giovedì 28 aprile 2022

12 MAR 2022 VULIN: “CHI NON CHIEDE LA CONDANNA DEI CRIMINI NATO

12 MAR 2022 VULIN: “CHI NON CHIEDE LA CONDANNA DEI CRIMINI NATO IN SERBIA, NON HA DIRITTO DI GIUDIZIO PER L’UCRAINA” Inserito alle 18:49h in Crimini degli USA ed alleati da Redazione 3 Commenti di Eliseo Bertolasi Belgrado. Il ministro degli Affari interni della Serbia, Aleksandar Vulin, ha affermato che coloro che non ritengono che il patto NATO sia responsabile dei crimini di guerra in Serbia, non hanno il diritto di giudicare nessuno in Ucraina: “Quando Wesley Clark, il capo degli assassini del 1999, e Jamie Shea, il creatore del termine “danno collaterale”, con il quale spiegava la morte di dozzine dei nostri bambini, iniziarono a spiegare che uccidere i serbi nell’aggressione della NATO era umano quanto necessario, allora sai che ogni loro invito al diritto internazionale è cinismo e menzogna”. Commentando la giustificazione dell’ex comandante della NATO in Europa Wesley Clark su “Voce d’America” ​​sull’aggressione della NATO contro la Jugoslavia: “non ci sono paralleli tra l’intervento della NATO nella R.F. di Jugoslavia e l’invasione russa dell’Ucraina”, Vulin ha affermato che “chiunque condanni i combattimenti in Ucraina deve condannare l’aggressione della NATO alla R.F. di Jugoslavia”. “Chiunque tenti sul territorio della Serbia di creare il falso stato del Kosovo, non ha il diritto di parlare dell’integrità territoriale di qualsiasi altro stato”. “Chiunque guida l’isteria anti-russa, non ha il diritto nei confronti della Serbia di determinare cosa farà e come penserà”, ha sottolineato Vulin. Vulin ha inoltre valutato che “qualsiasi isteria anti-russa contiene sempre un’isteria anti-serba, così è sempre stato”. Belgrado, 1999, era il 24 marzo quando alle 20.25 scattarono i primi raid aerei dell’Alleanza atlantica contro la Jugoslavia (Serbia-Montenegro). Durarono 78 giorni, per la prima volta senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Oltre a enormi distruzioni (35.450 cluster bombe lanciate, 995 target colpiti, 3.650 strutture pubbliche danneggiate) i bombardamenti, con i jet che partivano principalmente da portaerei in Adriatico e basi NATO in Italia, causarono in Serbia, a seconda delle fonti, fra 1.200 e 2.500 morti, oltre a 12 mila feriti. Nell’anniversario dei 20 anni di questi raid aerei su Belgrado il presidente Aleksandar Vučić davanti a 30mila persone radunatesi a Nis, città meridionale serba, tra quelle più colpite dai bombardamenti della primavera 1999 non esitò a dichiarare: “La popolazione civile come bersaglio delle bombe, 2.500 morti, di cui 79 bambini, un Paese devastato, danni per 100 miliardi dollari: resterà per sempre un crimine”. Anche l’Italia che partecipò ai bombardamenti, col passare del tempo iniziò a contare le sue vittime dovute a questa azione di guerra: se ne è discusso a Roma il 4 aprile 2019, nel convegno “Uranio: un anno dalla IV Commissione. Presente e futuro”, organizzato dall’Associazione italiana vittime dell’uranio impoverito e dall’Osservatorio militare del Ministero della Difesa italiano. I relatori al convegno hanno parlato del terribile stato di salute dei soldati italiani che parteciparono alle missioni di “mantenimento della pace” in aree precedentemente attaccate dalla NATO con testate all’uranio impoverito. Il maresciallo Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare ha riferito: “363 persone sono già morte e più di 7.500 si sono ammalate. Oltre 130 sentenze di condanne tra TAR, tribunali civili, Corte dei conti e ora anche Tribunali del lavoro e 2 sentenze di Cassazione che condannano l’amministrazione e ipotizzano il reato di omicidio colposo”. Una pagina oscura della storia del nostro Paese con un conteggio delle vittime purtroppo ancora parziale. Da oltre 25 anni, ci sono da un lato ex militari ed associazioni di familiari che sostengono il nesso causa effetto tra decessi e malattie e l’uso improprio dell’uranio; dall’altro la Difesa che nega il nesso di causalità. Il tutto all’interno di una lunga vicenda giudiziaria che ha visto una serie di sentenze favorevoli ai militari contaminati e alle loro famiglie.

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