mercoledì 30 maggio 2012

XTraderNet: E la Fed tuonò: "Via dall'euro!"

XTraderNet: E la Fed tuonò: "Via dall'euro!": Il governatore della Fed di Philadephia Charles Plosser (Clicca per ingrandire) La notizia è di quelle da far rabbrividire, e fo...

La banda degli strozzini d'Italia


La banda cartello aggiornata degli spacciatori del nostro debito pubblicoNicoletta Forcheri, 29 febbraio 2012 - tratto da http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.com/2010/09/elenco-degli-specialisti-strozzini.html

Ecco a voi la lista aggiornata dei nostri spacciatori di debito pubblico…

Elenco degli Specialisti strozzini d'Italia 2010

Questo è il cartello che strozza, usura e ricatta l’Italia. Questo è il cartello che dobbiamo mandare a fare in culo. Questo è il cartello dei criminali che ci stanno spennando. Ecco l’elenco degli specialisti in titoli di Stato, attraverso le cui grinfie lo Stato italiano deve passare per ottenere la liquidità che gli spetterebbe per diritto e per definizione.
Gli specialisti strozzini d’Italia comprano per primi il nostro debito rivendendolo ai loro amici e decidendo di non presentarsi a un’asta, possono far saltare quel che resta dell’impalcatura del nostro paese – ciò che si guardano bene di fare – aumentando in modo esponenziale gli interessi sul debito pubblico. Essi hanno deciso di farci bollire piano piano essendo la rana italica più gustosa “stufata” ed essendoci molta carne sul fuoco (molte ricchezze da depredare). Più c’è da spolpare, più lento sarà lo spolpamento. Se la rana è grossa, non sia mai che schizzasse fuori dalla pentola o che addirittura si arrabbiasse, mordendo i cuochi..
Vedete che uno spin off della MPS è pressoché l’unico istituto ancora italiano. Capirete quindi come mai proprio il suo presidente sia diventato capo dell’ABI. Scoprirete indi come mai questa banca è diventata talmente cruciale per il saccheggio e l’occupazione finanziaria del nostro territorio. Ricorderete che lo stesso Mussari è cooptato nel consiglio di amministrazione di AXA, e che gli azionisti cosiddetti minoritari in MPS sono tutt’altro che minoritari dal punto di vista di altre gerarchie (Morgan and Chase Corporation, Axa) e hanno comprato la Unicoop (PD) e le fondazioni bancarie, azionista di maggioranza di MPS. Senza contare l’immancabile Caltagirone, l’anello di scorrimento tra finanza internazionale e radicamento sul territorio presente in tutti i porti, in tutti gli aeroporti, nell’acqua, nei media, d’Italia. Senza dimenticare il sodalizio con Casini.


La vita media è aumentata?



Tratto da http://www.luigiboschi.it/ - Franco Libero Manco
Nella rima metà del 900 l’età media della donna era di 43 anni, quella dell’uomo di 42 circa. Oggi, nel 2012, la vita media, sia della donna che dell’uomo, si può dire sia raddoppiata.
Ma l’EUROSTAT e la CIA, sostengono che negli ultimi quattro anni la nostra aspettativa di vita va accorciandosi.
Nei secoli passati un bambino su tre moriva prima di un anno di vita. Alla fine dell’800 in Italia il 38% circa dei bambini moriva prima dei 5 anni, dal 1950 in poi la mortalità scende progressivamente dal 10% al 3 per mille attuali.
Uno dei punti fermi a sostegno dei vantaggi e dei benefici della medicina convenzionale, a cui fa riferimento molta gente, è che nonostante i danni collaterali delle medicine di sintesi, nonostante gli alimenti, l’aria, l’acqua siano inquinati, la vita media è aumentata, e naturalmente i meriti vengono attribuiti alla medicina che con i suoi farmaci ha contribuito a questo traguardo.
In realtà nel fare il confronto dei dati tra la vita media attuale quella dei secoli passati si esclude l’altissima mortalità infantile, la morte per parto, le guerre, l’estrema fatica cui era sottoposta la gente, la poca igiene e la scarsa alimentazione: se nel paragone si escludessero questi fattori si capirebbe che se le generazioni passate avessero avuto gli agi ed il benessere delle generazioni attuali, cioè cibo in abbondanza, sei ore di lavoro giornaliero, igiene, assenza di mortalità per guerre, assenza quasi del tutto di mortalità per parto e di mortalità infantile ecc. la loro vita media sarebbe stata sicuramente più lunga della nostra.

Sino a pochi decenni fa i pochi che sopravvivevano alle dure condizioni di vita erano di gran lunga più forti e robusti degli anziani contemporanei. I nostri nonni lavoravano i campi fino a tarda età per 10-12 ore al giorno, e chi sa cosa significa zappare la terra può rendersi conto della forza e dell’energia necessaria. Qualunque palestrato oggi credo non sarebbe in grado di zappare o spaccare la legna solo per un’ora. Gente che durante la giornata lavorativa mangiava pane, olive e fichi secchi e la sera a cena, quelli più fortunati, legumi e verdure di campo.
A 70 anni erano curvi e scarniti ma duri come l’acciaio. In sostanza è vero che attualmente la vita degli individui è aumentata rispetto soltanto a 50 anni fa, ma è aumentata la lunghezza della vecchiaia non la salute delle persone che passano gli ultimi venti anni della loro vita tra terapie e analisi di ogni genere facendo la spola tra un ospedale ed una clinica. La medicina attuale, (improntata a intervenire sugli effetti non ad eliminare le cause) conosce tutto della malattia ma poco o niente della salute; è in grado di tenere in vita anche i moribondi perché il suo scopo non è tanto guarire la persona ma curarla, il ché non è la stessa cosa.

Euro: ci hanno sempre truffato



di Francesco Filini -  tratto da http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=13903

Finalmente arriva la risposta all’interrogazione presentata dall’Europarlamentare Marco Scurria sulla natura giuridica dell’euro, e finalmente arriva la conferma: ci stanno truffando. Ci hanno sempre truffati. Ma andiamo per ordine.

Marco Scurria aveva chiesto chiarimenti sulla risposta data dalla commissione europea alla prima interrogazione sulla proprietà giuridica dell’euro presentata dall’On. Mario Borghezio, nella quale si affermava che nella fase dell’emissione le banconote appartengono all’Eurosistema, mentre nella fase della circolazione appartengono al titolare del conto sulle quali vengono addebitate. Attenzione perché le parole negli atti ufficiali e nel linguaggio tecno-eurocratico vanno soppesate per bene. Quindi il commissario Olli Rehn rispondeva a Borghezio che la proprietà delle banconote cartacee (dove troviamo ben impressa in ogni lingua dell’Unione la sigla della Banca Centrale Europea) è dell’Eurosistema.

Ma cos’è quest’Eurosistema?

L’Eurosistema è composto dalla BCE e dalle BCN dei paesi che hanno introdotto la moneta unica. L’Eurosistema e il SEBC coesisteranno fintanto che vi saranno Stati membri dell’UE non appartenenti all’area dell’euro.” Questa è la definizione che si legge sul sito ufficiale della BCE. Quindi le Banche centrali nazionali stampano le banconote e si appropriano del loro valore nominale (ad Es. se stampare un biglietto da 100 ha un costo fisico per chi lo conia di 0,20 centesimi – valore intrinseco – le BCN si appropriano anche del valore riportato sul biglietto stampato). E l’On. Scurria chiedeva quali fossero le basi giuridiche su cui poggiava l’affermazione del Commissario Olli Rehn:


Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-000302/2012

alla Commissione Articolo 117 del regolamento

Marco Scurria (PPE)

Oggetto: Natura giuridica della proprietà dell’euro

In risposta ad un’interrogazione scritta sul medesimo tema presentata dall’on. Borghezio fornita il 16 giugno 2011, la Commissione informa il collega che “al momento dell’emissione, le banconote in euro appartengono all’Eurosistema e che, una volta emesse, sia le banconote che le monete in euro appartengono al titolare del conto su cui sono addebitate in conseguenza”.

Può la Commissione chiarire quale sia la base giuridica su cui si basa questa affermazione?

Nei tempi stabiliti dal Parlamento Europeo arriva la risposta:

IT - E-000302/2012 - Risposta di Olli Rehn

a nome della Commissione (12.3.2012)

L’articolo 128 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea costituisce la base giuridica per la disciplina dell’emissione di banconote e monete in euro da parte dell’Eurosistema (costituito dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali). La proprietà delle banconote e delle monete in euro dopo l’emissione da parte dell’Eurosistema è disciplinata dalla legislazione nazionale vigente al momento del trasferimento delle banconote e monete al nuovo proprietario, ossia al momento dell’addebito del conto corrente bancario o dello scambio delle banconote o monete.

Olli Rehn non fa altro che ribadire che dopo l’emissione, ossia dopo la creazione fisica delle banconote o più verosimilmente dell’apparizione in video delle cifre sui terminali dell’Eurosistema (totalmente a costo zero, se si esclude l’energia elettrica che mantiene accesi i computers…) la proprietà dei valori nominali appartiene al nuovo proprietario, ovvero a chi ha accettato l’addebito, a chi ha accettato di indebitarsi. Non solo. Olli Rehn, per giustificare l’affermazione secondo la quale rispondeva a Borghezio che l’Euro appartiene nella fase dell’emissione all’Eurosistema, cita l’articolo 128 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, dove nel comma 1 si legge:

La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione.
E’ chiarissimo. Non c’è scritto da nessuna parte che la proprietà giuridica dell’euro emesso appartiene alla BCE o alle BCN. C’è soltanto scritto che la BCE può autorizzare l’emissione di euro a se stessa e alle BCN, dovendo controllare l’inflazione nella zona euro, così come stabilito dal Trattato di Maastricht. Ribadisce che solo l’Eurosistema può stampare le banconote o creare elettronicamente i valori nominali. Ma nessun riferimento giuridico, nessun trattato, nessuna legge, nessuna deliberazione, niente di niente ci dice che l’Eurosistema ha la facoltà di addebitare la moneta. E’ evidente che si appropria di questo grande ed esclusivo privilegio.
Ciò che diceva il prof. Giacinto Auriti trova finalmente conferma in un atto ufficiale della Commissione Europea: le Banche Centrali si appropriano del valore della moneta perchè emettono solo addebitando, prestando, e il prestare è una qualità esclusiva del proprietario. Auriti chiamava questo meccanismo la truffa del signoraggio, parola sulla quale oggi si fa volutamente grande confusione, essendo per la massa direttamente associabile alla farfallina di Sara Tommasi e a qualche improbabile personaggio del mondo della politica che fa avanspettacolo che le si accompagna.

Non a caso l’indomito professore dell’Università di Teramo aveva denunciato la Banca d’Italia (organismo privato in mano per il 94% a banche commerciali e fondazioni bancarie) per truffa, associazione a delinquere, usura, falso in bilancio e istigazione al suicidio (grave piaga dei tempi nostri). Infatti la moneta, essendo il mezzo di scambio con il quale i cittadini riescono ad interagire tra loro dando vita al mercato, ovvero riuscendo a scambiarsi reciprocamente beni e servizi prodotti grazie al loro lavoro, deve appartenere esclusivamente a chi lavora, ovvero al popolo. Chi si appropria indebitamente del valore della moneta non fa altro che sfruttare il lavoro del popolo, lucrare sulle fatiche e sulla produzione altrui chiedendo che gli vengano pagati gli interessi sul prestito erogato. Questa è la gigantesca distorsione del nostro tempo, questa è la Grande Usura. E sotto il giogo di questa malefica piaga, sono finiti tutti i popoli d’europa che oggi pagano sulla propria pelle una crisi sistemica e indotta, figlia di un paradigma che dal 1694 (anno di costituzione della prima Banca Centrale, la Bank of England) si è imposto sulla vita dell’uomo.

Il meccanismo dell’indebitamento degli Stati da parte di organismi privati quali sono le Banche Centrali Nazionali è presente quasi ovunque. La Federal Reserve conia negli USA il dollaro, la Bank of England conia nel Regno Unito la Sterlina, la BCE conia l’Euro. Ma per quanto ci riguarda, esiste un’abissale differenza, che rende il sistema ancora più perverso: gli Stati dell’Unione non possono ricevere il credito direttamente dalla BCE (cosa che invece accade in modo diretto e subordinato negli altri paesi, ed Es. negli USA dove il Congresso ordina di stampare e la FED esegue) ma devono finanziarsi sul mercato, la parolina magica con cui ci prendono per i fondelli. In poche parole funziona così: la BCE crea denaro a suo piacimento, lo da in prestito alle banche commerciali (Draghi ha recentemente creato circa 1000 miliardi di euro prestandoli all’1%) e queste possono decidere se acquistare o meno i cosiddetti BOND, i titoli del debito (con tassi che vanno dal 5 al 7%). Non è possibile, quindi, per i paesi della UE attuare una propria politica monetaria, pur volendo accettare il meccanismo dell’indebitamento pubblico.
Tutto è nelle mani della Grande Usura. I signori della Goldman Sachs, banca d’affari targata USA, siedono vertici delle grandi istituzioni bancarie, Mario Draghi ne è l’emblema. Ora hanno deciso di gestire direttamente anche le Istituzioni politiche, Mario Monti e Papademos sono i primi alfieri al servizio della Goldman.

La politica è messa sempre più all’angolo, ostaggio del sistema finanziario che controlla partiti, sindacati e mondo dell’informazione.

L’unica soluzione che abbiamo è quella di informare il più possibile. Questi meccanismi perversi devono essere conosciuti da tutti, nonostante il boicottaggio del sistema dell’informazione del regime usurocratico. Lo sforzo deve essere titanico, la volontà e la determinazione non devono piegarsi di fronte a niente.

