suddividersi in
iperattività detrusoriale idiopatica e iperattività detrusoriale
neurogena.
L’iperattività detrusoriale
idiopatica
è tale quando non è definita alcuna causa. L’iperattività detrusoriale
neurogena
è, di contro, sottesa da una condizione neurologica rilevante. Alla luce di
quanto esposto è possibile utilizzare il termine empirico di “vescica
iperattiva” solo in assenza di una comprovata infezione urinaria o di altre
patologie note.
2. Chi
sono i soggetti a rischio?
I possibili fattori di rischio
associati con la vescica iperattiva sono l’età, la menopausa, l’obesità, altri
sintomi urinari, le alterazioni funzionali e/o della sfera cognitiva, i rischi
occupazionali, altri fattori (es. infezioni delle vie urinarie, precedente
chirurgia uro-ginecologica, assunzione di farmaci, fumo di sigaretta, malattie
neurologiche, ritardato controllo della minzione nell’infanzia). I sintomi che
configurano il quadro di vescica iperattiva sono presenti sia nelle donne che
negli uomini e tendono ad aumentare con l’età. Con l’avanzare degli anni, nella
donna la capacità e la compliance vescicali tendono a diminuire, al pari della
massima pressione di chiusura uretrale e del flusso massimo urinario; nell’uomo
si riduce il flusso massimo ed aumenta il residuo vescicale post minzionale.
Inoltre condizioni mediche quali la riduzione dell’orientamento
spazio-temporale, l’alterata mobilità ed i disturbi dell’alvo, soprattutto la
costipazione, tendono ad associarsi a tale sindrome nell’anziano, con
conseguenti possibili comorbilità strettamente correlate quali le cadute, le
fratture conseguenti, le infezioni urinarie ricorrenti, le infezioni cutanee,
l’insonnia e la depressione.
3. Quali
sono le modalità diagnostiche?
Nell’approccio iniziale al
paziente con disfunzioni minzionali, occorre percorrere alcune tappe essenziali
nell’iter diagnostico:
-
Anamnesi e
valutazione generale del paziente
-
Valutazione
sintomatologica
-
Impatto
sulla qualità di vita e desiderio di cura
-
Esame
obiettivo
-
Analisi
delle urine
-
Compilazione
del diario minzionale e valutazione del residuo vescicale post
minzionale
Le componenti
principali che costituiscono la valutazione
generale del paziente
comprendono:
-
la natura e la durata dei sintomi genito-urinari e del basso
intestino;
-
i precedenti interventi chirurgici, in particolare quelli che interessano
il tratto genito-urinario;
-
le problematiche ambientali coinvolgenti le sfere sociali e
culturali;
-
la mobilità (pazienti disabili possono necessitare di un approccio
specialistico sin dall’inizio);
-
lo stato mentale (ogni paziente dovrebbe essere valutato per la sua
capacità di comprendere i piani terapeutici proposti e di entrare in discussione
qualora vi fossero a disposizione più opzioni terapeutiche; inoltre in alcuni
casi, come la demenza, è importante testare la funzione cognitiva del
soggetto);
-
lo stato di malattia (malattie coesistenti possono influire
profondamente sulla condizione urinaria di un individuo);
-
l’assunzione di farmaci (è sempre importante rivedere ogni farmaco
assunto dal paziente al fine di appurare se tale sostanza sia in grado di
causare o peggiorare la disfunzione minzionale lamentata dal
paziente);
-
la funzione sessuale (sebbene non siano molte le informazioni
sull’impatto dell’incontinenza urinaria e della vescica iperattiva sulla sfera
sessuale, questo aspetto della vita del paziente dovrebbe essere indagato ogni
qual volta indicato, ad esempio in relazione all’età);
-
la funzione intestinale che può considerevolmente influenzare la
funzione minzionale sia in caso di stipsi che di incontinenza
fecale;
-
la valutazione degli obiettivi e delle aspettative del paziente in
merito al trattamento;
-
la valutazione dello stato di salute e benessere generale del
paziente per eventuali possibili procedure chirurgiche (di pertinenza
specialistica);
Una raccolta
anamnestica completa dovrebbe includere anche una attenta valutazione dei
sintomi (frequenza del sintomo, percezione dell’impatto del sintomo sulla
qualità di vita del paziente, in caso di incontinenza percezione della quantità
di perdita e percezione di sintomi legati a prolasso genito-urinario).
