venerdì 16 novembre 2012

Camera dei Deputati Dossier: Riforma delle professioni (AA.C. 3, 503, 1553, 1590, 1934, 2077 e 2239)



Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione
per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive , Ufficio Rapporti
con l'Unione Europea
Titolo: Riforma delle professioni - AA.C. 3, 503, 1553, 1590, 1934, 2077
e 2239 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3/XVI AC N. 503/XVI
AC N. 1553/XVI AC N. 1590/XVI
AC N. 1934/XVI AC N. 2077/XVI
AC N. 2239/XVI
Serie: Progetti di legge Numero: 178
Data: 09/06/2009

COLLEGI E ORDINI
PROFESSIONALI
LIBERI
PROFESSIONISTI
RESPONSABILITA '
PROFESSIONALE
Organi della
Camera:
II-Giustizia
X-Attività produttive, commercio e turismo
Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
Documentazione per l’esame di
P r o g e t t i d i l e g g e
Riforma delle professioni
AA.C. 3, 503, 1553, 1590, 1934, 2077
e 2239
Schede di lettura
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 1 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
n. 178
9 giugno 2009
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 2 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Servizio responsabile:
SERVIZIO STUDI – Dipartimenti giustizia e attività produttive
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contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.
Per l’esame congiunto, presso le Commissioni II (Giustizia) e X (Attività produttive), dell’A.C. 3 e abb.
“Riforma delle professioni”, sono stati predisposti i seguenti dossier:
- n. 178/0 (Elementi per l’istruttoria legislativa)
- n. 178 (Schede di lettura)
- n. 178/1 (Riferimenti normativi e documentazione)
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione
interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina
ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla
legge.
File: GI0159.doc
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 3 di 81
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I N D I C E
SCHEDE DI LETTURA
Quadro normativo
Professioni intellettuali: principi generali
Le professioni regolamentate
Struttura degli ordini professionali
L’indagine conoscitiva sulle professioni dell’A.G.C.M. (marzo 2009)
L’attuazione della direttiva qualifiche
Normativa comunitaria
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione
europea)
Procedure di contenzioso (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)
Il contenuto delle proposte di legge
Principi generali: la distinzione tra professioni strutturate in ordini e professioni
strutturate in associazioni
Le professioni di interesse generale (o ordinistiche)
L’esercizio della professione in forma societaria e associata
Le deleghe al Governo
Le disposizioni transitorie
Le professioni non regolamentate
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Schede di lettura
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QUADRO NORMATIVO
Professioni intellettuali: principi generali
La base normativa generale della disciplina in materia di professioni è rappresentata dagli
articoli 2229-2238 del codice civile.
L’art. 2229 c.c. prescrive che “la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio
delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”; dalla formulazione della
disposizione, da un lato, si desume che la connotazione di intellettuale rispetto ad una
professione è implicita in quelle attività per il cui svolgimento è necessaria l’iscrizione in albi;
dall’altro, non si escludono professioni intellettuali per le quali l’iscrizione all’albo non è
condizione necessaria.
A conferma di tale considerazione, l’art. 2231 c.c. non concede azione a chi abbia svolto
attività professionale non essendo iscritto, solo ove richiesto, ad un albo o elenco.
Il successivo art. 2232 c.c. fornisce elementi più significativi ai fini di una ricostruzione della
natura dell’attività in esame nella parte in cui precisa che il prestatore d’opera deve eseguire
personalmente l’incarico assunto; la norma specifica altresì che il prestatore può avvalersi di
sostituti e ausiliari, sempre sotto la propria direzione e responsabilità, se la collaborazione di altri
è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.
La più recente dottrina, evidenziando la difficoltà di ricondurre ad unità la nozione di professione
intellettuale, ritiene insufficiente l'individuazione delle professioni intellettuali in base al carattere della
prestazione, ossia in base alla prevalenza dell’attività intellettiva rispetto all’eventuale lavoro manuale.
Analogamente, appare riduttivo riferire l’esercizio di tali professioni esclusivamente all’area del lavoro
autonomo; posto che prestazioni che consistono nell’esercizio di una professione intellettuale possono
essere dedotte in un contratto di lavoro, essere cioè oggetto di un rapporto di lavoro subordinato.
