venerdì 2 gennaio 2015

Discriminati in quanto Atei

Arrestati in Egitto, Tunisia, Bangladesh, Maldive, Indonesia. O equiparati ai “terroristi” in Arabia Saudita. Non è facile definirsi atei, in molti paesi. Si dirà: quelle citate sono solo nazioni di tradizione islamica. Vero: nel mondo, i tredici paesi dove essere atei può comportare la condanna a morte sono paesi in cui vige la sharia.
Ma che dire dei sette cristianissimi stati Usa in cui la legge impedisce agli atei di ricoprire un incarico pubblico? Anche in Italia i non credenti sono discriminati. La Rai fa apologia cattolica a ritmo continuo? Giusto così: la voce di chi non è cattolico non si deve ascoltare, sostiene l’Agcom.
La Chiesa cattolica investe milioni in pubblicità? Quella atea può invece essere censurata, com’è accaduto a più riprese, da Genova a Verona. L’Uaar vuole festeggiare il XX settembre? Basta che ci sia un cardinale nei paraggi e le si vieta di arrivare in piazza. E il vilipendio – ricordiamolo – è ancora reato penale. Senza che il simpatico papa argentino e gli inamovibili cardinali italiani sentano il bisogno di chiederne l’abolizione.
Si parla tanto e ovunque di cristianofobia, spesso anche di islamofobia. Nessuno le nega. Sarebbe però opportuno che chi le enfatizza parlasse, per correttezza, anche dell’estesa diffusione dell’ateofobia. Non è mai semplice essere una minoranza, si sa. Ed è per contro facile, biologicamente facilissimo, pensare soprattutto ai propri interessi. Ne dà una dimostrazione l’autorevole Enciclopedia cattolica, pubblicata a suo tempo dal Vaticano: “La massima della separazione più o meno radicale della Chiesa dallo Stato, se può sembrare il minor male là dove diverse confessioni religiose si contendono il predominio ed il governo non è tenuto da cattolici, non può non apparire oltraggiosa verso Dio là dove il cattolicesimo ha la prevalenza”.
Difficile, molto difficile trovare un’associazione atea che approvi l’ateismo di stato: il loro principio di riferimento è infatti la laicità. Un principio, quello della laicità, che rappresenta anche lo strumento per garantire non solo ogni gruppo di minoranza ma anche le maggioranze, che come la storia insegna corrono sempre il rischio di non restare più tali.
Del resto, ogni ideologia religiosa è, da qualche parte, minoranza, e avrebbe quindi altrettanto interesse a tutelare i propri correligionari. Se i leader di fede intervenissero prontamente e fermamente ogniqualvolta, in nome di quella fede, si commettono discriminazioni, il nostro mondo sarebbe un posto incommensurabilmente migliore.
L’Uaar ha appena scritto alle associazioni islamiche italiane per chiedere loro un’azione condivisa a tutela delle tante persone discriminate, o addirittura perseguitate in paesi a maggioranza islamica. Una base comune in teoria c’è: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Contiene affermazioni accettabili da tutte le persone e le organizzazioni che hanno a cuore la vita degli esseri umani. Una presa di posizione costituirebbe un segnale importante, di questi tempi. E non solo da parte degli islamici.
Raffaele Carcano, segretario Uaar-Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
(19 dicembre 2014)

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