mercoledì 30 gennaio 2013

Chi vota costoro ?


Cina - Madre taglia il pene al figlio di 5 mesi: voleva una femmina

Cina - Madre taglia il pene al figlio di 5 mesi: voleva una femmina

Vincono sempre le ass. a delinquere, dette lobby.


Vincono sempre le lobby, a MPS aiuti statali cinque volte il valore di mercato

L'esecutivo si affanna a cercare una soluzione per aiutare la banca senese, travolta dalle perdite e dal deterioramento dei credito. Richiesta di Grilli alla Commissione Ue per finanziamenti con cui lo stato dovrebbe pagare...

Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, il numero uno dell'Abi Giuseppe Mussari e il ministro dell'economia Vittorio Grilli.
Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, il numero uno dell'Abi Giuseppe Mussari e il ministro dell'economia Vittorio Grilli.
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Roma - In attesa dei nuovi aiuti di Stato per quasi 2 miliardi di euro, il Monte dei Paschi di Siena continua a perdere una montagna di soldi, tanto che il saldo del rosso al 30 settembre 2012 è di 1,665 miliardi di euro. Un risultato che si confronta con l’utile di 303,5 milioni registrato nello stesso periodo del 2011 e il rosso di 1,61 miliardi di metà anno e sul quale pesano svalutazioni per complessivi 1,574 miliardi, inclusa la svalutazione integrale, per 15,2 milioni netti, del valore del marchio Banca Antonveneta.

Quello, cioè, dell’istituto veneto che la gestione di Giuseppe Mussari, oggi presidente dell’Abi, la Confindustria dei banchieri, comprò nel 2007 a un prezzo talmente alto da affondare la banca senese e la fondazione Mps suo principale azionista.

Al punto che la magistratura nei mesi scorsi ha aperto un’inchiesta che recentemente ha coinvolto lo stesso Mussari, mentre la fila di banchieri e politici coinvolti nell’operazione e sottoposti agli interrogatori degli inquirenti si allunga ogni giorno che passa.

La banca nei nove mesi paga anche i prestiti a clienti non affidabili, dato che nel periodo le rettifiche di valore per deterioramento di crediti si sono attestate a circa 1,3 miliardi, +56% sul 30 settembre 2011). Nel dettaglio, a fine settembre i crediti alla clientela del Monte dei Paschi ammontavano a circa 145 miliardi, stabili sui livelli del primo semestre. Di questi i crediti deteriorati sono circa 17 miliardi (il 12% circa). Nel trimestre si è registrato un incremento dei crediti dubbi per 1,4 miliardi soprattutto a causa dell’aumento degli incagli (+781 milioni).

In occasione dell’approvazione dei conti, il cda della banca, che ieri ha deliberato la fusione di Antonveneta in Banca Mps, ha confermato la chiusura di 100 filiali entro la fine dell’anno e l’uscita di 70 dirigenti sui cento complessivi previsti sempre entro fine 2012. La banca "del" Pd intende inoltre completare entro il 2013 (in anticipo di due anni) la chiusura di tutte le 400 filiali previste dal piano industriale. E questo nonostante le trattative con i sindacati si siano arenate da tempo su un binario morto.

Sullo sfondo, la vera questione che scotta, quella dei nuovi aiuti di Stato per 1,9 miliardi di euro, che di fatto porteranno il Tesoro a rientrare nell’azionariato della banca, in quanto è già chiaro che l’istituto non sarà in grado di far fronte agli interessi da pagare.

Secondo il direttore finanziario Bernardo Mingrone, i cosiddetti Monti bond verranno emessi dal Monte dei Paschi "entro le prossime sei settimane", ossia entro la fine dell’anno. Sulle condizioni dell’emissione che verrà sottoscritta dal Tesoro per 3,4 miliardi – somma che comprende i precedenti Tremonti Bond per 1,9 miliardi già emessi che verranno così sostituiti – Siena è ufficialmente ancora all’oscuro: "E’ oggetto di confronto tra il ministero dell’Economia e la Commissione Europea", ha detto Mingrone. L’operazione è infatti da mesi sul tavolo della Commissione che sta vagliando la regolarità degli aiuti.

"Entro il 31 dicembre andrà emesso il nuovo strumento finanziario che verrà sottoscritto dal ministero dell’Economia. Ovviamente siamo in dialogo costante sia con l’autorità di vigilanza che con il Mef per gli ultimi punti da strutturare per l’operazione che comunque è ancora in discussione tra il Mef e la Commissione Ue", ha detto Mingrone in riferimento agli aiuti che oltre a ristrutturare il precedente debito con lo Stato, serviranno a colmare il deficit di capitale residuo rispetto a quello individuato a fine giugno dall’autorità bancaria europea, l’Eba che Mps non è riuscita a coprire con i propri mezzi.

"Il decreto legge – che ha autorizzato l’aiuto di Stato per Montepaschi – non specifica il coupon (il tesso d’interesse, ndr) e questo è oggetto di negoziazione con il Mef", ha aggiunto il direttore finanziario spiegando che la banca ha come riferimento sia il tasso d’interesse pagato sui Tremonti bond, sia quello che è stato richiesto per "altre operazioni analoghe di ricapitalizzazione da parte degli Stati a cui ci possiamo riferire". Per questa ragione Mps, ha spiegato Mingrone, sarebbe molto sorpresa se dovesse "pagare un coupon particolarmente diverso da quello visto in recenti operazioni simili".

Ma soprattutto resta una divergenza di valutazione tra quanto previsto nel decreto e quanto vuole la Commissione Ue per l’eventualità appunto che la banca debba emettere nuove azioni per pagare la cedola, se non avrà, come sembra salvo miracoli, utili a sufficienza per versare la somma.

In merito al valore da attribuire alle azioni, infatti, "il decreto si riferisce al patrimonio netto e questo è il principale punto di negoziazione tra il Mef e l’Unione europea. E’ nota la posizione della Commissione europea che prevede che queste operazioni vengano fatte al valore di mercato".

