giovedì 28 aprile 2022

Libia: bombardamenti senza fine

Libia, bombardamento su centro migranti. Decine di morti

Le vittime dei bombardamenti Nato in Libia? La verità contro un muro di gomma di Sergio Cararo

Le vittime dei bombardamenti Nato in Libia? La verità contro un muro di gomma di Sergio Cararo Sulla rivista Foreign Policy, è stata pubblicata una inchiesta che chiede di far luce sulle vittime civili dei bombardamenti delle potenze della Nato in Libia dieci anni fa. Nel 2011 per abbattere Gheddafi, ben otto potenze aderenti alla Nato (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Italia, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti), bombardarono quel paese facendo centinaia di morti tra i civili. Per anni anche questo è stato un tabù (dalle nostre parti a tanti, a cominciare dal Quirinale di Napolitano, dovrebbero fischiare le orecchie, ndr). A invocare giustizia, verità e risarcimenti è la campagna Airwars che da anni si batte per farli ottenere alle vittime dei crimini di guerra delle potenze, le quali proprio in Libia invocarono addirittura la dottrina della “Protezione dei civili”. I civili libici uccisi dai bombardamenti Nato del 2011 sono stimati tra i 223 e i 403, su un totale di civili morti nel colpo di stato contro Gheddafi stimati tra i 1140 e i 2515. La punta delle vittime è stata raggiunta nell’agosto del 2011 con 66 morti sotto i bombardamenti Nato su un totale di 349 vittime civili negli scontri. Stimati, appunto. Joe Dick sul numero del 20 marzo di Foreign Policy ha provato a scoperchiare il macigno di omertà sulle vittime civili dei bombardamenti dei paesi Nato sulla Libia. Su altri paesi come l’Iraq e la Siria i governi e le forze armate dei paesi occidentali hanno cominciato ad ammettere. Ma la Nato in quanto tale ha alzato una barriera che al momento risulta inamovibile, soprattutto attraverso uno scarico di responsabilità tra i singoli Stati aderenti e la Nato stessa. Quello che Dick definisce come un tabù ha visto il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aprire la strada, ammettendo che le sue forze hanno ucciso più di 1.300 civili nella campagna di bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato Islamico, anche se i reporter di Airwars stimino che il numero reale sia molto più alto. Altri alleati chiave degli Usa continuano a negare. Il Regno Unito ha ammesso solo una vittima civile in sei anni di bombardamenti sulle posizioni dello Stato Islamico, la Francia nessuna. E’ stato invece impossibile procedere contro la Nato per le uccisioni di civili durante i bombardamenti sulla Serbia nel 1999. La stessa NATO ha ora una squadra di investigazione dedicata alle vittime civili in Afghanistan. Mark Goodwin-Hudson, che come tenente colonnello dell’esercito britannico ha guidato uno squadrone nel 2016 ed è ora un consulente per il Center for Civilians in Conflict, ha detto che non era solo moralmente giusto, ma aveva senso militare per risarcire le famiglie. “In termini di vittoria della guerra, devi ammettere gli errori, in particolare nel caso di danni ai civili, e prevedere riparazioni appropriate”, ha detto l’ufficiale britannico. “Soprattutto in contesti in cui dovresti combattere per i cuori e le menti.” Ma in alcuni casi si presenta un problema di definizione delle responsabilità. In teoria, le coalizioni internazionali come la NATO riguardano la responsabilità collettiva. Tuttavia, per i civili che danneggiano, spesso sembra un’evasione collettiva, scrive Dick nel suo articolo. Nel caso specifico le vittime degli attacchi della NATO in Libia si trovano in un vicolo cieco. Per chiedere scuse, devono sapere quale singolo paese ha effettuato il bombardamento, ma gli Stati responsabili si nascondono ancora dietro l’anonimato della coalizione. Otto nazioni della NATO hanno effettuato attacchi aerei in Libia durante il 2011: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Italia, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti. Airwars ha presentato richieste di informazioni e domande a ciascuno di questi paesi in merito a singoli attacchi che, secondo quanto riferito, hanno ucciso civili. La Danimarca e la Norvegia hanno fornito informazioni parziali, mentre tutti gli altri – Italia inclusa – non hanno risposto o si sono rifiutati di rispondere, trincerandosi dietro la responsabilità collettiva. Le