A tutti noi un in bocca al lupo.


http://rapportoaureo.wordpress.comEuro


Dieci miti sul capitalismo


Il capitalismo nella sua versione neoliberale ha sfiancato se stesso. Gli squali della finanza non vogliono perdere i loro profitti, e spostano il peso principale del debito sui pensionati e sui poveri. Un fantasma della “Primavera Europea” sta tormentando il Vecchio Mondo e gli oppositori del capitalismo spiegano alla gente come le loro vite siano state distrutte. Questo è l’argomento dell’articolo di un economista portoghese, Guilherme Alves Coelho.Esiste una nota espressione, cioè che ogni nazione ha il governo che si merita. Questo non è del tutto vero. Le persone possono essere ingannate da una propaganda aggressiva che influenza attraverso schemi, e sono dunque facilmente manipolate. Menzogne e manipolazioni sono l’arma contemporanea della distruzione di massa e dell’oppressione delle persone. Sono efficaci quanto i tradizionali mezzi di guerra. In molti casi si integrano a vicenda. Entrambi i metodi vengono utilizzati per ottenere la vittoria alle elezioni e distruggere i paesi ribelli.
Ci sono molte modalità per manovrare l’opinione pubblica, nella quale l’ideologia del capitalismo è stata fondata e mitizzata. È una combinazione di false verità che sono state ripetute milioni di volte, nel corso delle generazioni, e quindi diventate indiscutibili per molti. Sono state programmate per rappresentare il capitalismo come credibile e per mobilitare il sostegno e la fiducia delle masse. Questi miti sono distribuiti e promossi mediante strumenti multimediali, istituzioni educative, tradizioni familiari, appartenenze a credi religiosi, ecc. Ecco di seguito i più comuni di questi miti. 
Mito 1. Con il capitalismo, chiunque lavori duramente può diventare riccoIl sistema capitalistico procura ricchezza in maniera automatica agli individui che lavorano duramente. I lavoratori inconsciamente hanno creato una speranza illusoria, ma se non si realizza, potranno biasimare soltanto loro stessi. Infatti, con il capitalismo, la probabilità di successo, indipendentemente da quanto si può aver lavorato, è la stessa in una lotteria. La ricchezza, con rare eccezioni, non si crea con il duro lavoro, ma è il risultato di frode e mancanza di rimorso per coloro i quali hanno maggior influenza e potere. È un mito che il successo sia il risultato di duro lavoro, e combinato con la fortuna e una buona dose di fiducia, dipenda dalle abilità di impegnarsi in attività imprenditoriali e dal livello di competitività. Questo mito crea i seguaci del sistema che lo supportano. Anche la religione, specialmente quella Protestante, lavora a supporto di questo mito.
Mito 2. Il capitalismo genera ricchezza e prosperità per tuttiLa ricchezza, accumulata nella mani di una minoranza, prima o poi sarà redistribuita tra tutti. L’obiettivo è permettere al datore di lavoro di accumulare ricchezza senza fare domande. Allo stesso tempo la speranza è sostenuta dal fatto che prima o poi i lavoratori verranno premiati per il loro lavoro e la loro dedizione. Infatti, anche Marx concluse che lo scopo definitivo del capitalismo non è la redistribuzione della ricchezza ma la sua accumulazione e concentrazione. Il divario crescente tra i ricchi e i poveri nell’ultima decade, specialmente dopo la creazione del sistema del neo-liberalismo, ha provato l’opposto. Il mito è stato uno dei più comuni durante la fase del “social welfare” nel periodo post-bellico, e il suo principale scopo era la distruzione dei paesi socialisti.
Mito 3. Siamo tutti sulla stessa barcaLa società capitalista non ha classi, quindi la responsabilità dei fallimenti e delle crisi ricade su tutti e ognuno deve pagare. L’obiettivo è creare un senso di colpa tra i lavoratori, permettendo ai capitalisti di aumentare i ricavi cedendo invece le spese alle persone. Infatti, la responsabilità ricade interamente sulle élite formate da miliardari che supportano il governo e sono a loro volta da esso supportati, e che hanno sempre goduto di grandi privilegi nella tassazione, negli appalti, nelle speculazioni finanziarie, nelle off-shore, nel nepotismo, ecc. Il mito è impiantato dalle élite per eludere la responsabilità per la condizione del popolo, e per obbligare quest’ultimo a pagare gli errori delle élite.
Mito 4. Capitalismo significa libertàLa vera libertà la si può raggiungere soltanto attraverso il capitalismo con l’aiuto del cosiddetto “mercato dell’auto-regolazione”. L’obiettivo è quello di creare qualcosa simile alla religione del capitalismo, dove ogni cosa viene presa com’è, e di negare alla gente il diritto di partecipare nelle decisioni macroeconomiche. Certo, la libertà nel prendere le decisioni è la massima libertà, di cui però gode soltanto una ristretta cerchia di individui potenti, non le persone comuni, e nemmeno le agenzie governative. Nel corso di summit e forum, nei ristretti gruppi, a porte chiuse, i capi di grandi compagnie, banche e corporation multinazionali, prendono le decisioni finanziarie ed economiche più importanti di natura strategica. I mercati, pertanto, non si regolano autonomamente, vengono manipolati. Questo mito è stato utilizzato per giustificare l’interferenza negli affari interni di paesi non-capitalisti, basata sull’assunto che non hanno libertà, ma hanno regole.
Mito 5. Capitalismo significa democraziaLa democrazia può esistere soltanto con il capitalismo. Questo mito, che senza problemi segue il precedente, è stato creato per impedire la discussione su altri modelli di ordine sociale. Si sostiene che siano tutte dittature. Il capitalismo è affiancato da concetti come libertà e democrazia, mentre il loro significato viene distorto. Infatti la società è divisa in classi e i ricchi, che sono l’ultra-minoranza, dominano su tutti gli altri. La “democrazia” capitalista non è nient’altro che una dittatura mascherata, e le “riforme democratiche” sono processi opposti al progresso. Come il mito precedente, anche questo serve come scusa per criticare e attaccare i paesi non-capitalisti.
Mito 6. Elezioni sono sinonimo di democraziaElezioni sono sinonimo di democrazia. L’obiettivo è denigrare e demonizzare gli altri sistemi e impedire una discussione sui sistemi politici ed elettorali, nei quali i leader vengono determinati attraverso elezioni non borghesi, per esempio in virtù dell’età, dell’esperienza, o popolarità dei candidati. Infatti è il sistema capitalista che manipola e corrompe, un sistema in cui il voto è un termine condizionale e le elezioni solo un atto formale. Il mero fatto che le elezioni sono sempre vinte da rappresentanti della minoranza borghese li rende non-rappresentativi. Il mito che le elezioni borghesi garantiscano la presenza di democrazia è uno dei più radicati, e anche alcuni partiti e forze di sinistra credono in questo.
Mito 7. Alternando partiti al potere è lo stesso di avere un’alternativaI partiti borghesi che periodicamente si alternano al potere hanno programmi alternativi. L’obiettivo è perpetuare il sistema capitalista all’interno della classe dominante, alimentando il mito che la democrazia si riduce alle elezioni. Infatti, è ovvio che un sistema parlamentare bi-partitico o multi-partitico è in realtà un sistema mono-partitico. Si tratta di due o più fazioni di un’unica forza politica, che si alternano, imitando il partito con una politica alternativa. Le persone scelgono sempre un agente del sistema, essendo certe che non è ciò che stanno facendo. Il mito che i partiti borghesi abbiano diversi programmi e che siano anche oppositivi, è uno dei più importanti, se ne parla costantemente per far funzionare il sistema capitalista. 
Mito 8. Il politico eletto rappresenta il popolo e quindi può decidere per essoAl politico è stata concessa autorità dal popolo e può governare a suo piacimento. Lo scopo di questo mito è nutrire le persone di promesse vuote e nascondere le reali misure che in pratica saranno implementate. Infatti i leader eletti non adempiono le promesse o, peggio, iniziano ad implementare misure non dichiarate, che spesso contraddicono e talvolta sono addirittura in conflitto con la Costituzione originale. Spesso tali politici, eletti da un’attiva minoranza, a metà mandato raggiungono la soglia minima di popolarità. in questi casi, la perdita di rappresentanza non porta ad un ricambio del politico attraverso mezzi costituzionali, ma al contrario, porta ad una degenerazione della democrazia capitalista in una dittatura reale o dissimulata. La pratica sistemica della falsificazione della democrazia nel regime capitalista è una delle ragioni dell’aumento del numero delle persone che non partecipano alle elezioni.
Mito 9. Non c’è alternativa al capitalismoIl capitalismo non è perfetto, ma è l’unico sistema politico ed economico possibile, e quindi il più appropriato. L’obiettivo è eliminare lo studio e il sostegno ad altri sistemi ed eliminare la competizione usando tutti i mezzi possibili, anche la forza. In realtà, non ci sono altri sistemi politici ed economici, il più conosciuto è il socialismo scientifico. Anche all’interno della cornice del capitalismo, vi sono altre versioni, come il “socialismo democratico” dell’America Latina o il “capitalismo socialista” dell’Europa. Questo mito intende intimidire le persone, per evitare discussioni sulle alternative al capitalismo e per assicurare l’unanimità.
Mito 10. I risparmi generano ricchezzaLa crisi economica è causata da un eccesso di benefici per i lavoratori dipendenti. Se vengono rimossi, il governo risparmierà e il paese diventerà ricco. L’obiettivo è spostare la responsabilità per il pagamento del debito capitalista nel settore pubblico, inclusi i pensionati. Un altro scopo è far sì che le persone accettino la povertà, sostenendo che sia temporanea. Questo mito ha altresì l’intento di facilitare la privatizzazione del settore pubblico. Le persone sono convinte che i risparmi siano la “salvezza”, senza menzionare che ciò si realizza attraverso la privatizzazione dei settori più redditizi i cui futuri guadagni andranno persi. Questa politica porta ad una diminuzione delle entrate dello stato e ad una riduzione dei benefici e delle pensioni.
Titolo originale: "TEN MYTHS ABOUT CAPITALISM "Fonte: http://english.pravda.ru
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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARIA MERCONE

