Secondo il parere di analisti militari russi, sarebbe in atto a livello globale una vera e propria nuova guerra fredda attorno ai piani di geoingegneria clandestina portati avanti dalle forze armate statunitensi e delle altre nazioni del blocco della N.A.T.O. Si starebbe formando, infatti, un fronte sempre più compatto di paesi determinati a fermare, con le buone o con le cattive, quella che molti non esitano a definire una pratica criminale di alterazione climatica indotta, che da anni viene perpetrata con il massiccio utilizzo di aerei che deliberatamente irrorano nell’atmosfera alluminio, bario, cadmio e altre sostanze nocive che ormai molti scienziati indicano, oltre che come causa dei repentini mutamenti climatici in atto, anche come la principale causa dell’aumento esponenziale di malattie neuro-degenerative.
Le guerre climatiche sono ormai una drammatica realtà che vede la complicità e la connivenza di tutti i governi dei paesi dell’area occidentale e spesso il loro coinvolgimento diretto ed attivo, e l’aspetto più inquietante è la pesante cappa di segretezza che avvolge queste sperimentazioni, delle quali l’opinione pubblica viene tenuta all’oscuro. Eppure si tratta di una realtà inconfutabile, come ha dichiarato già nel 2007 il Generale Fabio Mini sulla rivista Limes, in un suo articolo intitolato “Owning the weather: la guerra ambientale globale è già cominciata”. Realtà che il Generale Mini ha poi confermato lo scorso Febbraio in un’intervista che ha fatto molto rumore e che è da tempo disponibile in rete.
Mentre quindi all’opinione pubblica europea viene impedito, con la piena e totale complicità dei grandi organi di informazione, di sapere la verità su queste sperimentazioni, e soprattutto sui rischi che esse comportano per la nostra salute, stiamo assistendo a livello planetario ad una nuova fase di guerra fredda che vede da un lato gli Stati Uniti, sempre più isolati, e dall’altro la Russia, la Cina, importanti paesi come l’India e altri stati emergenti.
Di questo clima di tensione è emblematica una vicenda che risalirebbe al 2009, ma che soltanto di recente è stata divulgata. Vicenda che riguarderebbe due aerei Antonov AN-124 Ruslan, di fabbricazione ucraina ma impiegati dalla base militare americana “Diego Garcìa”, situata sull’omonimo atollo dell’Oceano Indiano, 1600 km. a Sud dell’India.
L’Antonov AN-124 Ruslan (nome in codice NATO “Condor”) è un quadrimotore turboventola da trasporto strategico ad ala alta progettato dall’OKB 153 diretto da Oleg Konstantinovič Antonov e sviluppato in Unione Sovietica negli anni ’80. Trattandosi del più grande aereo da carico prodotto in serie (più grande dell’equivalente Lockheed C-5 Galaxy dell’USAF al quale sottrasse il record di carico per altezza), ha trovato grandissima diffusione in tutto il mondo sia in ambito civile che militare e viene indicato da molti come uno dei mezzi più utilizzati per le irrorazioni chimiche dell’atmosfera.
Secondo gli analisti militari russi che hanno reso nota questa vicenda, le forze aeree cinesi avrebbero notificato ai servizi di intelligence di India e Nigeria la vera funzione di questi aerei, ovvero l’irrorazione nei cieli di sostanze chimiche e “agenti biologici”, manifestando a riguardo seria preoccupazione.
Uno di questi apparecchi, dopo aver cambiato il suo segnale da civile a militare mentre si approssimava ad entrare nello spazio aereo del Pakistan, sarebbe stato intercettato dall’aviazione militare indiana (IAF), che lo obbligò ad atterrare a Bombay. L’aereo venne messo sotto sequestro dalle autorità militari dell’India, che ne arrestarono l’equipaggio. Una simile procedura sarebbe stata condotta dall’aviazione militare nigeriana, nel cui spazio aereo avrebbe intercettato un altro di questi Antonov, costringendolo ad atterrare e, anche in questo caso, arrestandone l’equipaggio.
Dalle informazioni che sono state diffuse dagli analisti militari russi, informazioni presentate loro dai servizi segreti dell’India e della Nigeria, la cosa più insolita riguardo a questi due aerei catturati non era tanto l’armamento che trasportavano, bensì un complesso sistema di smaltimento che poteva contenere, in entrambi i casi, più di 45.000 kg. di gas. Una rete di sofisticati tubi collegavano questi imponenti serbatoi alle ali dei velivoli, in modo da disperdere nell’atmosfera il loro contenuto attraverso il vapore delle loro scie.
Vi sarebbero state, a detta di questi analisti, delle immediate e “furiose” richieste da parte delle autorità militari americane sia all’India che alla Nigeria per un dissequestro dei due aeromobili. Il governo indiano avrebbe ceduto per primo, non si sa dietro a quali minacce, e avrebbe acconsentito in tempi rapidi ad un dissequestro dell’aereo che deteneva e al rilascio del suo equipaggio. La Nigeria, inizialmente sorda alle richieste americane, intentò con esse un lungo braccio di ferro, fino a quando sarebbe stata “persuasa con la forza” a liberare l’altro velivolo. Avrebbe ceduto in seguito all’esplosione di uno dei suoi oleodotti, causata da un attentato condotto da uno dei tanti gruppi terroristici che, appoggiati e finanziati dai servizi americani, operano indisturbati sul suo territorio.
Non siamo riusciti a reperire ulteriori informazioni su questa vicenda e sui suoi sviluppi, ma riteniamo che essa abbia segnato un importante punto di svolta nel campo delle guerre climatiche. Ci sono paesi che cominciano a dire “no” e ad alzare la voce contro lo scempio che avviene nei nostri cieli, e le autorità militari americane avrebbero dimostrato, se questa vicenda è vera come pensiamo, di ricorrere alle minacce e alle intimidazioni pur di mettere tutto a tacere e di rientrare in possesso dei velivoli “incriminati”. Un evidente segno di debolezza, a nostro parere.
Nicola Bizzi
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