forze armate Usa hanno risposto affermando che a tutte le domande dovrebbe essere data risposta dalla NATO. Ma l’attuale portavoce della NATO, Oana Lungescu, non ha risposto alle richieste su incidenti specifici. “La NATO come organizzazione non fa condoglianze o pagamenti ex gratia”, ha scritto via e-mail. “Come gesto volontario per alleviare le sofferenze dei civili, gli alleati della NATO hanno effettuato pagamenti alle vittime di operazioni militari in Afghanistan, Siria o Iraq”, ha aggiunto. “Non abbiamo registrazioni di alleati che effettuano pagamenti in relazione all’operazione in Libia”. La Lungescu ha insistito sul fatto che la NATO non aveva “alcun mandato” per indagare all’interno della Libia dopo la fine del conflitto del 2011. “A quel tempo, le autorità libiche hanno indicato che stavano stabilendo i propri meccanismi per esaminare gli incidenti che hanno colpito i civili. Ci siamo offerti di sostenere quel processo, ma le autorità libiche non hanno accolto l’offerta della NATO “, ha scritto Viene citato un caso esemplare. Quando un attacco aereo olandese del 2015 ha ucciso dozzine di civili in Iraq, i Paesi Bassi si sono nascosti dietro l’anonimato della coalizione anti-Stato islamico per quattro anni, nonostante sapessero in poche ore chi fosse il colpevole. Quando alla fine questo è stato scoperto dai giornalisti investigativi, la rivelazione ha quasi fatto cadere il governo olandese. L’Olanda da allora ha istituito un fondo senza precedenti di 4 milioni di euro (quasi 5 milioni di dollari) per ricostruire la città colpita ed ha avviato una revisione per migliorare la trasparenza militare e la responsabilità per i danni civili. Sia la NATO che i singoli stati membri sanno quasi certamente quali paesi abbiano effettuato i bombardamenti che hanno causato danni ai civili in Libia. Esiste addirittura un nuovo manuale della NATO – “Protezione dei civili” pubblicato l’11 marzo – che rileva la necessità “di prevenire, identificare, indagare e tenere traccia degli incidenti di vittime civili dalle nostre stesse azioni, fornendo anche ammende e assistenza post-danno quando i civili vengono danneggiati come risultato di queste operazioni”. Eppure un decennio di silenzio totale sulla Libia suggerisce che la NATO abbia ancora poca disponibilità reale a seguire quella strada. Secondo Joe Dick ci sono alcuni casi avrebbe dovuto essere semplice chiedere scusa alle vittime. Intorno all’una del mattino del 19 giugno 2011, una bomba ha colpito la casa della famiglia Gharari a Tripoli, uccidendo cinque persone. La NATO dichiarò immediatamente un “guasto del sistema d’arma” che “ha fatto sì che l’arma non colpisse l’obiettivo previsto e, secondo quanto riferito, ha provocato una serie di vittime civili“. Ma gli abitanti e gli amici della famiglia Gharari riferiscono voci secondo cui la famiglia vittima del bombardamento veniva ritenuta simpatizzante di Gheddafi. Mohammed al-Gharari, la cui sorella e i suoi due figli erano tra gli uccisi, ha deciso di lottare per ottenere le scuse. Ma ben presto ha verificato che non esisteva una via chiara per arrivare alla giustizia. Senza sapere quale nazione ha sganciato la bomba, non poteva nemmeno chiedere riparazioni o assistenza medica per i feriti nell’attacco della NATO. Mohammed al-Gharari si è recato anche a Bruxelles, sede del quartier generale della NATO. Ha pagato un avvocato belga nel tentativo di scoprire cosa sapeva l’alleanza sulla tragedia della sua famiglia, inclusa la nazione che li aveva uccisi. I soldi per le spese legali si sono esauriti, ma quelle informazioni rimangono riservate. Tuttavia, la nazione che ha condotto il bombardamento che ha ucciso la famiglia di Gharari aveva ammesso internamente, quasi immediatamente, che l’operazione “non è andata bene”. Mohammed Gharari è arrabbiato perché potrebbe non essere mai autorizzato a sapere quale nazione è responsabile del bombardamento, e denuncia come i responsabili si nascondano dietro l’anonimato della NATO. 26 Marzo 2021 - © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO Ultima modifica: 26 Marzo 2021, ore 8:02STAMPA Argomenti: crimini di guerralibianatovittime civili ‹ Articolo precedente

Come gli USA hanno distrutto l'Iraq (e l'hanno fatta franca)

guerra in iraq, filmati censurati 1/4

Putin: "L' Occidente ha costruito l'Ucraina nazista in funzione antirussa"

