CHI DI VOI NON HA RICEVUTO LETTERE DEL
GENERE ? E' NOTORIO CHE LE BANCHE TRAFFICANO IN ARMI E FINANZIAMENTI
. MA GUARDA CASO VIENE DATO PROPRIO ALLE BANCHE “L'ONERE “ DI
CONTROLLARE I PROPRI CLIIENTI, QUINDI I CITTADINI. LA CORDA DELLA
DITTATURA FINANZIARIA DEL POTERE BANCOCRATICO SI STRINGE SEMPRE DI
PIU' NEL NOSTRO COLLO !
MEDITATE GENTE, MEDITATE
Venerdì, 29 Aprile 2011
Foto:
campagna
"banche armate"
Due gruppi esteri ampiamente presenti nel Belpaese sono le “banche
più armate” d’Italia.
BNP Paribas e Deutsche Bank si sono
infatti spartite più della più della metà dei 3 miliardi di euro
di operazioni autorizzate nel 2010 dal Ministero dell’Economia e
delle Finanze per esportazioni di armamenti italiani. (Si veda la
tabella ufficiale delle operazioni bancarie relative all’export di
armamenti 2010 a fondo pagina tratta dall’intera Relazione della
Presidenza del Consiglio e che
Unimondo presenta in anteprima).
I valori dei due colossi europei sono pressoché simili: si tratta
per
BNP Paribas Succursale Italia di oltre 862 milioni di euro
(pari al 28,3%) a cui vanno sommati i quasi 98 milioni di euro della
BNL (il 3,2%) e per
Deutsche Bank di poco meno di 836
milioni di euro (il 27,4%). Nell’anno in cui
le
autorizzazioni all’esportazione di armamenti hanno segnato una
chiara flessione (le autorizzazioni sono infatti calate dagli
oltre 4,9 miliardi di euro del 2009 ai poco più di 2,9 miliardi di
euro del 2010), le due banche incrementano invece il proprio volume
di affari rispetto al 2009: due anni fa il gruppo BNP Paribas-BNL
aveva infatti assunto operazioni per 904 milioni di euro (pari al
23,8%) e Deutsche Bank, pur rilevando operazioni per oltre 900
milioni di euro, aveva ricoperto il 23,7%.
Al di là delle cifre, ciò che solleva più di un interrogativo è
la quasi totale mancanza da parte delle due banche di specifiche
direttive in materia di servizi all’industria militare e
all’esportazione di armamenti. Mentre la quasi totalità degli
istituti di credito italiani a seguito di puntuali domande di
trasparenza sollevate da diverse campagne di pressione già da vari
anni ha messo in atto precise direttive per definire e limitare la
propria partecipazione, il finanziamento e l’offerta di servizi
all’industria militare,
BNP Paribas e Deutsche Bank paiono
mostrare scarsa attenzione al tema.
BNP Paribas e BNL: una policy da chiarire presto
Se è vero, infatti, che la Banca Nazionale del Lavoro (
BNL)
incorporata
nel
febbraio 2006 nel gruppo BNP Paribas, già dal 2003 ha reso
pubblica la decisione di “
limitare le proprie attività relative
alle operazioni di esportazione e importazione di materiale
d’armamento unicamente a quelle verso Paesi dell’Unione Europea e
della NATO nell’ambito delle rispettive politiche di difesa e
sicurezza”, è altrettanto vero che
non si rintraccia
documento pubblico che riporti che tale direttiva sia applicata anche
dalla BNP Paribas Succursale Italia. E’ quindi
possibile, in linea di principio, che le operazioni non assumibili
dalla BNL vengano passate alla succursale italiana della BNP Paribas:
un fatto, questo, sul quale la banca dovrebbe fare chiarezza.