Libertà di curarsi


Libertà di scelta terapeutica e il caso del dottor RossaroMarcello Pamio - 18 aprile 2012
Un altro colpo è stato inferto alla libertà di cura e di scelta terapeutica, che proprio in questi giorni hanno subìto l’ennesimo affossamento.
Il dottor Paolo Rossaro, medico di famiglia di Padova, è stato condannato dal Tribunale patavino a 3 anni di reclusione per omicidio colposo; all’ammenda di oltre 565.000 euro, e rischia pure la radiazione dall’albo professionale!
Qual è il motivo per il quale il dottor Rossaro, merita una simile condanna giudiziaria?
Secondo l’accusa (che aveva chiesto ben 6 anni di reclusione e 2 milioni di euro) il dottor Rossaro sarebbe colpevole della morte di due persone colpite da tumore, che si affidarono alle sue cure mediche.
Stando alla perizia dei medici legali, queste due persone, oggi sarebbero ancora in vita se avessero seguito i protocolli ufficiali offerti dalla medicina ortodossa: chemio e radioterapia.
I due pazienti, dicono gli atti: “non sono stati adeguatamente informati” dal medico curante, e questa mancanza d’informazione, sarebbe la causa della loro prematura morte.
Se questo metro di giudizio venisse applicato a tutti i medici oncologi del mondo, probabilmente ci sarebbe necessità di riaprire la base di Guantanamo a Cuba, e forse non basterebbe...
E’ possibile affermare questo perché, nonostante i pareri dei medici legali dell’accusa, i dati ufficiali della sopravvivenza alla chemio, parlano da soli.
Lo studio effettuato dai ricercatori Graeme Morgan (Professore associato, radiologo del Royal North Shore Hospital di Sydney), Robyn Ward (Professore e oncologo all’University of New South Wales) e Michael Barton (Radiologo membro del Collaboration for Cancer Outcomes Research and Evaluation, Liverpool Health Service, Sydney), è stato pubblicato sulla rivista “Clinical Oncology” nel 2004 e messo on-line nel più importante database governativo del mondo www.pubmed.gov.
Il titolo è: “Contributo della chemioterapia citotossica sulla sopravvivenza a 5 anni, in adulti americani” (“Impact of cytotoxic chemotherapy on 5-year survival in American adult”).
I ricercatori hanno esaminato tutte le statistiche per un tempo di 15 anni, riguardanti le 22 neoplasie più maligne e calcolato il beneficio nel tempo sia negli USA che in Australia.
Risultato: “in questa analisi basata sull’evidenza, abbiamo stimato che la contribuzione della terapia citotossica curativa ed adiuvante alla sopravvivenza negli adulti è 2,3% in Australia e 2,1% in USA”.
Se la chemioterapia citotossica contribuisce alla sopravvivenza solamente nel 2% (media aritmetica) delle persone malate di tumore: cosa fa al rimanente 98%?
Lo studio continua specificando che: “due revisioni sistematiche di chemioterapia nel cancro al seno, metastatico o ricorrente, non sono stati capaci di dimostrare alcun beneficio di sopravvivenza”.I ricercatori hanno concluso la ricerca affermando che: “in considerazione del minimo impatto della chemioterapia citotossica sulla sopravvivenza a 5 anni e la mancanza di un progresso importante negli ultimi 20 anni, segue che il maggior ruolo nella terapia citotossica è palliativa”.
Non è possibile riproporre tutti i dati pubblicati, ma il documento in originale è allegato al presente articolo.
Quello che interessa il caso del dottor Rossaro è il seguente:
- tumore al seno: lo studio ha analizzato 31.133 casi di persone e dopo 5 anni il numero di sopravvissuti, causa chemioterapia, era di 446 persone. Una percentuale di sopravvivenza pari a 1,4%!
- linfoma di Hodgkin, il numero dei casi studiati sono state 846, e dopo 5 anni i sopravvissuti, causa chemioterapia, erano 341. Con una percentuale statistica di sopravvivenza del 40,3%.
Stando a questi dati, le parole dei medici dell’accusa, secondo le quali le due persone con tumore al seno e linfoma H. avrebbero avuto "certezza assoluta" di guarigione, se solo si fossero rivolte alla medicina ortodossa, perdono completamente di significato, perché smentite dagli stessi dati ufficiali.
Ma il punto cruciale non è tanto la sopravvivenza o meno di una cura, la morbilità o mortalità, i dati statistici (facilmente manipolabili), ecc., il punto è: dove sta la libertà di scelta terapeutica da parte delle persone? da parte dei pazienti?
Può una persona, in grado di intendere e di volere, firmare il consenso informato (come nei casi del dottor Rossaro) ed essere libera di scegliere un percorso terapeutico piuttosto che un altro? Siamo o non siamo liberi come cita la Costituzione italiana?
NO! Stando alla sentenza di primo grado del Tribunale di Padova, questo non è possibile. 
Bloccando le mani e l'operato di un medico, bloccano ovviamente la nostra libertà di essere seguiti in un percorso terapeutico!
I pazienti sono schiavi di un dogma scientifico, di un paradigma che non permette di scegliere, non permette una vera libertà di scelta terapeutica.
Entrambe le persone, purtroppo decedute, avevano scelto volontariamente di non intraprendere i protocolli ufficiali, e per questo avevano firmato il “consenso informato” (quello stesso che viene fatto firmare in tutti gli ospedali del mondo, togliendo la responsabilità agli operatori sanitari da eventuali danni e anche dalla morte causate da pratiche allopatiche errate: le cause iatrogene).
Addirittura uno dei due pazienti, oltre al consenso, aveva firmato di proprio pugno anche la dichiarazione (messa agli atti) di NON voler essere operata chirurgicamente! Ma questi documenti non valgono nulla per la legge italiana.
L’enorme e abissale differenza che c’è tra un medico che segue ed esegue i dettami delle case farmaceutiche, prescrivendo per il cancro i famosi protocolli: chemio e radioterapia, è che se il paziente muore (e vedremo che ogni anno sono centinaia di migliaia le vittime di questo sistema), va tutto bene, è tutto nella norma; se disgraziatamente, muore un paziente che NON ha voluto seguire tali protocolli, allora il medico che lo ha accompagnato, viene incriminato per omicidio colposo!
Dov’è la giustizia in tutto questo? dov’è il rispetto della volontà individuale e personale? dov’è la libertà del medico?
Ogni anno in Italia, oltre 255.000 persone vengono colpite dal tumore e ne muoiono, sempre ogni anno, circa 140-160.000.
Tutte queste persone ovviamente sono state seguite da un bravo medico oncologo e hanno fatto tutti i trattamenti ufficiali del caso.
Le parole rincuoranti e rassicuranti degli oncologi televisivi, che vanno dicendo che il cancro è stato sconfitto e debellato, che oggi si vive di più, sono facilmente smentibili dai dati epidemiologici. Oggi si continua a morire di cancro ogni giorno e più di prima!
L’incidenza del cancro infatti non lascia spazio a dubbi: si è passati da una persona su tre e stiamo andando verso una persona su due.
La domanda sorge spontanea: dov’è la “provata scientificità delle cure mediche”, tanto osannata da tutti i paladini della medicina, e decantata dall’accusa nei confronti del dottor Rossaro?
Dov’è la “provata scientificità” delle cure mediche ufficiali di fronte a 160.000 persone che muoiono ogni anno con atroci sofferenze nonostante, o forse per colpa, delle cure mediche stesse?
Forse questi 160.000 morti all’anno sono agnelli sacrificali usati nell’altare del paradigma vigente, totalmente gestito e controllato dalle case farmaceutiche, e in quanto tali, ammessi dalla scienza?
Nei trattamenti oncologici, le case farmaceutiche infatti giocano un ruolo fondamentale, perché i protocolli sono i trattamenti più costosi che esistano in tutto l’ambito medico.
Si riportano alcuni dati (Farmadati 2007) sui prezzi dei chemioterapici, quasi in toto pagati dal Sistema nazionale sanitario, e quindi dai cittadini con le tasse:
-        SORAFENIB della Bayer, 112 compresse costano 5.305 euro;
-        ERLOTINIB della Roche, 30 compresse costano 3.239 euro;
-        SUNITINIB della Pfizer, 30 compresse da 50 mg costano 8.714 euro.
-        PEMETREXED della Elli Lilly, 1 fiala endovena, costa 2.384 euro.
L’elenco è lunghissimo e questi farmaci vengono usati in cocktail, quindi un mix tra di loro, facendo lievitare il costo di un SOLO ciclo chemioterapico da circa 50.000 a 200.000 euro al mese per ogni singolo paziente!
I farmaci usati in oncologia, oltre essere i più costosi sono anche i più pericolosi per la salute umana. Lo dicono gli stessi enti ufficiali, come il Ministero della salute e l’Istituto superiore di sanità.
Quest’ultimo per esempio definendo uno dei chemioterapici usati, la Procarbazina, dichiara che è: “cancerogena, mutagena e teratogena (malformazione nei feti) e il suo impiego è associato a un rischio del 5-10% di leucemia acuta, che aumenta per i soggetti trattati anche con terapia radiante”.Non solo, ma “numerosi chemioterapici antiblastici sono stati riconosciuti dalla I.A.R.C. (International Agency for Research on Cancer) come sostanze sicuramente cancerogene”.
Forse è questo il motivo per cui la maggior parte degli oncologi non si farebbe la chemioterapia?Nel marzo 2005 al Senato australiano è stata presentata una “Inchiesta sui servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro”, prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St. Leonards di Sydney [1].Alcuni scienziati del McGill Cancer Center di Montreal in Canada, inviarono a 118 medici, esperti di cancro ai polmoni, un questionario per determinare quale grado di fiducia nutrissero nelle terapie da loro applicate, nel caso essi stessi avessero sviluppato la malattia.
Il risultato fu a dir poco eclatante: l’81% degli oncologi che hanno risposto, in caso di tumore non si farebbero somministrare un chemioterapico, e addirittura il 73% di loro reputano le “terapie sperimentali inaccettabili per l’elevato grado di tossicità”!
Ognuno tragga le proprie conclusioni…
Detto questo, però, tutti i medici al mondo che usano farmaci che possono indurre cancro e leucemia e provocare la morte stessa dei pazienti, sono assolutamente in regola, ma se un medico in Scienza e Coscienza utilizza, esclusivamente per volontà unica dei pazienti, altre procedure, meno tossiche, meno invalidanti e meno cancerogene, rischia la galera e la radiazione dall’albo.
Il mondo sta andando alla rovescia!
Non più morte, non più sofferenza a causa del cancro entro dieci anni. Ora siamo sicuri che entro il 2015 il cancro diventerà una malattia cronica”.
Concludo con le parole del dottor Andrew Von Eschenbach, direttore del National Cancer Institute, uno dei più importanti centri al mondo per la ricerca sul cancro. Parole dalle quali si evince che l’obiettivo (forse?) non è quello di sconfiggere il cancro, ma farlo diventare una malattia cronica, da curare con farmaci per tutta la vita. Per la gioia dei padroni.
Chiaramente il dottor Paolo Rossaro è il capro espiatorio di un sistema, un establishment potentissimo, che vuole denigrare, spaventare e intimidire, soggiogandoli ai dettami delle corporation della chimica e farmaceutica, tutti quei medici coraggiosi e coscienziosi che mettono la salute delle persone prima degli interessi economici.
Colpisci uno per educarne cento, è il loro motto!
E allora
 dieci, cento, mille Uomini e Medici come Paolo Rossaro, liberi di seguire in Scienza e Coscienza la vera Ars Medica: l’Arte Medica, iniziata dal grandissimo Ippocrate venticinque secoli fa. L’Arte di seguire le volontà delle persone, accompagnandole amorevolmente per mano, in un percorso terapeutico adatto e idoneo, rispettando la natura e le volontà dell’uomo, e soprattutto ricordando il precetto ippocratico per eccellenza, quello purtroppo più dimenticato dalla medicina ortodossa: “Primum Non Nocere”.
[1] “Inchiesta sui servizi e nelle opzioni di trattamento di persone con cancro”, Cancer Information & Support Society, del St Leonards di Sydney.www.aph.gov.au/Senate/committee/clac_ctte/completed_inquiries/2004-07/cancer/submissions/sub15.pdf. Parliament of Australia.
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Giuramento di Ippocrate (versione antica)
 "Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortalenè suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro".

Fa il vaccino anti papilloma e si ammala


Fa il vaccino anti papilloma (HPV) e si ammala: grave 12enne
di Gioia Locati - maggio 2012

A Milano una bambina di prima media è stata ricoverata in rianimazione neurochirurgica all'ospedale Niguarda. Quattro giorni prima aveva fatto il vaccino anti HPV. I medici: "Non si può stabilire con certezza il nesso di causa-effetto".

Una bambina di 12 anni è stata colpita da una grave forma neurologica dopo essersi sottoposta al vaccino anti papilloma virus (HPV). È successo a Milano, alla fine di febbraio. La ragazzina, che chiameremo Anna, è ancora in cura all’ospedale Niguarda e sta seguendo un percorso di riabilitazione.
I genitori di Anna avevano aderito alla campagna promossa dalle Asl: alle preadolescenti è offerto il vaccino anti HPV in tre somministrazioni. Quattro giorni dopo la prima iniezione Anna ha manifestato importanti disturbi tanto da essere ricoverata d’urgenza nella rianimazione neurochirurgia dell’ospedale Niguarda.

Stretto riserbo sulla prognosi e sul nome della malattia. Gaetano Elli, direttore medico di presidio dell’ospedale spiega che la “ragazzina è arrivata in rianimazione neurochirugica a fine febbraio accusando sintomi importanti di tipo neurologico e sta ancora recuperando”. Il medico precisa che “non si può stabilire con certezza il nesso di causa-effetto tra il vaccino e la sindrome” e che forse questo legame non verrà mai appurato.
Nonostante ciò, aggiunge Elli: “Il fatto è stato immediatamente segnalato alle autorità competenti”, ossia Asl, Aifa e Ministero della salute. Marino Faccini, responsabile profilassi e vaccini alla Asl milanese, ha assicurato che la sindrome che ha colpito Anna è il primo effetto collaterale importante da quando è partita la campagna vaccinale e ha precisato “che per sapere con certezza che è stato il vaccino a provocare la malattia bisogna fare uno studio epidemiologico accurato. Certamente c’è stato un nesso temporale, i disturbi sono comparsi a quattro giorni dalla prima somministrazione”.

Che genere di disturbi? “All’inizio la sintomatologia ha fatto pensare alla sindrome di Guillam Barrè (malattia neurologica infiammatoria che porta alla paralisi degli arti) ma poi si visto che i parametri clinici non corrispondevano: è un’altra rara forma neurologica”.
La campagna di promozione del vaccino anti-papilloma è iniziata nel nostro Paese quattro anni fa con le bambine nate nel 1996. Sono 1.238mila 290 le adolescenti che hanno ricevuto le tre dosi di anti HPV dal 2008 al 2011. Il vaccino è bene ricordarlo, è facoltativo: lo stato italiano (come molti altri) ha deciso di regalarlo alle dodicenni perché è “il primo vaccino anticancro”. Di fatto è un vaccino contro un virus che nel 90% dei casi scompare da solo.

E che quando si trasforma in un cancro viene subito diagnosticato grazie al pap test. Non solo. Le donne che muoiono per il tumore della cervice uterina oggigiorno sono davvero poche e in costante diminuzione (grazie al pap test), 90 in Italia e 275mila nel mondo (dati Oms), perché allora vaccinare a tappeto tutte le bambine dei Paesi del nord, quelli più industrializzati e più propensi a educare a sane norme di igiene sessuale? E perché considerare questa bassa mortalità alla stregue di una pandemia?
Oltretutto l’anti HPV è uno dei vaccini più cari della storia, chi decide di farlo privatamente lo paga 600 euro. Ed è costosa pure la campagna di promozione. Le Asl inviano le brochure a domicilio ma nel “timore che il volantino venga buttato via sono coinvolte anche le scuole medie” spiega Marino Faccini della Asl milanese. Così le bambine ricevono in classe lo stesso volantino che viene inviato per posta e i loro professori hanno l’incarico di sondare se le famiglie si sono informate a dovere. Conferma Marino Faccini: “Siamo pagati in più per raggiungere gli obbiettivi per questo ci impegniamo a farlo in tutti i modi possibili”.

Ecco perché il provvedimento del vaccino gratis aveva diviso in due l’opinione pubblica nel 2008. E continua a dividerla oggi.
Abbiamo deciso di affrontare questo nuovo dibattito e di proporvi due opinioni contrapposte, una pro e una contro. Si parla di tumore, di prevenzione ma anche delle nostre bambine. Per noi che abbiamo figlie di quest’età e che abbiamo saputo dell’effetto collaterale del vaccino attraverso il passa parola fra mamme, il caso di Anna non è uno fra migliaia. È un’esperienza che ci tocca da vicino, un fatto che non riusciremo ad archiviare senza trarne un insegnamento.
Anna era una bambina sana, che faceva sport e correva: dalla fine di febbraio Anna è diventata un’adolescente malata. Che senso ha tutto questo?


