domenica 30 ottobre 2016

lotta agli inquinamenti

Documento per il Gruppo di Lavoro


Qualità dell'acqua

e

lotta agli inquinamenti

Premessa

Queste note sono una traccia di riflessione e uno

spunto di discussione da cui partire per affrontare gli

enormi e complessi problemi inerenti il problema della

qualità dell’acqua e del suo inquinamento in Italia e nel

mondo. Esse pertanto non sono e non vogliono essere

un lavoro scientifico, ma solo un contributo da offrire

al gruppo di lavoro che tratterà per la prima volta nella

storia del Forum Nazionale dei Movimenti questo

argomento nel prossimo Forum di Aprilia.

Introduzione
- Siamo acqua e acqua ritorneremo


Noi siamo acqua e acqua ritorneremo. Nel neonato la percentuale di acqua costituisce all’incirca il 75% del peso corporeo,



questa percentuale tende a diminuire nelle varie fasi della vita, fino a stabilizzarsi intorno al 55-60% del peso corporeo, nell’età

adulta. Nell’anziano questa percentuale si riduce ulteriormente. Nella donna la percentuale di acqua è inferiore all’uomo, in

quanto la donna ha una maggiore percentuale di tessuto adiposo, che è povero di acqua.

Il nostro organismo contiene dunque un prezioso patrimonio tenuto costante nel tempo attraverso sistemi complessi di segnali

di richiesta e di meccanismi intelligenti di eliminazione.

Assumiamo ed eliminiamo continuamente acqua in un ciclo biologico costante e obbligatorio che avviene durante tutto l'arco

della vita. L'assunzione è rappresentata dalle bevande tal quali, ma anche dall'acqua contenuta negli alimenti; l'output totale di

acqua è la somma di perdite con feci e urine, perspiratio insensibilis (micro sudorazione non evidente), respirazione (acqua

evaporativa). L'acqua corporea è suddivisa in acqua intracellulare, acqua extracellulare ed acqua interstiziale. Nell'acqua

extracellulare sono contenuti notevoli quantità di elettroliti necessari per mantenere costante la pressione osmotica

dell'organismo. La regolazione del ricambio idrosalino avviene attraverso meccanismi neuromediati centrali e periferici e

meccanismi ormonali che esplicano la loro azione sul rene. Enzimi chiave di questa regolazione sono la renina, l'angiotensina,

l'aldosterone e la secrezione di ADH da parte dell'ipofisi come espressione della corticalizzazione del senso di sete a partenza

ipotalamica.

È bene ricordare quanto l'acqua sia indispensabile nella nostra alimentazione e come si trovi coinvolta in una serie di funzioni

vitali:

- trasporta principi nutritivi e scorie metaboliche;

- mantiene la struttura di macromolecole;

- partecipa alle reazioni metaboliche sulle quali è basata la digestione dei carboidrati, dei lipidi e dei protidi;

- svolge una funzione solvente per vitamine, minerali, aminoacidi, glucosio, ecc.;

- lubrifica e protegge le articolazioni, gli occhi, il midollo spinale;

- mantiene costante la temperatura corporea;

- mantiene il volume plasmatico.

A testimonianza dell'essenzialità dell'acqua, un bilancio idrico negativo già dopo poche ore è causa di sintomi clinici di

disidratazione più o meno gravi. Una perdita dell'acqua corporea superiore al 10 per cento porta ad un progressivo

deterioramento delle funzioni organiche fino a non essere più compatibile con la vita. A causa di questa stretta dipendenza,

l'uomo si è evoluto nei millenni obbligatoriamente accanto a fonti idriche facilmente raggiungibili e la sola acqua è stata per

gran parte della storia umana l'unica bevanda disponibile per la stragrande maggioranza degli individui.

Siamo pertanto esposti in modo estremo all’inquinamento di questo bene prezioso.

2
- I dati sull’inquinamento dell’acqua



Ma quali dati e quali fonti abbiamo a disposizione?

In Italia non esiste una documentazione adeguata e credibile che possa rappresentare per intero il disastro ambientale e sociale

rappresentato dalla distruzione del bene salute attualmente in corso attraverso il deterioramento fino all’irreversibilità della

qualità dell’acqua in territori sempre più estesi. Manca una documentazione credibile e condivisa sullo “stato delle acque “ in

Italia e manca pertanto una base di studi, biologici, clinici ed epidemiologici correlati a questa grande assente: la mappa

dell’inquinamento delle acque. Quella vera.

Inoltre per ragioni storiche e culturali l’acqua, intesa nella sua caratteristica più preziosa, la potabilità, è sempre rimasta

negletta nelle battaglie sociali anche nei momenti in cui la classe lavoratrice e i cittadini democratici più avvertiti hanno creato

mobilitazioni importanti sul tema della salute e dell’ambiente. In molte se non tutte queste lotte era giustamente

l’inquinamento dell’aria il centro dell’attenzione. Spesso lo era il rumore dei luoghi di lavoro delle fabbriche fordiste.

Oggi, però, il cosiddetto “sviluppo” del Paese in Italia si paga sempre di più in termini di acqua sporca, costosa e spesso

assente a causa dell’industrializzazione sfrenata di territori intensamente abitati, dello sfruttamento intensivo delle campagne e

dell’inurbamento di estese aree senza servizi e senza piani urbanistici a misura di uomo e natura piuttosto che a misura di una

speculazione edilizia spesso infiltrata dalla mafia. Il tutto in una cornice di un liberismo che, su basi esclusivamente

ideologiche, ha portato negli anni ‘90 alla privatizzazione del servizio idrico peggiorando gravemente una situazione già

notevolmente compromessa.

Emilio Molinari (Contratto Mondiale per l’acqua) denuncia…

“In Italia, sono più di 3.000 i siti da bonificare censiti e altre decine di migliaia del tutto sconosciuti, una vera e propria

bomba a tempo per il patrimonio idrico.

Solo il 20 per cento delle acque di superficie risulta non inquinato. Le acque di prima falda utilizzate negli anni '50 negli

acquedotti municipali in molte città come Milano, ricche di sorgive (fontanili), sono state da tempo abbandonate perché

irrimediabilmente inquinate. Oggi a Milano si pompa in terza falda a 120 metri circa e si corre il rischio che, se si preleva

troppo, si richiama acqua inquinata dalle falde superiori.

A questi problemi strutturali, legati agli insostenibili modelli produttivi e consumisti, si aggiungono gli incredibili sprechi di

un'amministrazione della cosa pubblica piegata ai più disparati interessi privati e clientelari e a una propensione

consumistica dei cittadini, ancor più esasperata rispetto ad altri paesi. L'Italia preleva il 32 per cento delle proprie

disponibilità idriche contro il 20 per cento della media europea; con 980 metri cubi di prelievo annuo pro capite, è la prima

consumatrice d'acqua in Europa e la seconda nel modo dopo gli Usa.

L'Italia detiene il primato anche nel consumo per uso domestico (250 litri pro capite al giorno, contro i 160 della Germania)

ed è la maggior consumatrice di acqua minerale del mondo: il 70 per cento degli italiani non beve più acqua del rubinetto. E

gli sprechi di un'altrettanto assurda negligenza della pubblica amministrazione fanno sì che il 35 per cento della popolazione

servita dalla rete acquedottistica non disponga di acqua sufficiente; nel Sud tale percentuale sale al 70 per cento.

Solo 1/3 degli acquedotti è dotato di impianti di potabilizzazione e le perdite in rete sono dell'ordine del 35 per cento, contro il

10-15 per cento della Germania. Con l'acqua buona degli acquedotti si puliscono le strade, si innaffiano le aiuole dei giardini

pubblici e privati e i campi da golf, spesso si riempiono le piscine. In agricoltura, i sistemi di irrigazione a pioggia sono

pressoché sperimentali.”


L’unico criterio possibile per redigere queste note è stato quindi riferirsi solo in parte ai dati ufficiali delle varie Agenzie

Regionali o alle banche dati dati della UE che troppo spesso hanno dimostrato di non essere aggiornate o di non essere

adeguate tecnicamente all’accertamento dell’inquinamento oppure a volte colpevoli di omissioni fino alla collusione con i

soggetti inquinanti. Vedi le ultime vicende in Amiata dove gli studi di ufficio “pro veritate” delle Regione Toscana vengono

affidati ad ex dirigenti dell’ENEL o come in Puglia dove solo una battaglia durissima dei comitati e in particolare di Pax Cristi

è riuscita a ottenere la recentissima pubblicazione dei dati su aria e acqua relativi a Taranto e alla disastrosa situazione

dell’ILVA a lungo nascosti dal Ministero della Salute.

I database europei sull’inquinamento delle acque sono poi largamente incompleti e ancora una volta l’Italia è in grande ritardo

nel comunicare i suoi dati (vedi denuncia del gruppo 183 sulla Water Framework Directive e i ritardi/omissioni dell’Italia in

Europa – allegato 1) . Inoltre sarà tutto da ri-discutere l’impianto legislativo europeo che sembra più rivolto a garantire gli

affari dell’industria e dell’agricoltura superintensiva che non la qualità dell’acqua e la salute dei suoi cittadini. Dopo il già

discutibile Register dell’inquinamento industriale dell’aria e dell’acqua (EPER) licenziato nel 2004, ora il nuovo Register

degli inquinamenti per le attività civili (diventato E-PRTER: registro Europeo delle Emissioni e dei Trasferimenti di sostanze

inquinanti) appena licenziato dalla Commissione europea è un clamoroso esempio di democrazia e civico default (vedi schede

allegate 2, 3 e 3 bis).

Infine, vale la pena segnalare la dispersione “ab origine” della Rete Idrica italiana in una ridda di enti della gestione dell'acqua

nel nostro paese: 13.000 acquedotti, 7.000 enti gestori, 1.110 municipalizzate, 330 delle quali liberalizzate e trasformate in

Spa, 30 totalmente privatizzate, 40 in procinto di diventarlo. Retroterra storico che rende ancora più difficile una coerente

raccolta dati nel tempo.

Si tratta di una pletora lontana dalla realtà idrogeologica del nostro territorio che neppure gli ATO, voluti con fini di

razionalizzazione per legarli (teoricamente) ai bacini idrogeologici naturali del nostro territorio, sono riusciti a realizzare. La

loro geografia assomiglia molto di più a un tentativo politico clientelare di salvataggio delle Province, Enti inutili, ma da

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salvare per sostenere le burocrazie dei partiti, diventati scatole vuote da riempire con nuovi posti di potere. Intanto i Comuni,

base della nostra democrazia e della nostra Costituzione, originari e legittimi possessori per conto dei cittadini del bene acqua,

espropriati da una privatizzazione selvaggia, ora “godono” di quote azionarie infinitesimali prive di potere di controllo e di

indirizzo nelle SpA che controllano gli ATO. ATO spesso gestiti da SpA anche a prevalenza pubblica come l’ACEA , di fatto

in mano a minoranze private a cui è stato regalato ogni potere dalle Istituzioni. Un potere senza nessun controllo che è arrivato

al punto di impegnare i beni residui dei Comuni e i loro cittadini in operazioni di ri-finanziamento architettati da operatori

principi degli “hedge founds” e di quei derivati crollati miseramente come un castello di carte in queste settimane nelle Borse

di tutto il mondo. Ora molti di quei Comuni e i loro Sindaci tremano per il cerino acceso rimasto loro in mano: colossali

somme da rifondere in brevissimo tempo. Per l’acqua e la sua qualità intanto nessun investimento in questi anni di

privatizzazione selvaggia, ancora meno se ne possono prevedere in prospettiva.

Il nostro riferimento pertanto sarà obbligatoriamente e soprattutto la testimonianza umana, civile e dove possibile scientifica di

quella parte di società italiana che, in piena autonomia intellettuale e dirittura morale, in questi ultimi anni si è battuta e si sta

battendo disperatamente, spesso nell’indifferenza più totale di partiti e istituzioni, se non nella loro opposizione, per il diritto

all’acqua intesa sì come bene pubblico, ma anche come bene che per essere tale deve essere di ottima qualità e facilmente

disponibile.

E’ la strada che il Forum dei Movimenti per l’acqua ha avviato con la sua battaglia per la ripubblicizzazione della proprietà

dell’acqua e della sua gestione con la Legge di Iniziativa Popolare che nel 2007 ha raccolto 406.000 firme.

E’ la visione ampia che ha portato il Forum dei Movimenti ad arricchire il Manifesto della neonata Rete Europea dei

Movimenti per l’Acqua redatto a Malmo in settembre inserendo un principio fondamentale: l’acqua deve essere potabile

perchè essenziale per la vita e quindi essendo elemento vitale per tutti gli esseri viventi non è commercializzabile..

Dunque acqua potabile, principio cardine “di qualità” espresso nell’incipit per poter poi inserire nel Manifesto al punto 5



addirittura un capitolo dedicato esclusivamente alla qualità dell’acqua come diritto strettamente incluso e inscindibile dalla sua

definizione di bene comune ripreso al punto 9 nel capitolo riguardante le “buone pratiche di gestione” (vedi allegato 4).

E’ lo stesso percorso scelto anche da Medicina Democratica che nel suo Congresso Nazionale di ottobre a Brindisi ha voluto

dedicare un gruppo di lavoro esclusivamente alla qualità dell’acqua (v. allegato 5).

Queste note non possono e non vogliono essere pertanto una rappresentazione esaustiva dell’inquinamento delle acque in Italia

e, ripeto, tanto meno un lavoro scientifico. Sono solo una traccia per il confronto, l’integrazione e il dibattito aperto che si

svolgerà ad Aprilia. Con l’auspicio che questo incontro rappresenti il momento di partenza di un dibattito e di una

mobilitazione destinata ad allargarsi a tutto questo povero inquinatissimo Paese per una lotta condivisa e partecipata in difesa

dell’acqua bene pubblico e della salute di tutti.

- Definizione di inquinamento


Ne esistono molte. Prendiamo in esame la seguente.

“L’inquinamento è una modificazione sfavorevole di un ambiente naturale dovuta completamente o parzialmente all’attività

umana, con interventi diretti o indiretti, che alterano le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua, i flussi di energia e la


struttura e abbondanza delle associazioni dei viventi”. (definizione del Comitato Ecologico Americano)



Vediamo se è una definizione condivisibile. Sappiamo che le fonti di inquinamento sono urbane, industriali e agricole.

Vengono distinte in puntiformi (es.: un canale di scolo noto e classificato o il disastro della Exxon Valdez) e diffuse

(es: l’inquinamento da pesticidi nei terreni in agricoltura).

+ Fonti Inquinanti


Per qualità sono distinguibili in microbiologiche, chimiche, fisiche, sostanze a consumo di ossigeno, nutrienti, materiali sospesi

macro e mini fino alle nanoparticelle e ultimi gli inquinanti biologici, gli OGM. Per emissione si distinguono in puntiformi e

diffuse.

Alcuni dei principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico contenenti materiali organici che per decomporsi assorbono


grandi quantità di ossigeno; parassiti e batteri; i fertilizzanti e tutte le sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e



piante acquatiche; i farmaci e le sostanze ormonali; i pesticidi e svariate sostanze chimiche organiche (residui industriali,

tensioattivi contenuti nei detersivi, sottoprodotti della decomposizione dei composti organici); il petrolio e i suoi derivati;

metalli, sali minerali e composti chimici inorganici; sabbie e detriti dilavati dai terreni agricoli, dai suoli spogli di vegetazione,

da cave, sedi stradali e cantieri; sostanze o scorie radioattive provenienti dalle miniere di uranio e torio e dagli impianti di

trasformazione di questi metalli, dalle centrali nucleari, dalle industrie e dai laboratori medici e di ricerca che fanno uso di




materiali radioattivi. Ultime sono le nanoparticelle e gli OGM.


Il trasporto degli inquinanti e la loro evoluzione, nel suolo e nel sottosuolo, sono determinati dai tre comportamenti

dell'acquifero : idrodinamico, idrochimico ed idrobiologico. La loro conoscenza è essenziale. La protezione dell'acqua

sotterranea contro l'inquinamento si basa su studi e prove, in laboratorio e sul terreno, dei meccanismi e dei fattori di

contaminazione (v.scheda 6– Meccanismi e fattori dell’inquinamento dell’acqua).

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1) Come lo sviluppo industriale provoca il deterioramento della qualità delle acque

L’elemento fondamentale nel provocare il progressivo inquinamento delle acque in Italia e nei paesi sviluppati è stato la

nascita della grande industria nel ‘900.

1.1) Emissione e diffusione di tossici dall’industria


La diffusione avviene per via diretta nell’acqua o indiretta passando prima nell’aria e nel suolo.

1.1.1 - Gas e piogge acide


Prendendo in esame le emissioni di sostanze tipiche nei processi industriali, quali l'anidride solforosa (SO2), l’anidride

solforica (SO3) e il monossido e biossido di azoto (rispettivamente NO e NO2), queste interagendo con l'acqua in atmosfera



danno origine ad acidi (piogge acide) che riducono il pH dei bacini idrici. Questa riduzione del pH (aumento dell'acidità

dell'acqua) influisce sulla proliferazione di alcune specie animali e vegetali. In particolare, le prime a risentire di questo

abbassamento del pH sono i crostacei, i molluschi e gli embrioni di rana e salamandra, in seguito, solo per pH inferiori a 5,5,

iniziano a risentirne anche i salmonidi (le trote). La scomparsa o riduzione di queste specie può influenzare l'intera piramide

alimentare degli ecosistemi in quanto, specie i crostacei e molluschi, sono fonte di alimentazione per altre specie.

Per quanto riguarda le piante, queste sostanze intaccano la cuticola di protezione delle foglie, aumentano la vulnerabilità di

queste ai parassiti. Queste sostanze inoltre, penetrando nel terreno, si legano a ioni utilizzati dalle piante nella loro crescita (ad

esempio lo ione Mg++, lo ione Ca++ eccetera) rendendoli inutilizzabili dalla pianta. Per quanto riguarda la salute umana,

queste sostanze, in particolare la SO2influiscono sul sistema respiratorio, quindi facilitano l'instaurarsi di patologie quali le



bronchiti, soprattutto in soggetti predisposti (anziani) o con sistemi respiratori già provati (malattie da amianto o fumatori).

Un altro possibile effetto indiretto provocato sull'uomo da queste sostanze è dovuto al rilascio da parte del terreno nell'acqua,

caratterizzata da una maggior acidità, di metalli pesanti tossici che, ingeriti direttamente tramite l'acqua o tramite altri alimenti,

possono accumularsi nel corpo umano fino a raggiungere concentrazioni dannose per la salute.

Un altro componente gassoso poco considerato che si libera nei processi industriali di combustione e l’ozono (O3).



Da leggere, come esempio a questo proposito, il report dello studio Artemisia 2 (ENEA, Ministero Ambiente e Regione Sicilia)

eseguito nell’area di Milazzo nel 2001-2002 in relazione al danno ambientale prodotto dalla locale centrale termoelettrica . La

zona industriale e gli impianti di produzione di energia elettrica (vari gruppi alimentati con

olio combustibile per una potenza complessiva installata di 1200 Megawatt) nella zona di San Filippo del Mela, hanno

determinato negli anni un degrado ambientale crescente per cui la stessa area è stata recentemente dichiarata ad elevato rischio

ambientale (D.A. n° 05 GAB della Regione Sicilia del 04/09/02 ).