Un tema piuttosto delicato, quest’ultimo, visto che dopo il crollo di oggi (-5,14% a 0,2 euro) il titolo di Banca Monte dei Paschi di Siena in soli otto mesi ha bruciato oltre il 50% del suo valore che è ben al di sotto di quello di libro, circa 1 euro, al quale verrebbero di fatto acquistate le azioni se la Commissione europea decidesse di fare un’eccezione accettando la valutazione proposta dal Tesoro nel decreto che ha varato i Monti bond.

In pratica, quindi, se passasse la linea Monti-Grilli, in cambio degli aiuti lo Stato diventerebbe azionista della banca strapagando le azioni. Per di più avendo in cambio una quota inferiore.

Scandalo Mps: Mario Draghi


Scandalo Mps: Mario Draghi (ex governatore Bankitalia) sapeva

Scrive Bloomberg: "La Banca d'Italia, sotto il precedente governatore Mario Draghi, individuò irregolarità contabili che consentirono a Banca Monte dei paschi di Siena di nascondere le proprie perdite per più di due anni...

Mario Draghi, ai tempi in cui era il governatore di Bankitalia.
Mario Draghi, ai tempi in cui era il governatore di Bankitalia.
ROMA (WSI) - "Draghi's Bank of Italy knew of Monte Paschi Missteps in 2010", ovvero Mario Draghi, governatore di Bankitalia - e ora numero uno della Bce - sapeva delle irregolarità di Monte dei Paschi di Siena nel 2010. E' quanto scrive l'agenzia Bloomberg.

"La Banca d'Italia, sotto il precedente governatore Mario Draghi, individuò irregolarità contabili che consentirono a Banca Monte dei Paschi di Siena di nascondere le proprie perdite per più di due anni, prima che l'istituto venne costretto ad ammettere che dovrà rivedere i propri bilanci".

Stando a un rapporto datato lo scorso 28 gennaio, nel 2010, "un problema venne alla luce" sulla contabilizzazione da parte della banca di un accordo strutturato denominato Progetto Santorini(di cui Wall Street Italia ha parlato). Bankitalia mise in allerta "altre autorità" un anno dopo. Nel rapporto non viene spiegato il motivo del ritardo delle comunicazioni.

"Mi sarei aspettato che la Banca d'Italia chiedesse trasparenza a Monte Paschi nel 2010, dopo aver visto le transazioni", ha commentato in una intervista rilasciata a Bloomberg Carlo Alberto Carnevale-Maffe, professore di strategia di business presso l'Università della Bocconi.

Draghi, 65 anni, ha guidato la Banca d'Italia nel periodo compreso tra il 2005 e il 2011, anno in cui poi lasciò l'istituto per sostituire Jean Claude Trichet alla guida della Banca centrale europea.

lunedì 28 gennaio 2013

Monti sta portando avanti il piano Bilderberg


Bilderberg 2010: obiettivo povertà mondiale e bloccare il risveglio | www.ecplanet.com

Continuiamo a svegliarci e a diffondere la consapevolezza su questa cricca di malfattori che vuole renderci schiavi, non ci riusciranno!
Fonte: Bilderberg 2010: obiettivo povertà mondiale e bloccare il risveglio | www.ecplanet.com.
Uno scambio di informazioni tra organizzatori della conferenza Bilderberg 2010, sentito da un giornalista londinese del quotidiano «Guardian», rivela che gli elitisti, che attualmente si trovano presso l’hotel Dolce di Sitges, in Spagna, considerano le persone con reddito medio “una minaccia” ai loro ordini del giorno, evidenziando il fatto che i globalisti sono intenti a sviscerare la classe media e abbassare il tenore di vita mediante un aumento della povertà.
I dettagli della conversazione sono stati rivelati da Charlie Skelton negli ultimi blog Bilderberg per il sito web «Guardian». Skelton è stato l’ultimo giornalista a lasciare l’Hotel Dolce di Sitges. Aumentare la consapevolezza, l’attenzione dei media e le proteste contro il Gruppo Bilderberg incute inquietudine agli elitisti. Inoltre ciò che spaventa ancor maggiormente gli affiliati del gruppo Bilderberg è l’incremento e l’accelerazione del risveglio globale al nuovo ordine mondiale.
In una riunione del Consiglio per le Relazioni Esteri a Montreal tenutasi lo scorso mese, il prominente membro del gruppo Bilderberg Zbigniew Brzezinski ha reso attenti i compagni elitari su come i pericoli di un “risveglio politico globale” stiano minacciando di far deragliare la transizione verso un governo mondiale. “Per la prima volta in tutta la storia umana l’opinione pubblica è politicamente risvegliata – ciò è una nuova realtà globale – non è stato così per la maggior parte della storia umana”, ha asserito Brzezinski, aggiungendo che la gente è diventata “consapevolmente risvegliata delle ingiustizie globali, le disuguaglianze, mancanza di rispetto, lo sfruttamento”.
I membri del gruppo Bilderberg odiano ogni attenzione rivolta a loro e sono furiosi che gli sforzi degli attivisti, in combinazione con la crescita di Internet come strumento di media indipendente, sono diventati, negli ultimi anni, metodi invasivi per spiare sul loro intrigante segreto. Essi hanno ora molta paura di essere completamente esposti e di attirare migliaia di attivisti.
Questi elitisti non sopportano il fatto che alcuni gruppi di attivisti hanno ancora i mezzi finanziari per esercitare il loro diritto di protestare. Motivo principale affinché gli elitisti trovino opportuni sistemi per indebolire il tenore di vita delle popolazioni introducendo tasse più elevate, misure di austerità, prelievi fiscali sul CO2 ed altri loschi progetti.
L’élite vede un ceto medio prosperoso, o persino coloro che stanno beneficiando di un reddito più modesto, come “minaccia” contro il loro monopolio di potere. Effettuando la loro promessa “di una rivoluzione postindustriale”, alleata con “un’economia verde” che in realtà paralizzerà le economie una volta prospere, gli elitisti sperano di rendere tutta la popolazione povera al punto che la loro principale preoccupazione non sarà più quella di protestare contro la riunione di 200 elitari presso una località di villeggiatura di lusso ma quella di come arrivare alla fine del mese.
Come sottolinea Skelton, l’unica “minaccia” per i membri del gruppo Bilderberg è se la gente sa cosa stanno realmente facendo a porte chiuse.
Autore: Paul Joseph Watson / Fonte: infowars.com / Traduzione riassuntiva e adattamento linguistico a cura di: Ester Capuano

QUEI 25MILA STUDENTI ERASMUS SENZA DIRITTO DI VOTO. MA NON ERAVAMO TUTTI...