Vaccinare contro il Papillomavirus? Quello che dobbiamo sapere prima di decideredi Alessandra Profilio - tratto da http://www.librisalus.it/libri/vaccinare_papillomavirus.php
Sebbene a partire dal 2006 le ditte produttrici stiano portando avanti a livello governativo e dei mass media una massiccia campagna di promozione delle vaccinazioni contro il Papillomavirus, la comunità scientifica internazionale è tuttora divisa in favorevoli e contrari al vaccino anti-HPV. 
Considerata la complessità di tale scenario, come possono i genitori delle dodicenni (proprio alle ragazze di questa età è rivolta la vaccinazione) compiere una scelta consapevole per la salute delle proprie figlie?
Due esperti in materia di vaccinazioni pediatriche, il Dr. Roberto Gava, specialista in farmacologia e tossicologia, e il Dr. Eugenio Serravalle, specialista in pediatria, sono gli autori del libro Vaccinare contro il Papillomavirus? , un testo nato per fornire ai cittadini e a tutti gli operatori sanitari un'informazione aggiornata e indipendente sui vantaggi e i limiti di tale vaccinazione.
Nel testo i due medici analizzano un insieme di varianti quali il rischio effettivo di infezione, i dati epidemiologici e la patogenesi del virus. Vengono inoltre prese in considerazione situazioni molto utili per valutare la questione: rapporti sessuali, gravidanza, diagnostica del carcinoma uterino (e Pap-test), norme igieniche ecc. I due autori illustrano quindi gli studi di efficacia del vaccino, i suoi effetti indesiderati, le controindicazioni e la durata della copertura.
Particolarmente rilevanti appaiono i dati reali di rischio di sviluppo del cancro conseguente a questa infezione. Come sottolineano i due autori “la maggior parte delle infezioni da HPV (90%) si risolve spontaneamente in circa 12-18 mesi e anche le infezioni ad alto rischio tumorale guariscono da sole senza lasciare conseguenze per la salute della donna nel giro di pochi mesi”.
Nel 10% dei casi, invece, il virus convive per tutta la vita del soggetto che lo ospita senza creare alcun problema (in questi casi il test per l'HPV sarà positivo, ma ciò non significa assolutamente che si formi una malattia e infatti questo gruppo di donne non si ammala e il Pap-test risulta sempre negativo).
Circa l'1% delle infezioni da HPV dà luogo a lesioni precancerose che, se non identificate e/o non opportunamente trattate, in organismi immunologicamente deboli e in una percentuale inferiore all'1% delle donne che le presentano, possono progredire nell'arco di 20-50 anni in tumori cervicali.
A questi dati va aggiunto poi il fatto che gli studi clinici controllati randomizzati riguardo il vaccino HPV non sono, ad oggi, molto numerosi. Proprio per i grossi limiti delle conoscenze disponibili sul rapporto rischio/beneficio di tale vaccino, alcuni Paesi hanno deciso di utilizzare molta prudenza prima di consigliare questa vaccinazione.
Tra i Paesi europei, soltanto otto (Austria, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Norvegia, Spagna e Italia) hanno introdotto, con modalità differenti, questa vaccinazione.
Molti ricercatori sottolineano forti dubbi sulla mancanza di dati definitivi circa l'efficacia nella prevenzione del tumore, sull'opportunità di iniziare una campagna vaccinale di massa, sui costi molto elevati (considerando anche i risultati che si potrebbero ottenere con una maggior diffusione del Pap-test), sull'attività di lobbing e di marketing delle ditte farmaceutiche, sulle implicazioni etiche di una vaccinazione rivolta alle dodicenni per una malattia a trasmissione sessuale, nonché sulla sicurezza a medio e lungo termine del vaccino anti-HPV.
Se da una parte vi sono tante perplessità sulla vaccinazione contro il Papillomavirus, dall'altra esiste senza dubbio una grande certezza: come sottolineano gli autori del libro, “la 'posta in gioco', dato che si vogliono trattare le adolescenti e che il vaccino riguarda virus cancerogeni, è troppo elevata”.

mercoledì 23 maggio 2012

Discorso di V

Il cesso dell'europa

Cos'è il debito pubblico ?

La truffa della crisi economica

La bugia del debito pubblico

Il debito pubblico un falso

Per uscire dall'euro ?

Sul Corriere della Sera di oggi si inizia a parlare di "corsa alle banche", cioè della possibilità che si verifichi il ritiro massiccio dei depositi sui conti correnti da parte dei cittadini, spaventati dall'ipotesi di chiusura degli sportelli e dalla svalutazione sui risparmi, chPer cercare di fare chiarezza sullo scenario di una possibile uscita dell'Italia dall'euro ho intervistato Claudio Borghi, economista docente all'Università Cattolica di Milano, editorialista ed ex managing director di Deutsche Bank. Prendetevi un'ora di tempo, perché la rete, a differenza della televisione, non ha fretta.

 COME SI ESCE DALL'EURO?

 Tutto quello che c'è da sapere per non farsi trovare impreparati

MESSORA: Claudio Borghi, docente di economia degli intermediari finanziari alla Cattolica di Milano, nonché economista e giornalista. Claudio Borghi

BORGHI: Buongiorno.

MESSORA: Buongiorno. siamo qua oggi perché vorremmo tentare di capire, nell'approfondimento che solo la rete consente, che cosa succede se usciamo dall'euro. È uno spauracchio, è un totem, è un tabù. Però in effetti nessuno ci spiega nell'ora zero, nel caso in cui dovessimo uscire dall'euro, quali sarebbero i passi e gli avvenimenti che si susseguirebbero.

BORGHI: Innanzitutto nessuno ve lo spiega perché non ci sono grandi precedenti, nel senso che è successo in passato che ci sono stati dei cambi di valuta, siamo passati dalla lira all'euro e il giorno dopo eravamo ancora tutti lì. Quello che spaventa è il fatto di passare da una valuta debole a una forte. Tutti pensano che sia facile, perché normalmente c'è un vecchio detto che dice che la moneta buona scaccia la moneta cattiva. Quindi ad un certo punto, se c'è un cambiamento con una moneta che viene considerata preferibile rispetto agli altri, tutti prendono quella, si liberano senza troppe remore della moneta vecchia e siamo tutti a posto, nessuno protesta. Il contrario invece crea qualche preoccupazione, tant'è vero che già si sta parlando, di questi tempi, parlando della Grecia, di timore di corsa agli sportelli. Perché, molto semplicemente, se io temo che la mia moneta d'oro diventi ope legis una pizza di fango, cercherò se è possibile di sottrarla da tutti i posti dove questa moneta possa essere convertita in maniera forzosa in una roba meno valida e meno buona. Quindi cosa succede? Succede che il greco, temendo il ritorno alla dracma, cerca di prelevare l'euro, metterselo sotto il materasso, metterlo in un conto all'estero, e così via, in modo tale che poi quando arriverà il giorno, se arriverà, che gli daranno la dracma, a questo punto sul conto corrente non ci sarà nulla, lui non ha particolari problemi, riporta poi indietro dal conto in Svizzera o dal materasso o da quello che è i suoi euro, li cambia in dracma quando serve per mangiare qualcosa e potrà comprarne molto di più, perché se prima con un euro convertito in dracma, qualsiasi tipo di tasso di conversione, poteva con il cambio ufficiale comprare due yogurt, dopo che la dracma si sarà svalutata, con lo stesso tipo di euro ne può comprare quattro. Per cui l'intento di mettersi in salvo è quello.

MESSORA: C'è da precisare che questo tipo di giochetto i ricconi lo hanno più che altro già fatto...

BORGHI: Bravo!

MESSORA: ...perché hanno portato i soldi in Svizzera.

BORGHI: Esattamente. Il punto infatti che mi preme sottolineare è questo. Chi ragiona sulla distruttività di questo processo, spesso e volentieri lo fa ragionando come se fosse una cosa imprevista e immediata, vale a dire improvvisamente ad un certo punto una società serena e tranquilla viene colta dal pericolo improvviso della conversione, di disastri finanziari, a quel punto si scatena il panico, la corsa agli sportelli e l'obbligo di chiudere le banche e così via. In realtà gran parte di questo processo è già avvenuto. Il fatto è questo, che la gente non capisce che per mettersi totalmente in salvo l'operazione è molto semplice e chi ha un po' di cultura finanziaria lo sa e lo ha già fatto. Vale a dire, io ho dei risparmi in una banca italiana e sono investiti in titoli di Stato, questo titolo di Stato potenzialmente diventa a rischio nel momento stesso in cui cambio la valuta, perché posso dire che tutto il debito, in generale tutti i contratti effettuati sul territorio italiano ritornano in lire, oppure in Grecia ritornano in dracme e così via. Quindi io ho un titolo di Stato greco denominato in euro, io posso unilateralmente dire che questo verrà restituito in dracme, quando c'è la conversione. Se io invece, io greco, così come io argentino all'epoca, magari, quando è successa la svalutazione dell'Argentina, io mi compro un titolo di Stato tedesco, nessuno me lo tocca perché il mio debitore è la Germania. Quindi se io oggi compro un Bund tedesco o un'obbligazione americana, se proprio non voglio avere a che fare con l'euro, e domani torniamo alla lira, il mio titolo non viene minimamente cambiato, quindi sta sul mio conto corrente, sul mio deposito titoli in Italia e il mio debitore sarà lo Stato americano, lo Stato tedesco e così via, quindi non avrò alcun effetto negativo dalla conversione. Questo processo, vale a dire di vendita di titoli non troppo sicuri o quantomeno su cui improvvisamente è arrivata un'ombra, per andare a comprare dei titoli invece che sono sicuri, matematici al 100% in quanto a restituzione, è già avvenuto e si chiama spread. Lo spread non è che nasce come un fungo, lo spread nasce perché c'è qualcuno che vende una cosa e compra quell'altra, a quel punto si crea una divergenza che è appunto lo spread. Se io vendo titoli italiani per comprare titoli tedeschi, automaticamente così facendo do origine allo spread. Quindi questo flusso, diciamo così, di fuga lenta dagli sportelli, fatto per tramite del debito, c'è già stato. Quindi, per carità, io dico se domani, perché magari io conosco le segrete cose, mi dicessero “guarda, non dirlo a nessuno, tra una settimana usciamo dall'euro e torniamo alla lira”, probabilmente quelle due lire che posso avere sul conto corrente posso magari mettermele a casa aspettando per evitare di incappare nella conversione, ma sono due lire; non credo che io venderei un titolo di Stato italiano magari a 70 per comprare un titolo tedesco a 130 pensando di farci chissà che gran guadagni, pur sapendo che tra una settimana ci sarà la conversione. Perché ad un certo punto io avrò un titolo italiano, sì, in lire che si svaluterà, io dico, molto meno di quello che la gente pensa, però si svaluterà. Ma è già svalutato! Cioè in questo momento lo spread ha già fatto arrivare tutta la svalutazione su tutti i titoli di debito. Quindi il fatto che quotino prezzi molto molto bassi rispetto al prezzo dei titoli di stato – virgolette - “sicuri” come quelli tedeschi, comporta che in ogni caso le cose sono già state fatte. Forse, ecco, starei attento magari sui titoli a breve termine. I titoli a breve termine, tipicamente un BOT, il BOT vale 100 perché tanto viene rimborsato tra tre mesi o sei mesi, ecco quello sì prenderebbe la conversione. Quindi se io avessi un BOT che scade tra quattro mesi e quindi vale 100 e sapessi che tra due settimane torniamo alla lira, quello non vorrei averlo perché mi ridaranno poi un BOT in lire, allora a quel punto lo venderei a 100, se me lo dicessero prima, e mi comprerei un titolo di Stato americano oppure anche un titolo bancario olandese, insomma qualsiasi cosa fuori dall'euro. Però questa procedura, questa fuga agli sportelli tanto temuta e così via, in gran parte, per quello che riguarda il debito, che è un po' il grosso dei quantitativi monetari che ci sono in circolazione, è già avvenuta.

MESSORA: sì, perché non è che uno si tiene 100 milioni di euro in liquidità sul conto corrente, avrà dei titoli, avrà delle obbligazioni. Quindi, continuando nel nostro percorso, che cosa succede? Decidiamo per esempio che venerdì sera si torna alla lira.

BORGHI: allora, posto che in ogni caso il panico va governato, perché anche delle cose non logiche vengono fatte quando uno non le conosce. Quindi il classico caso, ricevo una mail – ne ricevo tante – di persona non esattamente benestante che mi dice “è il momento di portare i soldi in Svizzera?”, suppongo che questa persona si riferisse a, non so, 30 mila euro diciamo, cioè cose di questo tipo, allora gli dico “ma cosa fai?” Cioè tu prendi - questo è il panico che origina il comportamento illogico – tu prendi 30 mila euro, prendi, ti fai tutto il viaggio tirandoti su per tutta l'Italia per arrivare in Svizzera, cercare di... gli svizzeri non sono scemi, capiscono subito quando uno vale la pena di trattarlo bene oppure quando uno è il pollo che arriva con la piena. Arrivi lì, ti danno un qualsiasi tipo di conto con costi assurdi, poi l'ha riportato a casa, poi magari ti bloccano le frontiere e cosa ci fai? Quando invece, se il tuo timore veramente fosse quello, ti compri 30 mila euro, vai dalla tua banca, ti compri 30 mila euro di un titolo obbligazionario estero e a quel punto sei a posto. Oppure vuoi proprio andare a zero sui rischi e sui conti? Ti fai dare 30 mila euro in dollari e te li metti sotto il mattone. A quel punto lì cosa ti cambia? Non ti cambia nulla, no? Per cui essendo che le cose diventano illogiche, nel momento stesso in cui io dico “attenzione, il Consiglio dei Ministri si è riunito e sta valutando il passaggio alla lira”, innanzitutto lo sapremmo via Twitter e quindi a quel punto lì inizia a girare, a serpeggiare l'”oddio, cosa facciamo?”. Bisognerebbe fare un minimo di controllo alle banche, ergo chiuderle, perché se no altrimenti la gente diventa matta. Il problema è che la gente si incazza quando gli chiudi la banca, perché dice “i soldi miei sono lì, tu sei chiuso”, allora a quel punto comincia a distruggere tutto e così via, quindi quelle scene che abbiamo visto in Argentina quando hanno fatto esattamente la stessa cosa, cioè ad un certo punto hanno chiuso le banche per evitare che la gente prelevasse tutto mandando il sistema a catafascio, la gente non l'ha presa bene e hanno cominciato disordini e simili. Quindi questa è la parte che deve essere, diciamo così, governata.