“Inoltre dalle stesse misure sperimentali dell’ENEA è emerso che notevole importanza riveste la conoscenza dei livelli di O3

in aria, in quanto questo inquinante secondario ha effetti molto più rilevanti dell’SO2 sulla produttività agricola, come

mostrato in dettaglio nel Capitolo IV.”( http://www.enea.it/com/web/pubblicazioni/Artemisia2.pdf).
Peccato che nello studio l’acqua sia rimasta molto sullo sfondo e non considerata centrale come l’aria nella diffusione delle

sostanze tossiche…

1.1.2 –Metalli pesanti


I metalli pesanti sono sostanze con cui conviviamo quotidianamente, perché sono anche alla base della composizione di molti

organismi viventi, ed anche del nostro stesso corpo. Alcuni di essi, però, sono potenzialmente molto tossici, per cui se

penetrano nell’ambiente e quindi nel nostro organismo in dosi superiori a quelle tollerabili comportano gravi conseguenze,

spesso letali. La migrazione dei metalli pesanti nei sedimenti può portare a situazioni assai pericolose per l’ambiente

circostante, soprattutto se la zona in questione è stata sede in passato di attività industriali che riversano nel sito materiali

residui delle lavorazioni.

”I problemi causati da accumuli di questi materiali sono diversi:

· concentrazioni elevate di elementi usati durante la produzione industriale, alcuni anche dannosi alla salute umana (Pb e As)

altri necessari alla vita biologica, ma in tenori tali da provocare situazioni anomale nella biosfera ;

· il tipo di fasi mineralogiche in cui questi elementi si dispongono all’interno dell’area, le quali esercitano un ruolo

fondamentale a seconda della loro stabilità e di conseguenza della capacità degli elementi di muoversi e di disperdersi

nell’ambiente ;

· la possibilità degli elementi di entrare in soluzione nelle acque sottostanti l’area e di circolare, portando così a situazioni

potenzialmente dannose per l’intera rete idrica, destinata non solo all’approvvigionamento urbano, ma anche alle attività

agricole e industriali insediate nella zona.”


(Tesi di laurea Matteo Bacchiega – “Migrazione dei metalli pesanti nei sedimenti sottostanti un sito contaminato da attività industriale (ex area c.i.p.-fidenza):

indagine geochimico-mineralogica”- Università degli Studi di Bologna Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali 1997-98)



In un rapporto del 1979, l’Ente Governativo Americano per la Protezione dell’Ambiente affermava che i metalli tossici

rappresentano un grave problema per i Paesi Industrializzati, in quanto largamente utilizzati in tutte le attività produttive,

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dall’agricoltura all’industria, al terziario avanzato. A causa di ciò queste sostanze vengono introdotte nell’aria, nell’acqua, nella

catena alimentare e vengono quindi assorbite dall’organismo umano.

Che cosa si intende però per metalli tossici? In realtà non esiste un elenco univoco dei metalli tossici poiché essi rientrano nella

categoria più generale e meglio definita dei metalli pesanti.

Con la definizione metalli 'pesanti' vengono identificati quegli elementi chimici che presentano le seguenti caratteristiche

comuni:

hanno una densità superiore a 5,0 g/cm3 ;

si comportano come cationi, ossia come ioni dotati di carica positiva quando entrano in un campo elettromagnetico;

presentano una bassa solubilità dei loro idrati;

hanno una tendenza a dare vita a legami complessi;

hanno una grande affinità con i solfuri, nei quali tendono a concentrarsi;

hanno diversi stati di ossidazione a seconda delle condizioni di ph (log in base 10 dell'inverso della concentrazione

ioni idrogeno) ed Eh ( potenziale di ossido-riduzione o redox e la sua unita' di misura e' il mV).



I metalli pesanti, con l’eccezione del ferro e dell’alluminio, appartengono ai cosiddetti 'elementi in traccia', presenti nei più

comuni suoli e rocce della crosta terrestre in concentrazioni inferiori allo 0,1%. Le loro concentrazioni nei suoli, nei sedimenti

e nelle rocce, sono solitamente di parti per milione o per miliardo.

Nella letteratura scientifica vengono normalmente considerati metalli pesanti i seguenti elementi: alluminio, ferro, argento,



bario, berillio, cadmio, cobalto, cromo, manganese, mercurio, molibdeno, nichel, piombo, rame, stagno, titanio, tallio, vanadio,

zinco, ed alcuni metalloidi con proprietà simili a quelle dei metalli pesanti, quali l’arsenico, il bismuto ed il selenio.



All’interno dei metalli pesanti si distinguono i metalli indispensabili per gli organismi viventi, con potenziale tossicità, vale a

dire: ferro, cobalto, cromo, rame, manganese, molibdeno, selenio, zinco; dai metalli ritenuti prevalentemente tossici: alluminio,

arsenico, berillio, cadmio, mercurio, nichel e piombo.

Quando si parla di inquinamento da metalli pesanti, normalmente però ci si riferisce a quattro di questi elementi, che sono i

maggiori responsabili dei danni ambientali, ossia: il mercurio, il cadmio, il piombo e l’alluminio .



La loro tossicità è elevata sia per l’uomo che per tutte le specie viventi perché si legano con le strutture cellulari in cui si

depositano, ostacolando lo svolgimento di determinate funzioni vitali, per cui gli organismi spesso non sono in grado di

eliminarli dal loro interno.

Il mercurio scaricato nei bacini d’acqua, ad esempio, viene frequentemente trasformato dai batteri marini in ione CH3-Hg+,



particolarmente pericoloso perché facilmente assimilabile da vegetali e plancton. In tal modo dai primi anelli della catena

alimentare, il mercurio si trasmette via via ai pesci più grandi, fino ad arrivare all’uomo. L’eccesso di mercurio provoca gravi

intossicazioni, la cui sintomatologia comprende insonnia, nervosismo, perdita di memoria, ansia, depressione fino ad arrivare

ad effetti paralizzanti e talora mortali.

Lungo la catena, la dose di concentrazione di questo metallo aumenta, proprio perché gli organismi non sono in grado di

smaltirlo. Analogo discorso vale per gli altri metalli tossici.

Il cadmio, la cui presenza nell’ambiente è dovuta principalmente all’uso di fertilizzanti chimici, alle aziende che fabbricano



batterie e semiconduttori, al fumo delle sigarette e agli inceneritori di materiali plastici e gommosi, è ritenuto il responsabile

dell’insorgere di ipertensione, di disturbi gastrointestinali e dell’apparato riproduttivo, di forme di arteriosclerosi e di diverse

forme tumorali.

Il piombo che si riversa nell’ambiente soprattutto da scarichi industriali e dalla combustione di carburanti come la benzina



tradizionale, produce i suoi effetti negativi sia sulle ossa, poiché viene incorporato in esse in sostituzione del calcio, sia a

livello di processi chimici dell’organismo umano, poiché è ritenuto inibitore della produzione di numerosi enzimi. Inoltre al

piombo si fa risalire l’insorgenza di disturbi cerebrali e di forme più o meno gravi di depressione.

Nota - Prima di pensare a cambiare sanitari e miscelatori, bisognerebbe sempre assicurarsi sullo stato di salute delle nostre tubature. Quando dal rubinetto scende ormai solo

un filino d'acqua e siamo in presenza di grosse incrostazioni di calcare e di ruggine, allora l'impianto idraulico andrebbe sostituito per intero.

La sostituzione è un atto dovuto, a maggior ragione se si accertata la presenza di piombo nelle tubature. Il piombo è molto velenoso, anche nelle più minime quantità (2 mg).

Si tratta di un metallo pesante (come il piombo!) cancerogeno che si accumula soprattutto nel cervello e nelle ossa. Nei bambini un'intossicazione da piombo potrebbe inibire

le funzioni dello sviluppo del sistema nervoso. La prima raccomandazione in caso di tubature vetuste dunque è quella di non bere l'acqua di rubinetto.

Le tubature in piombo oggigiorno non possono più venire utilizzate, ma sono molto diffuse nelle case vecchie, costruite, presumibilmente, prima del 1930. Si usa ricordare

questa data un po' approssimativamente, ma non siamo in grado di garantire che la pratica si sia estinta del tutto anche successivamente. Fino al 1986 ad esempiosi usava

questo metallo anche per saldare i tubi di rame. Situazione pesantissima da quasto punto di vista è quella di Genova (v. scheda Genova n.7) .

Come fare per sapere se c'è piombo? L'Associazione tedesca Oeko Test consiglia di verificare personalmente con un cacciavite. Se percuotendo il tubo ne esce un suono sordo

e non squillante-metallico la sua presenza è molto probabile. I tubi di piombo sono argentei e al contrario dei tubi in acciaio non presentano congiunture agli angoli, ma

hanno angoli rotondi. Anche i tubi in rame sono comunque da sconsigliare perché rilasciano metalli nell'acqua, soprattutto con valori di PH inferiori a 7,4.

Come verificare invece un'intossicazione nell'organismo? E' difficile rintracciare il piombo nel sangue, perché si trasferisce velocemente nelle ossa (come sostituto del calcio)

e negli altri organi. Per testare un eventuale contaminazione si consiglia di effettuare il Biotest o esame del capello.


L’alluminio, largamente utilizzato come materiale per gli utensili da cucina, si diffonde nell’ambiente e di conseguenza



nell’organismo umano, dalla raschiatura delle pentole, dalle fabbricazione di lattine e altri contenitori a base di alluminio, e

tramite anche i farmaci antiacidi di uso comune. L’effetto principale di una quantità eccessiva di alluminio nei tessuti biologici

è la comparsa di disturbi neurologici, che nei casi più gravi degenerano nel morbo di Alzheimer, questo perché l’alluminio si

deposita prevalentemente nel cervello.

Inoltre tutti i metalli pesanti tossici sono in grado di penetrare la placenta e causare gravi malformazioni al nascituro o

inaspettati aborti spontanei.

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L’unico esame chimico in grado di accertare nella persona intossicazioni da metalli pesanti non gravi è il mineralogramma,

analisi di laboratorio che si può effettuare su una piccola quantità di annessi cutanei (capelli, peli ascellari, peli pubici, unghie).

L’analisi minerale tessutale non viene utilizzata in caso di gravi intossicazioni, poiché a quel livello è preferibile l’analisi del

sangue, ma è fondamentale nei casi sempre più frequenti di intossicazione subacuta o cronica.

Per il rilevamento nell’ambiente dei metalli pesanti i test chimico-fisici attualmente in voga sono, però, assolutamente

insufficienti. Devono essere pertanto utilizzati a questo scopo i biotest, analisi di assoluta importanza nello smascherare i



metalli pesanti nell’ambiente, ma quasi sempre negletti sia in Europa che, soprattutto, in Italia. Biotest che rivestono a loro

volta un problema sia metodologico (non c’è ancora consenso sui diversi test), che di normativa (non sono obbligatori in

Europa !!!).

“Il recente Codice dell’Ambiente (D.lgs 152/2006) prevede il raggiungimento di ‘standard’ di qualità dei corpi idrici con

particolare riferimento ai metalli pesanti (sostanze pericolose prioritarie, PP). Il passato piano di monitoraggio (2001-2004)

del Ministero dell’Ambiente ha messo in luce il frequente superamento dei limiti di legge nelle stazioni marittime (es . il Golfo

di Trieste). I metodi chimico/fisici utilizzati per determinare le concentrazioni di metalli in acqua o nei sedimenti non sono in

grado di determinare l’effettiva biodisponibilità degli elementi, da cui dipende la reale tossicità, né un preciso rapporto

causa/effetto. Tuttavia, è risaputo che anche basse concentrazioni possono innescare fenomeni di bioaccumulo e di

biomagnificazione, alterando gli equilibri naturali soprattutto negli ambienti marini costieri. Tali processi interessano



principalmente la componente macroalgale, molto importante dal punto di vista ecologico ed economico in quanto è alla base

della catena trofica. Lo studio dell’impatto delle sostanze tossiche su questa matrice risulta, perciò, fondamentale per

preservare da una parte la biodiversità degli ecosistemi dall’altra proporre sistemi alternativi/innovativi per il mantenimento

della capacità auto-depurativa.

Per le alghe e per le Cianoficee, in particolare, è stata dimostrata un’elevata capacità di difesa contro la tossicità di diversi

metalli attraverso vari e complessi meccanismi, le cui modalità sono abbastanza conosciute. E’ oggi noto che le risposte

difensive possono dipendere dalla natura del metallo, dalle dosi e dai tempi di esposizione, dai differenti stadi di crescita, e,

non ultimo, dalla diversa ‘sensibilità’ delle alghe. Tuttavia, negli studi in campo ed in laboratorio, i diversi approcci

sperimentali rendono la comparazione, sia nell’ambito della stessa specie che tra specie diverse, estremamente difficile e

possono portare alla determinazione di dosi subletali (LC50) molto diverse. Da qui la necessità di un protocollo unificato



che, a differenza delle microalghe, non è ancora standardizzato per le macro-alghe. Tale mancanza ha comportato, infatti,

risultati molto diversi senza discriminazione delle risposte adattative da quelle difensive. Inoltre, raramente vengono

analizzati l’eventuale ripristino della funzionalità cellulare durante il recupero in assenza del metallo ed i possibili effetti a


livello ultrastrutturale.”

(v. tesi del dr. Paola Frisenda - XX ciclo del Dottorato di ricerca in “Metodologie di biomonitoraggio dell’alterazione ambientale utilizzo di saggi




ecofisiologici ed ecotossicologici per il biomonitoraggio dei metalli pesanti in aree marine portuali: micro- e macro-alghe nella bioindicazione e nel


biorimedio” - Università degli Studi di Trieste ) (http://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/2659/1/DOTTORATO_FRISENDA.pdf ).



Da questo punto di vista è gravissima la situazione di: Acna di Cengio (Liguria), Icmesa (Lombardia), Enichem di Porto

Marghera (Veneto), Enichem di Priolo (Sicilia), ILVA di Taranto e petrolchimico di Brindisi (Puglia) e Gela (Sicilia) e di tanti

altri siti. L’ emissione e diffusione di inquinanti tossici da parte dell’industria petrolifera, meccanica e chimica sono molto

gravi in zone estese del Paese. Da vedere la mappa dei Siti di Interesse Nazionale da Bonificare che ripercorre 50 anni di

“sviluppo” disssennato del Paese coinvolgendo tutti i principali poli di industria chimica petrolifera.

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1.2) L’industria energetica: inquinamento fisico e chimico.


Calore. Anche il calore liberato nei fiumi dagli impianti industriali e dalle centrali elettriche attraverso le acque di

raffreddamento può essere considerato un inquinante, in quanto provoca alterazioni della temperatura che possono

compromettere l’equilibrio ecologico degli ecosistemi acquatici e causare la morte degli organismi meno resistenti, accrescere

la sensibilità di tutti gli organismi alle sostanze tossiche, ridurre la capacità di autodepurazione delle acque, aumentare la

solubilità delle sostanze tossiche e favorire lo sviluppo di parassiti.



Geo-termia. L’inquinamento avviene per la liberazione di gas ed elementi tossici nell’aria e di inquinanti nell’acqua per via

diretta e indiretta. La diminuzione del livello di falda nell’Amiata è impressionante.

1.3) L’industria della salute inquina l’acqua


È difficile ottenere informazioni sull’ammontare di medicine umane usate, ma dati recenti dal Canada indicano un elevato uso

di farmaci che include l’acetoninofene, l’acido acetilsalicilico, l’ibuprofene, il naprossene e le carbamazepine. Il grande

ammontare delle medicine veterinarie come antibatterici, antifungini e gli antiparassitari che derivano dall’acquacultura e

dall’agricoltura contribuiscono allo stress sull’ambiente.

Basta pensare al solo uso degli antibatterici negli USA che è stato stimato intorno a 92,500 e 196,400 kg per anno. Queste

terapie umane e veterinarie sono rilasciate all’ambiente da varie strade.

Dopo che le medicine umane sono state assorbite e metabolizzate vengono espulse dal sistema escretore e trovano la loro via

nelle acque di raccolta o nel suolo.

Le medicine veterinarie usate per trattare gli animali da pascolo sono escrete sul suolo o sulla superficie dell’acqua. In

trattamenti intensivi del bestiame queste medicine sono probabilmente entrate indirettamente nell’ambiente attraverso

l’applicazione di concimi e fertilizzanti. Altre strade minori di entrata includono emissioni aeree attraverso la dispersione di

medicine non usate.

Generalmente gli studi, che ci danno un’indicazione di quelle sostanze che dovrebbero essere investigate a livello

internazionale,sono basati su informazioni paese-specifiche. Nuove tecniche analitiche, come cromatografia liquida accoppiata

con la spettrometria di massa (LC-MS-MS), ci hanno permesso di sviluppare una migliore comprensione riguardo al

comportamento delle medicine nell’ambiente e di determinare le concentrazioni nel trattamento delle acque di scarico, dei

suoli, della superficie delle acque e delle falde acquifere.

Una volta rilasciate nell’ambiente, i farmaci verranno trasportati e distribuiti nell’aria, nelle acque, nei suoli e nei sedimenti.

Una serie di fattori, come le proprietà chimico-fisiche del composto e le caratteristiche dell’ambiente ricevente inciderà sulla

loro distribuzione. Il grado con il quale un farmaco è trasportato attraverso l’ambiente dipende in primo luogo

dall’assorbimento delle sostanze nel suolo, nei sistemi del tipo sedimenti-acqua e nei trattamenti delle piante, che variano da

farmaco a farmaco.

Sono stati riportati coefficienti di assorbimento per molte medicine veterinarie dei suoli per un range che va da meno di un litro

per kg a 6,000 litri; ovviamente si deve considerare che l’assorbimento varia secondo le sostanze.

Le sostanze farmaceutiche possono essere degradate attraverso organismi biologici nel trattamento di sistemi, corpi d’acqua e

suoli come le reazioni abiotiche. Inoltre il tipo di degradazione dipende dalla struttura chimica, dalla condizione biologica

dell’individuo e dalle condizioni climatiche. Per es. l’emivita del vermicida antiparassitario in condizioni invernali è sei volte

più lunga che in estate ed il composto degrada più velocemente in suoli sabbiosi che in quelli argillosi. Spesso questi processi

riducono la potenza delle medicine.

Studi recenti hanno scoperto concentrazioni basse- meno di 1μg 1- 1 – di farmaci, inclusi ormoni, steroidi e parassiti, nel suolo e



nelle acque.

La domanda che sorge spontanea è: come queste misture di medicine umane e veterinarie abbondanti nel suolo e nell’acqua

hanno effetti sugli organismi viventi e sull’ambiente? L’insieme dei piccoli rischi dovuti alle diverse forme di esposizione

diretta e indiretta ai farmaci, come l’assorbimento del suolo o l’approvvigionamento dell’acqua, è quantificato e ancora non

può essere completamente controllato.

Nelle acque sono dunque presenti degli “Endocrine disruptors” sostanze che, originate al di fuori del corpo umano, sono in



grado di alterare la funzione del sistema endocrino con risultati negative sugli organismi intatti. Essi includono gli ormoni

naturali e sintetici, alcuni costituenti naturali delle piante, i pesticidi, i monomeri e gli additivi usati nell’industria della

plastica. L’industria aggiunge ai livelli naturali di queste sostanze già presenti nell’ambiente portando ad un accumulo nelle

acque nella totale assenza di informazione su quello che comporta il consumo di acque contaminate da queste sostanze.