Usa, carcere per donne che abortiscono dopo stupro: è “inquinamento delle prove” - Il Fatto Quotidiano

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Elezioni, i candidati si pagano la poltrona. Pd chiede 35mila euro, 25mila per il Pdl - Il Fatto Quotidiano

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domenica 27 gennaio 2013

Nazionalizzare MPS



In nome di Dio, andatevene!


In nome di Dio, andatevene!

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Se ne devono andare tutti, dove non ha importanza. In un'isola delle Barbados, nell'appartamento monegasco del cognato, in un ospizio, nella tipografia romana del suocero, in Vaticano a pregare per lo Ior, in Europa al posto di Van Rompuy, a insegnare alla Bocconi a studenti inconsapevoli, in un tribunale a esercitare la loro professione, in uno dei loro studi legali a incassare milioni di euro. Se ne devono andare. Non li regge più nessuno. Loro non capiscono. Si credono intoccabili perché garanti di interessi economici delle lobby del cemento, delle cooperative, dei concessionari, della Bce, delle banche internazionali, di Stati esteri. Vivono in un mondo a parte, fatto di studi televisivi, di giornalisti proni, di incontri istituzionali a discettare del nulla al quadrato con la rituale foto di gruppo, circondati da commessi, servi, maggiordomi, amanti. Onorevoli disonorati. Facce di bronzo, facce di merda, facce da impuniti, facce da dimenticare se si vuole riacquistare un minimo di serenità. Facce di responsabili dello sfacelo economico e sociale che si fanno il lifting, i sorrisi tirati ormai in un ghigno, l'incedere da uomini di potere che si credono statisti in scatola. Si ripresentano ancora, riverginati, innocenti, candidi come se non fossero colpevoli del più piccolo errore. Loro che hanno disfatto l'economia, l'informazione, la giustizia, la scuola, il tessuto produttivo, lo stesso Stato. Mantenuti nelle loro posizioni privilegiate per decenni, pagate dalle tasse degli italiani a suon di vitalizi mai rinnegati, di leggi ad personam, ad partitum, per gli amici, per i concessionari, per le mafie. Parassiti, pidocchi, mignatte, zecche. Virus che si spacciano per miracolosi medicinali mentre infettano il corpo della Nazione, certi della copertura vigliacca dei media e confidando nella memoria breve degli italiani. Se ne devono andare. In Parlamento non li vuole neppure l'italiano più mite, il più tollerante, il più distaccato dalla politica. L'Italia è in overdose dei Bindi, Finocchiaro, Cicchitto, Berlusconi, Monti, Bersani, Fini, Alfano, Casini, Maroni e delle centinaia di compari si ostinano a imporre la loro presenza. Non capiscono che sono come Ceaucescu al balcone, Mussolini nel camion verso la Svizzera vestito da soldato tedesco, Hitler nel bunker di Berlino mentre da ordini a divisioni che non esistono più. E' questione di tempo, ma la loro avventura politica è terminata. La campanella del 2013 è suonata, la ricreazione a spese di generazioni di italiani è finita. "Voi siete un gruppo fazioso, nemici del buon governo, banda di miserabili mercenari, scambiereste il vostro Paese come Esaù per un piatto di lenticchie; come Giuda tradireste il vostro Dio per pochi spiccioli. Avete conservato almeno una virtù? C'è almeno un vizio che non avete preso? Chi fra voi non baratterebbe la vostra coscienza in cambio di soldi? E' rimasto qualcuno a cui almeno interessa il bene della Repubblica? Siete diventati intollerabilmente odiosi per l'intera Nazione; il popolo vi aveva scelto per riparare le ingiustizie ed ora siete voi l'ingiustizia! Ora basta! Portate via la vostra chincaglieria luccicante e chiudete le porte a chiave. In nome di Dio, ANDATEVENE! (*)"

(*) Dal discorso di Oliver Cromwell al Parlamento inglese nel 1653

sabato 26 gennaio 2013

Questa europa non può durare a lungo


  nessuno ha la forza o l'interesse a modificare la situazione. Un'illuminante intervista a George Soros, vecchio squalo decisamente privo di paraocchi.