MESSORA: Però io leggendo sul tuo blog ho visto che hai una soluzione B che mi sembra estremamente percorribile, cioè mantenere nelle banche la denominazione in euro della propria valuta ed affiancare la lira. Cioè uno si ritrova i suoi 30 mila euro sempre denominati in euro e in più ha un nuovo conto corrente in lire: tutti i nuovi conti correnti che si aprono sono in lire.

BORGHI: Questo è il mondo dell'intelligenza. Vale a dire, se io prendo a livello europeo, tenuto presente il livello di stress del sistema o di distruzione che può essere da un'uscita disordinata da una valuta, io valuterei se investire qualche soldo, che è anche abbastanza difficile stimare perché dipende da quant'è poi la svalutazione delle singole monete, però è gestibile dal mio punto di vista e in ogni caso molto meglio e anche molto più europeo, se devo dire, rispetto al panico e al casino, lasciamolo all'Argentina, con tutto il rispetto. A quel punto se tutti i depositi venissero garantiti non ci sarebbe più nessuna necessità di governare il panico del piccolo. Abbiamo detto, togliamo dal radar il grosso, il grosso si è già sistemato, il piccolo è quello che è da gestire. Quindi quello che ha 10 mila euro, che sono tutta la sua vita, e si vede una serranda della banca chiusa, giustamente se la prende. Allora se io prendo e garantisco i depositi, vale a dire ti dico “guarda, è inutile prelevare – e lo dicono tutti, non soltanto l'Italia – è inutile che tu prelevi perché nessuno uscirà dall'euro – facciamo il punto di vista assolutamente europeista, perché ad un certo punto nel mondo bisogna prevedere anche l'imponderabile – se anche capitasse che per caso si esce dall'euro, i tuoi depositi fino a...”, mettiamo una certa cifra per evitare che uno dopo ci depositi 80 miliardi. Adesso sono circa 100 mila euro la garanzia sui depositi, tutto sommato è più che abbondante, la garanzia statale, però la garanzia statale ti garantisce il rimborso, non ti garantisce da eventuali conversioni; io ti posso poi ridare l'equivalente in lire, che è quello che la gente vuole evitare. Invece io ti dico “no, guarda, viene mantenuto esattamente nella valuta dove sono”. Io domani passo alla... non chiamiamola lira perché la gente si confonde, passo al fiorino, che è la nuova valuta dell'Italia...

MESSORA: Chi sei? Dove Vai? Un fiorino!

BORGHI: ...un fiorino, esatto! Che per le tasse infatti viene bene. Passo al fiorino e se io avevo 8 mila euro sul conto corrente, rimangono 8 mila euro, così come mi rimarrebbero i dollari che avevo depositato. Cioè se io ho un conto corrente in dollari e ce ne sono su 3 mila, rimangono dollari. È evidente che questa cosa ha un costo. Perché? Perché trattare il denaro depositato in una banca come se fosse in una cassetta di sicurezza è scorretto. I soldi che io deposito in banca non sono in una cassettina. Se fossero in una cassettina, come sono i titoli, a quel punto non ci sarebbe dubbio: sono lì, non me li devi convertire. Nessuno ci perde e nessuno ci guadagna perché il foglio di carta è uno strumento di pagamento, non è una cosa che arriva dal cielo oppure che comporta che qualcuno ci perde e qualcuno ci guadagna. Sono lì. Invece però la banca con i soldi che io deposito, a sua volta presta denaro ad altri. Se io converto... Per farla molto semplice, io deposito i soldi e la banca poi fa un mutuo a uno, con i soldi che sono depositati, e glieli eroga...

MESSIRA: Non solo. Poi c'è il meccanismo della riserva frazionaria: quindi ne può creare di nuovi.

BORGHI: certo. Però in ogni caso poi ci sono anche... anche questa roba qua: tante volte è eccessivo come pensiero, perché la banca sa benissimo che il deposito in contanti può essere prelevato in qualsiasi momento, quindi non è che può farci più di tanto affidamento, infatti non fa parte di nessun capitale di garanzia né niente. Comunque, fatto sta che io prendo, per semplificare, deposito mille euro in banca e questi mille euro vengono dati a un mutuo. Se c'è una conversione, il mutuo ovviamente deve essere convertito anche quello, perché non è possibile che io ti mantengo la passività in euro e dall'altra parte invece lo stipendio te lo pago in lire, perché a quel punto lì poi rischio che uno si butta dalla finestra. Un cosa simile è successa ai tempi del '92 quando c'era la gente che aveva i mutui in Ecu. Nel qual caso invece non c'era speranza, perché non c'è stato il cambio di valuta, c'è stata semplicemente una svalutazione della lira. Allora il tuo stipendio si è svalutato, il tuo mutuo in Ecu invece si è rivalutato e chi aveva – poveretti! – i mutui in Ecu comprati perché i tassi di interesse erano più bassi, è stato fregato. Nel caso di ridenominazione integrale della valuta questo non può capitare. Per cui il mio mutuo che io pago alla banca ritorna in lire e si pareggia con il mio stipendio che diventerà in lire, a quel punto (in fiorini, scusate). La banca a sua volta non può ricevere i pagamenti delle rate del mutuo in fiorini e restituire a me gli euro sul conto corrente: sulla differenza ci perde. Quindi è questa la cifra che deve essere garantita dal punto di vista europeo, la differenza sul deposito tra la cifra depositata in euro e l'eventuale svalutazione che ci sarà nella nuova moneta. Ma è gestibile. Rispetto a tutto il disastro che potrebbe succedere con la gente che viene presa dal panico e preleva tutto, è molto gestibile. Per il resto, invece, tutti i contratti, tutti i rapporti, diciamo così, finanziari passano alla nuova valuta. Io suggerisco...

MESSORA: Quando dici i contratti, i rapporti finanziari, che cosa intendi?

BORGHI: Ogni volta che c'è un rapporto finanziario tra due persone, tipicamente un debito, principale, oppure un contratto, somministrazione o quello che è, uno stipendio, una pensione, un contratto di lavoro, passa in fiorini. Il mio suggerimento, per minimizzare totalmente il rischio di panico o... no, panico no, il rischio di confusione o bissare altre cavolate tipo quella della conversione lira/euro con arrotondamenti e magna-magna, è quello di convertire 1 a 1. Quindi io, molto semplicemente, avevo una pensione di 1.200 euro al mese, riceverò una pensione di 1.200 fiorini al mese. Niente deve cambiare. A quel punto il rapporto poi con l'euro o con le altre monete, diventa analogo a quello che ci può essere ora con il dollaro. Noi non è che ci svegliamo ammalati se domani sale il dollaro o scende il dollaro o se svalutiamo o rivalutiamo rispetto al dollaro. Certo, ci sono delle cose che compriamo in dollari il cui prezzo salirà.

MESSORA: Ecco... Io avevo letto questo interessante scenario proprio sulla possibilità che la Grecia ritorni alla dracma e diceva che tecnicamente la conversione nelle banche è gestibilissima, anche nel giro di 24-48 ore, anche perché tutti i bancomat sono riprogrammabili da remoto, eccetera, e suggerivano proprio quello che dicevi tu, cioè di mantenere un cambio dracma/euro 1 a 1 e suggerivano di farlo nel weekend, per cui anche la chiusura delle banche sarebbe dovuta essere limitata a due giorni.

BORGHI: Io avrei suggerito... Io avevo scritto un articolo dove suggerivo di farlo, quando dicevo “ragazzi, usciamone prima, finché possiamo”, di farlo a Capodanno. Lì era proprio perfetto, perché tu hai una settimana praticamente di chiusura e poi anche contabilmente tu hai un anno che ti inizia pulito con la nuova valuta.
MESSORA: Infatti lo scenario prevedeva che si fissasse questa conversione 1 a 1 sabato e domenica, che i mercati sono chiusi. Con poi ovviamente la conseguenza che il lunedì mattina, appena aprono i mercati, la dracma si sarebbe svalutata...

BORGHI: Corretto.

MESSORA: ...si pensava, in Grecia, del 40-50%.

BORGHI: Forse anche di più.

MESSORA: Ecco: in Italia invece cosa potrebbe succedere?

BORGHI: "Allora, la Grecia... Loro sono messi malissimo, diciamolo chiaro. Una soluzione indolore purtroppo non c'è perché al contrario dell'Italia la Grecia importa tutto. Quindi non è che possiamo dire loro tornano alla dracma e ad un certo punto le loro esportazioni migliorano compensando i disagi. No, si ritrovano lo stesso a dover ricomprare tutto, esattamente quello che compravano prima, e tutto gli va a costare tantissimo. Si trova in una situazione, diciamo peggiore rispetto a quella islandese, nel momento stesso in cui l'Islanda ha deciso di ripudiare il debito e così via. Perché l'Islanda, anche lì, è un luogo dove importano tutto, a parte il merluzzo e il muschio non hanno molto, però almeno hanno l'energia geotermica e stanno al caldo. Lì devono confidare sul clima, perché poi loro importano tutto. In realtà se noi guardiamo la bilancia dei pagamenti, da quando la Grecia è entrata nell'euro ha accumulato una serie di deficit pazzeschi, perché tutto è diventato molto conveniente per loro dal punto di vista di acquisto, potere di acquisto su beni esteri, e quindi tutta l'economia si è spostata sull'importazione; comprano tutto. Il risultato è che appunto è un paese che domani si trova ad avere la pizza di fango come moneta e con questa pizza di fango deve comprare beni esteri che giustamente la pizza di fango non la vogliono. Quindi rischia di avere una svalutazione molto molto pesante. Infatti è un problema. Io non lo so sinceramente come fare uscire in maniera... Cioè, per me bisognerebbe fare un Piano Marshall, cioè, vale a dire, l'unica maniera per minimizzare il danno alla Grecia, non è neanche “esci tu Grecia”: “esci tu Grecia” e il giorno dopo sei nella miseria, ma pesante! Rimani? Sei nella miseria lo stesso, perché abbiamo visto dove ti stanno portando. Bisognerebbe riconoscere: ragazzi, voi avete fatto la vostra, noi abbiamo sbagliato, facciamo come se fosse un paese dopo i bombardamenti, cose di questo tipo, e ritiriamolo su con investimenti diretti. Per l'Italia è molto differente. L'Italia ha una bilancia dei pagamenti che è grossomodo in pareggio, leggermente in deficit perché ovviamente stiamo andando anche noi su questa china. Il risultato comunque è che la nostra bilancia dei pagamenti, quindi il quid pro quo che io pago con le importazioni rispetto a quello che esporto è grossomodo in leggero deficit, ma grossomodo in pareggio. Quindi cosa succede? Succede che se io domani svaluto, non posso svalutare di troppo, perché se svaluto di troppo mi fanno un regalo superiore rispetto a quello che in realtà è il danno, perché io devo sì importare energia, perché quella per vari motivi, non ci piace il nucleare, non ci piace questo, non ci piace il rigassificatore, non ci piace la Libia perché...

MESSORA: Dovrebbe piacerci il sole e non ci piace neanche quello...

BORGHI: Non ci piace neanche quello perché deturpa il paesaggio, il risultato è che l'energia, quella ci serve. Certo, poi l'I-pad e tutte quelle cose lì ce le dobbiamo importare e va bene, okay.

MESSORA: Ma anche no.

BORGHI: Ecco, nel senso non è che il dramma “non ho l'I-pad nuovo”, oppure se lo devo comprare invece di pagarlo 300 lo devo pagare 700. Cioè, alla fine ce ne potremmo fare anche una ragione. Altrimenti buona parte delle altre produzioni che noi importiamo in questo momento, sono tutto sommato sostituibili con produzioni interne. Esempio tipico, una delle grandissime cose che importiamo sono le autovetture. Ora non è che mi sta simpatica la Fiat, sinceramente no, però è evidente che se io bene o male posso comprare una BMW rispetto a un'altra macchina italiana, che costano più o meno così, magari compro la BMW. Se vedo che la BMW improvvisamente costa il doppio, comprerò una macchina italiana, ma in giro vado, ecco, cioè non è che cambia qualcosa. A quel punto lì succede una cosa magica. Vale a dire, io italiano invece di comprare la macchina straniera compro la macchina italiana. Gli stabilimenti cominciano a funzionare, assumono gente. Allora a questo punto l'operaio invece di essere andato in cassa integrazione diventa assunto e fa pure gli straordinari e la compra anche lui la macchina, no? E a sua volta riparte il mercato interno.

MESSORA: Perché finché tu compri sul mercato interno, la svalutazione del fiorino, il nuovo fiorino nei confronti dell'euro o del dollaro non ti pesa più di tanto.

BORGHI: Assolutamente no. Se io ho l'albero di pesche in giardino e le pesche le vendo sul mercato, a me cosa me ne frega? Nel senso, posso avere come unità di conto quello che voglio, ma in realtà il prezzo che esigo è sempre quello, non mi muta. Mi muta l'energia, mi mutano certe cose che importiamo e che o abbiamo smesso, perché a questo punto... vedi i computer. Non è che non ce li avevamo i computer, i computer ce li avevamo sì, però ad un certo punto abbiamo deciso che era meglio comprare quegli altri che erano più convenienti, costavano meno.