Il prossimo anno partirà in Gran Bretagna un progetto che analizzerà la fornitura di acqua potabile allo scopo di verificare la

quantità di farmaci da prescrizione contenuta nelle acque fluviali, il cui livello di contaminazione è in continua crescita.

Gli esperti si incontreranno nelle prossime settimane al fine di decidere quali medicinali dovranno cercare e dove dovranno

essere effettuati i test (presumibilmente saranno selezionate alcune zone ad alta densità abitativa del fiume Tamigi). A destare

particolare preoccupazione sono alcuni medicinali utilizzati per la cura del cancro: tali sostanze sono ritenute potenzialmente

pericolose perché altamente tossiche per la divisione delle cellule, si dissolvono facilmente in acqua e sono inoltre difficili da

distruggere con le convenzionali tecniche di trattamento delle acque.


Il test è stato ordinato dal Department for Environment, Food and Rural Affairs (Defra) e dal Drinking Water Inspectorate,



responsabile del controllo delle risorse idriche in Gran Bretagna. I test saranno effettuati da un consorzio di laboratori guidati

dal Defra del Central Science Laboratory di York. In base alle norme europee, l’acqua potabile britannica viene analizzata per


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circa 50 diversi contaminanti, ma nessuno di questi include i principi attivi dei farmaci da prescrizione, come ad esempio i

potenti farmaci citotossici utilizzati per trattare il numero crescente di pazienti affetti da tumore


1.4) L’Università e la Ricerca inquinano l’acqua


Da non dimenticare il contributo all’inquinamento che viene dall’industria della salute non solo con gli insediamenti

farmaceutici, ma anche con i centri di ricerca delle Facoltà di Medicina. Recentissima l’inchiesta della Procura della

Repubblica di Catania sulla vicenda dell’Istituto di Farmacologia dell’Università di Catania che nel pieno centro della città

sversava i sottoprodotti chimici dei suoi laboratori direttamente nelle acque reflue di rete.

Allo stesso modo avviene con centri di ricerca di Fisica come il Laboratorio del Gran Sasso dove solo grazie alla lotta del

WWF e dei Comitati abruzzesi è stato scoperto il percolamento dai tank dei laboratori e l’inquinamento della falda a valle.

2) Come lo sviluppo agricolo intensivo provoca il deterioramento della qualità delle acque:

diffusione di tossici chimici e contaminanti biologici

Questo capitolo dell’inquinamento delle acque riveste un ruolo importante in quanto la maggioranza delle acque potabili in

Italia è tutt’ora destinato all’agricoltura. In questo settore è fondamentale ed ormai urgentissima una discussione approfondita

con le associazioni degli agricoltori per ridefinire l’uso delle acque garantendo le acque potabili in prima istanza all’uso

alimentare umano e accelerare al massimo una riprogettazione completa degli usi irrigui dell’acqua in base ai vari tipi di acque

disponibili e il loro consumo.

I numeri dell'acqua (Emilio Molinari)




Proseguendo, in Italia è praticamente impossibile definire con una approssimata certezza il consumo d'acqua. Non si

conoscono le quantità e la qualità delle acque prelevate, la dislocazione delle derivazioni e captazioni, le concessioni

rilasciate, ecc. Negli ultimi anni le captazioni abusive sono aumentate del 70 per cento nel Mezzogiorno e i prelievi abusivi

superano quelli legittimi.

Ma anche i costi vivono in un regime di incertezza. In tutta l'Europa è ormai acquisito che il settore domestico finanzia

l'agricoltura. In Italia ciò si sostanzia nel fatto che il canone del settore agricolo è dal 1933 al 1994 diminuito di ben 4 volte, il

costo per l'uso umano è aumentato di ben 12 volte. Infatti, a parità di modulo quantitativo ed equiparando i costi a oggi, si

può osservare che:

agricoltura


costo modulo 1933 = uro 131.69

costo modulo 1994 = uro 36.15




consumo umano


costo modulo 1933 =uro 134.27

costo modulo 1994 = uro 1549.37



C'è sicuramente qualcosa da rivedere in questa agricoltura europea ipersostenuta dal pubblico intervento, che divora

abbondantemente il 50 per cento dei finanziamenti europei e alla quale si regala acqua indefinitamente, il più delle volte per

produrre, come nel caso italiano, cose che finiscono al macero, occupando non più del 4 per cento della popolazione attiva.


2.1) - Inquinanti chimici


L'Italia dedica a scopi irrigui (agricoltura e allevamenti) circa il 60% dei circa 56 miliardi di mc. annui di consumi di acqua

dolce. L'Italia è al primo posto in Europa sia per i consumi di acqua per abitante, sia per la maggiore estensione agricola

irrigata, pari a 4.500.000 di ettari. Questa superficie se sfruttata appieno unitamente alla superficie agricola non irrigata

dovrebbe dare sostentamento a circa 200 milioni di abitanti. Eppure il nostro Paese ha un cospicuo deficit commerciale nel

campo alimentare. Allora dove finisce la gigantesca quantità di cibo prodotta dalla nostra agricoltura? La risposta è semplice:

viene distrutta, perché i vincoli internazionali, primi fra tutti quelli della U.E., non ne consentono la commercializzazione.

Quindi la nostra agricoltura consuma grandi quantità di acqua (ma anche concimi, pesticidi, carburanti) per produrre alimenti

che non servono. E per fare questo si costruiscono dighe, si realizzano invasi e condutture, si cementificano i fiumi, e si sottrae

acqua agli usi civili (il deficit idrico del sud ha anche questa spiegazione). Per fortuna negli ultimi anni l'Unione Europea sta

lavorando nel senso della riduzione delle terre coltivate e sta incentivando la messa a riposo dei terreni. Ma su questi

“tentativi” europei molto resta da discutere.

Sul lato della qualità un dato positivo viene anche dalla superficie agricola destinata a colture biologiche che ha raggiunto il

10% del totale.

2.1.2 - Pesticidi - Ma, purtroppo, note dolenti continuano a giungere dal fronte della sicurezza alimentare. Una ricerca di



Legambiente (pubblicata nel marzo 2002) denuncia che il 50% della frutta analizzata dalle Agenzie Ambientali e dalle Asl ha

residui di pesticidi. Su 3502 campioni ben 1748 contengono uno o più principi attivi. Un po' meglio gli ortaggi: con 662

campioni contaminati su 3239 esaminati (il 20% del totale). Questo significa che c'è ancora molto da fare a livello legislativo a

tutela della sicurezza e della salute dei consumatori, e a livello di politiche agricole per promuovere le produzioni di qualità,

come il biologico, e i prodotti tipici.

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2.1.3 - I Nitrati - I nitrati sono composti molto solubili: le acque li asportano dal terreno e li veicolano nei fiumi, nei laghi e



nelle falde.

I nitrati presenti nel terreno hanno diversa origine. In particolare possono:

1) derivare dalla mineralizzazione della sostanza organica del terreno (origine naturale);

2) essere direttamente apportati al terreno con la concimazione organica e minerale, con lo spandimento di altro materiale di

origine animale o vegetale connesso allo svolgimento delle attività produttive e con gli scarichi civili (origine antropica).

I nitrati che si rinvengono nelle acque non provengono soltanto dall’attività agricola: la Direttiva Nitrati però prende in

considerazione esclusivamente l’inquinamento diffuso derivante dallo spargimento degli effluenti di allevamento e

La presenza di nitrati nelle falde acquifere (presenza che in molti casi supera i limiti imposti dalla legge) è il risultato dei

massicci cambiamenti intercorsi dei sistemi agricoli nel secolo scorso e tuttora in atto. In particolare, l’impiego di concimi

chimici azotati, reso massicciamente necessario dall’intensificazione delle pratiche agricole, i diversi assetti agrari e il

conseguente cambiamento dei sistemi di dilavamento e altre cause legate alla meccanizzazione dell’agricoltura, hanno

contribuito all’inquinamento delle falde acquifere delle aree più sviluppate dal punto di vista agricolo. In Italia l’area più

colpita è la Pianura Padana; ma anche gli abitanti di altre zone dell’Italia centrale, come la media e bassa valle del Metauro, a

causa dell’alta concentrazione di nitrati (sopra i 50 mg/lt) non possono bere l’acqua di falda, se non miscelata con altra acqua a

più basso contenuto di nitrati (spesso acqua superficiale depurata). Non esiste a tutt’oggi un metodo economicamente

ragionevole per rimuovere i nitrati dall’acqua. Solo dopo anni di pratiche agricole sostenibili si può sperare di assistere ad un

abbassamento dei valori dei nitrati.

I fertilizzanti chimici usati in agricoltura e i liquami prodotti dagli allevamenti sono ricchi di sostanze organiche (contenenti

soprattutto azoto e fosforo) che, dilavate dalla pioggia, vanno a riversarsi nelle falde acquifere o nei corpi idrici superficiali. A

queste sostanze si aggiungono spesso detriti più o meno grossolani che si depositano sul fondo dei bacini. Pur contenendo

spesso organismi patogeni, i liquami di origine animale vengono scaricati a volte direttamente sul terreno e da qui sono

trasportati dall’acqua piovana nei fiumi, nei laghi e nelle falde sotterranee. In questo caso, per limitare l’impatto degli

inquinanti si possono adottare semplici soluzioni, come l’uso di bacini di decantazione o di vasche per la depurazione dei

liquami.

Qui oltre alla necessità di introdurre rapidamente nuove politiche gestionali dedicate alle emissioni dell’acqua inquinata da

agricoltura e allevamento sarebbe urgente introdurre, sul versante delle immissioni, il concetto di uso dell’acqua pulita in



sostituzione dell’acqua potabile. Uso già previsto in legislazione veterinaria per gli allevamenti, ma assolutamente non

applicato. Analoga valutazione dovrebbe valere per le acque destinate ad uso irriguo.

2.2 - Inquinanti biologici


2.2.1 - OGM. E’ una frontiera tutta da scoprire sul versante acqua. Ma è possibile individuare almeno quattro meccanismi di



impatto ambientale sull’acqua e sulla salute assolutamente negativi: l’inquinamento genetico diretto, il maggior consumo di

acqua, la facile infiltrazione negli acquiferi dei potenti erbicidi dedicati ai “deserti verdi“, la distruzione della biodiversità dei

vegetali e degli animali che si nutrono di acqua inquinata con i pesticidi OGM dedicati.

2.2.2. - L’acqua OGM - L’inquinamento biologico conosciuto è quello che avviene per via area mediante impollinazione delle



piante naturali con polline transgenico. Ma di quanto avvenga come contaminazione transgenica tramite l’acqua non è

possibile ancora conoscere molto. Nel frattempo l’industria ha pensato addirittura di inventare “l’acqua OGM” proprio per

disinquinare le acque contaminate. Ecco la nuova frontiera della manipolazione del Dna! Le nuove scoperte fatte alle Duke




University aprono scenari molto preoccupanti. Con la scusa di risolvere i sempre più gravi problemi di inquinamento delle

acque, stanno costruendo prototipi di “depuratori genici”. L’acqua passando attraverso una rete “intrisa” di “micro-Rna”

(ovviamente transgenico) verrebbe “purificata” sostengono questi ricercatori. Così facendo, l’acqua - il costituente principale


del nostro organismo - acquisterebbe frammenti nucleici completamente estranei all’organismo umano…( “Nuova tecnica

possibile per la depurazione dell’acqua potabile” /Traduzione per Disinformazione.it a cura di Daniela Colombo //Link

ufficiale: www.physorg.com/news131712320.htm)

2.2.3 - Consumo enorme di acqua - La rapida crescita delle piantagioni e delle foreste OGM porta ad un aumento enorme del



consumo di acqua da parte di queste colture. Il metabolismo vegetale estremamente accelerato per via genetica a fini

speculativi richiede masse enormi di acqua in tempi rapidi, in contrasto con quello lento dei territori con coltivazioni naturali

che si giova del ciclo stagionale dell’acqua. A questo enorme e rapido consumo di acqua deriva il conseguente abbassamento

della falda nelle aree interessate, cui seguono i relativi problemi noti da tempo.

2.2.4 – L’acqua veicolo dei pesticidi OGM doc: “i deserti verdi” e le malattie nell’uomo e negli animali- L’acqua è il



solvente per eccellenza e quindi media anche tutti gli erbicidi dedicati agli OGM che, tollerati dalle piante geneticamente

modificate, creano dei veri e propri “deserti verdi”.

Le colture OGM sono progettate per essere resistenti ad un ampio spettro di erbicidi che uccidono tutte le altre piante.




Fatto di per se’ gia’ negativo se non fosse che sono anche dannosi per tutte le specie di animali viventi inclusa la razza umana


(reviewed in The Case for a GM-Free Sustainable World, ISP Report www.indsp.org ).



Le piantagioni OGM pesticido-tolleranti rappresentano pertanto dei veri e propri “deserti verdi” per cui oltre al danno

collaterale inevitabile alle coltivazioni e alle foreste naturali contigue per lo spray di erbicidi, si realizza anche un imponente

contaminazione delle acque di superficie e di falda.

Il Glifosate e’ la più frequente causa di problemi e avvelenamenti in Inghilterra. Disturbi di molte funzioni del corpo sono state

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riportati dopo l’esposizione a normali livelli d’uso. E’ quasi raddoppiato il rischio di aborto spontaneo ritardato e i

bambini nati dai lavoratori esposti hanno evidenziato un livello elevato di deficit neurologici. Il Roundap (il preparato

della Monsanto a base di Glifosate ) provoca un’alterazione della mitosi cellulare che può essere collegata al tumore

presente nell’uomo.Il Glifosate provoca ritardi nello sviluppo dello scheletro nel feto dei ratti di laboratorio. Inibisce la



sintesi degli steroidi ed è genotossico nei mammiferi, nei pesci e nelle rane. E’ letale e altamente tossico per i lombrichi.

Il Glufosinate-ammonio è correlato a disturbi neurologici, respiratori, gastrointestinali, ematologici e a difetti di sviluppo

dei neonati nell’uomo. E’ tossico per le farfalle e numerosi altri insetti benefici come pure per le larve delle cozze ed ostriche,



per la Dafnia e per alcuni pesci d’acqua dolce come la trota arcobaleno. Inibisce batteri e spore benefici della terra

specialmente quelli che fissano i composti azotati.

2.2.5 Il sistema radicale in ambiente umido facilita la transfezione genetica - Il rischio per la salute nelle coltivazioni con



alberi OGM è comune alle altre colture “basse” OGM, ma questo rischio nelle colture “alte” è particolarmente elevato. Nelle

coltivazioni di alberi OGM due vettori in particolare sono da citare come i peggiori.

- L’Agrobatterio e’ usato come vettore sistemico per creare molte piante OGM: e’ un batterio del suolo che causa tumori



vegetali per far crescere rapidamente le piante infette ed ora e’ noto che e’ in grado di trasferire geni nelle cellule degli animali

e dell’Uomo (vedi: "Common plant vector injects genes into human cells" http://www.i-sis.org.uk/Agrobacterium.php).



Alcuni ricercatori hanno avvertito che l’Agrobatterio e’ estremamente difficile da sradicare dalle piante create geneticamente

e a volte si comporta come potenziale veicolo di trasmissione orizzontale non intenzionale di geni dai batteri del suolo a tutte le

altre specie, inclusi gli umani che arrivano a contatto con coltivazioni transgeniche.

Questo pericolo e’ di molto aumentato negli alberi OGM e in particolare in quelli che si caratterizzano per un ampio sistema di

radici. La rizosfera, il sistema radicale delle piante, e’ noto come un punto caldo nel trasferimento orizzontale di materiale

genetico. E qui è evidente che la trasmissione non è aerea: il medium e’ ancora una volta l’acqua.

Il potenziale dell’Agrobatterio di mediare orizzontalmente il trasferimento di geni e il risultante rischio di condividere il gene

dell’antibiotico resistenza ai patogeni, la creazione di nuovi batteri e virus portatori di malattie e il rischio di provocare

tumori negli animali, inclusi gli uomini può essere letto nel capitolo 11 del ISP Report (www.indsp.org ).

- Un’altra fonte di rischio è la Bt tossina e altri transgeni che possono contaminare lontano e in larghe aree tramite il polline



degli alberi OGM.

Tutte le Bt tossine usate come transgeni allo stesso modo dei transgeni che conferiscono la Glifosato-resistenza sono risultati

simili alle molecole allergeniche già conosciute in medicina e pertanto sono fortemente sospettate di essere a loro volta

allergizzanti (vedi "Are transgenic proteins allergenic?" ISIS report 05/01/ 2005 http://www.i-sis.org.uk/ATPA.php).



Nota personale: The Independent Science Panel (ISP) is a panel of indipendent scientists from many disciplines, committed to the

Promotion of Science for the Public Good (vedi per maggiori informazioni: http://www.indsp.org/gmgroup.php)

3) Come lo sviluppo urbano provoca il deterioramento della qualità delle acque

L’intensa urbanizzazione di grandi territori italiani senza regole urbanistiche,senza trasporti pubblici efficienti e senza

programmazione dei servizi ha condotto ha costruire intere città, inquinate dal traffico privato, senza fogne e senza raccolta

differenziata dei rifiuti. Il capitolo è enorme e di grande attualità. Nel Congresso di MD a Brindisi era prevista una sessione a

parte sui rifiuti ( v. www.medicinademocratica.org) per cui qui citeremo solo gli aspetti più strettamente inerenti al problema



dell’acqua. Ma che cosa s’intende per “rifiuto”?

3.1 Rifiuti

3.1.1 Definizione


- Rifiuto = qualsiasi sostanza, prodotto di scarto od oggetto giunto al termine del suo uso di cui il produttore abbia deciso o



abbia l'obbligo di disfarsi. In base alla loro origine sono classificati in rifiuti urbani e rifiuti speciali mentre, secondo le

caratteristiche di pericolosità (dovute alla natura o alle attività che producono i rifiuti), si distinguono a loro volta in rifiuti

pericolosi e non pericolosi. A seconda dello stato fisico si possono distinguere in rifiuti solidi, liquidi e gassosi.

A seconda della civiltà della comunità che li produce vengono riciclati oppure bruciati. Molti di essi infatti non sono in realtà

“rifiuti”, ma solo materie prime da recuperare.

- Rifiuto d’acqua = il frutto avvelenato della privatizzazione del ciclo dell’acqua

3.1.2 Inquinamento con acque reflue domestiche. L’inquinamento domestico è quello dovuto allo scarico dei liquami di



fogne urbane che raccolgono residui organici, detersivi e altri rifiuti. I detersivi delle lavatrici vanno nelle fogne e da queste nei

fiumi e nei mari: sono quattro milioni di quintali ogni anno in tutto il mondo! La loro schiuma si sparge nelle acque come un

velo sottilissimo e impermeabile che impedisce la diffusione dell’ossigeno e, perciò, la vita delle alghe; spruzzata dalle ondate,

uccide anche la vegetazione costiera.