IRAQ: THIRD NIGHT AIR OFFENSIVE ON IRAQ

[TV 90] Tg3 Speciale Iraq (edizione straordinaria)

12 MAR 2022 VULIN: “CHI NON CHIEDE LA CONDANNA DEI CRIMINI NATO

12 MAR 2022 VULIN: “CHI NON CHIEDE LA CONDANNA DEI CRIMINI NATO IN SERBIA, NON HA DIRITTO DI GIUDIZIO PER L’UCRAINA” Inserito alle 18:49h in Crimini degli USA ed alleati da Redazione 3 Commenti di Eliseo Bertolasi Belgrado. Il ministro degli Affari interni della Serbia, Aleksandar Vulin, ha affermato che coloro che non ritengono che il patto NATO sia responsabile dei crimini di guerra in Serbia, non hanno il diritto di giudicare nessuno in Ucraina: “Quando Wesley Clark, il capo degli assassini del 1999, e Jamie Shea, il creatore del termine “danno collaterale”, con il quale spiegava la morte di dozzine dei nostri bambini, iniziarono a spiegare che uccidere i serbi nell’aggressione della NATO era umano quanto necessario, allora sai che ogni loro invito al diritto internazionale è cinismo e menzogna”. Commentando la giustificazione dell’ex comandante della NATO in Europa Wesley Clark su “Voce d’America” ​​sull’aggressione della NATO contro la Jugoslavia: “non ci sono paralleli tra l’intervento della NATO nella R.F. di Jugoslavia e l’invasione russa dell’Ucraina”, Vulin ha affermato che “chiunque condanni i combattimenti in Ucraina deve condannare l’aggressione della NATO alla R.F. di Jugoslavia”. “Chiunque tenti sul territorio della Serbia di creare il falso stato del Kosovo, non ha il diritto di parlare dell’integrità territoriale di qualsiasi altro stato”. “Chiunque guida l’isteria anti-russa, non ha il diritto nei confronti della Serbia di determinare cosa farà e come penserà”, ha sottolineato Vulin. Vulin ha inoltre valutato che “qualsiasi isteria anti-russa contiene sempre un’isteria anti-serba, così è sempre stato”. Belgrado, 1999, era il 24 marzo quando alle 20.25 scattarono i primi raid aerei dell’Alleanza atlantica contro la Jugoslavia (Serbia-Montenegro). Durarono 78 giorni, per la prima volta senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Oltre a enormi distruzioni (35.450 cluster bombe lanciate, 995 target colpiti, 3.650 strutture pubbliche danneggiate) i bombardamenti, con i jet che partivano principalmente da portaerei in Adriatico e basi NATO in Italia, causarono in Serbia, a seconda delle fonti, fra 1.200 e 2.500 morti, oltre a 12 mila feriti. Nell’anniversario dei 20 anni di questi raid aerei su Belgrado il presidente Aleksandar Vučić davanti a 30mila persone radunatesi a Nis, città meridionale serba, tra quelle più colpite dai bombardamenti della primavera 1999 non esitò a dichiarare: “La popolazione civile come bersaglio delle bombe, 2.500 morti, di cui 79 bambini, un Paese devastato, danni per 100 miliardi dollari: resterà per sempre un crimine”. Anche l’Italia che partecipò ai bombardamenti, col passare del tempo iniziò a contare le sue vittime dovute a questa azione di guerra: se ne è discusso a Roma il 4 aprile 2019, nel convegno “Uranio: un anno dalla IV Commissione. Presente e futuro”, organizzato dall’Associazione italiana vittime dell’uranio impoverito e dall’Osservatorio militare del Ministero della Difesa italiano. I relatori al convegno hanno parlato del terribile stato di salute dei soldati italiani che parteciparono alle missioni di “mantenimento della pace” in aree precedentemente attaccate dalla NATO con testate all’uranio impoverito. Il maresciallo Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare ha riferito: “363 persone sono già morte e più di 7.500 si sono ammalate. Oltre 130 sentenze di condanne tra TAR, tribunali civili, Corte dei conti e ora anche Tribunali del lavoro e 2 sentenze di Cassazione che condannano l’amministrazione e ipotizzano il reato di omicidio colposo”. Una pagina oscura della storia del nostro Paese con un conteggio delle vittime purtroppo ancora parziale. Da oltre 25 anni, ci sono da un lato ex militari ed associazioni di familiari che sostengono il nesso causa effetto tra decessi e malattie e l’uso improprio dell’uranio; dall’altro la Difesa che nega il nesso di causalità. Il tutto all’interno di una lunga vicenda giudiziaria che ha visto una serie di sentenze favorevoli ai militari contaminati e alle loro famiglie.