MESSORA: Ti riferisci a Olivetti?

BORGHI: Beh, sì. Ma tante produzioni che abbiamo delocalizzato, lasciato e cose di questo tipo, ad un certo punto noi svalutiamo. La notizia più negativa per tutti, ad un certo punto, chi è che si sveglia male il giorno dopo che noi abbiamo svalutato? Si sveglia male chi ha titoli italiani all'estero. Quindi il tedesco che ha l'obbligazione italiana a quel punto si arrabbia perché dice “caspita, io ti ho dato gli euro e tu mi ridai le lire e in questo momento sono svalutate e quindi io vado a scendere”, e secondo me quello è gestibile, perché per me si incavola meno di quello che si incavolerebbe invece chi aveva i titoli greci e che per riuscire a portare avanti le loro grandi idee e così via, se le è trovate valutate del 70%. Basta chiedere a un risparmiatore per vedere che meraviglia è stata questa gestione del debito estero. Quindi se dice “va bene, guarda, sono sicuro che mi ridai 100, ma me ne ridai 100 con una valuta svalutata del 20”, va bene. Cioè secondo me non stiamo troppo distanti da quanto già adesso è svalutato. Dall'altra parte però si incavola, e di molto, la fabbrica di automobili tedesca. Perché la fabbrica di automobili tedesca che era abituata a vendere le sue macchine - più belle, fatte meglio, quello che vogliamo - a costi assolutamente competitivi in Italia, si trova che i suoi listini vanno su del 20%, allora se vuole abbassarli deve ridurre i suoi profitti e che invece la produzione domestica italiana diventa più competitiva, sia domesticamente parlando e soprattutto nel suo mercato interno. Perché a quel punto lì uno dice - supponiamo lo scenario distruttivo - svalutiamo del 70%. A quel punto in Germania una Ferrari costa come una berlina, la tre volumi. Allora mi compro la Ferrari! A parità di prezzo. A Maranello devono fare supplemento di assunzioni. Quindi in realtà, secondo me, funzionerà come nel '92, cioè al momento panico, vale a dire un 20% di svalutazione, poi quando vedi che l'Italia riprende e le cose sono immediate, noi basta che ci prendiamo la bilancia dei pagamenti storica italiana, dell'Europa anzi, mettiamola così, dal '90 ad oggi – i numeri sono lì, non è che me li invento – dal '92, quando noi abbiamo svalutato, passare dal deficit a bilancia dei pagamenti attivo, è stato immediato. Tutti gli anni successivi, dopo il '92, ci sono stati pesanti attivi di bilancia dei pagamenti. L'effetto del cambio è pazzesco. Così se noi ci prendiamo gli stessi dati e vediamo cosa succede il giorno in cui entriamo nell'euro, facciamo conto nel 2001, nel 2000-2001 c'era una quasi totale convergenza, più o meno quasi tutti erano più o meno in pareggio come bilancia dei pagamenti, qualcuno più qualcuno meno. Entrano nell'euro e vedere la Germania che si gonfia come un pallone, Germania e Olanda, insomma i suoi satelliti, e tutti gli altri paesi invece che vanno istantaneamente in deficit crescente è una sola cosa. Perché? Perché sono migliori e hanno trovato per la prima volta un mercato aperto senza nessuna svalutazione. Quindi è l'effetto cuculo, quello che io chiamo. C'è un nido dove ad un certo punto alcuni sono più deboli e uno è più forte, non perché bara, non perché ruba, per meriti suoi, è più grosso; la pappa se la mangia tutta lui, diventa sempre più grosso, gli altri diventano sempre più deboli. A quel punto poi partono le angherie, perché “tu cosa hai fatto?”, “tu sei debole”. Quando ero in trasmissione a Omnibus la settimana scorsa c'era il giornalista tedesco che diceva “perché voi avete fatto il debito pubblico, lo avete gestito male”. È vero, ma non è quello il problema. Vai a dirlo all'irlandese. Non ce l'aveva il debito pubblico e soprattutto non ha la riforma del lavoro.

MESSORA: Vai a dirlo ai giapponesi che hanno un debito pubblico mostruoso.

BORGHI: Vai a dirglielo al giapponese che ha il debito pubblico mostruoso. Ma io sto nell'area dell'Europa. Io prendo l'Irlanda e prendo l'Inghilterra. Tutte e due non hanno certo bisogno di fare le riforme del lavoro che chiedono a noi, l'Art. 18 o cose di questo tipo. La gente la licenziano quando vogliono, quindi non c'è problema. L'Irlanda licenziava la gente quanto voleva, tasse basse, perché tasse storicamente basse e quindi neanche da dire “abbassiamo le tasse che cambia tutto”, competitività notevole su tutti i mercati, era la “tigre celtica”, la definivano, il debito pubblico era zero, il 20%, quindi una roba... virtualmente zero il debito pubblico. Perché sono nei casini? E perché invece l'Inghilterra che ha, se contiamo il debito, quello che ci ha messo dentro per salvare le banche, siamo al 140%, quindi peggio di noi, un'industria che è un'industria principalmente finanziaria, non sei esattamente messo bene. Sei in una crisi finanziaria mondiale e la tua industria principale è l'industria finanziaria! Cioè, posso capire se tu facessi i broccoli o qualcosa del genere, che magari possono andar di moda, ma fai banche e le banche sono quelle che stanno andando malissimo, eppure tripla A. Perché? Ci sarà un motivo! Stessa cultura anglosassone, stesso tipo di lavoro, uno zero debito, l'altro un casino di debito e così via, uno tripla A, l'altro fuori dai mercati. Cioè in questo momento l'Irlanda è messa molto peggio di noi. Guarda caso uno aveva la sterlina e l'altro aveva l'euro. A uno verrà qualche sospetto, no, che forse i ragionamenti che dicono sulle nostre colpe – che ci sono tutte, eh! - magari non c'entrano. È la stessa roba, io ogni tanto faccio questo parallelo, c'è una scialuppa con un buco fatto da uno, vale a dire il tedesco, con un trapano. Il buco fatto nella scialuppa dal tedesco col trapano è stato dire i titoli di Stato greci non si rimborsano perché devono “share the burden”, si diceva, cioè bisogna ripartire la perdita su chi li ha comprati. A quel punto tutto è diventato opinabile. Dice “come share the burden? Io ho dei titoli di Stato, questi per me sono contante. Se tu mi dici che io rischio di share the burden, allora a questo punto rischio anche con gli italiani, rischio con gli irlandesi, e così via”. Quindi il buco lo ha fatto la Germania e gli altri che applaudivano, quindi va bene. Allora c'è il buco, entra l'acqua, la barca affonda e la gente ti rimprovera i tuoi peccati: tu hai rubato, tu hai tradito la moglie, tu sei grasso. E noi abbiamo questo curioso, spettacolare atteggiamento di dire “è vero, sì, è vero. Ho tradito la moglie, ho rubato”. Abbiamo delle colpe? Certo che ce le abbiamo. Ma il problema non è originato dalle nostre colpe e dai nostri casini. Fino a sei mesi fa quelli dell'Unione Europea che venivano in Italia... sei mesi fa no, prima che iniziasse il casino sul debito sovrano, tutti quelli dell'Unione Europea che arrivavano dicevano “complimenti! Meraviglia!”. Leggiamoci tutti gli editoriali di Monti. Gli editoriali di Monti sul “il Corriere”, per dire, uno che ogni tanto ha pure l'impudenza di dire “è colpa di chi ci ha portato in questa situazione, è colpa di chi ci ha portati in questo momento”. Bene. Tu da commentatore indipendente hai una fila così di editoriali dove dicevi “bravissimo Tremonti. Complimenti. È vero. La gestione finanziaria, nonostante le voglie di tutta la sua squinternata squadra che gli vorrebbero far fare delle cose stranissime – cose di questo tipo – è stata tenuta in maniera esemplare. Reggiamo meglio degli altri”, e così via, “però bisognerebbe fare molto di più per la crescita”, e così via. Quindi i conti erano in ordine.

MESSORA: Quindi? Colpo di Stato?

BORGHI: colpo di Stato... No, io penserei più ad annebbiamento collettivo e non volersi rendere conto della natura vera dei problemi. L'europeismo in sé e per sé è un'ideologia. Mi sono reso conto, vedendo della gente bravissima che stimo, dice “ma io sono europeista!”, come per dire “io sono cattolico”. Allora a quel punto è inutile che tu mi spieghi l'impossibilità di risorgere e cose di questo tipo, io sono cattolico e quindi io a quello devo credere. Io invece sono pratico e cerco di capire dove sono i problemi e dove sono le possibili soluzioni. L'europeismo in sé e per sé sta diventando un altare su cui tanta gente, e Monti io sono convinto che sia in buona fede, uno degli europeisti in buona fede, quindi dice “no, bisogna fare così”. Il problema è vedere se sono praticabili le altre strade. Ci sono altre strade? Sì, ci sono altre strade. C'è l'integrazione totale. Diventiamo gli Stati Uniti d'Europa, a quel punto noi saremo la Calabria dell'Europa, e a quel punto all'interno di uno stato unitario ci sono anche i trasferimenti. Così come la Calabria non ce la farebbe a competere contro la Lombardia per tantissimi motivi, capita che all'interno dello stesso territorio ci siano dei trasferimenti di denaro. Sono troppi, sono gestiti male, il problema dei trasferimenti che poi la gente se li fuma o vanno alla criminalità o vanno nei forestali o cose di questo tipo, è vero. Questo è tutto un ordine di problemi, ma così è. La Calabria non dovrebbe, non potrebbe altrimenti, all'interno dello Stato così com'è, se la Lombardia dicesse “tu devi competere contro di me”, non ce la fa o quantomeno non ce la farebbe in tempi brevi. Allora ci sono i trasferimenti di denaro. Allora è possibile che noi possiamo andare verso un'Europa integrata, totalmente integrata, dove la regione ricca paga per il costante deficit di quella povera? Se noi pensiamo che è una cosa possibile, che sia accettata dai tedeschi o cose di questo tipo, benissimo, cioè andiamoci, rimaniamo, facciamo gli Stati Uniti d'Europa, se sono tutti contenti e soprattutto lo votano, perché fino adesso è una cosa che è stata fatta tutta, tutta totalmente sopra la testa della gente, benissimo. Se così non è, prima o poi bisogna venire a una. Perché se anche, per dire, domani risolviamo il sintomo, vale a dire diciamo che la Banca Centrale Europea garantisce illimitatamente per tutti i debiti nel caso monetizzando, allora a quel punto lì cosa succede? Istantaneamente tutti i titoli vanno a 100, perché a quel punto non ci sarebbe più il rischio di non vederselo ripagato, perché molto semplicemente il denaro per ripagare il debito verrebbe creato dal nulla. Però ciononostante, se anche facciamo così, si sistema tutto il problema del debito, siamo tutti a posto, ma gli sbilanci tra le bilance commerciali di una zona con una moneta più debole rispetto alla sua economia e una zona con una moneta più forte rispetto all'economia rimangono.

MESSORA: cioè, non essendoci un'integrazione tra le politiche e le cose fiscali non c'è speranza...

BORGHI: Alla fine ci grecizzeremmo ancora di più. Vale a dire che tutte le nostre imprese chiuderanno perché ci risulta più comodo fare una cosa del genere...

MESSORA: E poi c'è la questione della BCE che molti chiedono che diventi una specie di FED, che agisca come prestatore di ultima istanza, eccetera...

BORGHI: E' evidente. Infatti è quello a cui accennavo. Se io ho un debito nei confronti tuoi e non mi paghi, ti porto dal giudice. Se il giudice dice che ho ragione, e di solito lo fa, comincia già subito con il decreto ingiuntivo, quindi è quasi invertito poi l'onere della discolpa, io pignoro la casa. A meno che poi uno cerca di mettersi in salvo con cose illegali, però tu hai diritto sui beni di quell'altro che non ti paga. Il titolo di Stato è molto differente rispetto al debito della società privata, perché io non posso andare a pignorare la Torre di Pisa. Quindi se lo Stato italiano non mi paga, io non ho beni reali su cui andarmi a rivalere. In realtà domani lo Stato potrebbe svegliarsi e dire “io non pago nulla dei miei debiti” e tu non potresti farci nulla, cioè sei lì e dici “eh?”. Così come ha fatto l'Argentina, ad un certo punto si è svegliata e ha detto “ti do tot, il 20% su quello che avevi” e ci sono cause ancora adesso, ma o accettavi o accettavi, insomma non è che puoi fare molto. Proprio per questo motivo, dato che il titolo di Stato, il debito dello Stato non è garantito da nulla, dall'altra parte c'è una garanzia implicita che è quella della banca centrale. Vale a dire, è vero che non è garantito da nulla, ma in ogni caso, essendo che sono io che produco la moneta, stai tranquillo che questi soldi che sono da prendere alla scadenza io te li do. Il tuo problema al massimo è la svalutazione. Nessuno ha mai... Cioè, quando anche eravamo messi male, negli anni '70 o negli anni '80, quando facevamo il debito a manetta, Craxi e compagnia bella, nessuno ha mai preso in considerazione l'ipotesi che il titolo di Stato non venisse pagato, cioè non c'è mai stato il concetto dello spread. È la novità attuale. Tutti dicevano “va beh, al massimo svalutiamo, al massimo ci sarà l'inflazione”.

MESSORA: Il problema è la perdita della sovranità monetaria.

BORGHI: Certo. Quando noi abbiamo fatto questa simpatica cosa di lasciare poi la produzione, la gestione della moneta a un organismo esterno, è stato come avere solo debiti in valuta estera.