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3.1.3 Rifiuti urbani: domestici; non pericolosi assimilati agli urbani per qualità e quantità; provenienti dallo spazzamento delle



strade; giacenti su strade e aree pubbliche (o private ad uso pubblico), su spiagge e rive dei corsi d'acqua; vegetali provenienti

da aree verdi; provenienti da attività cimiteriale

3.1.4 Rifiuti speciali: da attività agricole e agroindustriali; derivanti da attività di demolizione, costruzione, scavo; da



lavorazioni industriali e artigianali; da attività commerciali; da attività di servizio; derivanti dalla attività di recupero e

smaltimento di rifiuti e fanghi prodotti da trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di

fumi; derivanti da attività sanitarie; macchinari e apparecchiature obsoleti; veicoli a motore e loro parti.

3.1.5 Rifiuti d’acqua: il frutto avvelenato della privatizzazione.


La mancanza di fiducia dei consumatori sulla qualità dell'acqua erogata nelle case insieme alla pressione pubblicitaria enorme

del marketing delle aziende produttrici di acque minerali su tutti i media ha portato ad un aumento progressivo dell'uso delle

acque in bottiglia. L'aumento di domanda ha spinto quasi tutte le aziende di acque minerali ad abbassare i costi

dell'imballaggio sostituendole bottiglie di vetro con quelle in plastica. Ciò ha portato ad un aumento esponenziale nella

produzione di rifiuti plastici che non sono degradabili, né riciclabili e per smaltire i quali in Italia si sta assistendo alla corsa

agli inceneritori. In effetti, le plastiche sono l'unica frazione dei rifiuti domestici ad elevato potere energetico, se si escludono

carta e legno che possono però essere riciclati o recuperati fino all'80%.

Purtroppo, però, gli inceneritori oltre a disincentivare la riduzione nella produzione dei rifiuti urbani e la raccolta differenziata,

sono responsabili di emissioni in atmosfera di composti tossici, come acido cloridrico, metalli pesanti, diossine e oncogeni

come le nanoparticelle. Inoltre, oltre un terzo in peso del rifiuto bruciato rimane in forma di ceneri dentro cui si concentrano i

composti tossici che non sono stati emessi con i fumi. Le ceneri ed i filtri dei combustori debbono quindi comunque essere

conferiti in discariche per rifiuti tossici e nocivi. Spesso purtroppo vengo solo e semplicemente dispersi illegalmente

nell’ambiente.

In quest'ottica, riappropriarsi del diritto a consumare tranquillamente l'acqua del rubinetto diventa fondamentale anche per

invertire la rotta intrapresa da più parti per risolvere in maniera semplicistica e pericolosa l'annoso problema dello smaltimento

dei rifiuti urbani. Diventa evidente come la qualità dell’acqua sia centrale in questo conflitto.

3.1.6 Inceneritori


Anche questo settore è stato ampiamente discusso nel gruppo di lavoro sui rifiuti del Congresso di MD. Ma alcuni cenni

specifici dell’interazione tra inceneritori e acqua è necessario.

"L'incenerimento è la tecnica più pericolosa per trattare i rifiuti". A. Montanari


Il Prof. Montanari ha infatti da tempo spiegato che, in un processo di incenerimento, maggiore è la temperatura cui vengono

bruciati i rifiuti, minore è la diossina prodotta, ma maggiore è la quantità di nanoparticelle emesse. Che vanno a finire, oltre

che nell’aria, anche nell’acqua…

“Bruciare una tonnellata di rifiuti pertanto ci regala:

-1 tonnellata di fumi, 300 kg di ceneri "solide" inerti (rifiuti speciali da smaltire in discarica),

-30 kg di ceneri volanti,

-25 kg di gesso,


-650 kg di acqua di scarico “ (contaminata dal calore e spesso dai residui di lavorazione non filtrati/ ndA).



(Fonte: Greenpeace)

3.1.6/ A - Gli inceneritori sono idrovori - Equologia denuncia.

Una rapida analisi dei dati resi noti al pubblico sul sito del Comune di Rivalta (To), per il termovalorizzatore dei rifiuti della




Provincia di Torino, di cui ha avviato la realizzazione la società Trattamento Rifiuti Metropolitani, mostrano tra gli altri un

dato impressionante: il consumo di 2,16 kg di acqua di pozzo per ogni kg di rifiuto solido urbano trattato! Tale dato, che si



legge a pag. 15 della presentazione disponibile, significa che per ciascuna tonnellata di rifiuto solido urbano (RSU) prodotto

sono consumati 2160 kg, cioè 2160 litri, di acqua di pozzo (cioè acqua di falda).

Assumiamo che ciascun abitante produca 500 kg di rifiuto all'anno, di cui la metà - 250 kg - conferiti al termovalorizzatore:

questo significa che per ogni abitante vengono consumati direttamente, in fase di trattamento al termovalorizzatore, 540 litri

d'acqua all'anno. Per un milione di abitanti, il dato sale a 540.000 metri cubi di acqua, pari approssimativamente al



fabbisogno annuo di circa 8000 persone. Vediamola anche in un altro modo: un inceneritore con capacità di trattamento pari

a 100.000 tonnellate all'anno di RSU consumerà 216.000 metri cubi di acqua, cioè oltre 200 milioni di litri all'anno, pari al

fabbisogno di oltre tremila persone.

A prescindere dal caso piemontese, dove l'acqua (per il momento) non soffre di scarsità, i dati di progetto sono esposti molto

apertamente, e probabilmente si tratta di un impianto molto avanzato e quindi ottimizzato, in una situazione in cui le crisi

idriche ricorrenti e in via di ulteriore aggravamento in risposta alle trasformazioni climatiche e alla crescente obsolescenza di

molte reti, introdurre altri punti di prelievo così importanti appare poco responsabile e sostenibile. Anche perchè esistono

tecnologie e soluzioni impiantistiche di valorizzazione energetica e smaltimento dei rifiuti che non contemplano un fabbisogno

idrico.”


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3.1.6/ B - Gli inceneritori inquinano l’acqua subito e vicino


Ascoltando Stefano Montanari.

“Venendo al problema dell’inquinamento da rifiuti, è ovvio che questi debbano, in qualche modo, essere smaltiti.

A questo punto, è necessario ricordare la cosiddetta legge di Lavoisier o della conservazione della massa. Questa recita che in

una reazione chimica la massa delle sostanze reagenti è uguale alla massa dei prodotti di reazione. Il che significa che,

secondo le leggi che regolano l’universo, noi riusciamo solo a trasformare le sostanze, ma non ad annullarne la massa.

Ciò che avviene quando s’inceneriscono i rifiuti, dunque, altro non è se non la loro trasformazione in qualcosa d’altro, e

questa trasformazione è ottenuta tramite l’applicazione di energia sotto forma di calore.

Stante tutto ciò che ho scritto sopra e che è notissimo sia tra gli scienziati sia tra gli studenti delle scuole medie, se noi

bruciamo l’immondizia, altro non facciamo se non trasformarla in particelle tanto piccole da farle scomparire alla vista e, con

i cosiddetti “termovalorizzatori” – una parola che esiste solo in Italiano e che evoca l’idea ingenuamente falsa che si ricavi

valore economico dall’operazione – la trasformazione produce particelle ancora più minute e, dunque, più tossiche.

Malauguratamente, non esiste alcun tipo di filtro industriale capace di bloccare il particolato da 2,5 micron o inferiore a

questo, ma, dal punto di vista dei calcoli che si fanno in base alle leggi vigenti, questo ha ben poca importanza: il



“termovalorizzatore” produce pochissimo PM10 (peraltro, la legge sugli inceneritori prescrive ancora la ricerca delle

cosiddette polveri totali ed è, perciò, ancora più arretrata) e la quantità enorme di altro particolato non rientra nelle

valutazioni. Ragion per cui, a norma di legge l’aria è pulita. Ancora malauguratamente, tuttavia, l’organismo non si cura



delle leggi e le patologie da polveri sottili (le PM10 sono tecnicamente polveri grossolane), un tempo ignorate ma ora sempre

più conosciute, sono in costante aumento. Tra queste, le malformazioni fetali e i tumori infantili.



Tornando alla legge di Lavoisier, uno dei problemi di cui tener conto nell’incenerimento dei rifiuti è la quantità di residuo che

si ottiene. Poiché nel processo d’incenerimento occorre aggiungere all’immondizia calce viva e una rilevante quantità

d’acqua, da una tonnellata di rifiuti bruciata escono una tonnellata di fumi, da 280 a 300 kg di ceneri solide, 30 kg di ceneri

volanti (la cui tossicità è enorme), 650 kg di acqua sporca (da depurare) e 25 kg di gesso. Il che significa il doppio di quanto



si è inteso “smaltire”, con l’aggravante di avere trasformato il tutto in un prodotto altamente patogeno. E in questo breve

scritto si tiene conto solo del particolato inorganico e non di tutto il resto, dalle diossine (ridotte in quantità ma non eliminate

dall’alta temperatura), ai furani, agli idrocarburi policiclici, agli acidi inorganici (cloridrico, fluoridrico, solforico, ecc.),

all’ossido di carbonio e quant’altro.

Affermare, poi, che incenerire i rifiuti significa non ricorrere più alle discariche è un ulteriore falso, dato che le ceneri vanno

“smaltite” per legge (decreto Ronchi) in discariche per rifiuti tossici speciali di tipo B1.

Si mediti, poi, anche sul fatto che l’incenerimento comporta il mancato riciclaggio di materiali come plastiche, carta e legno. I

“termovalorizzatori” devono funzionare ad alta temperatura e, per questo, hanno bisogno di quei materiali che possiedono

un’alta capacità calorifica, vale a dire proprio le plastiche, la carta e il legno che potrebbero e dovrebbero essere oggetto di

tutt’altro che difficile riciclaggio.


Aggiungo che le acque di risulta dei termovalorizzatori inquinano inoltre anche con il calore da loro trasportato nell’ambiente.

3.1.6/C - Gli inceneritori inquinano l’acqua nel tempo e a distanza



“Diossine e furani comprendono un gruppo di circa 210 composti organici (detti congeneri), che differiscono per posizione e

numero delle molecole di cloro presenti nella struttura. La quasi totalità delle diossine si formano come sottoprodotti

indesiderati di diversi processi industriali, quali la produzione di pesticidi e erbicidi, lo sbiancamento della carta e la

combustione di materia organica.

L'UNEP (programma ambientale delle nazioni unite) identifica l'incenerimento dei rifiuti come la fonte principale di

emissione delle diossine seguito, per indicare alcuni esempi, dai cementifici, dalla combustione di biomasse e dalla

produzione di metalli ferrosi.

Fin dai primi anni'70 e con un rinnovato interesse negli anni '90, le diossine risultano essere i composti chimici più studiati in

virtù del loro impatto sull'uomo e della loro capacità di dispersione nel globo attraverso le correnti aeree.

Questi composti si trovano ovunque nell'ambiente in aria, nel suolo, in acqua e nei sedimenti e raggiungono gli organismi

animali, in maggior percentuale, attraverso la catena alimentare ed, in minor misura, per inalazione. Nell'uomo, diossine e

PCB vengono assunti, per circa il 90%, attraverso gli alimenti, soprattutto di origine animale (latte, carne, pesce, molluschi



e crostacei) e sono stati identificati nei tessuti adiposi, nel sangue e nel latte materno in livelli superiori a quelli documentati

nel passato (noi siamo acqua…/ nda). In alcuni casi è stato possibile correlare l'aumento di questi composti nell'organismo

con la costruzione di un impianto di incenerimento.

La presenza di diossine e PCB nel cordone ombelicale e nella placenta (impatto prenatale) e nel latte materno (impatto

postnatale) solleva preoccupanti interrogativi sugli effetti, soprattutto a livello neuro comportamentale, che si potranno



manifestare a medio-lungo termine nelle generazioni future.

Le quantità di diossine e PCB assorbite attraverso il latte materno contribuiscono all'accumulo di questi composti

nell'organismo maturo; dallo studio si evince, inoltre, che nelle donne la percentuale di accumulo è superiore a quella degli

uomini (14% contro 12%).

Lo IARC, agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha riconosciuto la diossina 2,3,7,8 TCDD come una sostanza

cancerogena per l'uomo. Le altre diossine inducono effetti diversi sull'uomo a seconda del livello di concentrazione e



dell'esposizione a breve o a lungo termine a cui è sottoposto l'organismo.

L'esposizione per brevi periodi ad alte concentrazioni di diossine porta ad eruzioni cutanee note come cloracne e ad

alterazioni delle funzioni epatiche. A esposizioni a concentrazioni di diossine più basse per periodi di tempo lunghi, invece, si


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associano disturbi al sistema immunitario (aumento delle allergie), riproduttivo (diminuzione del numero di spermatozoi,
aumento degli aborti” (Fonte: Greenpeace).



Ma possiamo sapere di più leggendo il report di Juliet Duff dell’Irish Doctors Environmental Association (IDEA)

“Incinerators and their health effects” di cui riportiamo solo alcuni passi.





3.1.6 /D - Gli inceneritori e i loro effetti sulla salute



- Incenerire brucia la responsabilita’ . Rapporto medico da oltremanica. (traduzione di Roberto Topino*)



“L’incenerimento è un argomento di attualità in Irlanda dal momento che il nostro governo sta portando avanti dei piani

finalizzati alla realizzazione di numerosi inceneritori sul nostro territorio per affrontare il problema dei rifiuti. La storia ha

dimostrato che occorrono decine di anni per identificare gli effetti sulla salute di procedure che portano ad un aumento dei

composti chimici nell’ambiente.

Più volte i primi segnali di avvertimento sono stati ignorati e di seguito si sono rivelati ben più importanti di quanto si potesse

ipotizzare all’inizio. Oltre alle ben note premature rassicurazioni date in passato circa l’utilizzo di pesticidi tossici come il

DDT, era anche inattesa la scoperta che la maggiore fonte di contaminazione da diossina negli alimenti fosse negli

inceneritori di vecchia generazione nel Regno Unito.



Per queste ragioni, la British Society for Ecological Medicine ha recentemente pubblicato un rapporto sugli effetti sulla salute

provocati dagli inceneritori di rifiuti. Nella loro introduzione, i medici inglesi spiegano che lo scopo del loro lavoro è quello di

esaminare ogni evidenza al fine di ottenere una valutazione equilibrata di quali potranno essere i rischi per la salute collegati

agli inceneritori di nuova e futura generazione.

L’incenerimento non risolve il problema dei rifiuti, ma si limita a ridurne la quantità approssimativamente al 30 - 50 %

della loro massa originale, che viene trasformata in una cenere che contiene una concentrazione di alcune delle sostanze


più tossiche, come le diossine e i metalli pesanti. Lo smaltimento in sicurezza di questi rifiuti tossici è molto problematico per

via degli inquinanti che filtrano dalle discariche, raggiungono le falde e contaminano l’acqua in un modo che viene

considerato praticamente irrimediabile. La Commissione Europea ha dichiarato che questa potrebbe essere in futuro una



delle sorgenti più importanti di diossine.”


3.2 ) Traffico


E’ un capitolo enorme che non possiamo trattare in questa sede. Citiamo solo i principali problemi solo come capitoli:

- gomma: gomma e amianto, diossina e CO2, nanoparticelle

- aria: scie chimiche, nanoparticelle

- mare: oli minerali

Dedichiamo un cenno a parte al “traffico da acque minerali”.

Todd Jarvis della Water Resources Graduate Program alla Oregon State University (Usa): "Ogni anno, nel mondo, si




consumano 81 milioni di litri di petrolio e 600 miliardi di litri di acqua (necessari per la lavorazione della plastica) per

produrre 154 miliardi di acqua minerale in bottiglia. E questo alimenta un favoloso business che oggi ha raggiunto i 100

miliardi di dollari all'anno e che continua a crescere, visto che dal 1978 ad oggi è aumentato del 2.000%. Questo spiega

l'iniziativa di New York. In quella città, infatti, vi è un controllo dell'acqua da rubinetto che è tra le migliori al mondo, ma al

contempo si ha il consumo a persona dell'acqua in bottiglia più elevato del pianeta".


Ma perché si è arrivati ad un uso così elevato dell'acqua in bottiglia? Ancora Jarvis: "Perché è stato alimentato da veri e propri

miti. Molto spesso si pensa che le acque delle sorgenti siano sempre purissime rispetto ad ogni altra riserva d'acqua. Ma non è

assolutamente vero. Le acque vicino alla superficie, infatti, possono raccogliere inquinanti che difficilmente si trovano nelle

acque pescate dai pozzi municipali a centinaia di metri di profondità". E anche sul gusto c'è molto da dire. Lo dimostra un test

realizzato da Legambiente in 6 città italiane. Pescando l'acqua da caraffe anonime e affidandosi al palato nemmeno 2 italiani su

10 sono riusciti a individuare qual era l'acqua imbottigliata e quale quella uscita dalle tubature domestiche. E che dai rubinetti,

almeno dei Paesi industrializzati, esca acqua realmente potabile è accertato dalle severe leggi che riguardano i controlli e il

contenuto delle sostanze permesse, che per molte di esse sono più restrittive rispetto a quelle delle acqua in bottiglia. "E'




comunque giusto sottolineare - spiega Jarvis - che tutte le ricerche sull'argomento non portano a sostenere che le acque in

bottiglia sono meno buone di quelle del rubinetto, ma che per produrre una bottiglia di acqua si produce anche inquinamento.

E il gioco non vale la candela, visto che sappiamo che l'acqua domestica è, in moltissimi casi, comunque valida al confronto".


Per produrre 1 chilo di Pet (polietilen -tereftalato), la plastica usata per le bottiglie, sono necessari poco meno di 2 chili di

petrolio e 17 litri di acqua, la cui lavorazione rilascia nell'atmosfera 2,3 chili di anidride carbonica, 40 grammi di

idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo e 18 grammi di monossido di carbonio. A cui poi va aggiunto l'inquinamento

per il trasporto, visto che solo il 25% delle acque in bottiglia bevute in un Paese provengono dalle industrie nazionali, le altre



devono varcare uno o più confini. Forse vale la pena rifletterci. Alcune aziende lo stanno già facendo, promettendo l'uso di

materiali biodegradabili per il packaging.

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3.3 Disinfestazione in aree urbane con pesticidi nebulizzati

A ciò si aggiunga la “disinfestazione” da insetti che molte Amministrazioni realizzano in piena città con pesticidi banditi da tempo dai

campi.

4) Come la privatizzazione dell’acqua riduce la qualità dell’acqua

A) ATO and SpA/ Abbassamento di falda: concentrazione



Il prelievo indiscriminato dell’acqua da parte delle SpA che gestiscono gli ATO e dei privati senza nessuno o scarso controllo

degli Enti proprietari all’origine del bene comune acqua e cioè i Comuni e le Regioni, ha consentito l’impoverimento

progressivo delle acque di superficie come della falda che si è abbassata ovunque in Italia al netto della riduzione degli indici

pluviometrici.

In alcune zone questa perdita della massa d’acqua potabile di superficie si può apprezzare con la discesa progressiva del livello

dei laghi sia quelli alpini al nord, come quelli vulcanici al centro e al sud. In altre zone sono scomparsi completamente ruscelli,

torrenti e fiumi come sull’Amiata.

Dalla riduzione della disponibilità degli acquiferi è derivata una concentrazione maggiore dei tossici che in alcune zone

soprattutto di origine vulcanica ha raggiunto livelli importanti come a nord di Roma nella zona di Bracciano e a sud nell’area

dei Castelli soprattutto per l’arsenico.

