Contrabbando di sigarette
Il contrabbando dei tabacchi lavorati esteri
consiste nell’introduzione clandestina di sigarette nel territorio
dello Stato in violazione delle leggi doganali. L’art. 291 bis del
D.P.R. 23 Gennaio 1973 n. 43 punisce chiunque introduce, vende,
trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato un
quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a
dieci chilogrammi convenzionali. La pena prevista è sia la multa di
Euro 5,00 per ogni grammo di prodotto contrabbandato, sia la
reclusione da due a cinque anni. La pena è aumentata se il
contrabbando è effettuato con mezzi di trasporto appartenenti a
terze persone estranee al reato. E’ previsto, inoltre, che la multa
passi ad Euro 25,00 per ogni grammo di prodotto e la reclusione da 3
a 7 anni, se il reato è commesso utilizzando mezzi di trasporto
fraudolentemente alterati per occultare le sigarette, se il reato è
commesso facendo uso di armi o utilizzando società di persone o di
capitali. L’aggravante viene contestata quando, ad esempio, il tir
utilizzato per il trasporto presenti un doppio fondo ove occultare il
tabacco lavorato estero o altri artifici idonei ad eludere i
controlli doganali. La legge è ancora più severa se il contrabbando
è gestito da una associazione costituita da tre o più persone; in
tal caso, l’art. 291 quater, prevede la reclusione da tre ad otto
anni per coloro che hanno costituito l’associazione per delinquere
e, per i partecipanti all’associazione, la pena della reclusione da
uno a sei anni. Lo Stato, quindi, punisce pesantemente il traffico di
sigarette sia in termini di reclusione, sia di multa e a ciò si deve
aggiungere che è sempre ordinata la confisca dei mezzi di trasporto
modificati ad hoc ed utilizzati nel contrabbando.
Questo è quanto; ma la domanda è se
in Italia è stato abolito il “monopolio di stato” quindi la
“liberalizzazione” che vuol dire che chiunque può fabbricare e
vendere sigarette come può “coesistere “ il contrabbando ?
Tuttalpiù si può parlare di evasione fiscale, se chi importa
tabacchi esteri paga le tasse dovrebbe essere libero di smerciare
tabacco. Oggi in Italia la liberalizzazione è incompiuta e non certo
per caso, evidentemente si vuole favorire qualcuno a detenere il
monopolio, malgrado la presunta liberalizzazione anche se incompiuta.
I sottoscritti
chiedono di interpellare il Ministro dell’economia e delle finanze,
per sapere – premesso che:
con il decreto legislativo n. 283 del 1998, il Ministro delle finanze
pro tempore diede avvio al processo di privatizzazione e
liberalizzazione dei settori produttivi e commerciali dei tabacchi
lavorati, fino ad allora gestiti dall’amministrazione autonoma dei
Monopoli di Stato, mediante la creazione dell’Ente tabacchi
italiani, a cui fu assegnato il compito di risanare e ristrutturare
gli asset aziendali e di collocarli utilmente sul mercato;
al termine di questo breve processo, con apposita asta pubblica, nel
2002 l’Ente tabacchi italiani fu acquistato dalla British American
Tobacco Italia (un’affiliata dell’omonima multinazionale inglese)
per il notevole importo di oltre 2,3 miliardi di euro, tutt’oggi
ricordata come l’ultima privatizzazione del decennio trascorso;
la privatizzazione di queste attività avrebbe dovuto comportare
notevoli vantaggi per gli operatori del settore e, in particolare,
per i rivenditori di generi di monopolio, per effetto della
semplificazione dei processi distributivi e per la connessa riduzione
dei costi di servizi che la liberalizzazione e l’ingresso sul
mercato di una pluralità di imprese e aziende avrebbe dovuto
comportare;
nell’anno 2006, perdurando una situazione di stagnazione nel
processo di liberalizzazione del comparto distributivo, venne
introdotta una previsione normativa per sviluppare e dare impulso
decisivo al rinnovamento. Infatti, con i commi 96 e 97 dell’articolo
1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007),
emanata sotto l’egida del Governo Prodi, venne prevista la
possibilità di creare una nuova rete distributiva dei tabacchi
lavorati, costituita da oltre 300 depositi fiscali, che avrebbe
potuto affiancarsi alla rete già esistente o comunque costituire una
valida alternativa ad essa;
per dare stabilità al sistema della distribuzione dei tabacchi
lavorati, attraverso il quale vengono raccolti annualmente oltre 13
miliardi di euro di entrate per accisa e iva, venne previsto,
altresì, di agganciare i contratti di distribuzione in essere alla
data di entrata in vigore della citata legge all’effettiva
disponibilità degli immobili, sede dei depositi fiscali già
funzionanti, per un periodo di nove anni;
le disposizioni recate dai commi 96 e 97 dell’articolo 1 della
legge n. 296 del 2006 per essere operative necessitavano di semplici
procedure di raccordo da individuare con due decreti attuativi che il
ministero dell’economia e delle finanze e l’amministrazione
autonoma dei Monopoli di Stato avrebbero dovuto emanare,
rispettivamente entro 90 e 120 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge;
a distanza di oltre due anni dall’emanazione della legge
finanziaria per l’anno 2007, senza peraltro che vi sia stata alcuna
apparente ragione e in assenza di una norma di riferimento dei
termini suddetti, l’amministrazione competente non ha ancora
provveduto a dare attuazione al disposto normativo di cui trattasi,
cosa che nella sostanza favorisce e continua ad avvantaggiare il
monopolista di fatto della distribuzione (la società Logista
Italia), con onerosi costi per il servizio di consegna a domicilio,
anch’esso gestito in regime di monopolio di fatto dalla Logista;
l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato
l’urgente necessità (aprile 2006) di modificare la vigente
normativa, nel senso di creare le reali condizioni di accesso al
mercato anche per le aziende di più piccole dimensioni e con
limitati mezzi finanziari, con lo scopo di introdurre elementi di
reale competitività nel sistema e per scardinare il monopolio di
fatto delle multinazionali;
i numerosi passaggi di proprietà della società Logistica, che ha
effettuato la distribuzione dei tabacchi lavorati in questi ultimi
quattro anni in Italia (dall’Ente tabacchi italiani alla British
American Tobacco Italia, dalla Bat Italia all’Altadis/Logista e da
quest’ultima alla Imperial Tobacco/Logista), non hanno di fatto
consentito la reale apertura del mercato della distribuzione, né,
tanto meno, la rimodulazione del servizio di consegna a domicilio, il
cui costo rimane elevato -: quali siano le reali ragioni della
mancata emanazione, a distanza di oltre due anni, dei decreti
attuativi dei commi 96 e 97 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre
2006, n. 296, i cui termini di emanazione (90 e 120 giorni) sono
stati disattesi in assenza di un differimento normativo dei suddetti
termini che avevano ed hanno tuttora natura perentoria;
se siano stati svolti accertamenti per individuare l’esistenza di
eventuali responsabilità di carattere amministrativo per i ritardi
suddetti;
se sia intenzione del Governo di procedere sollecitamente alla
definizione e stesura della normativa in esame per addivenire
sollecitamente alla tanto auspicata privatizzazione e
liberalizzazione del settore distributivo dei tabacchi lavorati;
se siano state assunte iniziative volte alla revisione della
normativa di settore nel senso indicato dall’Autorità garante
della concorrenza e del mercato;
quali siano le iniziative che il Governo intende adottare per
rilanciare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del
settore, non ancora concluso a distanza di oltre 10 anni dal suo
avvio, e per eliminare definitivamente le rendite di posizione di cui
beneficia il monopolista di fatto della distribuzione.
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