La necessità di questo chiarimento sta in un semplice dato di
fatto:
nel
2010 i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente sono stati i
principali acquirenti di armamenti italiani e verso i paesi di
quest’area sono state rilasciate autorizzazioni all’esportazione
per un valore complessivo di oltre 1,4 miliardi di euro, cioè più
del doppio di quelle rilasciate ai paesi europei (compresa la
Turchia): è possibile quindi che una parte di queste consistenti
operazioni sia stata assunta dalla BNP Paribas Succursale Italia. In
parole semplici, ciò che la banca dovrebbe chiarire è se quanto
afferma pubblicamente – e cioè che “
il Gruppo BNP Paribas
applica il principio dello ‘standard più elevato” (…)
applicando in alcuni casi criteri ancora più stringenti di quanto
previsto dalle legislazioni locali” (si veda: BNL,
Bilancio
della responsabilità sociale 2009, pp. 43-44) – venga di
fatto applicato non solo alla BNL, ma anche alla Succursale italiana
del BNP Paribas. Sapere con certezza che l’intero gruppo ha
adottato in Italia la direttiva emessa già dal 2003 dalla BNL
fugherebbe ogni dubbio di un eventuale “doppio standard” in uso
nelle diverse banche del gruppo presenti e operanti in Italia.
Deutsche Bank e Natixis: a quando una direttiva
sugli armamenti?
L’operatività della
Deutsche
Bank nei servizi in appoggio all’esportazione di armamenti
italiani ha visto un crescendo costante negli ultimi cinque anni: la
banca è infatti passata dai poco più di 78 milioni di euro di
operazioni assunte nel 2006 ai quasi 519 milioni del 2009 ai gia
citati 900 milioni del 2009 agli 836 milioni di euro dello scorso
anno. A fonte di questo ininterrotto aumento,
la banca non ha mai
reso noto le proprie direttive in materia di servizi all’industria
militare e le operazioni svolte per l’esportazione di armamenti.
Pur dichiarando sul
proprio
sito che “per
Deutsche Bank la Responsabilità Sociale
d'Impresa rappresenta un investimento nella società e nel suo
futuro” e che “
il
rispetto dei diritti umani è parte integrante del nostro sistema
di valori” l’applicazione di questi principi
nel
caso degli armamenti è ridotta ad una generica affermazione che
recita: “
We will not consider any involvement in transactions
connected with specific types of weapons, in particular antipersonnel
landmines, cluster bombs, or ABC weapons” (Non assumeremo alcun
coinvolgimento in operazioni connesse con tipi specifici di armi, in
particolare le mine antiuomo, bombe a grappolo, o armi ABC). Si
tratta di sistemi di armamento già banditi dalle normative
internazionali e italiane e che non riguardano il più ampio, ma non
meno controverso, settore degli “armamenti convenzionali”. In
sintesi, stante l’attuale posizione, la Deutsche Bank appare oggi
uno dei gruppi più esposti ad offrire finanziamenti all’industria
militare e servizi in appoggio al commercio di armamenti anche verso
le zone di maggior tensione del pianeta come il Nord Africa e il
Medio Oriente. L’assoluta mancanza nei suoi Rapporti della
Responsabilità sociale (
CSR
Reports) di un dettagliato
reporting delle operazioni
assunte e svolte riguardo all’esportazione di armamenti italiani
rende questo rischio ancor più evidente.
Discorso simile anche per
Natixis
che cinque anni fa ha fatto la propria comparsa nella lista
governativa per operazioni relative all’esportazione di armamenti
italiani: la banca francese è passata dai circa 700mila di euro del
2006 agli oltre 241 milioni di euro del 2008 ai quasi 283 milioni di
euro del 2010. La banca lo scorso anno ha reso noto il primo
“
Sustainable
Development Report” (
in
.pdf) nel quale annuncia che “
nel marzo 2009, Natixis ha
adottato una policy che esclude tutti i finanziamenti e gli
investimenti in società coinvolte nella produzione, commercio e
nello stoccaggio delle mine antiuomo e bombe a grappolo” (p.
18). Anche in questo caso si tratta di sistemi di armamento già
banditi dalle normative internazionali e italiane e che non
riguardano gli “armamenti convenzionali”. E’ urgente pertanto
che Natixis espliciti una direttiva per quanto riguarda tutto il
settore del finanziamento all’industria militare e i servizi
concessi al commercio di armamenti e si impegni in un preciso
reporting delle operazioni già assunte e svolte per
l’esportazione di armamenti italiani.