B) ATO and SpA/ Mobilizzazione e innalzamento di tossici / elementi non desiderati verso la superficie: diffusione



Il prelievo da falde sempre più profonde nell’interno ha provocato in molte zone la mobilizzazione di elementi tossici

accumulati in profondità nel corso di milioni di anni. L’azione di emungitura sfrenata solleva acque profonde che portano con

sé elementi pericolosi come l’arsenico, il mercurio e i prodotti solfati.

Lungo le coste invece il fenomeno ormai emergente con sempre maggior drammaticità è quello della salinizzazione dei pozzi



di prelievo costieri che procede di pari passo allo scavo di condotte sempre più profonde. E’ da ricordare che questo fenomeno

incontra come elemento peggiorativo il progressivo innalzamento dei mari conseguente al riscaldamento globale in atto da

molti anni e al conseguente scioglimento dei ghiacciai.

Contestualmente è da ricordare che, avendo la salinizzazione delle falde costiere caratteristiche di irreversibilità, questa è una



vera e propria catastrofe ambientale con ripercussioni pesantissime verso l’acqua potabile immediatamente disponibile per

l’uomo, ma anche verso le acque necessarie per l’irrigazione in agricoltura costiera e di tutta l’acqua necessaria per il ciclo

alimentare.

Inoltre l’abbassamento della falda porta allo scatenamento di fenomeni geochimici potenzialmente devastanti e non più

rimediabili. La falda si abbassa e si facilita pertanto il contatto di acque superficiali ricche di ossigeno con quelle profonde.

Questo contatto provoca l’ossidazione e la liberazione di metalli tossici come l’Arsenico che nella forma ridotta, in genere



sotto forma di solfuro, è molto fisso (poco solubile).

E’ recentissimo l’allarme lanciato dal geochimico prof. Dall’Aglio in un suo recente convegno ai Lincei sulla comparsa sempre

più frequente di inquinamento da Arsenico anche in zone non vulcaniche come le Alpi. Territorio dove l’Arsenico non è o non

dovrebbe essere così abbondante in condizioni di quiete ecologica.

Diventa di estrema urgenza pertanto adottare subito per ogni ATO il bilancio idrico auspicato dalla Legge di Iniziativa



popolare del Forum dei Movimenti per l’Acqua.

5) Come la mafia e la corruzione politico amministrativa provocano il deterioramento della


qualità delle acque: le discariche abusive industriali e urbane, le centrali a combustibili

fossili, la mancata sorveglianza, l’assenza di manutenzione e investimenti.

L’elenco è lunghissimo. Cito solo alcun casi come esempi. Ma la situazione è ormai drammatica su tutto il territorio nazionale.

Uno dei primi compiti del Movimento sarà proprio quello di unificare le forze per costruire tutti insieme una mappatura

dell’inquinamento delle acque in Italia come il Forum dei Movimenti ha già iniziato a fare quest’anno con la “Mappa delle

acqua inquinate d’Italia” consultabile sul sito” www.acquabenecomune.org. (v. la Guida all’uso della Mappa allegata - 8)

- Piemonte – Spinetta Marengo. Chi paga? Discutiamone, ma sul serio. Chi paga gli enormi i costi dell’inquinamento della



Solvay di Spinetta Marengo? Enti pubblici come Comune, Provincia, Regione, ministeri, Arpa, Asl, Vigili del fuoco,

magistratura ecc. stanno impegnando da mesi uomini e mezzi che hanno un costo per la collettività, cioè che sono pagati con le

tasse dei cittadini. Questi costi, milioni di euro, sono destinanti ad aumentare considerevolmente quando si passerà

dall’accertamento dell’emergenza alla bonifica vera e propria. “Chi inquina, paghi!”: è la risposta dettata dal buon senso.

Dunque paghi Solvay, eventualmente Arkema ed Edison, che sono subentrate alla Montedison nella proprietà dello

stabilimento chimico, da sempre artefice di profitti astronomici. (v.scheda allegata n.9 e 9 bis)

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- Lombardia: disastrosa la situazione in particolare di Brescia con livelli altissimi di Cromo esavalente.

- Campania: drammatica la situazione dei rifiuti in relazione all’inquinamento dell’acqua di superfice e in falda. Recentissima



l’ultima denuncia dell’ 11 ottobre 2008 questa volta da parte del prof. Franco Ortolani Ordinario di Geologia presso

l’Università di Napoli Federico II.

Per il Governo e i partiti è assolutamente normale accumulare rifiuti di ogni tipo in siti non idonei (chiamati discariche come




quelle già fatte di Basso dell’Olmo a Campagna, di Macchia Soprana a Serre e di Sant’Arcangelo Trimonte nel beneventano e

quelle da realizzare di Chiaiano, Terzigno, smaltimento Cava Mastroianni e di Andretta), e militarmente protetti in modo da

potere agire indisturbati senza alcun controllo da parte dei cittadini troppo attaccati al governo trasparente e alle verifiche

democratiche che provocano il rifiuto delle attività lobbystiche parassitarie come quelle che hanno caratterizzato 14 anni di

scandalo rifiuti; meglio poi se i siti sono protetti ambientalmente come i Parchi naturali, i SIC (Siti di interesse Comunitario)



e le ZPS (Zone a Protezione Speciale), e meglio ancora se sono al di sopra dei prelievi delle acque (come l’Oasi di Persano) e

fatti in modo da non garantire sicurezza ambientale, la salubrità delle produzioni casearie e la salute dei cittadini nelle


prossime decine di anni.”

- Toscana: che dire degli acquiferi estremamente esposti all’inquinamento a Livorno, Vada, Cecina, S. Vincenzo, La



Torraccia, zona terminale della Piana di Piombino e del fiume Serchia inquinato con cui si vuole diluire con un investimento

di 19 milioni euro l’acqua ancore più inquinata del lago di Massaciuccoli?

L’Amiata poi è una caso a parte. Talmente clamoroso che diventerà oggetto di studi internazionali. Ma per la Regione Toscana

e l’Università di Siena che ha condotto lo studio “pro veritate” per conto della regione Toscana con personale ex- ENEL va

tutto bene…(v.scheda n.10)

- Puglia: Il terribile inquinamento del territorio Pugliese e le ripercussioni sui cittadini. Questo il tema dell'inchiesta di Primo



Piano "Te Le Canto Tutte" realizzata da G. Galleano andato in onda il 14 ottobre u.s. su RAI 3. Una iniziativa della band

salentina Sud Sound System e della Lega Contro I Tumori di Lecce. Lo speciale ha visto la preziosa collaborazione di artisti

pugliesi come Caparezza e le testimonianze di Lega Ambiente, Regione Puglia, Associazione 12 Giugno e altre realtà del

territorio. E’ solo una delle ultime tante testimonianze che provengono dalle terre pugliesi.

L'allarme è ormai altissimo. Un territorio martoriato dall'inquinamento e che raccoglie le tre più grandi fabbriche (Ilva di

Taranto, centrale Enel di Cerano e petrolchimico di Brindisi) che emettono il più alto tasso di CO2 in Italia e il tasso più alto di

diossina.

A Taranto la sola Ilva emetterebbe circa un terzo della diossina ufficialmente censita in Italia. Una situazione



intollerabile che miete vittime da troppo tempo , in virtù di un ricatto occupazionale a cui si è pagato e si continua a pagare un

prezzo immane. A Brindisi la situazione non è meno preoccupante. Basta leggere il preoccupante report di Medicina

Democratica pubblicato nel 2007.

L'oncologo prof. Serravezza dal canto suo ribadisce : "negli ultimi dieci anni i tumori in Puglia sono aumentati del 30 per




cento e sono linfomi, leucemie, tumori a vescica e polmoni, tutti direttamente riconducibili a cause ambientali, dalla


diossina sprigionata dall’Ilva agli ossidi di azoto e zolfo di Cerano, che il vento porta su tutto il Salento".




- Lazio: centrale a carbone di Civitavecchia


Uno studio recente effettuato dalla University of Texas Health Science Center (San Antonio, Texas, USA) e pubblicato sulla

nota rivista Journal Health & Place, ha messo in evidenza la presenza di un rischio statisticamente significativo tra la




quantità di mercurio emesso da una fonte industriale d’inquinamento e l´incremento d´incidenza dell´autismo nei


bambini che vivono nel territorio circostante. La parola “autismo” deriva dal greco “autús” che significa “se stesso” e, come



malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l´isolamento, l´anestesia affettiva, la

scomparsa dell´iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.

Accanto a queste espressioni, di per se già disturbanti e fortemente disabilitanti, gli autistici dimostrano un´importante

incontinenza emotiva che si espleta con urla, corse afinalistiche, ipercinesie, a volte aggressività, angoscia e terrore. Avere un

figlio affetto da autismo richiede un enorme impegno da parte dei famigliari ed è causa di una grande, costante

preoccupazione.

I risultati di questa ricerca coincidono con quelli di numerosi altri studi che confermano l´elevata quantità di mercurio presente

nelle piante, negli animali e negli esseri umani che vivono vicino a una fonte di emissione di questo elemento. Il prezzo che i

bambini pagano è sicuramente il più alto.

Infatti, l´esposizione anche a dosi estremamente basse di numerosi inquinanti quali il mercurio, quando avviene durante quel

periodo critico di formazione e sviluppo del sistema nervoso, in soggetti geneticamente predisposti, può aumentare il rischio di

gravi patologie quali l´autismo.

La combustione del carbone è una delle cause più importanti di emissione nell´ambiente di mercurio; il carbone può contenere

fino a 150 volte la quantità di mercurio presente nell´olio combustibile (Ambient Air Pollution by Mercury (HG). Position

Paper. European Communities, 2001).

Gli autori dello studio hanno esaminato i dati di emissione di 39 centrali a carbone e di altre 56 sorgenti industriali presenti in

Texas e li hanno messi a confronto con l´incidenza dell´autismo nei bambini che frequentavano 1.040 distretti scolastici. I

risultati sono stati molto chiari.

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Vivere intorno ad una fonte di emissione di mercurio quale una centrale a carbone o un inceneritore, aumenta in modo

statisticamente significativo il rischio di ammalarsi di autismo. L´aumento d´incidenza del la malattia ha mostrato una riduzione

dell´1-2 % per ogni 16 chilometri di distanza dalla fonte stessa.

Parte del mercurio emesso nell´ambiente si deposita al suolo e, in seguito all´azione di alcuni batteri, viene trasformato in



metilmercurio, una forma estremamente tossica.

La contaminazione degli ecosistemi acquatici ne comporta il suo accumulo nel tessuto dei pesci e il suo ingresso nella catena



alimentare. In Inghilterra, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada e Australia, a causa di livelli elevati di metilmercurio nel pesce,

allo scopo di proteggere la popolazione più a rischio (bambini e donne durante la gravidanza), viene consigliato di non

mangiare o limitare l´assunzione di quei tipi di pesce nei cui tessuti è stata trovata una dose pericolosa di mercurio (Chief

Medical Officier Urgent Comunication: Food Standard Agency: 14 May 2002).

Mentre l´esposizione al mercurio attraverso il consumo di pesce è ben documentata, si conosce molto poco su altre forme di

esposizione quali l´aria e l’acqua potabile.



L´agenzia degli Stati Uniti per la Protezione dell´Ambiente (EPA) stima che di 158 milioni di tonnellate annue di mercurio

emesse, il 33 % proviene dalla combustione del carbone e il 29 % dalla combustione dei rifiuti.

A conferma, inoltre, delle giuste preoccupazioni dei cittadini che lottano contro l´uso del carbone nella centrale di

Civitavecchia, nel decreto del governo di Valutazione dell´Impatto Ambientale (V.I.A.) della centrale stessa si legge: “Si

esprime perplessità riguardo al fatto che le emissioni di mercurio possano essere effettivamente contenute nel valore dichiarato

di 0.8microgr/Nm3″ (pag. 18, riga 16) “Co n la centrale a carbone ci sarà un aumento del 50 % delle emissioni di mercurio”



(pag. 39, riga 26 - relazione istruttoria).

L´aumento delle emissioni di mercurio contrasta con l´EU Legislation and Policy Relating to Mercury and its compounds,

Working document, March 2004, 1.1. Regulatory area: Main rilevant Provision.

In questo documento si afferma, infatti, la forte volontà della Commissione Europea di ridurre l’ inquinamento da mercurio

presente nell´aria, nell’acqua e nel terreno, al fine di ottenere un alto livello di protezione per la popolazione. Non è possibile

valutare la quantità di mercurio che verrà emessa nell´aria in forma ossidata e in forma elementare.

La prima porrà un rischio d’inquinamento da mercurio per le popolazioni che risiedono in un raggio di centinaia di km dalla

centrale a carbone; le emissioni di mercurio in forma elementare causeranno invece un danno su scala mondiale (U.S.

Department of Energy National Energy Technology Laboratory - Five Year Research Plan on Fine Particulate Matter in the

Atmosphere. FY2001-FY2005.8, pag. 27).

(A cura di: Dr. Giovanni Ghirga Portavoce per il Lazio del Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l´Ambiente

e la Salute)

- Abruzzo: spaventosa la vicenda di Bussi, la più grande discarica chimica illegale d’Europa della Montedison prima e della



Solvay ora, situata a pochi passi da un fiume di primaria importanza per la Regione come il fiume Pescara.

Il paradiso perduto


Questa storia non è ambientata in uno di quegli inferni industriali che fanno paura solo a guardarli, ma in un?incantevole

valle a cinquanta chilometri da Pescara, lungo l’autostrada per Roma. Un canyon imponente, incastrato tra due parchi nazionali

(Gran Sasso e Majella), che dall’Appennino si apre verso il mare Adriatico. Boschi a perdita d?occhio, cime imbiancate sullo

sfondo, qua e là mucchi di case lungo i pendii. Ai piedi della valle si convogliano tutte le acque dai monti, che alimentano due

fiumi paralleli. Uno in superficie, il Pescara (con l’affluente Tirino), che scorre tra piccole lagune cristalline dove i ragazzi

vengono a campeggiare e a fare il bagno. Uno sotterraneo, la grande falda d’acqua da cui pesca l’acquedotto.



Questo impianto serve 450 mila persone, un terzo della popolazione regionale, che diventano fino a 600 mila d’estate.

All'altezza del paesino di Bussi, sotto il ponte dell'autostrada e con il fiume che passa in mezzo, c'è un sito industriale. Un

insediamento chimico sorto nel 1901 e che nel corso del 1900 segue tutta la parabola della chimica italiana. Riconvertito alla

bisogna a fini bellici (la posizione la rende inattaccabile), poi finisce nell’orbita Montedison. La storia cambia nel 1982,

quando si aprono otto nuovi pozzi dell'acquedotto. Pur chiamandosi pozzi di Sant'Angelo, di angelico non hanno nulla.

Anziché collocarli a monte dell'industria, dove l' acqua è ancora incontaminata, li piazzano a valle, dove il fiume ha già

imbarcato un bel po' di veleni. Quindi, da quel momento, l'acquedotto porta nelle condutture e nelle case degli abruzzesi acqua

con residui di scarichi chimici. (v.scheda n.11)

Clamoroso e drammatico poi l’esempio della Centrale di potabilizzazione sul fiume Pescara costruita a suon di tangenti dagli

stessi attori dello scandalo delle sanità in Abruzzo per cui è stata avviata un’inchiesta dalla Corte dei Conti. Una volta

realizzata e solo a chiavi consegnate sono stati eseguiti i controlli delle acque del fiume Pescara con l’amara sorpresa per le

tasche dei contribuenti e per la loro salute che queste acque sono perse per sempre! Ripeto perse per sempre perché

l’inquinamento è talmente grave per l’intensità e la qualità di polluzione che quella acqua non è più depurabile.

Per sempre (v. scheda n. 12 ).

Una volta qualcuno diceva “se il sale diventa insipido, chi lo salerà?”. Oggi con grande amarezza e rabbia dobbiamo

aggiungere “se l’acqua di tutto il mondo sarà per sempre inquinata, chi la disinquinerà?”

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6) Inquinanti di guerra

La sindrome dei Balcani non sarebbe causata direttamente dalla radioattività dei proiettili all'uranio impoverito ma dalle

microparticelle rilasciate nell'ambiente a seguito delle esplosioni di queste bombe ad alta tecnologia, poi assimilate dall'uomo

per inalazione o attraverso la catena alimentare. Quando queste particelle contengono metalli pesanti, l'organismo può

sviluppare forme tumorali. La c.d. "sindrome dei Balcani" interesserebbe ormai territori diversi, dai poligoni di tiro della

Sardegna a Ground Zero.

La dott.ssa Antonietta Gatti, responsabile del Laboratorio dei Biomateriali dell'Università degli Studi di Modena e Reggio

Emilia, lavora ad un progetto di ricerca europeo sulle correlazioni tra tumori e altre patologie ed esposizione a micro e

nanoparticelle. Nel corso della ricerca, il gruppo di scienziati ha individuato il settore militare come l'ambito più interessante



per rintracciare l'origine delle nano-patologie. Le indagini hanno infatti evidenziato la presenza nei tessuti di militari reduci dai

Balcani e dalla guerra nel Golfo di particelle contenenti metalli pesanti. Identici – anche se non rilevanti ai fini statistici - i

risultati delle analisi condotte su di un campione di cittadini di Sarajevo, anch'essi ammalatisi di linfoma. L'organismo umano

sarebbe in grado di sintetizzare alcune nano particelle, come quelle prodotte dall'inquinamento da idrocarburi, ma non i metalli

pesanti. Per questo chi è stato esposto ai bombardamenti all'uranio impoverito si ammala, così come chi assume attraverso la

catena alimentare prodotti raggiunti da quel tipo di inquinamento. Lo stesso fenomeno si sta registrando a Manhattan. Nella

coda e nelle ali degli aerei dirottati dai terroristi c'era uranio, utilizzato come stabilizzatore.

Il tutto mediato anche dall’acqua a seguito delle precipitazioni umide al suolo delle nanoparticelle.

7) L’acqua del Sindaco è inquinata?
7.1 Prima di entrare in rete


L'inquinamento dell'acqua “del sindaco” avviene in seguito alla clorazione eccessiva e ai trattamenti con alluminio dovuti ai

mancati investimenti di captazione di acque non inquinate da parte delle multinazionali che risparmiano selvaggiamente

proprio su questo tipo di investimenti. Si preferisce trattare industrialmente in modo tossico (cloro per i batteri + alluminio per

la flocculazione) acque tossiche per risparmiare sugli investimenti. Investimenti assolutamente concretamente realizzabili. La

captazione di acque non inquinate è possibile perchè in Italia (paradosso estremo..) l’acqua in realtà è ancora abbondante e di

ottima qualità, ma in depositi in falda spesso lontani dalle attuali reti. Le alternative come l’ozonizzazione esistono..ma

costano e quindi le SpA le evitano accuratamente.

7.2 Durante il viaggio in rete


Esiste poi il problema delle reti idriche d’epoca nei vecchi centri storici spesso da rifare completamente come quelle al

piombo di Genova. (v.scheda Genova n.8) .

8) L’acqua minerale è più inquinata: ope legis

8.1 parametri di tossicità consentiti per le acque minerali nettamente più alti rispetto le acque degli acquedotti di cui le



multinazionali delle acque minerali fanno abuso. Infatti i parametri di tossicita' massima applicati alle acque degli acquedotti

presentano difformità clamorose a favore delle acque minerali e/o "curative" e/o “sorgive”. sfruttate a fini commerciali. Infatti

le acque minerali non sono per legge considerati potabili, ma “curative”. Vengono “estratte dal suolo” e rientrano pertanto

assurdamente nella legislazione delle concessioni minerarie.