Passo successivo nella gestione iniziale del paziente è l’esame
obiettivo che dovrebbe
comprendere:
-
l’esame addominale dopo lo svuotamento vescicale con l’obiettivo di
individuare una vescica palpabile (presenza di residuo post-minzionale
significativo);
-
l’esame perineale per valutarne la sensibilità;
-
l’esplorazione rettale per valutare il tono anale, la funzionalità
del pavimento pelvico, la consistenza delle feci e nell’uomo, la ghiandola
prostatica;
-
i genitali esterni;
-
l’esame vaginale per indagare la presenza di eventuali prolassi, la
funzione dei muscoli del pavimento pelvico e lo stato
estrogenico;
-
lo “stress test” al fine di escludere una concomitante incontinenza
urinaria.
Dopo l’esame
obiettivo è altamente raccomandata l’esecuzione di un’analisi
delle urine. Con tale
esame è possibile diagnosticare prontamente una infezione urinaria escludendo in
tal modo una causa facilmente curabile di alcuni disturbi minzionali che possono
mimare il quadro sintomatologico della sindrome della vescica iperattiva.
Altri due
passi diagnostici da percorre prima di eventuali indagini specialistiche e di
intraprendere un appropriato trattamento sono costituiti dalla compilazione del
diario minzionale e dalla misurazione del residuo vescicale post
minzionale.
Il
diario
minzionale consente di
ottenere informazioni utili sulla frequenza minzionale, sul volume urinario
vuotato, sugli eventuali episodi di incontinenza e sull’impiego di presidi
esterni per la continenza (ad esempio pannolini, condom...).
Il residuo vescicale post
minzionale
valutato ecograficamente offre simultaneamente informazioni sia sulla capacità
vescicale che su eventuali alterazioni della parete vescicale. Attraverso questa
semplice indagine strumentale si possono individuare calcoli endoluminali,
diverticoli vescicali, lobo medio prostatico protrudente nel lume vescicale. A
causa della elevata variabilità intra-individuale di tale parametro, la
misurazione del residuo vescicale post minzionale dovrebbe essere ripetuta più
volte al fine di migliorarne la precisione, soprattutto nel momento in cui la
prima valutazione risultasse abnorme. Attualmente in letteratura non vi è una
univoca definizione di residuo post minzionale significativo. In ogni caso,
residui inferiori a 50 ml riflettono un adeguato svuotamento vescicale, mentre
volumi superiori a 200 ml sono certamente anormali.
4. Quali
criteri adottare per avviare il paziente al trattamento con
antimuscarinici?
Ogni qualvolta si è innanzi ad
una sospetta diagnosi di sindrome della vescica iperattiva con o senza
incontinenza da urgenza, è lecito impostare subito una terapia farmacologica
antimuscarinica, in assenza di un residuo vescicale post minzionale
significativo (100 ml).
Fra i farmaci
anticolinergici più utilizzati c’è l’ossibutinina, il trospio, la tolterodina e
la solifenacina. L’ossibutinina è un farmaco efficace nella cura dei sintomi da
vescica iperattiva ma il suo impiego, soprattutto a dosaggio pieno (5 mg x 3/die
per bocca), è gravato da una serie di effetti collaterali fra i quali spiccano
la secchezza delle mucose, soprattutto della bocca, e la stipsi, i quali
costringono molti pazienti ad abbandonare il trattamento. La tolterodina e la
solifenacina rappresentano una valida opportunità terapeutica in quanto la loro
dose massima è ben tollerata e causano minori effetti
collaterali.
5.
Quali sono le altre possibilità terapeutiche?
La terapia
comportamentale con modificazione delle abitudini minzionali e alimentari (è la
prima forma di terapia conservativa cui far ricorso!), la riabilitazione del
piano perineale, eventualmente assistita da Biofeed-back, le elettrostimolazioni
(trans-vaginali, trans-anali, del nervo pudendo, del nervo tibiale posteriore
-SANS-PTNS), l’Agopuntura. A volte, in caso di poliuria notturna, si può far
ricorso all’ormone anti-diuretico. Per casi particolarmente resistenti a tutte
queste terapie conservative, si può far ricorso alle iniezioni di tossina
botulinica nella parete della vescica o all’impianto di Neuromodulatore
Sacrale.
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