MESSORA: Senti, Claudio, ma tecnicamente come si fa a svalutare?
BORGHI: E' molto semplice, perché i tassi di cambio di una moneta nei confronti di un'altra sono dati dal mercato. Quindi il dollaro nei confronti dell'euro ha un rapporto che è dato dal mercato, non è dato, fissato da qualcuno. I tassi di interesse sono fissati in maniera arbitraria e non dalla BCE.

MESSORA: Cioè più c'è gente che compra dollari più questo...

BORGHI: Se io penso che tutto sommato ho delle prospettive migliori o cose di questo tipo sul dollaro... Di solito questi tassi hanno sotto delle transazioni, vale a dire quanto più io compro dei beni americani, quanto più io comprerò dei dollari sul mercato, perché li devo pagare con dollari, non me li vendono in euro. Allora a quel punto cosa succede? Se tutta l'Europa si mette a comprare beni americani e non viceversa, il dollaro sale nei confronti dell'euro perché tutti comprano roba. Allora a quel punto cosa succede? Io americano cosa posso fare? Posso prendere e stampare dollari, che è un po' quello che fanno i cinesi. Per i cinesi cosa succede? Tutto il mondo compra le robe da loro e loro per evitare di fare apprezzare tanto la loro moneta cosa fanno? Stampano la loro simpatica moneta. svalutano. in modo tale da non farla rivalutare più di tanto, cioè la tengono controllata. A quel punto però cosa succede? Succede che se tu continui il tuo problema... perché se no sembrerebbe facile, il tuo problema è l'inflazione. Giusto per... Facciamo a capirci. Allora, 50 euro. Questa qui è una cosa un po' strana, perché l'euro innanzitutto è un pezzo di carta e vale come un pezzo di carta. Cos'è che gli dà valore? In teoria se uno guarda questa cosa non si capisce, perché è una delle poche monete al mondo dove non c'è scritto a cosa serve. C'è scritto “euro”, “BCE” da tutte le parti e basta, altrimenti ci sono ponti e finestre che, quello che dico io, sono due luoghi da cui normalmente la gente si butta e quindi non butta bene. Se io prendo un soldo vero, vale a dire quello americano, per esempio, c'è scritto “this note is legal tender for all debts public and private”, vale a dire “questa roba qua mi serve perché con questo ci pago i debiti”. Allora cosa succede? Cos'è il debito più grande di tutti? Il debito più grande di tutti sono le tasse, perché alla fine ogni anno tu inizi con un debito nei confronti dello Stato derivante dal livello di tassazione che tu devi fare. Lo Stato non accetta in pagamento le forme di parmigiano, l'oro o qualche altra cosa, se tu devi pagare le tasse devi portargli la banconota. Quindi ha valore perché tu con quella ci paghi i debiti e segnatamente il debito più grande di tutti sono le tasse. Quindi è lo Stato stesso che dà valore a questa simpatica cosa. Per cui in generale, essendo poi che le tasse sono espressione dell'economia, quanto più è grande l'economia di un paese quanto più poi sarà il suo prelievo fiscale e così via, la tua banconota in sé e per sé, o in generale i tuoi soldi che hai sul conto corrente, sono rappresentativi di qualcosa. La massa di tutti i dollari, la massa di tutti gli euro, la massa di tutti i renminbi sono rappresentativi del valore delle economie da cui essi sono prodotti. Se io prendo e ne stampo... diciamo parto tutto con i dieci gettoni, quindi dieci euro e dieci dollari, se io ad un certo punto domani mi sveglio e dico “raddoppio tutti i dollari che ci sono”, quindi i dollari da dieci diventano venti, io non ho creato nessuna ricchezza. Prima per comprare una pesca ci voleva un dollaro, il giorno dopo ce ne vogliono due. È un metodo di pagamento. Quindi io posso aver stampato il doppio di dollari che ci sono e il dollaro automaticamente si svaluta del 50%. ma ce ne vogliono due...

MESSORA: Perché c'è un passaggio intermedio, cioè si crea inflazione perché essendoci più disponibilità a comprare delle merci, chi vende queste merci se ne approfitta perché dice “la compri? La vuoi? Allora te la aumento”. Giusto?

BORGHI: E'evidente. Cioè io accetto quel pezzo di carta, invece di accettare la pecora o cose di questo tipo, perché poi a mia volta io posso andare e comprare qualcosa. Se domani tutti si svegliano e tutti i nostri soldi sono raddoppiati, non siamo un paese più ricco. In un'economia chiusa, mettiamola così, semplicemente i prezzi raddoppiano anche quelli, perché ad un certo punto quello che vende dice “senti, guarda, facciamo così, io invece di vendertela a uno te la vendo a due” e questo dice “ma sì, io ce li ho. Ho raddoppiato”, quindi li compra. Automaticamente i prezzi sono raddoppiati di tutto. Questa è l'inflazione. Dall'altra parte le grandezze, sempre monetarie, se raddoppiano una nei confronti dell'altra non ti cambieranno mai il dollaro, che è raddoppiato in numero, per lo stesso numero di euro. L'euro a quel punto diventa l'equivalente di una pesca, cioè di una roba da comprare. A quel punto ce ne vorranno due per comprare uno e quindi hai la svalutazione. L'aspetto negativo dello stampaggio di moneta abbiamo detto è l'inflazione. L'inflazione è una rottura di palle discreta, cioè l'inflazione non è una cosa che uno deve volere, perché l'inflazione è una ridistribuzione della ricchezza arbitraria. Se io ho l'inflazione cosa succede? Succede che se è un debito sono favorito, se è un credito sono sfavorito, perché io ho prestato a te mille e il giorno in cui te l'ho prestato con quei mille ci potevo comprare mille pesche. Se ad un certo punto parte la svalutazione, l'inflazione e cose di questo tipo, quando tu mi restituisci i mille, dopo cinque anni, io però con quei mille lì invece di comprarci mille pesche ne compro cento. È andata bene a te che avevi il debito e mi restituisci un minor valore, è andata male a me che avevo invece prestato. Va bene a me che ho beni reali, va male a te se hai uno stipendio fisso, perché lo stipendio fisso difficilmente viene adeguato con la stessa velocità con cui poi salgono i prezzi. Quindi ci sono dei trasferimenti non desiderabili, ecco, di ricchezza tra le persone. In questo caso abbiamo visto che infatti è una delle cose su cui tutti cercano di combattere. Il mandato della BCE non è quello di salvare l'Europa o cose di questo tipo, è di mantenere l'inflazione sotto al 2%. Questo è il mandato tipico della BCE. Che dopo tu per ottenere quello non stampi più soldi, tieni alti i tassi di interesse facendo strozzare l'economia o cose di questo tipo, pazienza, perché quello lì è il primo obiettivo. Recentemente stiamo vedendo che tanti di questi timori inflattivi, vale a dire di rialzo dei prezzi, non sono fondati, perché la gente si dimentica sempre la seconda parte della gamba, vale a dire c'è sì l'equazione sullo stampo moneta e prezzi, ma dall'altra parte c'è anche una formula altrettanto valida che mette in relazione l'inflazione con la disoccupazione. Vale a dire, se io sono in un paese dove c'è una forte disoccupazione e così via, è molto difficile che parta l'inflazione, perché significa che la gente non ha i soldi per comprare fisicamente le cose, io sono disoccupato, non ho reddito, non sale il mio reddito e se tu mi fai salire le pesche io non te le compro; allora io negoziante, piuttosto di mantenere la pesca invenduta, terrò bassi anche i prezzi. Per cui combinato questo, quindi alti tassi di disoccupazione, con un efficientamento molto forte delle produzioni a basso costo e così via, che quindi spingerebbero invece ad abbassare i prezzi dei beni, ottieni che abbiamo cose come la Cina, che secondo me, anche se dati non ci sono, stampa soldi più di quanti noi possiamo immaginare, eppure ha una discreta inflazione interna, perché sulla Cina siamo a buoni livelli di inflazione interna, ma non così distruttiva o così alta come invece potrebbe essere. Nel '92 tutti dicevano “ci sarà un'inflazione catastrofica a seguito della nostra svalutazione” e similari, invece abbiamo visto che non c'è stata.

MESSORA: Tornando alla nostra conversione euro/fiorino, per non dire lira, c'è un altro nodo che si teme, cioè l'aumento della benzina. Perché tu parlavi di energia, poi c'è anche il petrolio. Però anche qua tu hai una teoria particolare.

BORGHI: Il fatto è che c'è una fiscalizzazione clamorosa in Italia sulla benzina e non lo sto scoprendo io, da accise che coprono la guerra dell'Etiopia e così via, il risultato è che se noi prendiamo un litro di benzina due euro, per semplificare possiamo dire che uno e mezzo sono tasse e mezzo è il costo della benzina, in realtà un pochettino di più, però giusto per capire dove voglio andare a parare. Supponiamo che svalutiamo del 50%, cosa che, ripeto, non è assolutamente nel radar, perché io stimo al 20%, ma facciamo un regalo alle nostre aziende che a quel punto lì comincerebbero ad esportare e ad assumere talmente tanta gente che arriverebbero i flussi migratori dal resto dell'Europa, e rimaniamo, ipotizziamo questo curioso 50%. A questo punto significa che della componente oil, cioè del nostro prezzo del litro di benzina, da 50 passa a 75 centesimi perché svalutiamo del 50 e quindi dobbiamo pagarla in dollari e invece di pagarla 50 centesimi la paghiamo 75. Calo di 25 centesimi le accise e il prezzo alla pompa non cambia. Quindi abbiamo un margine così clamoroso di tasse assurde da ridurre potenzialmente sul prezzo...

MESSORA: Noi paghiamo ancora la guerra dell'Abissinia sulle accise della benzina.

BORGHI: Sì, appunto. Noi abbiamo un margine così clamoroso che il disagio, cioè scene tipo 10 dollari... dieci euro al litro che ogni tanto vedo da persone che fanno scenari catastrofisti su quello che potrebbe succedere una volta usciti dall'euro, non sono assolutamente realistici, per arrivare anche soltanto a 3 euro, per dire, che sono delle cose quasi inconcepibili, non ne ho idea, dovremmo svalutare del 500%. A quel punto non starebbe in piedi. La vedo già diversa per la Grecia. La Grecia invece farà una svalutazione molto pesante, non ha grandi contropartite da offrire in termini di industrie e così via, quindi praticamente quello che importa alla fine gli rimane tutto sul gobbo e quindi lì sì sarà un problema, e non ha neanche poi questo gran buffer fiscale da gestire. Noi invece...

MESSORA: Ecco, per metterci paura, in caso di conversione della valuta, ci dicono che l'Argentina, che pure adesso invece è ripartita, ha un PIL molto elevato, ha comunque passato due o tre anni di fame, di fame nera, dove alla gente si distribuiva il pane perché altrimenti non potevano mangiare. È uno scenario che secondo te ti sembra plausibile in Italia?

BORGHI: Innanzitutto gli enormi sprechi di denaro in queste crisi vengono fatti in un brevissimo periodo di tempo. Vale a dire, storicamente lo sperpero clamoroso che poi produce fame, rientro di capitali, tasse e cose di questo tipo, si ha negli ultimi periodi, ma parlo di mesi se non di settimane, se non di giorni, quando si cerca di puntellare una situazione che è insostenibile. Nello specifico ne sappiamo qualcosa proprio nel '92, vale a dire quando così, in maniera scriteriata, per riuscire a mantenere il tasso di cambio in parità con le altre monete, quando era evidente anche ai bambini che questo non avrebbe funzionato, abbiamo incenerito tutte le nostre riserve di valuta estera detenute alla Banca d'Italia, stiamo parlando di miliardi e miliari di cui nessuno... Chissà come mai quando si tocca l'argomento – e i responsabili erano due: Amato e Ciampi – quando si tocca l'argomento invece “è una cosa doverosa”, “non si poteva far altro”, si poteva smettere prima invece di buttare tutti i soldi nella fornace e di andare. Io ero ragazzino, perché ero fattorino in borsa all'epoca, quindi io andavo lì ogni giorno per vedere lo spettacolo quando c'era la grida dei cambi dove tutto il mondo vendeva lire, le comprava tutte la Banca d'Italia, l'omino della Banca d'Italia lì ai cambi, e tu eri lì a dire “quanto dura? Quanto dura ancora?”. Io ero un ragazzino, avevo 20 anni, non capivo niente, eppure ero lì e dicevo “quanto dura? Non può durare”. Quindi se lo capivo io che avevo vent'anni, a maggior ragione secondo me chi era deputato poi a gestire queste cose, invece di incenerire miliardi di lire di valute poteva fermarsi prima. In Argentina uguale. Ad un certo punto per tenere artificialmente il cambio legato, del pesos legato al dollaro, negli ultimi tempi si era fatto di tutto. Chi dice che l'Argentina è andata alla fame e cose di questo tipo, è vero, non è che è stato un periodo piacevole per l'Argentina quello, ad un certo punto, della svalutazione, del blocco delle valuta, del corralito e così via, e in parte poi lo sconta ancora adesso con sfiducia nei confronti degli investitori esteri e similari, però manca sempre l'alternativa. Cioè io sono in una barca che affonda, allora a quel punto lì dici “caspita, però tu ti butti in acqua e sei tutto bagnato, faceva un freddo boia, quando sono arrivati con i soccorsi a prenderti avevi le labbra blu” e così via. Va bene. Ma se stavo dentro una cabina? Cioè non è che le alternative sono... Uno non dovrebbe neanche trovarsi in queste situazioni, ma una volta che ti trovi non è che il fatto di vedere che ci sono state dopo delle cose spiacevoli o similari ti esime dal pensare cosa potrebbero essere invece le cose se tu non lo facevi. Cioè in questo momento noi possiamo anche far finta di dire “andiamo avanti così”. Andiamo avanti così e stiamo andando bene? Chi man mano si trova la fabbrica chiusa, licenziato, a casa, non si fa più niente, il credito nulla, non c'è certezza sui pagamenti, tasse assurde...