Bombardamenti Belgrado - SERBIA (1999)

Diego Fusaro: Cosa accadde in Serbia nel 1999. L'imperialismo USA e NATO

mercoledì 20 aprile 2022

Tutti vogliono rubare il nostro DNA

Gli scorsi due decenni hanno visto la nascita e la rapidissima crescita di un commercio che prima del nuovo millennio era inesistente: quello dei nostri dati. Senza neppure che ce ne rendessimo conto i nostri gusti, le nostre abitudini e le nostre preferenze negli acquisti sono diventate il nuovo petrolio, con le grandi multinazionali della rete che, senza il nostro consenso, hanno iniziato a raccogliere, comprare e vendere le informazioni raccolte spiando la navigazione in rete di miliardi di persone. Se però nella prima fase questo commercio ha riguardato principalmente informazioni legate al marketing, e (almeno ufficialmente) la profilazione dei cittadini era finalizzata alla vendita di prodotti, attraverso annunci commerciali mirati, in questi ultimi anni si è imposto un nuovo commercio di dati, quelli genetici. Le grandi multinazionali e alcuni governi considerano le nostre informazioni genetiche molto preziose e fanno di tutto per raccoglierle e catalogarle, al punto che il governo cinese ha deciso di dichiarare i dati genetici dei cittadini come una risorsa strategica nazionale, rafforzando il controllo statale sulle banche genetiche del Paese. Secondo Axios Yves Moreau, genetista dell’Università di Leuven in Belgio, lo sforzo delle autorità cinesi è mirato a “proteggere le informazioni genetiche dei cittadini cinesi da attori non statali”, garantendo allo Stato il monopolio sui dati genetici. La bozza delle linee guida appena pubblicata da Pechino vieta l’invio all’estero delle informazioni genetiche dei cittadini cinesi e impone la catalogazione dei database genetici umani, compresi i dati presso le istituzioni accademiche. L’ufficio di scienza e tecnologia dello Xinjiang Production and Construction Corps – un’organizzazione paramilitare tentacolare sanzionata dal governo degli Stati Uniti per la complicità nella gestione di campi di internamento di massa e lavoro forzato nello Xinjiang – sarà responsabile della gestione delle informazioni genetiche nelle regioni che amministra. Anche altri governi, come quelli di Regno Unito e Stati Uniti, hanno creato grandi database di informazioni genetiche e sanitarie, ma la differenza è che in Cina è lo Stato a gestire direttamente queste preziose informazioni, impedendo che i privati, soprattutto stranieri, possano metterci le mani sopra. Pechino dunque vieta di trasmettere i dati genetici cinesi all’estero e li protegge da abusi da parte di attori privati, garantendo al contempo al governo l’accesso e il controllo totale. Nei Paesi occidentali, dove lo Stato è sottomesso al mercato e le grandi multinazionali hanno spesso assunto le prerogative dei governi, specialmente in campo sanitario, il mercato dei nostri dati genetici è invece fiorente. Qualche anno fa fece scalpore il furto di 25 mila provette contenenti il DNA dei cittadini sardi dell’Ogliastra (una zona che vanta un incredibile numero di centenari in ottima salute ed è considerata una delle zone con la popolazione più longeva del mondo). La vicenda era iniziata nel 2000, quando Renato Soru, il patron di Tiscali, aveva fondato la società di ricerca scientifica SharDna. Questa, successivamente, è stata acquistata (insieme a tutti i campioni biologici) dalla società inglese Tiziana Life per 250mila euro. Vendita che aveva suscitato malumori e polemiche tra gli ogliastrini che avevano donato il proprio Dna. Il procuratore Mazzeo, che si è occupato delle indagini nel 2017 ha dichiarato alla stampa che riteneva che dietro il furto del materiale biologico ci fosse “una grossa speculazione e che i campioni potessero essere utilizzati per realizzare brevetti da rivendere alle case farmaceutiche”. Dunque quella che doveva essere una ricerca senza scopo di lucro, alla quale la gente aveva partecipato con entusiasmo, e si è trasformata in un intricato affare internazionale per mettere le mani sul segreto della longevità degli abitanti dell’Ogliastra e sul loro particolarissimo patrimonio genetico. La raccolta del nostro DNA e dei nostri dati biometrici sembra essere un obbiettivo primario per il potere, quello statale nei Paesi dove lo Stato è più forte dei privati come la Cina e quello delle multinazionali in occidente. Qualche anno fa in rete era martellante la pubblicità di una società di nome MyHeritage che offriva, a un prezzo irrisorio, una scansione del DNA. In sostanza inviando un campione biologico il cliente veniva a sapere la sua origine, di quali ceppi genetici fossero i propri antenati e altre informazioni simili. Inoltre l’azienda confrontando i campioni nel database metteva in contatto, se era richiesto, persone con parenti sconosciuti. La società, ancora molto attiva, afferma di aver profilato il DNA centinaia di milioni di persone, e in effetti chissà quanti, tra coloro che hanno visto l’accattivante pubblicità, hanno avuto la curiosità di sapere se avessero nelle proprie vene un 5% di sangue arabo o un 20% di sangue francese. E che dire delle macchinette per la distribuzione di sigarette che ti propongono di registrare la tua impronta digitale per poter acquistare i prodotti senza dover inserire la tessera sanitaria? In epoca di transumanesimo il nostro DNA andrebbe difeso in ogni modo, come la cosa più preziosa che abbiamo, ma milioni di cittadini inconsapevoli sono pronti a offrite alle multinazionali le informazioni più vitali in assoluto, senza neppure capire le implicazioni immense di quello che fanno, e lo Stato, completamente piegato al volere del potere economico finge di non vedere. ARNALDO VITANGELI