In assenza di una definizione generale di professione intellettuale, si può affermare che la
professione intellettuale è di volta in volta caratterizzata dalla natura dell’attività svolta e
che lo stesso termine professione indica una posizione lavorativa tecnicamente specificata e
connessa ad uno svolgimento abituale della stessa da parte del prestatore d’opera.
Allo stato, non esiste (a parte naturalmente alcune norme comuni[1]) una disciplina unica e
generale per tutte le professioni.
Alcuni principi generali in materia sono stati, tuttavia, individuati dal decreto legislativo 2
febbraio 2006, n. 30[2], con il quale è stata esercitata la delega contenuta nella cd. legge La
Loggia[3]per la ricognizione dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti nelle
materie attribuite alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni (tra cui, in base
all’articolo 117, terzo comma, Cost., rientrano le professioni).
Particolarmente nutrito, dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001, il contenzioso
costituzionale tra Stato e Regioni in materia di potestà legislativa concorrente sulle attività professionali.
La giurisprudenza costituzionale è, in generale, costante nell'affermare che la potestà legislativa
regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo
carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la
disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale
principio si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale. Da ciò deriva che
non è nei poteri delle Regioni dare vita a nuove figure professionali Tra le più recenti sentenze della
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Consulta che hanno colpito con pronunce di illegittimità costituzionale disposizioni regionali, si ricordano:
C. Cost. n. 353/2003 (legge reg. Piemonte n. 25/2002, recante istituzione di nuove professioni sanitarie
relative a pratiche terapeutiche non convenzionali nonché di un apposito registro regionale); C. Cost. n.
355/2005 e n. 57/2007 (rispettivamente, legge reg. Abruzzo n. 17/2003 e legge reg. Marche 28/2005,
entrambe istitutive del registro regionale degli amministratori di condominio); C.Cost. n. 424/2005 e
40/2006 (rispettivamente, legge reg. Piemonte n. 13/2004 e reg. Liguria n. 18/2004, entrambe istitutive del
registro per gli operatori delle discipline bionaturali per il benessere); C. Cost. n. 153/2006, (legge reg.
Piemonte n. 1/2004, recante istituzione di nuove figure professionali nei servizi sociali); C. Cost. n.
424/2006 (legge reg. Campania n. 18/2005, istituitiva della figura professionale di musicoterapista);C. Cost.
n. 17/2008 (legge Reg. Liguria N. 34/2002, istitutiva della professione di massaggiatore sportivo).
L’attribuzione al Governo di tale compito, per espressa disposizione della legge la Loggia,
avviene “in sede di prima applicazione”, e il suo scopo è quello di “orientare l’iniziativa legislativa
dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i
nuovi princìpi fondamentali”; spetterà quindi al Parlamento individuare con proprie leggi i
nuovi princìpi fondamentali, avendo l’attività delegata al Governo natura meramente
ricognitiva e, conseguentemente, carattere provvisorio e contingente.
Sulla legge delega è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale 13 luglio 2004, n. 280 che ha
dato una lettura minimale della delega definita “meramente ricognitiva” e finalizzata a un “primo
orientamento” dell’attività legislativa di Stato e Regioni.
Il citato decreto legislativo n. 30 del 2006 esclude dal suo ambito di applicazione alcune
specifiche discipline che, pur riconducibili alla stessa materia, ineriscono a interessi unitari e
afferiscono alla potestà esclusiva dello Stato ovvero: la formazione professionale universitaria; la
disciplina dell'esame di Stato previsto per l'esercizio delle professioni intellettuali, nonché i titoli,
compreso il tirocinio, e le abilitazioni richiesti per l'esercizio professionale; l'ordinamento e
l'organizzazione degli Ordini e dei collegi professionali; gli albi, i registri, gli elenchi o i ruoli
nazionali previsti a tutela dell'affidamento del pubblico; la rilevanza civile e penale dei titoli
professionali; il riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso alle professioni, di quelli
conseguiti all'estero.
I principi fondamentali dettati in materia di professioni sono i seguenti:
_ Tutela della libertà professionale (articolo 2): l'esercizio della professione, quale
espressione del principio della libertà di iniziativa economica, è tutelato in tutte le sue forme e
applicazioni, purché non contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume.