“Le politiche della Merkel un autogol”
MArco Panara

DAVOS — Ci sono tre cose che non piacciono affatto a George Soros: la prima è l'Eurozona divisa tra creditori e debitori; la seconda è che a comandare su tutti sia la Germania; la terza è la politica che la Germania ha imposto ai debitori. Soros è stato principe dei finanzieri, creatore di hedge fund, autore di gigantesche speculazioni valutarie. Ora, affidati i suoi fondi a più giovani manager, è generoso filantropo e analista finissimo, ideatore della teoria della “Comprensione imperfetta” alla quale ha già dedicato un paio di best seller. «L'euro è stato salvato da Draghi e dalla Germania e i mercati sono rassicurati – dice Soros parlando a Davos alla stampa internazionale - ma l'ottimismo è prematuro perché gli squilibri ci sono ancora tutti».
Considera ancora l'Eurozona un focolaio di crisi?
«Mi spaventa che l'Eurozona sia divisa in due tra Paesi creditori e Paesi debitori, con i primi che esercitano il potere imponendo ai secondi di ridurre il debito riducendo il pil. E' una politica sbagliata che fa male all'intera Eurozona».
Vede rischi a breve termine?
«No, i problemi non esploderanno subito. La Germania continuerà a fare il minimo indispensabile per evitare che l'euro salti, rendendo permanente questa divisione tra il centro e la periferia, con quest'ultima in una situazione altrettanto permanente di minorità e di difficoltà. Tutto questo non è nella filosofia dell'Unione Europea, che è nata come una società aperta tra uguali».
Ci sono vie d'uscita?
«Io avevo proposto l'uscita della Germania dall'euro, che piaceva molto alla Bundesbank, ma è stata bocciata dai super-europeisti. Quello che potrebbe accadere è che Merkel cambi linea. La sua è sbagliata e, quando questo diventerà pienamente evidente, essendo una politica molto abile, potrebbe decidere di cambiarla. Lo scopriremo dopo le elezioni di settembre».
Quali previsioni fa per il 2013?
«Turbolenza, soprattutto sui mercati valutari, che peraltro sono stati rimarchevolmente stabili per un periodo lungo, poi nei tassi di interesse, quindi a livello politico e sociale».
In questa turbolenza l'euro è condannato a rafforzarsi?
«La Bce è l'unica banca centrale ad operare in maniera classica. Ora che anche quella giapponese si sta forzatamente convertendo a politiche più generose, l'euro si rafforzerà verso lo yen e questo inciderà sulle esportazioni tedesche che competono con quelle giapponesi. Potrebbe essere uno dei fattori che spingeranno Merkel a cambiare politica».
L'Italia è ancora un fattore di rischio per l'Eurozona?
«Monti è un tecnocrate di grande intelligenza. Ha provato a resistere alle politiche tedesche ed ha proclamato a giugno una vittoria che non lo era affatto, perché era stato lasciato solo dagli altri partner. Ora la scena politica si è di nuovo deteriorata con Berlusconi che sta recuperando forza con la sua posizione anti-euro. Ma prevedo che dopo le elezioni il centro-sinistra avrà il controllo della Camera e, insieme a Monti, quello del Senato. E' il migliore risultato che ci possiamo augurare».

da Repubblica

martedì 22 gennaio 2013

ITALIANO, ADESSO PARLI ANCORA? Ecco quanto costa la vita in Germania!

La ricchezza immobiliare del Vaticano

La ricchezza immobiliare del Vaticano

  • 22 gennaio 2013
  •  
  • 09.22

Il papa Benedetto XVI invia il primo tweet nell’aula Paolo VI, a Città del Vaticano, il 12 dicembre 2012. (Vincenzo Pinto, Afp)
“Pochi turisti sanno che il negozio di Bulgari a New Bond street o la sede della banca Altium Capital all’incrocio tra St James’s Square e Pall Mall hanno a che fare con il Vaticano”, scrive David Leigh sul Guardian. Ma questi edifici in alcuni dei quartieri più eleganti di Londra fanno parte dell’incredibile ricchezza immobiliare del Vaticano, che è in gran parte segreta.
Leigh denuncia le proprietà immobiliari del Vaticano nel Regno Unito, in Francia e in Svizzera per un valore complessivo di 680 milioni di euro, secondo le stime del Consiglio d’Europa. Ma soprattutto mette in luce i collegamenti tra la ricchezza dello stato pontificio e l’eredità di Benito Mussolini, che nel 1929 avrebbe regalato un patrimonio alla chiesa di Roma per ottenere il riconoscimento del regime fascista dalle gerarchie ecclesiastiche.
Secondo lo storico dell’università di Cambridge John Pollard, i soldi di Mussolini furono molto importanti per le casse pontificie. Pollard nel suo libro Money and the Rise of the Modern Papacy dice: “In quel momento le finanze pontificie sono state messe al sicuro, non si sarebbero più impoverite”.
Attraverso lo studio dei documenti d’archivio Leigh è riuscito a ricostruire le intricate vicende finanziare che hanno portato all’acquisizione di numerose proprietà immobiliari a Londra a Parigi e in Svizzera.
Gli investimenti di Mussolini e gli altri possedimenti del papa in giro per il mondo sono controllati da Paolo Mennini che gestisce a Roma un’unità speciale all’interno del Vaticano chiamata Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica).

Passaparola - Il redditometro e lo Stato fiscale - Beppe Scienza


lunedì 21 gennaio 2013

L'intervento di Giulietto Chiesa a "L'ultima Parola"

LE MANOVRE DI MONTI PER MANTENERE SPECULATORI E BANCHIERI (G. Chiesa)

Monti e il bluff del debito pubblico

Incredibile!! Voyager smaschera Mario Monti !!!