8.2 Allo stesso modo i controlli eseguiti sulle acque minerali durante l'intero ciclo dalla produzione alla distribuzione finale



vengono eseguiti con tempi e modalita' assolutamente piu' lassi rispetto a quelli, molto serrati, obbligatori per le acque in rete..

9 ) Inquinanti persistenti

Le sostanze chimiche persistenti non conoscono confini. Si diffondono attorno al globo trasportate dalle correnti dell’aria e del

mare. In corrispondenza dei poli, o delle alte regioni montagnose, il clima freddo favorisce la condensa di queste sostanze

chimiche, che si ridepositano con le precipitazioni, raggiungendo la terra o l’acqua ed entrando nella catena alimentare.

Nella maggior parte delle regioni Artiche non esistono impianti chimici. La densità umana è bassa e le popolazioni vivono di

caccia, di pesca e di raccolta il cibo secondo tradizioni antiche. Oggi la loro salute e la sopravvivenza di animali selvatici sono

messi in pericolo dal nostro inquinamento. Lo stesso accade alle balene negli oceani e gli animali che vivono nelle regioni

montagnose come le Alpi. Molte sostanze tossiche sono persistenti, in quanto resistono alla degradazione e possono percorrere

anche lunghe distanze dai loro punti di emissione. La loro origine è nelle aree fortemente industrializzate e coltivate

intensivamente.

18
- Da dove provengono le sostanze tossiche?



Le sostanze chimiche estremamente tossiche che rimangono nell’ambiente per molto tempo e che si accumulano nella catena

alimentare sono chiamate Inquinanti Organici Persistenti (POPs: Persistent Organic Pollutants). In Europa, alcuni POPs ben



conosciuti come i PCB e DDT sono stati banditi diversi anni fa. Malgrado il bando, queste sostanze stanno ancora inquinando

l’ambiente e la nostra catena alimentare, mentre altri composti tossici vengono tuttora prodotti o utilizzati in tutto il mondo

industrializzato.

Le sostanze chimiche che rientrano tra i POPs:

Diossine, rilasciate da numerose sorgenti di natura industriale, compresi gli inceneritori e lâindustria chimica del cloro



e dei suoi derivati;

Ritardanti di fiamma costituiti da Bromo, utilizzati in molti prodotti, particolarmente in componenti elettroniche quali



i computer;

Tributilstagno (TBT), un pesticida contro le incrostazioni utilizzato nelle vernici delle imbarcazioni;

Paraffine clorurate, utilizzate come ritardanti di fiamma e ritardanti e lubrificanti industriali;

Lindano (-HCH), un pesticida organoclorurato.



Questa può solo essere la punta dell’iceberg: in Europa ci sono in commercio più di 100.000 sostanze chimiche, delle quali

3.000 sono classificate ufficialmente dall'Unione Europea come pericolose. Ma solo di alcuni di essi si conoscono gli effetti

ambientali , e sono davvero poche le sostanze chimiche prodotte dall'uomo a essere monitorate costantemente nell’ambiente.

Molte di esse sono disperse inconsapevolmente, attraverso i più diversi processi di produzione o lavorazione.

- Effetti tossici delle sostenze inquinanti persistenti (POPs).



I POPs sono caratterizzati da tossicità, persistenza nell'ambiente e accumulazione nell’uomo e negli altri organismi;

specialmente nel grasso Inoltre si trasferiscono lungo la catena alimentare. In via generale, quanto più un animale è a un livello

superiore della piramide alimentare, tanto più è elevata la concentrazione di POPs nel suo corpo. Gli uomini sono in cima alla

catena alimentare e per questo motivo sono soggetti ad un maggior accumulo di POPs. Le popolazioni dell’Artico sono

maggiormente esposte poiché la loro dieta tradizionale consiste, nella maggior parte, in animali contenenti una grande

percentuale di grassi.

- La minaccia per gli esseri umani


Umani e animali sono molto vulnerabili ai POPs. Gli adulti che anno accumulato sostanze tossiche nel corso della loro vita,

possono trasferirle alle generazioni successive.

Ci sono prove che i POPs causano danni all’ambiente, animali e persino agli esseri umani:

Presso Spitzbergen sono stati trovati alcuni orsi polari con caratteri sessuali maschili e femminili. Elevate



concentrazioni di PCB rilevate nei corpi di orsi delle Svalbard suggeriscono che le sostanze tossiche potrebbero

svolgere un ruolo importante in tali disfunzioni, ipotesi questa che è oggetto di ricerche in corso.

Il sistema endocrino di femmine di lumache di mare viene distrutto dal TBT, che ne causa la sterilità.

In Olanda diversi bambini nei quali erano state rilevate concentrazioni corporee lievemente elevate di PCB e diossine,



hanno mostrato disfunzioni al sistema nervoso, al sistema immunitario e nelle fasi di sviluppo post-natale.

Da circa 25 anni ormai, con scadenza quinquennale,

In Svezia, il livello di brominato nel latte materno è raddoppiato ogni 5 anni nell'ultimo quarto di secolo.



10) Inquinati “legislativi”: la farsa delle deroghe all’italiana

Il regime di deroghe ai valori di parametro per le acqua potabili delle Reti di cui i governanti europei fanno abuso e le

multinazionali approfittano:

- non realizzando nuove condotte di prelievo di acque non tossiche (vedi il grave problema dell'arsenico in Italia nelle aree

vulcaniche)

- non sostituendo le reti periferiche contaminate dal piombo (vedi la grave situazione di Genova, ma non solo).

Il regime di deroghe ai valori di parametro per le sostanze tossiche e' stato fonte di gravissimi abusi e /o omissioni da parte di

stati, governi regionali e enti locali che hanno utilizzato in modo spregiudicato l'opportunità del principio di deroga come

previsto 98/83/CE del Consiglio d'Europa del novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano.

In Italia siamo maestri del “fatta legge, trovato l’inganno” : siamo arrivati a considerare “potabili” acque con 50 μg/l di



Arsenico! E a prorogare, contro ogni limite di legge, le deroghe ad libitum.

11) La legislazione UE al servizio di industria, agricoltura, partito dei rifiuti e degli inceneritori.

11.1 Il diritto all'accesso all'acqua, infatti, non è solo un problema di quantità garantita (vedi i 50 litri ecc..), ma ormai,



verrebbe da dire soprattutto, nei Paesi industrializzati (ma non solo, vedi inquinamento chimico delle acque nei Paesi del Sud

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del mondo per l'aggressione dell'industria-agricola colonialista.e/o inquinamento biologico per assenza di fogne sempre per lo

sfruttamento coloniale di cui sopra...) è un problema di qualità e dunque esattamente di potabilità: tout court di vita.

Questo secondo versante è ormai talmente esplosivo che negli stessi documenti dell'ONU è esplicitamente detto che ...

"D'une manière générale, les pays auront l'obligation de respecter, protéger et satisfaire le droit des personnes à boire une

eau saine. L'obligation de respecter le droit impose aux États parties au Pacte d'empêcher la mise en oeuvre de toute conduite



portant atteinte à la jouissance de ce droit, telles que :

· les pratiques entravant l'accès à l'eau de boisson de manière équitable

· la pollution illégale de l'eau avec des rejets effectués par le biais d'installations contrôlées par l'État.

L'obligation de satisfaire le droit impose aux États parties au Pacte d'adopter les mesures nécessaires qui permettront la

pleine réalisation de ce droit. "

(Information basée sur: World Water Development Report (WWDR) - Le droit à l'eau)


In poche parole…

"I Paesi che hanno aderito al Patto del CESCR ((Pacte relatif aux droits économiques et culturels (CESCR) en novembre

2002)) avranno l'obbligo di rispettare, proteggere e soddisfare il diritto delle persone a bere una acqua sana. L'obbligo di
rispettare tale diritto (all'acqua potabile = sana/ nota personale) impone agli Stati aderenti al Patto di impedire la messa in




opera di pratiche che portino all'ostacolo del godimento di questo diritto attraverso:

- pratiche condizionanti l'accesso a l'acqua POTABILE in modo equo (equo nel burocratese di Bruxelles non significa

pubblico..e non significa neppure qualità ottimale, .ma per noi il significato non può essere che uno solo: pubblico!)

- polluzione illegale dell'acqua da scarichi effettuati grazie alla mancanza di strutture di controllo dello Stato."


Nota bene: tra i Paesi che hanno aderito è inclusa l'intera Europa prima dell’allargamento.

Come vedete i due versanti sono delineati con nettezza: da una parte il diritto all'accesso alla quantità equa pubblicamente

controllata, dall'altra il diritto ad avere garanzie sulla qualità equa che per essere tale anche qui deve essere pubblicamente



controllata. Ma i versanti in questione riguardano la stessa goccia. Ergo il diritto non è garantito se l'acqua non è assolutamente

potabile!

La situazione del resto e' gravissima sul piano della qualità sempre più scadente in Italia fino a diventare “non più

potabilizzabile” per i processi “d'inquinamento normativo” in corso grazie al gioco delle deroghe fino a sfociare nella vera e

propria truffa.

11.2 Un intero capitolo a parte merita poi il Documento di Attuazione del PRTR (Registro Europeo per le Emissioni e

Trasferimenti delle sostanze Inquinanti per le acque civili) del 31 maggio 2006 della Commissione Europea - Direzione



Generale dell'Ambiente, che e' da riscrivere completamente

(vedere per credere: http://www.eper.sinanet.apat.it/site/_contentfiles/00000000/38_IT_E-PRTR_fin.pdf/ allegato n.3 e 3bis)



Qui vi faccio un riassunto del Documento di Attuazione e del Regolamento…(credetemi e' lunghissimo!..)

Sono assolutamente da rivedere i criteri di soglia per cui sono obbligatori i parametri di inquinamento (troppo alti! molti

impianti inquinanti lavorano sotto questi limiti soglia!...soprattutto nell'Italia ricchissima di piccola e media industria...

- Inceneritori: capacità soglia 3 ton/ora in su -> Troppo alta!

- Imprese di recupero o smaltimento rifiuti pericolosi: capacità soglia 10 ton /die in su -> Troppo alta!

- Imprese di recupero o smaltimento rifiuti Non pericolosi: capacità soglia 50 ton/die in su -> Troppo alta! (comincio a

capire perchè in giro propongono impianti, che spacciano come "mini-impianti ecosostenibili", che, guarda caso, si

mantengono rigorosamente SOTTO questa soglia e così sono fuori da ogni obbligo di controllo europeo vist che nON devono

comunicare al Register il loro inquinamento...!)

- Acque reflue da impianti industriali: soglia 10.000 litri in su

PS: non sono riuscito a trovare mezza (dico mezza..) parola sulla quantità di acque reflue della FIAT nella provincia di Torino

o a Melfi...

- Acque reflue urbane: soglia città da 100.000 abitanti in su!

Anche qui non ho parole.

Posso solo dire che dai dati ISTAT del 2006 in Italia ci sono solo 12 Comuni sopra i 250.000 abitanti ( i dati riferiti a 100.000

abitanti non riesco a trovarli..) e che questi 12 Comuni raccolgono 9 milioni di abitanti pari al 15,2 del totale. Ergo la

stragrande maggioranza dei Comuni italiani (ma anche europei mi sembra..) è sotto la soglia dei 250.000, ma anche dei

100.000 abitanti e quindi di fatto fuori dagli obblighi di comunicazione dei parametri dell’inquinamento secondo la

Commissione Europea!...

- 10000 m.cubi/die per impianti a gestione indipendente di trattamento delle acque reflue industriali da una o più attività

industriali ((nota 2 allegato I (verrà riesaminata SOLO nel 2010!...))

Anche qui: soglia troppo alta e troppo tardi verra' riesaminata!

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- Inoltre le date di aggiornamento e inserimento online e quindi di accessibilità dei dati + revisione degli stessi da parte della

Commissione EU per l'accesso pubblico libero al PRTR sono troppo lunghi: 4 anni circa sono tantissimi in termini di

inquinamento progressivo e cumulativo ai fini di un vero controllo pubblico democratico dal basso e un controllo EU delle

istituzioni dall’alto di tali “notizie ai naviganti in cattive acque”. Abbiamo tutto il tempo di naufragare prima!

Il presente documento (emesso dalla Direzione Generale per l"Ambiente nel 2006) prevede infatti come data di inizio della

pubblicazione online dei dati sull'inquinamento civile (= non industriale) 18 mesi dopo il primo anno di riferimento. Il



primo anno è il 2007. Ergo fino al 1 settembre 2009 non sapremo nulla!

Dal 2008 saranno necessari "solo" 15 mesi dall'anno di riferimento (quindi per i dati del 2008 sapremo da che cosa siamo

intossicati solo il 1 giugno del 2010), 15 mesi che comunque sono ancora tantissimi...

In più la Commissione si riserva la facoltà di "revisione" con altri 2 anni di margine!..Infatti i dati del 2007, pubblicati nel

2009, la Commissione li "rivedrà" solo dopo due anni, ergo nel 2011!!

- Ma la cosa peggiore che ritengo molto, molto grave, perchè impedisce di fatto la costruzione di una database europeo di

riferimento sull'inquinamento, è che i dati dai quali sono state ricavate le informazioni pubblicate verranno conservati

SOLO per 5 anni!!!



Essendo ormai moltissime nel mondo cosiddetto "sviluppato" le patologie sia umane che animali, ma anche vegetali da

intossicazione cronica per accumulo e per di più molto lento, con espressione clinica (= malattia manifesta) anche a 30-40 anni

di distanza dalla prima assunzione della sostanza tossica inquinante, è fondamentale che questi dati non solo non vengano

cancellati, ma vengano conservati PER SEMPRE e inoltre strettamente integrati a un sistema di rilevazione

epidemiologica delle malattie su tutto il territorio europeo!!!



Cancellare i dati di riferimento dopo 5 anni è come impedire di fatto la vera conoscenza dei danni ambientali e sugli organismi

viventi nel tempo. Ergo tutto questo articolato della Commissione Europea per "regolamentare le emissioni e i trasferimenti di

materiali tossici e indesiderati" e "democraticamente metterlo in Rete" rischia di diventare solo uno specchietto per le

allodole! Vistoso, ma inutile all'uso principale che dovrebbe avere: salvaguardare la nostra salute e quelle di quella madre

Terra Italia in Europa che ci ospita solo per qualche anno della nostra breve esistenza.

12) La struttura tecniche di prevenzione e controllo della qualità dell’acqua sono inadeguate, assenti o conniventi con

gli inquinatori.


Riteniamo gravemente inadeguata la rete delle strutture tecniche a cui è affidata la valutazione della qualità dell’acqua. Troppo

spesso non vengono effettuati gli esami dovuti o vengono realizzati in modo incompleto. Spesso vengono effettuati,ma non

vengono comunicati ai cittadini. Recentissima la clamorosa vicenda di Taranto: il Ministero dell’Ambiente ha tenuto nascosto

per anni ben 72 analisi sulla diossina. Ricerche costate un miliardo di vecchie lire e mai divulgate on-line. Analisi su diossina e

PCB tutte "a norma" in territori come Taranto in cui diossina e PCB sono fin troppo presenti. Pubblicate solo all’azione di

denuncia di Peacelink che con controlli eseguiti autonomamente ha invece rilevato la diossina.

“”Come mai invece è bastata una sola analisi commissionata da PeaceLink (marzo 2008) su un campione di formaggio

pecorino locale per certificare un significativo (e non isolato) superamento dei limiti di legge? Dopo quella analisi sono

seguite altre indagini della Asl di Taranto che, sotto la direzione del dipartimento di prevenzione del dott. Conversano, hanno

confermato l'allarme di PeaceLink, evidenziando in vari campioni preoccupanti sforamenti per la diossina e i PCB. Da allora

sono state analizzate le masserie e le relative greggi, i cui capi in questi giorni vengono drammaticamente abbattuti.

Come mai allora le 72 analisi commissionate dal Ministero della Salute non hanno mai trovato una presenza di diossina tale

da far scattare l'allarme?

“Ma qual era lo scopo di quelle 72 analisi sulla diossina risultate tutte "a norma"? "Effettuare la sorveglianza e il

monitoraggio della presenza, negli alimenti di origine animale, di residui di sostanze chimiche che potrebbero essere dannose

per la salute pubblica", si legge del PNR (Piano Nazionale Residui) in vigore dal 1988 con cui il Ministero della Salute ha

promosso il controllo della diossina a Taranto senza che lo sapessimo e inviando tutti i campioni all'Istituto Zooprofilattico di

Foggia. Con che tipo di attrezzature in quell'Istituto siano state effettuate le analisi? Come mai le analisi non hanno

riguardato pecore e capre che hanno pascolato attorno all'area industriale di Taranto? Le 17 ricerche sull'inquinamento mai

divulgate e le 72 analisi sulla diossina tutte "a norma" generano in noi inquietanti interrogativi. Ma soprattutto ci chiediamo:


quanto ci ha tutelato il Ministero della Salute?”” (Peacelink – Taranto 2008)

A queste vicende che sembrano incredibili, ma rappresentano una evenienza fin troppo frequente su tutto il territorio nazionale,



si aggiunga il grave limite dell’esecuzione delle analisi quasi sempre solo di tipo chimico-fisico e/o batteriologico. Del tutto

assenti i bio-test, fondamentali, invece, per smascherare gli effetti di magnificazione di inquinanti diversi presenti



contemporaneamente nelle stesse acque magari ancora “entro i limiti” stabiliti per legge se dosati solo chimicamente e

singolarmente.

21
13) l degrado del sistema marino del Mediterraneo e del Mar Nero


Non è qui la sede per trattare questo aspetto, ma è bene ricordare che tutti gli inquinanti giungono in mare dove i fenomeni

di inquinamento sono sempre più pesanti.

Osservazioni non conclusive…

Il diritto all'accesso all'acqua e' tale perchè l'acqua e' un alimento indispensabile per la vita. E noi siamo fatti soprattutto di



acqua: siamo acqua e acqua ritorneremo!

L'acqua è il componente principale degli organismi viventi, costituendone il 65% (in media) del peso, ed è quindi un elemento

dietetico indispensabile, la cui carenza produce effetti dannosi ancor più rapidamente rispetto alla carenza alimentare. L'acqua

è assunta liquida come bevanda di vario tipo (acque naturali, minerali, bibite dolcificate, succhi di frutta) o come componente

degli alimenti solidi, nei quali è contenuta in quantità più o meno rilevante.

L'acqua e' un alimento. Crediamo sia indispensabile ormai proporre questo salto in avanti culturale prima ancora che politico



in modo da estirpare alla radice il concetto liberista dell'acqua come merce di scambio: la vita non si scambia, e' nostra e noi la

si vive una volta sola. Tutti hanno il diritto di viverla allo stesso modo. E' un piccolo passo in apparenza, in realtà ha un

contenuto rivoluzionario. Supera anche la definizione involontariamente “strumentale” che noi stessi del Forum dei Movimenti

le abbiamo dato di "acqua per l'alimentazione " ("L'uso dell'acqua per l'alimentazione e l'igiene umana è prioritario rispetto

agli altri usi…" - Articolo1, paragrafo 3 della nostra Legge) restituendole la pienezza del principale attributo che le spetta: la

qualità. Perchè Lei stessa e' un alimento tout court. Come dichiarato nel Manifesto della Rete Europea dei Movimenti per



l’Acqua scritto a Malmo grazie alla proposta della delegazione italiana di inserire il principio della qualità come parte

integrante del diritto all’acqua, principio condiviso da tutti i Movimenti Europei e come dichiarato nel documento del gruppo

di lavoro sulla qualità dell’acqua al Congresso di Medicina Democratica a Brindisi.