Le regioni non possono adottare provvedimenti che ostacolino l'esercizio della professione. È
sancito il divieto di ogni discriminazione derivante da ragioni razziali, sessuali, politiche,
religiose e in genere da qualsiasi condizione personale o sociale, secondo quanto stabilito
dalla disciplina statale e comunitaria in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Anche
l'attività professionale esercitata nelle forme del lavoro dipendente deve svolgersi secondo
specifiche disposizioni normative che assicurino l'autonomia del professionista. Si stabilisce
che le associazioni rappresentative di professionisti che non esercitano attività regolamentate
o tipiche di professioni disciplinate ai sensi dell'articolo 2229[4] del codice civile, se in
possesso dei requisiti e nel rispetto delle condizioni prescritte dalla legge per il conseguimento
della personalità giuridica, possono essere riconosciute dalla regione nel cui ambito territoriale
si esauriscono le relative finalità statutarie.
_ Tutela della concorrenza e del mercato (articolo 3). L'esercizio della professione si
svolge nel rispetto della disciplina statale della tutela della concorrenza (ivi compresa quella
delle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela di interessi pubblici costituzionalmente
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garantiti o per ragioni imperative di interesse generale), della riserva di attività professionale,
delle tariffe e dei corrispettivi professionali, nonché della pubblicità professionale. La norma
equipara l’attività professionale esercitata in forma di lavoro autonomo a quella d’impresa, ai
fini della applicazione della disciplina in materia di concorrenza, di cui agli artt. 81, 82 e 86 del
Trattato CE[5], salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali.
Sono ammessi gli interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali,
secondo le rispettive competenze di Stato e Regioni, nel rispetto della normativa comunitaria.
_ Princìpi relativi all’accesso alle professioni (articolo 4): l'accesso all'esercizio delle
professioni è libero, nel rispetto delle specifiche disposizioni di legge. Relativamente alle
attività professionali per l’esercizio delle quali sia richiesta una specifica preparazione, a
garanzia di finalità tutelate dallo Stato, debbono essere rispettati i requisiti tecnicoprofessionali
e la definizione dei titoli stabiliti dalla legge statale. I titoli professionali rilasciati
dalla regione nel rispetto dei livelli minimi uniformi di preparazione stabiliti dalle leggi statali,
consentono l'esercizio dell'attività professionale anche fuori dei limiti territoriali regionali.
_ Princìpi per la regolazione delle attività professionali (articolo 5): si individuano alcuni
princìpi cui la regolazione delle attività professionali dovrà ispirarsi: tutela della buona fede,
affidamento del pubblico e della clientela, correttezza, tutela degli interessi pubblici,
ampliamento e specializzazione dell'offerta dei servizi, autonomia e responsabilità del
professionista. Il decreto dispone poi l’applicazione, a favore delle Regioni a statuto speciale e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano, di forme di autonomia più ampie rispetto a
quelle già attribuite (ciò sino all'adeguamento degli statuti).
Una disposizione di rinvio (art. 7) prevede, infine, che i princìpi fondamentali individuati nel
decreto legislativo si applicano a tutte le professioni, restando comunque fermi quelli
riguardanti specificamente singole professioni.
Le professioni regolamentate
Tradizionalmente – in assenza di una definizione di legge - come professioni regolamentate
si sono intese quelle per le quali lo Stato attraverso leggi o regolamenti definisce i criteri minimi di
esercizio, dettando una specifica disciplina di accesso; ci si riferisce, sostanzialmente, a tutte le
professioni intellettuali organizzate in ordini o collegi e per il cui esercizio è, di regola, obbligatorio
l’iscrizione in albi.
La regolamentazione da parte dello Stato si realizza, solitamente, mediante:
- l’individuazione di uno specifico titolo di studio:
- l’obbligo dell’espletamento di un determinato periodo di tirocinio o praticantato;
- il superamento di un esame di Stato;
- l'iscrizione ad un Albo o Collegio professionale
Il D.Lgs 206 del 2007, di attuazione della cd. direttiva qualifiche 2005/36/CE (v. infra) fornisce,
ora all’art. 4 una precisa definizione di professione regolamentata.