NOESITERAPIA: La facoltà PIÙ IMPORTANTE che l'essere umano non sa di ave...

NOESITERAPIA: La facoltà PIÙ IMPORTANTE che l'essere umano non sa di ave...

mercoledì 13 aprile 2022

Il jolly della Cina sulla guerra: la mossa che cambia il conflitto. Guer...

Draghi dice: "Preferite la pace o l'aria condizionata tutta l'estate?"

CATASTO, ARRIVA STANGATA SULLA CASA: ON TRANO RIVELA DIETRO LE QUINTE ▷ ...

Torna obbligo vaccinale quarta dose in autunno per i 50enni con relativo...

L'ANNULLAMENTO dell'ESSERE UMANO. Con Enrica Perucchietti

🇮🇹 DIRETTA LIVE da TORINO dalla manifestazione di 100 Giorni da Leoni 🇮🇹

Tutta la VERITA' sulla GUERRA in UCRAINA. Con Pedro Morago e Nina Geltser

Che COSA stiamo RESPIRANDO? Con Stefano Montanari

L'ALLARME di PUTIN: "I negoziati sono ad un vicolo cieco"

mercoledì 6 aprile 2022

Gli Americani continuano a provocare la Russia

Le basi Americane assediano la Russia

Putin: “Se gli Usa piazzano missili in Europa risponderemo”

Putin: “Se gli Usa piazzano missili in Europa risponderemo” Di Alfredo Stella -21 Febbraio 2019 LAPRESSE / AFP PHOTO MOSCA – Non le manda a dire il capo del Cremlino agli Stati Uniti. “Se gli Usa piazzano missili in Europa – ha detto Putin – risponderemo. Gli Stati Uniti con il loro sistema di scudo missilistico punterebbero al dominio globale. “Non si devono illudere – ha continuato il capo del Cremlino – noi svilupperemo sempre misure adeguate di risposta. I nostri partner americani avrebbero dovuto essere onesti e non usare accuse inverosimili per giustificare il loro ritiro unilaterale dal trattato Inf”. Il discorso al Parlamento La Russia “non ha intenzione di dislocare per prima” i missili a corto e medio raggio proibiti dal trattato Inf ma “se gli Usa piazzeranno i loro razzi in Europa” la Russia “risponderà” per proteggere la sua sicurezza nazionale, in modo “speculare e asimmetrico”, dato che a finire nel mirino non saranno solo i razzi stessi “ma i centri dove si prendono le decisioni a livello politico”. Putin ha ribadito che “la Russia può esistere solo se resta sovrana, altrimenti non esiste. Altri paesi possono vivere senza essere sovrani ma non noi, non la Russia – ha insistito, sottolineando che gli altri Paesi – non devono darci lezioni ma cooperare con noi”. “ Riserve sufficienti Putin ha poi annunciato che “per la prima volta nella storia le riserve della Russia sono sufficientia coprire il debito sia del governo sia delle imprese”. Per cui Mosca può investire “risorse finanziarie colossali nel proprio sviluppo”. Putin ha inoltre dichiarato che le risorse “non sono state prese in prestito ma “sono state guadagnate da milioni di nostri cittadini, dall’intero Paese”.