La TAV non serve più


Addio Tav, non servi più
Carri grandi dal Frejus, ma è un segreto

Di | 11 gennaio 2013

treno merciEcco il documento di Rete ferroviaria italiana, Rfi, che spiega che anche i carri merci più grandi, quelli alti più di 4 metri, passano già dal Frejus. Perciò ”la Torino-Lione non serve più”, come dice Tino Balduzzi militante No Tav. ”In sostanza – spiega – francesi e italiani hanno limato nell’ultimo anno il vecchio Frejus e da alcuni mesi passano anche i treni più alti. Quindi un’altra galleria non serve più”.
Come fa a dirlo con tanta sicurezza?
“La certezza viene da un documento di Rfi scoperto durante una ricerca di dati sui carri Modalohr, (visibile su http://site.rfi.it/quadroriferimento/files/1462-29-5-12.pdf) e contenente disegno e misure della nuova sagoma della linea del Frejus registrata dal 29 maggio 2012. Esso testimonia che le limitazioni che impedivano di caricare su treno i camion standard, alti 4 metri, non ci sono più. In base a ciò la classificazione della linea riportata sulla carta UIRR del 2011 dovrebbe passare da C30/P341 a C58/P385, ovvero 44 centimetri in più per il trasporto di mezzi stradali. La notizia sui media è passata in sordina o non è passata affatto, ma ora l’AFA, la società che effettua il servizio di “autostrada viaggiante” tra Orbassano ed Aiton, fornisce un servizio simile a quello disponibile nei tratti Novara-Sempione-Loetschberg-Freiburg e Trento-Brennero-Regensburg, fino ad ora sbandierato dai si-tav come l’obiettivo da raggiungere. Il risultato è frutto anche di un progresso tecnologico: l’utilizzo dei recenti carri francesi Modalohr, che sfruttano meglio lo spazio in altezza guadagnando circa 16 centimetri rispetto ai carri utilizzati da svizzeri ed austriaci per effettuare lo stesso tipo di servizio. Un’ulteriore dimostrazione che investire in tecnologia paga, sicuramente di più che fare dei buchi nelle montagne.”
Ci spieghi un po’ meglio questa storia di treni alti e treni bassi…
“Si potrebbe dire che è una questione di pneumatici. La stessa merce può essere caricata in un Tir alto 4 metri oppure in un container (o una cassa mobile che è quasi la stessa cosa) alto meno di 3 metri. Ma per trasportare un camion su un treno servono gallerie alte (e quindi i tunnel della cosiddetta Tav), mentre per trasportare container e casse mobili su treno vanno bene le linee esistenti, compresi i 1500 chilometri di gallerie ferroviarie basse che ci sono in Italia, utilizzando eventualmente, in certi casi, carri ferroviari leggermente ribassati. In sostanza i treni “bassi”, più corti e più leggeri, fanno lo stesso servizio dei treni “alti”, e lo fanno con costi minori.”
Per di più ci sono gli esempi virtuosi della Svizzera e dell’Austria…
“Virtuosi a casa loro ma dannosi a casa d’altri. Svizzera ed Austria sono piccoli paesi di transito che risolvono un loro problema complicando la vita ai paesi confinanti. Mi spiego meglio. Volendo diminuire la pressione del trasporto merci sulle loro strade, svizzeri ed austriaci caricano su treni speciali i camion che arrivano ad un loro confine, ad esempio quello tedesco, e li trasportano fino al confine opposto, nell’esempio quello italiano. Ma alla fine del viaggio, a Novara o a Trento, quei camion vengono rimessi sull’asfalto, andando ad intasare le autostrade italiane. Quella che l’Europa considera una prassi virtuosa fa sì che un camion che va da Amburgo a Bari percorra su ferrovia meno di 500 chilometri su un totale di 2000. Per contro una cassa mobile caricata ad Amburgo arriva fino a Bari percorrendo l’intero tragitto su treno, sulle ferrovie che ci sono, senza dover costruire nuovi tunnel e risolvendo con minor impatto ambientale il problema di svizzeri ed austriaci. Questo semplice confronto è sufficiente a ribaltare l’accusa di favorire il trasporto stradale che i si-tav fanno ai no-tav.”
Perchè da noi non se ne parla chiaramente, secondo Lei?
“La lobby degli autotrasportatori in Europa è fortissima, in grado di bloccare un continente con una serrata. La Tav conviene a loro, alla lobby dei costruttori e a chi si occupa di movimento terra. Preoccupa il fatto che importanti politici italiani favorevoli alla cosiddetta Tav siano in qualche modo legati, ad esempio, al gruppo Gavio che si occupa di autotrasporto e, attraverso Impregilo, di costruzioni. Preoccupa ancora di più il fatto che il deposito in cave di pianura di molti milioni di metri cubi di terra da scavo provenienti dai tunnel della Tav rappresentino un’occasione d’oro per chi ha dei rifiuti da smaltire illegalmente. Preoccupa infine che politica e media non dicano nulla al riguardo.”
Quindi riepiloghiamo: i carri merci più grandi passano già dal Frejus. Allora, come si è risolta la questione della pendenza dei vecchi valichi, compreso il Frejus, che secondo i sì Tav è una delle principali ragioni a favore della costruzione delle nuove gallerie?
“Chi porta quell’argomento sarebbe più credibile se prima parlasse di recupero di energia elettrica in discesa ed in frenata, cosa che, ad esempio, viene fatta sistematicamente in Svizzera. Portare un peso in alto richiede energia, ma, come l’acqua nelle centrali idroelettriche, il peso può generare energia scendendo verso il basso. Al momento, per quanto ne so, sulle linee ferroviarie italiane il recupero dell’energia avviene molto limitatamente, quasi esclusivamente nel traffico passeggeri. Anziché investire in tunnel occorre investire in quel campo.”
E su questo potrebbe lavorare l’Europa a livello di politica dei trasporti…
“L’Europa dovrebbe innanzitutto correggere l’errore di fondo di aver sposato la cosiddetta Tav/Tac, nonostante il fatto che alta capacità e alta velocità siano tecnicamente incompatibili. Troppa la differenza di velocità, troppa diversità nelle destinazioni, troppo pesanti i treni merci per linee costruite per i 300 kmh. La Tav/Tac deriva dall’influenza delle lobbies sulla politica, dal voler adattare al traffico merci succulenti progetti nati per il trasporto passeggeri e non più giustificati da volumi di traffico sufficienti. L’Europa deve spostare i finanziamenti dal trasporto stradale a quello ferroviario. In un’Europa dove quasi sempre le aziende distano troppi chilometri dal centro intermodale più vicino, le infrastrutture che servono non sono tunnel, ma strumenti e luoghi in grado di rendere più rapido e meno costoso il trasbordo delle merci tra strada a ferrovia. In questo scenario dichiararsi si-tav pretendendo di essere a favore del trasporto merci in ferrovia è solo più un atto di fede, buono solo per i politici meno informati.”
Per approfondire consigliamo di leggere:
http://noterzovalico.wordpress.com/
http://noterzovalico.wordpress.com/2012/11/30/scalpella-oggi-scalpella-domani-si-sono-scalpellati-anche-la-tav/