Tale definizione comprende:
• l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o
Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione è subordinata al
possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità;
• i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o
regolamentari, al possesso di qualifiche professionali;
• l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una
qualifica professionale;
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• le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una qualifica professionale è
condizione determinante ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso;
• le professioni esercitate dai membri di un'associazione o di un organismo di cui all'Allegato 1.
Da tale definizione di derivazione comunitaria si desume quindi che non tutte le professioni
regolamentate presuppongono l’iscrizione obbligatoria ad un ordine. Ne consegue che, per le
professioni regolamentate non organizzati in ordini, la forma di aggregazione rappresentativa non
può che essere quella associativa.
Le professioni non regolamentate, invece, sono quelle il cui esercizio non è vincolato al
possesso né di alcun requisito né di specifica formazione, se non quelli stabiliti dal Codice civile.
Albo professionale: funzione e requisiti d’iscrizione
L'esercizio delle professioni per le quali sia previsto un ordine è riservato agli iscritti in
apposito albo: all'iscrizione consegue automaticamente l'appartenenza al gruppo professionale.
Peraltro, se il concetto stesso di ordine (o collegio) professionale implica quale necessario
presupposto quello di un albo, vi sono albi, ruoli, registri ed elenchi tenuti da ministeri o altre
pubbliche amministrazioni cui non sovrintende alcun ordine professionale: in questi casi, i ruoli
hanno generalmente una mera funzione informativa.
L'albo adempie ad una funzione di certezza legale circa il numero e la condizione degli
iscritti e a quella di garanzia circa il possesso delle qualità richieste per l'attività professionale;
nei confronti del singolo professionista l'iscrizione all'albo - con il rispetto delle modalità imposte
dall'ordinamento professionale - costituisce titolo di legittimazione all'esercizio della professione.
Quest'ultimo principio si trova enunciato nel citato art. 2229 c.c. L'art. 33, quinto comma,
Cost. stabilisce che "è prescritto un esame di Stato […] per l'abilitazione all'esercizio
professionale"; la previsione di un esame di Stato si riscontra talvolta anche per l'esercizio di
attività o professioni non rientranti tra quelle in esame, in quanto non governate da un ordine o
collegio.
La funzione informativa assolta dall'albo richiede un suo regolare e periodico aggiornamento,
cui presiede l'organo consiliare locale.
I requisiti di iscrizione possono classificarsi come segue:
_ requisiti di cittadinanza (oltre a quella italiana ed a quella di Stato con cui viga un trattamento
di reciprocità deve ora aggiungersi quella di Stato membro della Unione Europea, anche se
tale indicazione non è esplicitata nei singoli statuti professionali);
_ requisiti di moralità e condotta (assenza di condanne penali, buona condotta, godimento dei
diritti civili e politici);
_ requisiti di età (minima, di regola);
_ requisiti professionali (titolo di studio e abilitazione professionale, conseguente al compimento
di un periodo di tirocinio presso un professionista iscritto all'albo o, talora, anche ad albo di
altra analoga professione, e al superamento di un esame di Stato).
Il tirocinio o pratica professionale concerne lo svolgimento di attività professionale sotto la guida e la
direzione di un professionista iscritto all'albo (di regola con una anzianità minima d'iscrizione): talvolta però
gli ordinamenti parificano a detta pratica anche la prestazione di attività tecnica subordinata con le
mansioni proprie della specializzazione conseguita, ovvero la frequenza di apposite scuole di formazione.
L'esame di Stato mira all'accertamento della sussistenza nel candidato delle conoscenze tecnicoprofessionali
o culturali necessarie per l'esercizio della professione: esso può consistere in prove teoriche e
pratiche, scritte ed orali. L'accertamento stesso è rimesso ad una apposita commissione d'esame, di
nomina ministeriale, ma della quale fanno parte anche membri scelti dai rispettivi ordini professionali.
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Gli albi possono essere divisi in sezioni differenti in ragione del diverso grado di capacità e
competenza acquisita mediante il percorso formativo; talvolta sono disposti albi o elenchi diversi
per titoli professionali diversi, pur sottoposti allo stesso ordine professionale.
In proposito, si ricorda che la ridefinizione degli ordinamenti didattici universitari introdotta dall’art. 17, c.