Riassumendo i punti principali attraverso i quali si articola il mancato godimento del diritto alla qualità dell'acqua in Italia e in

Europa in estrema sintesi sono i seguenti.

1. I processi sfrenati di liberalizzazione industriale e agricola e dell'allevamento inducono un deterioramento del diritto alla



risorsa acqua pregiudicandone la qualita' attraverso l'inquinamento biologico, chimico e fisico (recenti gli episodi

contaminazione delle falde intorno alla centrale nucleare francese di Tricastin) legati a scarichi industriali incontrollati,

incidenti e perdite occulte in impianti chimici e discariche illegali di rifiuti tossici. L'inquinamento da industria (dalla Pianura

Padana e Lombardia-Brescia in particolare per il cromo sul Severo fino a Gela in Sicilia) , agricoltura e allevamento (ovunque

si usino pesticidi, estrogeni e OGM) , discariche abusive (su tutti il dramma di Bussi) nonche' l’inquinamento urbano attraverso

il traffico e il percolato delle discariche di rifiuti regolari e non, gli inceneritori (per la contaminazione dell'acqua con le

nanoparticelle) coinvolge fiumi, laghi, bacini e falde fino ai mari. Problema analogo in Europa sussiste per i bacini del Reno,

del Rodano, della Vistola ecc. con l'aggiunta particolare della forte presenza di diossina in questi bacini. Nota: l'Italia

addirittura non e' presente nelle mappe europee relative all'inquinamento di fiumi e laghi (vedi mappe EU): non comunica i

dati! Le piogge acide facilitano poi la liberazione di metalli pesanti nell’ambiente.

2) Lo sviluppo agricolo intensivo provoca il deterioramento della qualità delle acque: diffusione di tossici chimici e

contaminanti biologici


E’ notevole il contributo dell’agricoltura e dell’allevamento in termini di inquinamento delle acque di superficie e di falda

soprattutto da nitriti e da pesticidi. A questo storico inquinamento si è aggiunto recentemente il rischio di un nuovo

inquinamento causato dagli OGM anche attraverso l’acqua.

3) Lo sviluppo urbano provoca il deterioramento della qualità delle acque


Scadente è la gestione delle acque reflue di molti insediamenti urbani illegali, ma anche di zone apparentemente costruite con

piano regolatore, ma senza reti fognarie e depuratori. A questo si aggiunge la pesante crisi dei rifiuti che percolano nelle

discariche autorizzate e peggio in quelle illegali che spesso contengono rifiuti speciali molto pericolosi. In Campania, ma non

solo, l’infiltrazione delle acque è all’ordine del giorno. Su tutto si aggiunge l’inquinamento prodotto dal traffico soprattutto per

quanto riguarda il piombo, la diossina e le nanoparticelle.

4) La privatizzazione dell’acqua riduce la qualità dell’acqua


La realizzazione degli ATO, impostata con criteri più politici (= salvare le Province…) che non di efficienza basata sulle

caratteristiche delle aree di competenza idrogeologica degli Ambiti, ha peggiorato gravemente una situazione già molto

difficile. Le nuove S.p.A. che sono riuscite a mettere le mani sull’acqua hanno incrementato di molto i prelievi in superficie e

in profondità provocando un ulteriore grave abbassamento della falda in moltissime Regioni. A questo abbassamento è

conseguito un doppio problema: la concentrazione degli inquinanti provenienti dall’alto per le attività antropiche nelle acque

residue e la contestuale solubilizzazione per complessi processi geo-chimici di elementi tossici e/o elementi non desiderati,

originariamente fissi o poco mobili in profondità, che vengono mobilizzati verso la superficie con estesa diffusione: su tutti

22
l’Arsenico. Fenomeno non solo presente in aree vulcaniche di cui è frequente costituente, ma ora anche affiorante nell’arco

alpino per la grave riduzione della falda. La discesa della falda facilita inoltre la salinizzazione delle coste.

5) La mafia, la corruzione e/o malafede politico amministrativa provocano il deterioramento della qualità delle acque:

le discariche abusive industriali e urbane, le centrali a combustibili fossili, la mancata sorveglianza, l’assenza di

manutenzione e investimenti.


L’elenco delle aree inquinate da mala politica e mala amministrazione sarebbe lunghissimo. Grave è la mancanza assoluta di

interesse verso l’ammodernamento e ricostruzione della rete fatiscente degli acquedotti. Gravissima è l’insistenza nel voler

continuare da parte dei politici, nonostante l’evidente nocività, su inceneritori e centrali a combustibili fossili.

6) Inquinanti di guerra: l’acqua è una vittima


Anche nelle aree di guerra in cui è stata impegnata in “missione di pace” l’Italia, ma dove di fatto si è fatta la guerra all’estero,

come nei Poligoni nazionali, l’acqua è vittima di inquinamento. Infatti sta emergendo grazie all’impegno e agli studi dell’ISDE

che l’incremento di tumori nei soldati in missione e in quelli in servizio è da riferirsi non tanto all’uranio impoverito, quanto

piuttosto, anche in questo caso, alle nanoparticelle provenienti dalle esplosioni. Che inquinano anche le acque dei territori

militarizzati.

7) L’acqua del Sindaco è inquinata?


Prima di entrare in rete in molti casi le SpA, per evitare i costi necessari alla captazione di acque idonee o i costi legati

all’installazione di depuratori a osmosi inversa oppure ozonizzatori, trattano le acque prima dell’immissione con eccessi di

cloro e alluminio i cui sottoprodotti sono molto tossici.

Spesso, una volta in rete, l’acqua corre per chilometri in vecchie condotte in cemento-amianto (vedi Emilia Romagna, ma non

solo) come pure in tubature di piombo soprattutto in vecchi centri storici come quello di Genova.

8) L’acqua minerale è più inquinata: ope legis


Per legge l’acqua minerale NON è potabile. Nella legislazione italiana viene infatti considerata come una materia prima

estraibile al pari di ferro, rame, zinco ecc. Grazie a questo escamotage l’acque ricade sotto la giurisdizione del Ministero delle

Attività Produttive e non della Salute. Inoltre alle acque minerali invocando proprietà “curative” vengono concessi limiti di

tossicità superiori a quelli ammessi per le acque degli acquedotti. Allo stesso modo i controlli eseguiti sulle acque minerali



durante l'intero ciclo dalla produzione alla distribuzione finale vengono eseguiti con tempi e modalita' assolutamente piu' lassi

rispetto a quelli, molto serrati, obbligatori per le acque in rete. Poco conosciuto, ma gravissimo, e' inoltre il problema della

non uniformita' dei criteri di analisi dei laboratori sia in termini di quantita' che qualita' predisposti alla certificazione di



potabilita' delle acque. Le differenze su questo piano sono spaventose sia in Italia (anche all'interno di una stessa Regione tra

diversi laboratori le ARPA utilizzano quelli piu' favorevoli e compiacenti…). In Europa poi le differenza tra Nazioni e'

abissale: in moltissimi Paesi compresa l’Italia non si fanno, se non raramente, controlli con rilevatori biologici (bio-test) sulle



acque…

9) Inquinanti persistenti


In questo contesto pesantissimo si assiste alla progressiva crescita di Inquinanti Organici Persistenti. Le sostanze chimiche

estremamente tossiche che rimangono nell’ambiente per molto tempo e che si accumulano nella catena alimentare sono

chiamate Inquinanti Organici Persistenti (POPs: Persistent Organic Pollutants). In Europa, alcuni POPs ben conosciuti come i

PCB e DDT sono stati banditi diversi anni fa. Malgrado il bando, queste sostanze stanno ancora inquinando l’ambiente e la

nostra catena alimentare, mentre altri composti tossici vengono tuttora prodotti o utilizzati in tutto il mondo industrializzato. Le

sostanze chimiche che rientrano tra i POPs sono le diossine, rilasciate da numerose sorgenti di natura industriale, compresi gli

inceneritori e l’industria chimica del cloro e dei suoi derivati. I ritardanti di fiamma costituiti da Bromo, utilizzati in molti

prodotti, particolarmente in componenti elettroniche quali i computer. Il Tributilstagno (TBT), un pesticida contro le

incrostazioni utilizzato nelle vernici delle imbarcazioni. Le Paraffine clorurate, utilizzate come ritardanti di fiamma e ritardanti

e lubrificanti industriali e il Lindano (-HCH), un pesticida organoclorurato.




10) Inquinanti legislativi: la farsa delle “deroghe” all’italiana


Per legge UE le deroghe non possono essere rinnovate oltre il nono anno. Inoltre nel frattempo devono essere realizzati tutti gli

investimenti necessarie sufficienti a rimuover la cause di inquinamento che hanno condotto gli amministratori a chiedere le

deroghe. Investimenti in Italia gravemente disattesi

11) La legislazione europea: il PRTR.


Pur con le riserve che esprimiamo sui contenuti e sul come è stato costruito il PRTR, questo Register europeo deve essere comunque

rispettato. Sono solo 300 le industrie italiane che hanno comunicato i dati del loro inquinamento al PRTR. Molte lo devono ancora fare.

12. Il decadimento della risorsa marina ittico/ambientale soprattutto nei bacini del Mediterraneo e Mar Nero

(punto citato per le stesse ragioni di cui sopra). L'inquinamento delle acque balneabili non controllate e con deroghe assurde,



anche qui fortemente discutibili (so che questo è un punto non di diretto interesse delle acque potabili, ma lo cito per

completezza)

23
LE MALATTIE DA INQUINAMENTO AMBIENTALE


La progressiva distruzione della qualità dell’acqua espone quindi strati sempre più ampi della popolazione a patologie gravissime in tutte le

fasce di età dall’infanzia alla senilità. Negli adulti in fabbrica aumentano le malattie e le morti per tumore. Ma soprattutto a carico dei più

deboli e allo stesso tempo i più ricchi in acqua (70% della massa corporea): i bambini. L’ Italia tra i paesi cosiddetti “sviluppati” presenta il

maggior incremento dei tumori in età infantile. Segno caratteristico di inquinamento ambientale.

Occorre quindi una conoscenza e una coscienza maggiore del danno all'acqua provocato dall’ attuale modello di sviluppo e i relativi danni

alla salute.

- In fabbrica



-> Il conto delle ”morti bianche“ è incompleto.




“Nelle statistiche sulle ‘morti bianche’ vengono conteggiati solo gli infortuni sul lavoro e mai anche le morti da malattia professionale, che

ci fanno invece constatare come i morti per causa di lavoro ogni anno non sono i circa 1.300 di cui si parla ma anche i 200 che rimangono

nell’oblio, i caduti per malattia che portano a 1.500 persone il tributo di sangue che i lavoratori italiani pagano alla mancanza di norme

certe, di responsabilità e di controlli ispettivi sulle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.


Pietro Mercandelli, Presidente dell’Associazione nazionale fra mutilati ed invalidi del lavoro

-> Il conto delle “malattie bianche” è incompleto


Non solo il conto delle morti bianche è incompleto, ma anche quello delle malattie. Infatti, se in fabbrica ci si infortuna di meno allo stesso

tempo, però, ci si ammala di più per malattia professionale.



Il trend che si rileva nel report INAIL 2007 conferma i dati degli ultimi anni: la malattia per esposizione agli inquinanti professionali

aumentano.

Di grandissima importanza nel report INAIL è infatti che vengono ritenuti sottostimati i dati relativi ai tumori professionali. Nel rapporto si

dice testualmente che…


“…la difficoltà di accertare il nesso causale con sostanze o condizioni lavorative cancerogene, cause scatenanti ancora sconosciute e non


considerate, mancata denuncia, fanno pensare agli addetti ai lavori che l’INAIL venga a conoscenza solo di una parte dei casi e quindi in




via prioritaria vi sarebbe una sottostima di denunce. Secondo alcune indagini sulla diffusione dei tumori in Italia, tra il 4 e l’8% dei tumori



ha un’origine professionale, cifre che confermerebbero un’evidente sottostima dei casi denunciati all’Istituto.”

E’ la tragica conferma di quello che MD e che questo gruppo di lavoro vuole evidenziare: l’INAIL, come tutti i “Controllori” della Salute




nel Paese, non è in grado di dire con esattezza quanta parte dei tumori siano in relazione all’inquinamento ambientale perché manca

una mappa vera, accurata, dell’inquinamento dell’ Italia e una corrispondente mappa delle malattie controllabili dal basso.

- Nel frattempo ci si ammala e si muore sui territori: aumentano i tumori in età infantile




- Lo studio di Lancet 2007



Anche recentemente, occupandosi degli effetti del degrado ambientale sulla salute, si è dovuto far ricorso a formule ipotetiche: sarebbe,


potrebbe eccetera. Oggi si può passare all’uso dell’indicativo, grazie alla pubblicazione su Lancet (2007) di uno studio dell’Organizzazione

Mondiale della Sanità, oltretutto specificamente dedicato alla regione europea e, per la prima volta, a una popolazione esposta come

bambini e adolescenti: l’Environmental Burden of Disease.




Ovviamente i risultati sono tutt’altro che consolatori: complessivamente si può affermare che oltre il 30% delle morti che si registrano tra i

giovani e giovanissimi europei (da 0 a 19 anni) sono dovute a fattori ambientali, per la precisione 5. Si tratta dell’inquinamento dell’aria,

esterno e interno, all’inquinamento e alla contaminazione delle acque (e alla carenza delle misure igieniche), l’inquinamento da piombo,

traumi e incidenti.


Il piombo agisce soprattutto sul sistema nervoso, e soprattutto nei bambini più piccoli, nei quali è ancora in formazione. Nei primi 2-3



anni di vita, quindi, l’esposizione causa ritardi nello sviluppo neurologico, disturbi dell’apprendimento, della coordinazione motoria,

dislessia. Altra conseguenza non neurologica è l’anemia. Più che di mortalità qui si parla di morbilità, cioè di malattie e di tempo trascorso in

malattia, espresso dalla sigla DALY, che sta appunto per anni di vita passati in sofferenza. L’avvelenamento da piombo è responsabile nei

bambini sotto i 5 anni di circa 150.000 DALYs, corrispondenti all’1,4% dei DALYs per tutte le cause.

(Fonte: Comunicato OMS Ufficio Regionale per l’Europa, Centro Europeo Ambiente e Salute - 17 giugno 2004/ Valent F et al. Burden of

disease attributable to selected environmental factors and injury among children and adolescents in Europe. Lancet 2004; 363: 2032–39).

- Registro italiano tumori 2007


In Italia la crescita dei casi di tumori è a livelli da epidemia.

Basta guardare i numeri e confrontare i dati degli anni Ottanta con le analisi più recenti. Tra il 15 e il 20% in più i casi di linfomi e leucemie;

i mesoteliomi che esplodono (+ 37% nelle donne e + 10% negli uomini); poi la mammella (+ 27%), il cervello (tra l'8 e il 10%), il fegato (tra

il 14 e il 20%).

Se si guarda ai bambini, la statistica diventa angosciante: il confronto tra la fine degli anni Settanta e la fine degli anni Novanta mostra

risultati spietati. Usando come campione la Regione Piemonte, si scopre un'impennata del 72% del neuroblastoma, del 49% nei tumori

del sistema nervoso centrale, del 23% per le leucemie. Una contabilità terribile, resa meno drammatica solo dai migliori risultati nelle



guarigioni, grazie alla diagnostica precoce e alle terapie. Ma se si analizza l'avanzata del cancro con l’analisi epidemiologica bisogna porsi

altre due domande, dove e perché, che aprono scenari ancora più inquietanti.

Dove aumentano i casi di cancro? In tutta Italia, con una concentrazione micidiale in 54 aree che comprendono 311 comuni. Nella mappa

tracciata da 'L'Espresso' nel 2007 queste zone di crisi disegnano una radiografia della Penisola avvelenata che corre da Pieve Vergonte, un

paese all'ombra della fabbrica Enichem nel profondo Nord della provincia di Verbania, alla punta inferiore della Sicilia, con Gela e il suo

petrolchimico voluto da Enrico Mattei per regalare un futuro industriale all'isola.

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“Lo abbiamo detto: districarsi tra le mille cause di ogni singolo tumore è una faccenda a oggi irrisolta. E per anni l'inquinamento è rimasto

in secondo piano, per ragioni anche schiettamente scientifiche: Associare un certo tipo di inquinamento a un tumore è difficilissimo, perché

in genere gli inquinanti sono diluiti e poco misurabili. Ecco perché i dati più solidi provengono dalle esposizioni professionali, come nel

caso del petrolchimico di Porto Marghera, dove non solo la scienza, ma anche il tribunale ha riconosciuto un legame fra il cloruro di vinile


monomero prodotto nell'impianto e gli angiosarcomi del fegato". (Dott.Stefano Rosso, del Centro di prevenzione oncologica di Torino)



Di fatto, gli studi eseguiti su località simbolo, come Marghera o la stessa Seveso, sono la trincea dove, grazie alla concentrazione di

inquinanti e a popolazioni ristrette, si riesce a identificare almeno un fattore di rischio e a provarne la cancerogenità. Questi siti bomba, come

le discariche della Campania ad esempio, sono vere e propri laboratori di tossicologia e quanto si scopre lì può poi servire a capire qualcosa

di più su scala nazionale. In poche parole i lavoratori sono le cavie dell’umanità per conto delle aziende e delle multinazionali.

- Il Rapporto AIRTUM 2008 - Tumori infantili

Ora abbiamo soprattutto la recentissima conferma dal Rapporto AIRTUM. I tumori infantili sono una patologia rara, ma il numero di

bambini e adolescenti colpiti ogni anno è in aumento. Si tratta di un fenomeno che riguarda tutti i paesi occidentali le cui cause sono



ancora da indagare. La buona notizia (se così si può dire…) è che in queste fasce di età (0-14 e 15-19) la mortalità è in costante diminuzione

e che oggi i giovani guariscono e sopravvivono più a lungo alla malattia rispetto a quanto accadeva ai loro coetanei 30 anni fa. Ma in Italia

l’incremento è nettamente maggiore rispetto agli altri paesi industrializzati.

Con la pubblicazione del Rapporto AIRTUM 2008 - Tumori infantili. Incidenza, sopravvivenza, andamenti temporali (Epidemiologia

& Prevenzione 2008; 32(3) Suppl 2: 1-112) si colma un vuoto: quello dell’informazione aggiornata e affidabile in merito a patologie che, per



quanto rare, rappresentano una tragedia per i bambini che le vivono e per le loro famiglie. Questa monografia, realizzata dall’AIRTUM in

collaborazione con l’Associazione italiana di emato-oncologia pediatrica (AIEOP) e con il sostegno dell’IST di Genova e del CCM (Centro

controllo e prevenzione delle malattie - Ministero della salute) offre finalmente anche per i tumori infantili e dell’adolescente una qualità e un

dettaglio informativo analoghi a quelli raggiunti per le altre fasce di età.