MESSORA: E' quello che chiedevo io venerdì sera a “L'ultima parola”, dicevo “va bene, non si può uscire dall'euro, ma anche se stiamo nell'euro le prospettive sono così tanto più rosee rispetto a quella di uscire?”.

BORGHI: E' quello. Uno ad un certo punto poi alla fine fa delle scelte. Se non mi dai una prospettiva credibile, a quel punto io devo cercare un'altra strada. La prospettiva credibile che mi danno è “basta. Facciamo le riforme, l'austerità, cose di questo tipo e poi tutto si sistema”. Ma cosa mi state dicendo? Paradossalmente alcune delle riforme che tu devi fare diventano controproducenti. Perché tu supponiamo che oggi schiocchi le dita e dici “da oggi si può licenziare tutti senza problemi”, e io sinceramente in condizioni normali non sono contrario a un'impostazione del genere, perché sono liberista e per me il lavoro dovrebbe essere dato da una contrattazione libera tra le parti e non c'è nessuno che dovrebbe imporre la propria presenza ad altri. Tuttavia se domani succede così abbiamo la gente per strada, tanta. Tanta. Senza neanche possibilità dopo di doverla riassumere o prospettive serie di doverla riassumere, a meno di... Non lo so. Cioè l'alternativa vera che uno dovrebbe prendere in considerazione è quella di una progressiva e costante riduzione dei salari. L'unica maniera per riprodurre artificialmente una svalutazione e ritornare competitivi come produzione è quella che tutti i salari si riducono. A quel punto, se noi domani riduciamo tutti i salari del 20% e anche i prezzi, tutto sommato, possibilmente, delle robe che vengono prodotte, perché quello è, otteniamo come risultato un qualcosa che un po' assomiglia a una cosa del genere. È fattibile? Secondo me no. Oltretutto tenuto presente che andrei quasi ad impostare un discorso di decrescita, perché dopo il 20% ti risistemi e dopo, fra un po', diventerà il momento di tagliare un altro 5 e così via. Il mondo come lo conosciamo noi sta in piedi con delle prospettive di crescita. Tu compri una cosa se pensi che sia il momento giusto per farla. Se io penso che domani sarà peggio di oggi, questa cosa non la compro oggi e non la compro neanche domani perché a questo punto domani penserò che dopodomani sarà peggio ancora e così via. Risultato: crollo veloce, ma veloce, di tutto il sistema. Per cui non sta in piedi.

MESSORA: Un'altra argomentazione che di solito coloro che sostengono la necessità di restare nell'euro, nell'Europa, portano, è quella che il mondo non è più come quello di una volta ma ci sono dei grandissimi attori, brics, emergenti, sono dei giganti come la Cina, arriva anche il Brasile, e l'Italia sarebbe una zolletta, un sughero che naviga in maniera fragile su un fiume da sola, invece l'unica alternativa è quella di mettersi tutti insieme e pararsi le spalle a vicenda.

BORGHI: Allora, sono degli scenari da old economy. Vale a dire, se io mi metto a ragionare anche solo militarmente, sono cose che fanno senso. Se fossimo in un mondo dove ti conquisti tu con gli eserciti il vicino, è evidente che tu, Stato del Piemonte o Granducato di Toscana o cose di questo tipo, da solo non puoi farcela e devi appiccicarti a un altro, che dopo magari ti può anche non stare simpatico, e quindi in ogni caso uno dice “va bene, se devo fare la guerra contro l'India, ad un certo punto io, Italia, da sola non ce la faccio perché questi arrivano e mi invadono in due secondi. Io non sono una minaccia”. Ma dato che tutto sommato non è così, vale a dire che gli scambi internazionali stanno diventando sempre più liberi e dettati dalla convenienza, gli spazi si sono molto accorciati e la stessa limitazione monetaria sta svanendo. Perché, quanti di noi sono andati in Svizzera a fare la benzina a Chiasso, piuttosto che andare a comprare un vestito al Fox Town, per dire, cose che sono vicine al confine, e si sono fermati a un cambiavalute? Nessuno. Uno va là, prende la carta di credito, paga il suo vestito e torna a casa. Quindi man mano che poi andremo verso la moneta elettronica, la facilitazione dei pagamenti online e cose di questo tipo, il fatto di dover dire “ma io non compro da te perché già solo il pensiero di dover cambiare i miei soldi in lire, prendere quelle banconote strane, poi fare...” A quel punto lì non è più una limitazione, perché tanto in ogni caso io farei un pagamento elettronico gestito su circuiti internazionali, così come adesso non è un problema importare le robe, anche per un privato, comprare le robe direttamente da qualche parte, c'è il problema dei dazi, però il problema dei dazi poi è un problema politico, non è un problema di sistema. In questo momento se io voglio comprare qualcosa da Amazon, devo comprarlo da Amazon.it, non posso compralo da Amazon.com americano.

MESSORA: Quindi la fragilità economica del singolo staterello rispetto ai giganti tu non la vedi?

BORGHI: Ma no.

MESSORA: Resta il problema dell'invasione militare, ma io stento a pensare a una Cina che viene ad invadere l'Italia. E anche in quel caso, probabilmente, saremmo comunque in grado di stringere delle alleanze là per là, sul momento, con qualcuno a cui comunque non starebbe bene lo stesso di avere una Cina ai confini della Francia.

BORGHI: Certo. Per cui penso sinceramente che il discorso di dire “tu da solo, fragile, che cosa puoi fare?”, mah! Cioè non è che è una cosa che capisco più di tanto. Certo, è molto comodo ed è molto bello Schengen. Il fatto di poter senza problemi viaggiare per tutta l'Europa con un'unica moneta e così via, è stata una cosa che dal punto di vista della civiltà è stata importante. Sarebbe stato anche forse più opportuno che fosse stata vissuta più come un'opportunità, vale a dire tanti giovani di casa nostra invece di aspettare che la fabbrica gli aprisse sotto casa, avrebbero dovuto anche approfittare di più di questa grande libertà e non essendoci il lavoro che andava bene prendere e andarlo a cercare altrove, insomma avere più flessibilità all'interno di un mercato unico. Però, ripeto, sono scelte politiche. Io non voglio pensare che se un domani ci sono diverse monete, automaticamente il fatto solo di avere un diverso strumento di pagamento mi debba automaticamente comportare che io ho della gente coi fucili alle frontiere che dice “tu che cosa fai?” e così via. Così come non ci sono i fucili alle frontiere in questo momento tra la Danimarca e il resto dell'Europa. Loro hanno la corona danese, eppure, guarda caso, non c'è nessuna frontiera fuori dalla Danimarca, sono in Schengen tanto quanto. Così come se io devo andare in Inghilterra, hanno la sterlina eppure non mi risulta che mi sparino se voglio arrivare a Londra o cose di questo tipo. Per cui è fuori dall'unione monetaria europea ma dentro l'Unione Europea. La cosa funziona. Io direi che funzionerebbe anche per l'Italia. Io sono convinto che se ci fosse la lira nord e la lira sud, sarebbe uno degli strumenti di emancipazione del sud, perché a quel punto la spiaggia a Tropea sarebbe molto più conveniente rispetto alla spiaggia in Liguria e a quel punto il ligure magari si sveglierebbe un po' e si metterebbe a dare, per quello che chiede, dei servizi più buoni e d'altra parte Tropea avrebbe tanta più gente che va a vedere quelle spiagge bellissime, sobbarcandosi anche un po' di costo del viaggio pur di avere una convenienza.

MESSORA: E addio Garibaldi...

BORGHI: Non penso che Garibaldi pensasse alle banconote, sinceramente, quando si metteva nell'idea unitaria.


MESSORA: E all'epoca di Garibaldi non c'erano neanche le agenzie di rating. Perché tu parlavi di guerra. Ma esiste una guerra, allora, portata avanti come braccio armato dalle agenzie di rating?

BORGHI: Allora, io sono molto poco complottista e penso sempre, normalmente, quando vedo la gente che fa delle cose molto strane, più che al disegno dei grandi vecchi penso sempre che siano scemi. Io bene o male sono salito abbastanza nella mia vita nelle gerarchie anche bancarie. Ho chiuso come managing director di Deutsche Bank la carriera, quindi bene o male ne ho viste tante, e in più mi sono fatto anche tutti club e le associazioni e cose di questo tipo che normalmente magari vengono viste come...

MESSORA: Tipo?

BORGHI: Ma non so, Rotary, ne dico uno.

MESSORA: Non mi dire che sei del Bilderberg perché sarebbe una notizia.

BORGHI: No, non sono del Bilderberg, però, tanto per dire, prima del Rotary mi dicevano “ah, ma quelli del Rotary fanno chissà che cosa, para-massoni”. Man mano che poi uno prendeva e saliva, io di grandi complotti ne ho visti pochi, di scemi ne ho incontrati tantissimi. Per cui tendo a pensare che la spiegazione sia la scemenza. Detto questo, le scemenze sono sempre a due facce. Vale a dire, se io trovo uno che si comporta da scemo e gli do credito, a quel punto sono in parte colpevole anch'io, perché altrimenti lo lascio perdere. Le agenzie di rating sono inscusabili, secondo me, su come hanno gestito il sistema del debito sovrano in Europa, perché o evidenziavano, nel momento stesso – cosa che sarebbe stata correttissima – nel momento stesso in cui la Germania ha imposto la perdita sui titoli di stato greci, a quel punto dicevano “Alt! Qui c'è un fatto nuovo. Fino adesso questi erano titoli di stato, quindi considerati sicurissimi, garantitissimi e così via, da questo punto in poi, dato che si prende uno Stato membro e lo si lascia andare per il suo destino, imponendo perdite a chi aveva sottoscritto questi titoli, diventano non sicuri”. Allora a quel punto lì io prendo quelli italiani, quelli portoghesi, quelli spagnoli e cose di questo tipo, prima avevano A e diventano C, perché per me in ogni caso state facendo una cosa strana che non mi convince. Allora in quel caso okay. Poi miglioravano le situazioni, la gente... fosse funzionata l'austerità e cose di questo tipo, te lo tiravo man mano su come rating. Invece cosa succede? Non hanno fatto una piega e hanno cominciato uno stillicidio da A ad A-, tiro giù di uno, man mano che i titoli già crollavano. Allora cosa succede? Tu avevi una roba che già crollava, tu prendevi atto, praticamente, perché invece di essere proattivo in realtà tu stavi registrando un danno che si stava già realizzando, e quindi poi lo amplificavi. È come dire che uno vede la gente che scappa dal teatro in fiamme e “scappate! Le fiamme sono peggiori! Esploderà tutto!” e cose di questo tipo, invece di dire “no, calma che vi fate male”.

MESSORA: Non sono famose per le loro capacità previsionali. Basta considerare che la crisi del 2008 non l'aveva prevista nessuno.

BORGHI: Assolutamente. Però, vedi, lì c'era un sospetto di conflitto di interessi, vale a dire, tu avevi che i più grandi emittenti di questi titoli, subprime e compagnia bella, erano questi operatori che poi pagavano a loro volta la società di rating. Quindi lì potevi supporre che in ogni caso c'era una connivenza. Per il debito sovrano la società di rating non incassa nulla, ha solo prestigio personale e così via, quindi così facendo o non hanno capito prima o non hanno capito dopo oppure non lo so.

MESSORA: Però anche i paesi emergenti si stanno attrezzando per creare la propria società di rating. Vedi la Cina, è andato Prodi per tirargliela in ballo. Qui c'è qualcuno che dice “facciamoci la nostra società di rating”, una specie di partita a tennis.

BORGHI: sì, il fatto però è che bisognerebbe che tutti mettano sotto controllo le proprie emozioni sul rating fino a farle diventare un po' come gli studi societari sui titoli azionari che ti dicono “compra”, “vendi” o cose di questo tipo e poi uno è liberissimo di seguirli o non seguirli. Perché costruirsi un arbitro che ci dica le cose che ci piacciono non è esattamente entusiasmante neanche quello.

MESSORA: Claudio, prima di lasciarti volevo chiederti il tuo scenario personale su come si evolverà questa crisi.

BORGHI: secondo me non abbiamo tanto tempo. Cioè il fatto già solo che si paventi la corsa agli sportelli e cose di questo tipo, mi fa pensare che prima o poi qualcosa di traumatico succederà. Quindi io sono discretamente ottimista, perché non è che se domani crolla anche in maniera inordinata l'euro o cose di questo tipo moriamo tutti. Si finisce questa pausa di incertezza e dopo si ricomincia a salire, insomma. Quindi penso che la fase di apnea sia vicina alla fine, perché non penso che la situazione attuale sia sostenibile ancora per molto tempo.

MESSORA: Quindi tu credi Grecia fuori dall'euro presto e Italia a seguire?

BORGHI: Grecia fuori dall'euro presto secondo me sì, più che altro perché noi gli dobbiamo pagare tanti soldi in questo momento di questo Piano Mashall e la gente non ha voglia di pagarli. Quindi anche qui stupidità su stupidità. Dall'altra parte la situazione italiana non lo so, ma mi auspico invece che prima o poi si sistemi in una maniera o nell'altra, o VOTATA integrazione tra i popoli e governo totale dell'Europa, mi andrebbe bene, ripeto, basta che mi fanno votare, oppure prima o poi usciremo anche noi.

 Trascrizione a cura di Maria Laura Borruso

e a breve potrebbe far implodere il sistema monetario europeo.