fonte il : manifesto

domenica 20 gennaio 2013

RIFORMA OBAMA – Approvata l’introduzione dei Chip RFID


RIFORMA OBAMA – Approvata l’introduzione dei Chip RFID

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obama-sanitàL’INTRODUZIONE DEI CHIP CORPOREI PER FINI SANITARI NON E’ PIU’ UN MITO
E’ stato infatti convalidata nel 2012 (dalla Corte Suprema USA – n.d.t.) la legge HR 3962 denominata Obamacare, nella quale si prospetta la introduzione di microchip RFID per fini ‘sanitari.’ A far capo dalla pagina 1501 sono descritte le peculiarità dei dispositivi.Link diretto alla legge HR 3962 in formato pdf .L’impianto della legge è stato lasciato ‘aperto’, infatti viene statuito che il segretario potrà decidere di aggiungere altre informazioni, non necessariamente sanitarie, allo interno dei chip corporei. Ciò significa che oltre ai parametri medici potranno essere inserite nei chip informazioni in merito al conto bancario del paziente, così da determinare in tempo reale la sua capacità finanziaria. Medici e ospedali saranno quindi autorizzati ad eseguire la scansione dei conti bancari così da poter prelevare immediatamente, in tempo reale, la cifra prevista per il trattamento terapeutico.
I REPUBBLICANI NON HANNO ALCUN PIANO PER CONTRASTARELA RIFORMA SANITARIA DI OBAMAchip-sottocutaneo
sia nel suo complesso, sia nella sezione circa la introduzione dei chip corporei. Recitano la loro parte in TV facendo finta di voler opporsi, ma è ormai chiaro che l’obiettivo finale di tutte le parti in gioco sia di chippare l’intera popolazione. Entrambe gli schieramenti stanno eseguendo degli ordini, perché il nuovo ordine mondiale ha statuito che tutti debbano essere chippati. La Federal Reserve sarà il nuovo governo mondiale. Le tasse derivanti dalla riforma Obama finiranno direttamente nelle casse della Federal Reserve. Il mondo intero sta galoppando verso un sistema che funzioni senza denaro contante.La riforma Obama prevede che il processo di impianto dei chip nella popolazione abbia inizio entro la primavera del 2013. Come tutti sappiamo il governo lavora lentamente, e il nuovo ordine mondiale è paziente. Aspettatevi che il microchip diventi obbligatorio entro il 2022. I chip RFID saranno diffusi in tutto il mondo (dopo la privatizzazione della sanità? – n.d.t.); chi non vive negli Stati Uniti non creda di sfuggire al microchip. In Messico è stato già microchippato un numero notevole di cittadini. In Canada stanno organizzandosi: LINK Hanno iniziato con le carte di debito contenenti microchip per andare a parare allo obbligo legale di possedere il chip per usufruire della assistenza sanitaria. Useranno la propaganda e parole come facilità d’uso, sicurezza sanitaria e sicurezza sociale. State pur certi che sarete microchippati.
Articolo in lingua inglese pubblicato sul sito Why Americans Are Dumb
Link diretto
Fonte
Redatto da Pjmanc: http://ilfattaccio.org
E siccome molti americani non sono d'accordo e risponderanno anche con le armi a tale soppruso il governo sta facendo la propaganda contro le armi, propagandando fatti di cronaca, il punto è chi c'è dietro questi fatti di sangue ? gli arabi come per le torri gemelle o servizi segreti ?

Lui vede una luce


Indietro non si torna


L'Italia che vuole Monti


giovedì 17 gennaio 2013

Votare contro il Palazzo. No al MUOS - Giulietto Chiesa - Editoriale 10....

Risposte Alternative - Giulietto Chiesa - 13.01.2013

25 mila studenti non voteranno

Tutti gli studenti dell'Erasmus privati dei diritti politici da un Decreto di Re Giorgio. Invece gli altri, da quelli spagnoli a quelli tedeschi, da quelli inglesi a quelli - perfino - messicani, votano tranquillamente! E 25 mila voti sono più di quelli che decisero le sorti delle elezioni del 2006!
Giovani Erasmus Non votano

di Valerio Valentini

 Gli studenti italiani impegnati nel progetto Erasmus non potranno votare alle prossime elezioni politiche. A meno di non tornare in Italia, pagando con i propri soldi, le spese per il viaggio, senza poter usufruire di alcuno sconto.
 Lo stabilisce il Decreto del Presidente della Repubblica numero 226 del 22 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale due giorni dopo. È lo stesso decreto nel quale vengono ufficialmente indette le elezioni del 24 e 25 febbraio, e che recita solennemente: “Gli elettori residenti all’estero e alcune specifiche categorie di connazionali temporaneamente all’estero per motivi di servizio o missioni internazionali potranno votare per corrispondenza in occasione di tali consultazioni”. Tutto legittimo, apparentemente...
 E invece no. Perché il punto 2 del decreto, quello che regola le modalità di voto per “i cittadini italiani temporaneamente all’estero”, riconosce il diritto di votare “per corrispondenza, previa apposita dichiarazione”, soltanto “alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all'estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali”, ad alcuni “dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all'estero per motivi di servizio”, e ad alcuni “professori e ricercatori universitari […] che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all'estero”.