Sono 175,4 i nuovi casi di tumori pediatrici che si registrano ogni anno in Italia, contro i 141 della Germania, i 138 della Francia e i 158 degli



Stati Uniti. La ricerca fornisce dati raccolti tra il 1998 e il 2002, e dà una misura aggiornata dell’incidenza e della sopravvivenza dei soggetti

malati di tumore in età pediatrica (0-14 anni) e adolescenziale (15-19 anni).

Tre i tumori in particolare che nei bambini sono in aumento: le leucemie, con un incremento dell’ 1,6% all’anno; i linfomi, cresciuti del

4,6%; i tumori del sistema nervoso centrale, che in un solo anno hanno subito un aumento del 2%.



Anche altri Paesi europei hanno subito un incremento dei tumori pediatrici negli ultimi anni, ma in Italia il cambiamento percentuale risulta

comunque più alto. Le leucemie, infatti, in Europa sono aumentate dello 0,6% contro l’1,6%; i linfomi hanno subito un incremento dello

0,9% contro il 4,6% tutto “italiano”, e i tumori del sistema nervoso centrale sono arrivati in Europa a toccare quota più 1,7% contro il 2%




raggiunto in Italia.


“E’ un aumento reale ed è prioritario andare a ricercare le cause di questo fenomeno - commenta Franco Berrino, la quota di casi generata

dal miglioramento diagnostico non spiega interamente il fenomeno, occorre indagare in tutte le direzioni e approfondire le indagini sui


fattori che sollevano qualche sospetto, compresi quelli dovuti all’inquinamento ambientale”. (Direttore del Dipartimento di Medicina



preventiva dell’Istituto dei tumori di Milano)

In Italia dunque aumentano nei bambini e negli adolescenti i nuovi malati di cancro. Ci domandiamo perché ? Vorremmo invitare tutti ad un

attimo di riflessione su questa frase:

“la deliberata spietatezza con la quale la popolazione operaia è stata usata per aumentare la produzione di beni di consumo e dei




profitti che ne derivano si è ora estesa su tutta la popolazione del pianeta, coinvolgendone la componente più fragile che sono i bambini,

sia con l'esposizione diretta alla pletora di cancerogeni, mutageni e sostanze tossiche presenti nell'acqua, aria, suolo, cibo, sia con le




conseguenze della sistematica e accanita distruzione del nostro habitat”.




Queste parole, che concludono un articolo sui rischi attribuibili ad agenti chimici scritto dal professor Lorenzo Tomatis nel 1987,




rappresentano una lucida profezia davanti agli ultimi, recentissimi dati sull'incidenza di cancro nell'infanzia in Italia pubblicati

dall'Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM: I tumori infantili Rapporto 2008).


Noi abbiamo fatto allora una operazione semplicissima che i responsabili politici e istituzionali del progetto di bonifica dei Siti inquinati di


interesse nazionale (v. Programma straordinario nazionale per il recupero economico produttivo di siti industriali inquinati




http://maps.google.it/maps/ms?ie=UTF8&hl=it&msa=0&msid=115088224128335835458.00044ffaaba99962d5ad8&ll=43.189158,12.39257


8&spn=11.225025,19.6875&t=h&z=6) non hanno mai fatto.


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Abbiamo messo di fianco le due mappe quella dell’Italia (ufficiale) avvelenata e quella dell’Italia malata.

Ognuno può trarre le proprie conclusioni dalla coincidenza impressionante della distribuzione geografica dell’inquinamento e di quella del

rischio tumori. Ma con incongruenze evidenti come l’assenza della pianura padana dai SIN ed altre sulla dorsale appenninica perché

totalmente assenti in entrambe.


Queste due mappe infatti non contemplano quelle aree di inquinamento e di malattia che la lotta dei lavoratori, dei cittadini e dei

Movimenti stanno facendo emergere. Per questo stiamo scrivendo insieme al Forum dei Movimenti per l’Acqua una nostra Mappa

dell’acqua inquinata d’Italia (acquainquinata@gmail.com) che i documenti ufficiali dei Siti di Bonifica di interesse nazionale non




raccontano e solo in parte quelli regionali indicano.


Dunque, sia nelle fabbriche come sul territorio, diventa cruciale la necessità di disporre da una parte di una mappa dell’inquinamento

dettagliata dell’acqua (insieme a terra e aria) continuamente aggiornata e dall’altra di una analoga mappa della presenza di patologie che




insistono sullo stesso territorio. Ma sotto il controllo dei cittadini. E’ l’unica via per costruire le condizioni indispensabili alla stesura della


Mappa epidemiologica delle malattie da inquinamento ambientale in Italia.

Da quanto abbiamo potuto vedere risulta dunque assolutamente evidente che la vera emergenza non sono le emissioni di CO2, per la

quale vengono stanziate all’UE somme sempre più imponenti. Se si pensa che si tratti di cifre “minori” ecco un memento.

La City di Londra, riferisce il Guardian, si imbarcò nel mercato del carbon trading già nel 2002 con un piano da 215 milioni di sterline per

indurre le imprese a ridurre le emissioni. Al proposito il direttore dei mercati ambientali di Barclays Capital ha asserito: “Quando nel 2005

arrivò il piano di trading di emissioni europee (ETS - Emission Trading Scheme) ci trovammo automaticamente al centro degli affari”. La



direttiva ETS tocca più del 60% del volume di quote di emissione trattate nel mondo e l'80% del suo valore complessivo, ha scritto il

Guardian.

Adesso si stima che quest'anno (2007 n.d.r.) sia possibile trattare permessi di emissione pari a 2,4 miliardi di tonnellate di CO2 rispetto agli

1,6 miliardi dell'anno scorso o i soli 799 milioni di tonnellate del 2005. Il traffico delle emissioni ha raggiunto i 20 miliardi di euro l'anno

scorso (2006 n.d.r.) e i mercati delle emissioni si stimano sui 20 miliardi di euro.

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RELAZIONE ALL’ASSEMBLEA DI CHIUSURA DEL FORUM

Domenica 23 novembre 2008

GRUPPO DI LAVORO QUALITA’ DELL’ACQUA E LOTTA AGLI INQUINAMENTI

LA RISPOSTA DEI LAVORATORI, DEI CITTADINI E DEI MOVIMENTI


Questa situazione di vero disastro ambientale di intere Regioni, dove tra il degrado degli altri Beni Comuni quello dell’inquinamento

dell’acqua assume dimensione spaventose, non consente più rinvii, né mediazioni.

Istituzioni, enti, partiti e sindacati devono assumersi le loro responsabilità. Il ricatto posto di lavoro contro disoccupazione, a prezzo della

salute e della vita dei lavoratori e dei cittadini, va denunciato con forza e respinto con altrettanta determinazione. La difesa della



qualità dell’acqua come bene comune pubblico deve obbligare a una rapida riconversione, condivisa con i lavoratori, di interi pezzi

dell’apparato produttivo del Paese che ormai sono solo produttori di morte verso attività eco compatibili.

L’alleanza tra i cittadini utenti dell’acqua e i lavoratori delle fabbriche inquinanti, da ricordare sempre come prime vittime dei veleni

prodotti, è quindi l’elemento fondante di questa nostra battaglia per la vita. Abbiamo piena coscienza che la nostra fabbrica ormai coincide

con tutto il territorio e che questo territorio è la Terra: nostra madre.

In continuazione ideale con la Legge di Iniziativa popolare e il Manifesto della Rete dei Movimenti per l’Acqua di Malmo, nello stesso

spirito di lotta per la difesa della salute di Medicina Democratica e dei medici dell’ISDE, per garantire davvero il diritto all’acqua come bene

comune salvaguardandone la qualità, base della nostra salute e della nostra vita, questo primo Seminario del Forum dei Movimenti auspica




dunque l’apertura di un dibattito nazionale che sensibilizzi tutti i cittadini a questa vera emergenza ambientale e che li mobiliti

invitandoli a reagire partecipando in prima persona alla difesa del loro diritto all’acqua, della sua qualità e della loro salute.


Anche qui, in questo capitolo del diritto alla qualità, questo bene comune ancora una volta si scrive acqua e ancora una volta si legge come

un problema di democrazia. Ma non solo. Si tratta molto più semplicemente e drammaticamente di sopravvivenza: è ormai in gioco il nostro

diritto alla salute e alla vita.

Tenendo bene presente un dato. Solo la resistenza civile nelle fabbriche e sui territori ha permesso di smascherare gravissimi inquinamenti

ignoti o ignorati dalle Istituzioni. Solo le lotte, le denunce e la resistenza dei cittadini hanno indicato con nettezza che la vera prima

emergenza del Pianeta è quindi l’inquinamento da sostanza tossiche. L’emergenza non è la CO2, ma la salute e la democrazia.




Le proposte del Forum


Il Forum dei Movimenti per l’acqua, in accordo con quanto già segnalato da Medicina Democratica al Congresso Nazionale di Brindisi, si

propone pertanto di continuare a discutere il percorso e le modalità di risposta, ma indicando già i seguenti obbiettivi:

- ricordare a tutti con fermezza che l’acqua è un alimento e come tale elemento vitale, la cui ottima qualità è essenziale per la

vita, sia da proteggere e preservare; l’acqua è inoltre presente come “acqua invisibile” in tutti gli alimenti e pertanto se diventa



inquinata altrettanto lo è tutto il ciclo del cibo; l’acqua pertanto non può assolutamente essere una merce da commerciare; l’acqua è

un diritto: il diritto a un bene da tutelare per le generazioni future;

- denunciare come la realtà dell’inquinamento delle acque in Italia sia molto più grave ed estesa di quanto Autorità e Istituzioni



vogliano ammettere: non è ammissibile che la “mappa dell’inquinamento reale” sofferto dai cittadini sia molto più estesa della

“mappa istituzionale” ufficialmente riconosciuta e ammessa nei luoghi decisionali; le ARPA regionali devono inserire

ufficialmente nelle loro mappe tutti i siti inquinati scoperti e denunciati dai cittadini; i siti inquinati segnalati dalle Regioni

all’interno della Legge sui SIN (Siti da bonificare di Interesse Nazionale) devono essere immediatamente inseriti nella Legge con

provvedimento urgente a stralcio, Legge che pertanto dovrà essere rifinanziata ulteriormente dalla fiscalità generale.

I finanziamenti anticipati dallo Stato dovranno essere restituiti in toto dalle aziende responsabili dell’inquinamento: chi inquina

paghi! I lavori di disinquinamento dei SIN devono iniziare immediatamente e portare il più rapidamente possibile alla cessazione

delle attività inquinanti con conversione dei siti industriali in aree di attività totalmente ecocompatibili utilizzando i lavoratori

attualmente impiegati e installando centri universitari e di ricerca sull’ambiente e le energie rinnovabili.

Sollecitiamo pertanto il Governo ad adeguare la lista dei Siti di interesse nazionale da bonificare integrandola subito con le aree



di interesse regionale e con tutte le aree inquinate emerse dal lavoro di denuncia dei cittadini; non è accettabile che la mappa

dell’inquinamento sofferto dai cittadini sia diversa da quella ufficiale delle Isitituzioni preoposte alla salvaguardia della loro salute.

Le bonifiche e le conversioni dei Siti devono iniziare subito: non c’è più tempo; i finanziamenti, anticipati dalla fiscalità

generale, vanno recuperati a carico delle quote CO2 e restituiti dalle industrie inquinanti. Noi il vostro inquinamento già lo

paghiamo con la salute e le tasse, pertanto oltre NON LO PAGHIAMO!

- denunciare che la vera emergenza sono la malattia e la morte da intossicazione dentro e fuori le fabbriche, che avvengono



anche per l’inquinamento gravissimo e sempre più esteso dell’acqua di superficie e di quella in falda: la corrispondenza generale

tra zone inquinate per grandi aree e per siti industriali con le malattie tumorali e patologie croniche tra i lavoratori e tra la

popolazione sono la prova; occorre costruire pertanto immediatamente una mappa epidemiologica delle malattie da

inquinamento ambientale;

- denunciare che l’emergenza dunque non è la CO2; fermo restando che le emissioni di tutti i gas vanno abbattute, bisogna



smettere di dare incentivi per la CO2 tramite le “quote” e utilizzare invece queste risorse per il disinquinamento e la riconversione

eco compatibile dei siti inquinati;

- denunciare che lo stato delle Reti degli acquedotti nazionali con condotte in cemento-amianto, tubi in piombo e infiltrazioni di



inquinanti non è assolutamente accettabile; il Forum ricorda con fermezza a Governo, Parlamento e Partiti i mancati investimenti di

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questi ultimi trent’anni e che esistono grandi opere pubbliche che non solo il Forum dei Movimenti per l’Acqua con la Legge di

Iniziativa Popolare, ma ancheMedicina Democratica auspicano, sostengono e ritengono urgentissime: il rifacimento e il

completamento degli acquedotti italiani che le attuali SpA evitano accuratamente di realizzare in nome della massimizzazione



dei loro profitti (vedi, ad esempio, l’immediato blocco dei lavori di messa a norma degli impianti sulla riva sinistra dell’Arno non

appena i privati sono arrivati con Publiacque); il finanziamento necessario dovrà essere ricavato dalla riduzione delle spese militari;

- obbligare pertanto localmente le Regioni con le varie ARPA e a livello nazionale il Governo con i Ministeri coinvolti e l’ISPRA ,

tramite denunce e segnalazioni presso la Corte di Giustizia e la Commissione Ambientale UE, ad adeguare immediatamente il

sistema idrico italiano a tutte le normative europee già approvate e operative, per la difesa dell’acqua di superficie e in falda



(insieme a terra ed aria), ma non applicate;

- obbligare il Ministero dell’Ambiente a raccogliere e comunicare immediatamente alla Commissione UE i dati

sull’inquinamento delle acque di superficie e in falda;

- obbligare tutte le industrie a mettersi immediatamente a norma secondo il PRTR Europeo e a comunicare immediatamente i



dati dell’inquinamento al Register; allo stesso modo obbligare tutte le attività civili (non industriali) a comunicare i propri dati al

proprio PRTR Europeo;

- obbligare tutte le SpA ed Enti gestori come pure i Comuni a rispettare rigorosamente la legislazione sulle deroghe e in omissione

di questa avviare tutte le iniziative necessarie per far decadere immediatamente i contratti di affidamento; qualora questo



non avvenisse invitiamo i cittadini ad avviare denunce alla magistratura per valutare reati di “omissioni di atti d’ufficio” ,

“disastro ambientale colposo” e “danni gravi alla salute pubblica”;

- impugnare le bollette che tariffano un servizio di fognature e/o depuratori inesistenti, ma organizzando iniziative pressanti sulle

SpA pretendendo che queste opere vengano immediatamente realizzate;

- promuovere l’inserimento delle acque minerali nelle acque potabili eliminandole dalla lista delle “materie prime estraibili”,



riclassificarle come alimento sottomettendole alla stessa normativa delle acque in rete con tutti gli obblighi conseguenti sotto il

controllo esclusivo del Ministero della Salute; fino alla loro progressiva esclusione dal mercato: l’acqua non è una merce;

- chiedere alla Commissione Europea sull’Ambiente di uniformare in modo vincolante tutti i laboratori agli stessi esami e le




stesse procedure standardizzate includendo obbligatoriamente i Bio-test. Inoltre va resa obbligatoria la standardizzazione


delle procedure d’analisi non solo in Italia, ma a livello europeo. Negli studi in campo ed in laboratorio, i diversi approcci

sperimentali rendono la comparazione, sia nell’ambito della stessa specie che tra specie diverse, estremamente difficile e possono

portare alla determinazione di dosi subletali (LC50) molto diverse. Da qui la necessità di un protocollo unificato che, a




differenza delle microalghe, non è ancora standardizzato per le macro-alghe.


- ricercare la condivisione di queste lotte con i lavoratori delle industrie inquinanti utilizzando gli strumenti della informazione e



della controinformazione sui rischi a cui loro per primi sono esposti;

- perseguire in questa battaglia per la qualità dell’acqua l’unione di tutti i Movimenti che lottano per i Beni Comuni. La



lotta per i rifiuti zero come quella per l’aria che respiriamo sono intrinsecamente legate alla battaglia per la difesa della qualità

dell’acqua perché tutte difendono lo stesso diritto vitale, quello alla salute.

Chiediamo venia per dimenticanze e imprecisioni. Fidiamo nella vostra comprensione e disponibilità ad integrare quanto

omesso e correggere quanto di sbagliato. Ci resta solo da ripensare insieme con voi alla definizione iniziale di inquinamento

dell’acqua.

“L’inquinamento è una modificazione sfavorevole di un ambiente naturale dovuta completamente o parzialmente all’attività

umana, con interventi diretti o indiretti, che alterano le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua, i flussi di energia e la

struttura e abbondanza delle associazioni dei viventi”.


(definizione del C.A.E.: Comitato Ecologico Americano)

Ma se la realtà dell’inquinamento ambientale italiano è questa, se l’Arsenico dopo aver contaminato estese aree vulcaniche nel

sud della Toscana, nel alto e basso Lazio ora appare anche nelle zone non vulcaniche come sulle Alpi per il grave

abbassamento della falda e la sua conseguente liberazione dallo stato di precedente fissità in seguito all’ossidazione e se

l’UNICEF ci fa sapere che 1,5 milioni di bambini muoiono ogni anno nel mondo per l’inquinamento delle acque e se in Italia,

primo tra i Paesi sviluppati in questa triste graduatoria, i tumori infantili non solo non sono in regresso, ma in aumento con un

incremento del 2% all’anno…forse è più attuale una nuova versione…

Definizione di Inquinamento dell’Acqua

“L’inquinamento è una modificazione sfavorevole di un ambiente naturale ormai dovuta quasi

esclusivamente all’attività umana di privatizzazione di beni comuni, con interventi speculativi diretti o

indiretti, legali o illegali, di inquinamento biologico, chimico e fisico a cui l’uomo concorre inoltre

con l‘ omissione o lo scarso controllo delle fonti puntiformi e diffuse di polluzione che alterano sempre

più irreversibilmente le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua, spengono i flussi di energia delle

biomasse, distruggono la struttura, l’abbondanza nonché la varietà delle associazioni dei viventi in tal

modo distruggendo insieme alla loro salute la nostra libertà e la democrazia”.


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Il nostro gruppo di lavoro non termina qui. Continua nelle lotte di tutti i cittadini e i lavoratori che in tutta l’Italia si alzano in piedi per dire

basta a questa follia iperconsumista del mercato liberista inquinante che sta uccidendo la Natura e l’Umanità. Ogni atto di resistenza contro

questo degrado troverà il Forum dei Movimenti pronto a sostenerlo.

Raccogliamo e rilanciamo pertanto il pressante appello che Piero Mottolese, ex-operaio dell’ILVA di Taranto, in memoria di altri operai

deceduti per tumore da inquinamento in fabbrica, ha portato al Congresso di MD di Brindisi e che ha inviato al Forum dei Movimenti di

Aprilia.

"E' venuto il momento di esercitare tutto il nostro potere di cittadini, di dare forza e visibilità al nostro

senso etico oltre che ai nostri diritti. E' il momento di esercitare la nostra responsabilità verso gli altri,

verso i bambini in particolare e verso chi dovrà ancora nascere. E' in gioco il diritto alla salute,

all'ambiente e alla vita stessa".


Buona acqua pubblica e di ottima qualità a tutte e tutti voi

Per il gruppo di lavoro