Si tratta di rilievi che sostanzialmente vanno applicati anche
alle altre banche estere che nel 2010 hanno ricevuto autorizzazioni
per l’esportazione di sistemi militari italiani: nello specifico a
Commerzbank
(quasi 116 milioni di euro),
Crédit
Agricole CIB (104 milioni di euro),
Société
Générale (oltre 88 milioni di euro),
Banca
UBAE (quasi 66 milioni di euro),
Banco
Bilbao Vizcaya (oltre 20 milioni di euro),
Europe
Arab Bank (quasi 13 milioni di euro) e
Barclays
Bank Plc (oltre 10 milioni di euro), le quali pur a fronte di
consistenti importi non riportano – a parte il Banco Bilbao Vizcaya
– specifiche direttive riguardo ai finanziamenti e ai servizi per
l’appoggio al commercio di armamenti.
Le banche italiane
Passando, infine, ad analizzare sinteticamente le operazioni delle
principali banche italiane va innanzitutto notata l’ulteriore
aumento del valore delle operazioni assunte da
UniCredit che
negli ultimi tre anni è passato da poco più di 122,9 milioni di
euro a oltre 146 milioni di euro a 297 milioni di euro nel 2010 (pari
al 9,8%): ho già
documentato
come la policy del principale gruppo bancario italiano sia andata
modificando negli ultimi anni e come la recente dichiarazione
sollevi più di qualche interrogativo.
Il
Banco di Brescia invece ha drasticamente ridotto il
volume di operazioni a 168 milioni di euro: dopo
il
record assoluto toccato lo scorso anno con oltre 1 miliardo e 228
milioni di euro era inevitabile una flessione anche a seguito della
contrazione degli ordinativi da parte dei paesi occidentali ai quali,
con una
policy
molto dettagliata, sostanzialmente l’istituto di credito del
gruppo UBI Banca circoscrive la propria operatività nel settore
degli armamenti.
Una buona notizia per gli attivisti è sicuramente il quasi
azzeramento delle operazioni assunte dal gruppo
IntesaSanpaolo:
si tratta infatti di solo 5 operazioni del valore di poco più
952mila euro. Un fatto che si spiega con la
policy nel settore
armamenti (
in
.pdf) definita prontamente nel luglio 2007 – cioè a pochi mesi
dalla nascita del gruppo – che stabilisce “la sospensione della
partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e
la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla
legge 185/90”: una direttiva che abbiamo già
commentato
su Unimondo. Andrebbero però attribuite al gruppo anche gli
oltre 38 milioni di euro di operazioni assunte dalla
Cassa di
Risparmio della Spezia, banca di riferimento di diverse industrie
militari locali tra cui Oto Melara:
l’ingresso
nel 2011 della Carispezia nel gruppo Cariparma FriulAdria, a sua
volta controllato da Crédit Agricole, ha sicuramente tolto un
grattacapo ai responsabili di settore del gruppo IntesaSanpaolo.
Manca l'allegato con il dettaglio delle singole
operazioni bancarie
Manca anche quest'anno il voluminoso allegato con
l’Elenco
di dettaglio delle operazioni autorizzate alle banche dal quale,
fino al 2007 si potevano apprendere non solo gli importi totali
autorizzati agli istituti di credito, ma il dettaglio delle singole
operazioni autorizzate e soprattutto
i paesi destinatari delle
operazioni bancarie: considerato che questa indebita sottrazione
è stata il
primo
atto (non legislativo ma fattivo) dell’attuale Governo Berlusconi
sarà difficile vederlo ripristinato nell'attuale legislatura.
Giorgio
Beretta
giorgio.beretta@unimondo.org
Qui sotto la tabella ufficiale delle operazioni bancarie
relative all’export di armamenti per l'anno 2010 tratta dalla
Relazione della Presidenza del Consiglio consegnata alla Camera nel
marzo 2011 (in formato .pdf)
TabelleBanche2010.pdf
2,43 MB
PER APPROFONDIRE:
Chiara Bonaiuti e Giorgio Beretta (a cura di),
Finanza
e armamenti. Istituti di credito e industria militare tra mercato e
responsabilità sociale, Edizioni Plus - Pisa University
Press, Pisa 2010, pp. 304, € 19,00.
Giorgio Beretta,
Banche: chi ha davvero disarmato?, nel
dossier del gennaio 2011 di “
Missione
Oggi” (qui
in
.pdf) che riporta una sintetica valutazione delle diverse policy
e tutti i valori delle operazioni svolte negli ultimi dieci anni
dalle principali banche italiane.
Altre informazioni sui siti:
www.banchearmate.it
e su
www.vizicapitali.org
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