 Dall’elenco risultano quindi assenti gli studenti Erasmus, cioè quegli studenti che stanno trascorrendo un periodo di studi presso un’università straniera, secondo accordi bilaterali con i rispettivi atenei italiani. Il testo del decreto, poche righe dopo, chiarisce: “I cittadini italiani che si trovino temporaneamente all’estero e non appartengano alle tre categorie sopraindicate potranno votare esclusivamente recandosi in Italia presso le sezioni istituite nel proprio comune di iscrizione nelle liste elettorali”. Poco male, si dirà: si affronta il viaggio di ritorno usufruendo degli sconti che in circostanze simili vengono garantiti a tutti i cittadini costretti a votare nel proprio seggio elettorale. Ma se siete studenti Erasmus, potete dimenticarvi qualunque agevolazione tariffaria. Infatti gli sconti sono previsti soltanto per i viaggi effettuati sul territorio nazionale – ed è chiaro che se sto studiando all’estero devo effettuare un viaggio internazionale – e soltanto sulle tratte marittime, ferroviarie e autostradali – ed è chiaro che se sto studiando all’estero, con tutta probabilità sono costretto a viaggiare in aereo.
 L’unica soluzione, per gli studenti Erasmus, sarebbe quella di iscriversi all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). Ma per farlo dovrebbero attestare una loro permanenza in un Paese straniero per un periodo superiore a 12 mesi (cosa impossibile: non ci sono borse di studio Erasmus valide per più di un anno) o comunque cancellarsi dall’anagrafe della popolazione residente in Italia (APR) nell’originario comune di residenza. Anche questa ipotesi è impraticabile.
 A quanti studenti, dunque, il 24 e 25 febbraio prossimi sarà negato (di fatto) il diritto di voto? Il dato più recente è fornito dal Rapporto Annuale Erasmus per l’anno accademico 2010/2011, che parla di un numero considerevole: più di 22 mila studenti italiani hanno partecipato al progetto di mobilità due anni fa. E se si considera che, dal 2007 in poi, la partecipazione è stata in costante aumento (oltre mille studenti in più ogni anno), è lecito pensare che il numero attuale si aggiri intorno a 25 mila. Per capirci, 25 mila voti sono più di quelli che decisero le sorti delle elezioni del 2006, vinte dal centrosinistra sul filo di lana.
 Il rischio di falsare l’esito elettorale, o quantomeno di condizionarlo pesantemente, è dunque evidente. Così come è evidente la volontà di ignorare l’articolo 48 di una Costituzione ormai buona soltanto per essere decantata in televisione. Un’assurdità resa ancor più insopportabile dal fatto che gli studenti Erasmus di altri Paesi, dalla Spagna alla Germania, dalla Gran Bretagna al Messico, hanno potuto tranquillamente votare negli anni passati: o recandosi nelle rispettive ambasciate, o tramite posta o, addirittura, via mail.
 Perché parlo di una precisa volontà di calpestare la Costituzione, e non di una svista da parte di un anziano Presidente della Repubblica, che si è limitato ad approvare un decreto votato da un Parlamento altrettanto distratto a causa della delicata situazione in cui versa il nostro Paese? Perché già negli anni passati la situazione si era riproposta, e già negli anni passati si erano organizzate petizioni e proteste, puntualmente ignorate. Soltanto per stare ai casi più recenti, è successo sia nel 2006 (per decisione del governo di centrodestra) sia nel 2008 (per decisione del governo di centrosinistra). È chiaro, allora, che quella di impedire il voto degli studenti impegnati nelle università straniere è una scelta consapevole e reiterata.
 Per i nostri cari politici, del resto, è facile riempirsi la bocca di belle parole sui giovani, il futuro, la meritocrazia. Lo è ancora di più quando scocca l’ora della campagna elettorale. Monti, infatti, nella sua agenda annuncia che “costruire una società più giusta e moderna richiede di aggredire non solo il deficit fiscale, ma anche il deficit di opportunità che il Paese offre ai suoi giovani e alle persone meritevoli”; Bersanidecide di aprire la sua campagna elettorale con un incontro “con i giovani che votano per la prima volta alle elezioni politiche” (quelli a cui non è impedito farlo,ndr); Berlusconi addirittura propone sgravi fiscali per le imprese che assumono giovani. Tuttavia il decreto legge che discrimina gli studenti Erasmus nel loro diritto di voto è stato approvato pressoché all’unanimità da Camera e Senato, e che dei vari emendamenti presentati (121 in tutto) nessuno abbia riguardato tale questione.
 È la fotografia di una classe dirigente che dei giovani, e soprattutto dei giovani meritevoli (la gran parte degli studenti Erasmus vincono borse di studio assegnate soltanto a chi ha tanti crediti universitari e medie elevate), continua a infischiarsi altamente anno dopo anno. Con un’inettitudine e un’arroganza che, a questo punto, diventano insopportabile violenza.
  Cosa fare? Telefonare al Viminale è inutile, oltreché frustrante. Ci ho provato per due giorni di seguito: risponde il centralino, che passa la telefonata all’Ufficio Elezioni, che mette in attesa. E l’attesa non finisce mai. Oppure risponde un funzionario che cade dalle nuvole, e quando gli si spiega la faccenda, rimane anche lui esterrefatto. Si può però chiedere spiegazioni scrivendo alla casella di posta elettronica della Direzione centrale dei Servizi Elettorali, (elettorali@pec.interno.it). Non servirà a granché. Forse solo a ribadire che non si discriminano decine di migliaia di cittadini, facendo della Costituzione carta straccia, in nome nostro.

 
 

Napolitano l'intoccabile

I poteri di Napolitano sono superiori a quelli di Dio. Egli è padrone del cielo e della Terra. E soprattutto: immune perfino al giudizio universale. Lo spiega bene l'ultimo professore di filosofia del diritto rimasto (ancora per poco?) libero, l'ultimo degli immortali della Costituzione: Paolo Becchi. Prendete appunti.
Paolo Becchi Giorgio Napolitano

 di Paolo Becchi
 Ordinario di Filosofia del Diritto all'Università di Genova

  La Corte Costituzionale ha depositato il testo della sentenza sul conflitto di attribuzioni sollevato da Napolitano nei confronti della Procura di Palermo. Si chiariscono, così, alcuni degli interrogativi che, nel corso di una “querelle” a distanza con Eugenio Scalfari, avevo ritenuto sarebbero verosimilmente emersi con l’avvenuto deposito delle motivazioni (P. Becchi, Non siamo tutti uguali davanti alla legge: le prerogative di Re Giorgio, 6 dicembre 2012).