Gli USA vogliono mantenere l'egemonia sull'Europa occidentale

Virgilio Barachini , Laurea Scienze Politiche presso Università di Pisa Risposta data il giorno 7 feb 2022 · L'autore ha 594 risposte e 43.426 visualizzazioni della risposta Gli USA vogliono mantenere l'egemonia sull'Europa occidentale conquistata con la vittoria nella seconda guerra mondiale ed estendere l'egemonia sugli altri Stati dell'Europa orientale sino al 1991 occupati dall'URSS, con la complicità degli Stati "alleati" della Unione Europea (in realtà "carrozzone" vassallo degli USA) che fanno parte della NATO/USA. Fino che al potere della Russia c'è stato Eltsin addirittura la stessa Russia era diventata succube delle decisioni dei capitalisti americani e, in subordine, europei; ma da quando, dal 2000, ras Putin ha preso il potere in Russia e nella Confederazione degli Stati Indipendenti (in teoria) la musica è cambiata e il nuovo zar cerca di riprendersi, come fece Hitler dal 1933 al 1945, ciò che era stato sottratto proditoriamente all'URSS e prima alla Russia zarista, ovviamente trovando la forte ostilità dei capitalisti americani e atlantoeuropei, ma con molte defezioni in questi ultimi a favore di un'apertura commerciale con la Russia di Putin e soprattutto con la Cina di Xi, alleata (per interessi reciproci) della Russia.

Basi Usa: ma quanto ci costate?

Antonio Grego icon11 view post Inviato il: 18/1/2007, 16:55 Citazione Nell'articolo c'e' un errore, nel 1999 in Italia c'era al governo il centrosinistra. Notizia del 18 gennaio 2007 - 08:54 Basi Usa, quanto ci costano Il contributo per la difesa comune versato dall'Italia agli Usa per le spese di stazionamento ammonta a 366 milioni di dollari scritto da: sissunchi Basi Usa: ma quanto ci costate? Nel mio immaginario di italiana media ho sempre pensato che tutto sommato gli americani e loro basi erano si ingombranti però che pagassero l’affitto allo Stato Italiano, che alla fine almeno un piccolo guadagno ci fosse: niente di più falso, siamo noi che paghiamo loro! La verità è contenuta nel “2004 Statistical Compendium on Allied Contributions to the Common Defense” ultimo rapporto ufficiale reso noto dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. La pagina che ci riguarda è la b-10 dove si evince che il contributo per la difesa comune versato dall’Italia agli Usa per le spese di stazionamento ammonta 366 milioni di dollari. Il documento spiega che 3 milioni vengono versati cash e gli altri 363 milioni arrivano da una serie di facilitazioni che l’Italia gli concede. Si tratta (pagina II-5) di affitti gratuiti, riduzioni fiscali varie e costi dei servizi ridotti, se non erro tante nostre aziende stanno chiedendo questo al Governo senza mai ottenerlo, da non politica e appartenente al popolino a me sembra come se il padrone di casa oltre che a dare l’appartamento gli versasse anche dei soldi, ma è assurdo! Ma il bello è che più di noi pagano solo Giappone e Germania, mentre la Gran Bretagna nel 2004 ha contribuito con 238 milioni di dollari. Il 41% dei costi totali di stazionamento sono a nostro carico (pagina b-10), bizzarro notare che dal 37% del 1999 si è passati al 41% nel 2002 proprio durante il governo Berlusconi, presumo sarà un caso (battuta). Ma non finisce qui, in base ad accordi bilaterali firmati nel 1995 se una base americana chiude il nostro governo deve indennizzare gli alleati per le migliorie apportate. Gli Usa hanno ad esempio deciso di lasciare la base di La Maddalena in Sardegna, una commissione mista dovrà stabilire quanto valgono le migliorie e si dovrà provvedere a pagare, ma non solo, se l’Italia intenderà usare il sito entro i 3 anni dalla loro partenza bisognerà che versi un ulteriore rimborso. Che dirvi, come Italiana ignorante di politica internazionale, ci sono rimasta di sasso! Certo che con 366 milioni di dollari si potrebbero fare tante cose... che ne so ospedali?

Fulvio Grimaldi: "I Biden sono una famiglia di gangster"

Vogliono cacciarci dall'Italia. Con Stefano Montanari

Miglior attore protagonista