mercoledì 5 settembre 2012

Contrabbando di sigarette


Contrabbando di sigarette


Il contrabbando dei tabacchi lavorati esteri consiste nell’introduzione clandestina di sigarette nel territorio dello Stato in violazione delle leggi doganali. L’art. 291 bis del D.P.R. 23 Gennaio 1973 n. 43 punisce chiunque introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a dieci chilogrammi convenzionali. La pena prevista è sia la multa di Euro 5,00 per ogni grammo di prodotto contrabbandato, sia la reclusione da due a cinque anni. La pena è aumentata se il contrabbando è effettuato con mezzi di trasporto appartenenti a terze persone estranee al reato. E’ previsto, inoltre, che la multa passi ad Euro 25,00 per ogni grammo di prodotto e la reclusione da 3 a 7 anni, se il reato è commesso utilizzando mezzi di trasporto fraudolentemente alterati per occultare le sigarette, se il reato è commesso facendo uso di armi o utilizzando società di persone o di capitali. L’aggravante viene contestata quando, ad esempio, il tir utilizzato per il trasporto presenti un doppio fondo ove occultare il tabacco lavorato estero o altri artifici idonei ad eludere i controlli doganali. La legge è ancora più severa se il contrabbando è gestito da una associazione costituita da tre o più persone; in tal caso, l’art. 291 quater, prevede la reclusione da tre ad otto anni per coloro che hanno costituito l’associazione per delinquere e, per i partecipanti all’associazione, la pena della reclusione da uno a sei anni. Lo Stato, quindi, punisce pesantemente il traffico di sigarette sia in termini di reclusione, sia di multa e a ciò si deve aggiungere che è sempre ordinata la confisca dei mezzi di trasporto modificati ad hoc ed utilizzati nel contrabbando.

Questo è quanto; ma la domanda è se in Italia è stato abolito il “monopolio di stato” quindi la “liberalizzazione” che vuol dire che chiunque può fabbricare e vendere sigarette come può “coesistere “ il contrabbando ? Tuttalpiù si può parlare di evasione fiscale, se chi importa tabacchi esteri paga le tasse dovrebbe essere libero di smerciare tabacco. Oggi in Italia la liberalizzazione è incompiuta e non certo per caso, evidentemente si vuole favorire qualcuno a detenere il monopolio, malgrado la presunta liberalizzazione anche se incompiuta.





I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell’economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

con il decreto legislativo n. 283 del 1998, il Ministro delle finanze pro tempore diede avvio al processo di privatizzazione e liberalizzazione dei settori produttivi e commerciali dei tabacchi lavorati, fino ad allora gestiti dall’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, mediante la creazione dell’Ente tabacchi italiani, a cui fu assegnato il compito di risanare e ristrutturare gli asset aziendali e di collocarli utilmente sul mercato;

al termine di questo breve processo, con apposita asta pubblica, nel 2002 l’Ente tabacchi italiani fu acquistato dalla British American Tobacco Italia (un’affiliata dell’omonima multinazionale inglese) per il notevole importo di oltre 2,3 miliardi di euro, tutt’oggi ricordata come l’ultima privatizzazione del decennio trascorso;

la privatizzazione di queste attività avrebbe dovuto comportare notevoli vantaggi per gli operatori del settore e, in particolare, per i rivenditori di generi di monopolio, per effetto della semplificazione dei processi distributivi e per la connessa riduzione dei costi di servizi che la liberalizzazione e l’ingresso sul mercato di una pluralità di imprese e aziende avrebbe dovuto comportare;

nell’anno 2006, perdurando una situazione di stagnazione nel processo di liberalizzazione del comparto distributivo, venne introdotta una previsione normativa per sviluppare e dare impulso decisivo al rinnovamento. Infatti, con i commi 96 e 97 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), emanata sotto l’egida del Governo Prodi, venne prevista la possibilità di creare una nuova rete distributiva dei tabacchi lavorati, costituita da oltre 300 depositi fiscali, che avrebbe potuto affiancarsi alla rete già esistente o comunque costituire una valida alternativa ad essa;

per dare stabilità al sistema della distribuzione dei tabacchi lavorati, attraverso il quale vengono raccolti annualmente oltre 13 miliardi di euro di entrate per accisa e iva, venne previsto, altresì, di agganciare i contratti di distribuzione in essere alla data di entrata in vigore della citata legge all’effettiva disponibilità degli immobili, sede dei depositi fiscali già funzionanti, per un periodo di nove anni;

le disposizioni recate dai commi 96 e 97 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 per essere operative necessitavano di semplici procedure di raccordo da individuare con due decreti attuativi che il ministero dell’economia e delle finanze e l’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato avrebbero dovuto emanare, rispettivamente entro 90 e 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge;

a distanza di oltre due anni dall’emanazione della legge finanziaria per l’anno 2007, senza peraltro che vi sia stata alcuna apparente ragione e in assenza di una norma di riferimento dei termini suddetti, l’amministrazione competente non ha ancora provveduto a dare attuazione al disposto normativo di cui trattasi, cosa che nella sostanza favorisce e continua ad avvantaggiare il monopolista di fatto della distribuzione (la società Logista Italia), con onerosi costi per il servizio di consegna a domicilio, anch’esso gestito in regime di monopolio di fatto dalla Logista;

l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato l’urgente necessità (aprile 2006) di modificare la vigente normativa, nel senso di creare le reali condizioni di accesso al mercato anche per le aziende di più piccole dimensioni e con limitati mezzi finanziari, con lo scopo di introdurre elementi di reale competitività nel sistema e per scardinare il monopolio di fatto delle multinazionali;

i numerosi passaggi di proprietà della società Logistica, che ha effettuato la distribuzione dei tabacchi lavorati in questi ultimi quattro anni in Italia (dall’Ente tabacchi italiani alla British American Tobacco Italia, dalla Bat Italia all’Altadis/Logista e da quest’ultima alla Imperial Tobacco/Logista), non hanno di fatto consentito la reale apertura del mercato della distribuzione, né, tanto meno, la rimodulazione del servizio di consegna a domicilio, il cui costo rimane elevato -: quali siano le reali ragioni della mancata emanazione, a distanza di oltre due anni, dei decreti attuativi dei commi 96 e 97 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i cui termini di emanazione (90 e 120 giorni) sono stati disattesi in assenza di un differimento normativo dei suddetti termini che avevano ed hanno tuttora natura perentoria;

se siano stati svolti accertamenti per individuare l’esistenza di eventuali responsabilità di carattere amministrativo per i ritardi suddetti;

se sia intenzione del Governo di procedere sollecitamente alla definizione e stesura della normativa in esame per addivenire sollecitamente alla tanto auspicata privatizzazione e liberalizzazione del settore distributivo dei tabacchi lavorati;

se siano state assunte iniziative volte alla revisione della normativa di settore nel senso indicato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

quali siano le iniziative che il Governo intende adottare per rilanciare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore, non ancora concluso a distanza di oltre 10 anni dal suo avvio, e per eliminare definitivamente le rendite di posizione di cui beneficia il monopolista di fatto della distribuzione.



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