Iniziamo dalla definizione, data dalla Corte, dei poteri e delle prerogative del Presidente della Repubblica. La novità, qui, è rappresentata dal fatto che – per la prima volta a quanto mi consta – la Corte stabilisce una piena corrispondenza tra poteri formali ed «attività informali» del Capo dello Stato:
Per svolgere efficacemente il proprio ruolo di garante dell’equilibrio costituzionale e di “magistratura di influenza”, il Presidente deve tessere costantemente una rete di raccordi allo scopo di armonizzare eventuali posizioni in conflitto ed asprezze polemiche […]. È indispensabile, in questo quadro, che il Presidente affianchi continuamente ai propri poteri formali, che si estrinsecano nell’emanazione di atti determinati e puntuali, espressamente previsti dalla Costituzione, un uso discreto di quello che è stato definito il “potere di persuasione”, essenzialmente composto di attività informali, […]. Le attività informali sono pertanto inestricabilmente connesse a quelle formali.
 Il ruolo del Capo dello Stato sarebbe, pertanto, caratterizzato dall’ «intreccio continuo tra poteri informali e poteri formali» (E. Cheli, Tendenze evolutive nel ruolo e nei poteri del Capo dello Stato, in La figura ed il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano, Milano, 1985, p. 96. Cfr. anche G. Lucatello, Atti formali e attività informali nello svolgimento del ruolo del Presidente della Repubblica, in Studi in onore di Feliciano Benvenuti, Modena, 1996, pp. 985-1010). 

Incontri, comunicazioni, telefonate, sono tutte attività informali che sarebbero inestricabilmente connesse, e non separabili, dai poteri formalmente attribuiti dalla Costituzione al Presidente della Repubblica. La Consulta, tuttavia, si spinge al di là di questa corrispondenza. Queste “attività informali” , infatti, sono «fatte di incontri, comunicazioni e raffronti dialettici» che «implicano necessariamente considerazioni e giudizi parziali e provvisori da parte del Presidente e dei suoi interlocutori». Il Presidente dev’essere, pertanto, sostanzialmente libero nei mezzi, e la sua attività deve essere valutata soltanto in base al fine, allo scopo raggiunto: 

Le attività di raccordo e di influenza possono e devono essere valutate e giudicate, positivamente o negativamente, in base ai loro risultati, non già in modo frammentario ed episodico, a seguito di estrapolazioni parziali ed indebite […]. Non occorrono molte parole per dimostrare che un’attività informale di stimolo, moderazione e persuasione – che costituisce il cuore del ruolo presidenziale nella forma di governo italiana – sarebbe destinata a sicuro fallimento, se si dovesse esercitare mediante dichiarazioni pubbliche. La discrezione, e quindi la riservatezza, delle comunicazioni del Presidente della Repubblica sono pertanto coessenziali al suo ruolo nell’ordinamento costituzionale.
Per la Corte questo principio risponderebbe alle «esigenze intrinseche del sistema, che non sempre sono enunciate dalla Costituzione in norme esplicite, e che risultano peraltro del tutto evidenti, se si adotta un punto di vista sensibile alla tenuta dell’equilibrio tra i poteri». Occorre, pertanto, garantire il segreto su tutte le attività del Capo dello Stato, e ciò «non in rapporto ad una specifica funzione, ma per l’efficace esercizio di tutte». 
Ciò, tuttavia, non elimina la distinzione, consolidatasi nella giurisprudenza della stessa Consulta, fra «atti e dichiarazioni inerenti all’esercizio delle funzioni» e «atti e dichiarazioni che, per non essere esplicazione di tali funzioni restano addebitabili, ove forieri di responsabilità, alla persona fisica del titolare della carica». L’art. 90 Cost., pertanto, non potrebbe comunque garantire alcuna immunità al Capo dello Stato per reati commessi al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni, in relazione ai quali egli «è assoggettato alla medesima responsabilità penale che grava su tutti i cittadini».
Le intercettazioni, allora, dovrebbero essere ammissibili, come mezzo di ricerca della prova, quantomeno con riferimento ai reati extrafunzionali. In tali ipotesi, infatti, il Presidente della Repubblica non è né più né meno che un privato cittadino. La Consulta, tuttavia, risponde negativamente:

Ciò che invece non è ammissibile è l’utilizzazione di strumenti invasivi di ricerca della prova, quali sono le intercettazioni telefoniche, che finirebbero per coinvolgere, in modo inevitabile e indistinto, non solo le private conversazioni del Presidente, ma tutte le comunicazioni, comprese quelle necessarie per lo svolgimento delle sue essenziali funzioni istituzionali, per le quali, giova ripeterlo, si determina un intreccio continuo tra aspetti personali e funzionali, non preventivabile, e quindi non calcolabile ex ante da parte delle autorità che compiono le indagini. In tali frangenti, la ricerca della prova riguardo ad eventuali reati extrafunzionali deve avvenire con mezzi diversi (documenti, testimonianze ed altro), tali da non arrecare una lesione alla sfera di comunicazione costituzionalmente protetta del Presidente. 

Qualcosa non torna, evidentemente. La Corte proibisce, infatti, l’utilizzo di un mezzo di ricerca della prova spesso indispensabile indipendentemente dalla distinzione tra reati funzionali ed extrafunzionali. Cosa accade se il Presidente della Repubblica dovesse commettere uno di quei reati di cui, di fatto, è impossibile acquisire la prova in altro modo dalle intercettazioni? Si pensi proprio alle indagini sulla mafia, o a reati come la turbativa d’asta, l’estorsione, etc. Quante volte, negli ultimi anni, i magistrati hanno ripetuto che «quello delle intercettazioni è uno strumento indispensabile per scoprire chi commette reati, per garantire e assicurare alla giustizia i criminali ed 
evitare che ci sia impunità nel Paese» (Luca Palamara, Presidente dell’ANM)? Se un Presidente della Repubblica dovesse investire con la propria automobile un passante, è verosimile che saranno sufficienti le testimonianze per inchiodarlo. Ma se fosse coinvolto in un’associazione di stampo mafioso? 

La conclusione è evidente: nessuna parità di trattamento, nessuna eguaglianza, tra il Presidente della Repubblica ed i privati cittadini, e ciò proprio in quelle ipotesi in cui, come ribadisce la Corte, il Capo dello Stato si deve ritenere «assoggettato alla medesima responsabilità penale che grava su tutti i cittadini». Alla stessa responsabilità, sì. Allo stesso tipo di indagini, no. E che cosa resta della “responsabilità”, se non vi è modo di accertarla?