95, della l. n. 127 del 1997[6] e dal DM n. 509 del 1999[7] ha previsto che le università rilascino titoli di
primo e di secondo livello: la laurea, conseguita al termine di un percorso di studi di durata triennale, e la
laurea specialistica (ora, magistrale, ai sensi del DM n. 270 del 2004[8]), conseguita al termine di un
percorso di ulteriori due anni (cosiddetto 3+2).
Tale riordino ha posto il problema di ridisciplinare l’accesso agli ordini professionali[9], sicché è stato
emanato il DPR n. 328 del 2001, che modifica ed integra la disciplina dei requisiti per l’ammissione
all’esame di Stato e delle relative prove per le professioni di dottore agronomo e dottore forestale,
agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito
agrario, perito industriale, psicologo (D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328).
La principale modifica introdotta dal D.P.R. 328/2001 ha riguardato l’istituzione negli albi professionali
dei dottori agronomi e dei dottori forestali, degli architetti, degli assistenti sociali, degli attuari, dei biologi,
dei chimici, dei geologi, degli ingegneri e degli psicologi di due sezioni che individuano ambiti professionali
diversi in relazione al diverso grado di capacità e competenza acquisita mediante il percorso formativo: alla
sezione A si accede, previo esame di Stato, con il titolo di laurea specialistica; alla sezione B, previo
esame di Stato, con il titolo di laurea. L’art. 5 del D.P.R. n. 328 del 2001 prevede inoltre che coloro che
hanno titolo per accedere all’esame di Stato per la sezione A possono accedere anche all’esame di Stato
per la sezione B.
Vi sono poi elenchi speciali annessi agli albi, in cui sono iscritti professionisti cui è consentito
un esercizio più esteso della professione (es. albo degli avvocati cassazionisti) ovvero
professionisti ai quali è consentita un'attività più limitata; sussistono talvolta anche elenchi
speciali di professionisti che versino in condizioni di incompatibilità. Altro elenco ancora è il
registro dei praticanti, ove previsto. L'iscrizione all'albo del luogo di residenza legittima, di regola,
l'attività professionale in tutto il territorio nazionale.
In mancanza di iscrizione all’albo, l’esercizio della professione è qualificato abusivo;di
conseguenza, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non dà azione per il pagamento della
retribuzione (art. 2231 c.c.) e, ricorrendone gli estremi (in particolare la continuità delle
prestazioni), risulta integrato il reato di cui all'art. 348 c.p. (esercizio abusivo della
professione). Se l'attività professionale è prestata con contratto di lavoro subordinato, invece, si
applicherà l'art. 2126 c.c. sulla prestazione del lavoro di fatto, in quanto norma favorevole al
prestatore di lavoro dipendente.
Incompatibilità
Le cause di incompatibilità possono essere così raggruppate, a seconda dello status dei
soggetti:
_ pubblico impiego. Tale causa di incompatibilità è stata profondamente modificata dalla
disciplina introdotta dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662[10] (art. 1, commi 56, 56 bis e 57),
poi integrata dall’art. 6, comma 2, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 (conv. dalla legge 28 maggio
1997, n. 140). In particolare, il comma 56-bis ha abrogato (tutte) le disposizioni che vietano
l’iscrizione in albi professionali dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di
lavoro part-time non superiore al 50 per cento. Si richiama, tuttavia, per gli avvocati la legge
25 novembre 2003, n. 339, che ha stabilito l'inapplicabilità delle disposizioni sopracitate e la
permanenza del regime di cui al R.D. 27 novembre 1933, n. 1578, che prevede
l'incompatibilità della professione di avvocato con qualsiasi impiego o ufficio pubblico salvo
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alcune eccezioni espressamente stabilite. La ratio di tale intervento normativo va rinvenuta
nell'esigenza di salvaguardare l'indipendenza della funzione del difensore. In talune ipotesi è
comunque consentita ai professionisti pubblici dipendenti l'iscrizione in elenchi speciali (es.:
avvocati degli uffici legali degli enti pubblici: art. 3, co. 4, lett. b), RDL 1578/33) o l'annotazione
del loro status nell'albo, al fine di permettere lo svolgimento delle sole prestazioni consentite
dal rispettivo statuto d'impiego;
_ esercizio di altra professione retta da un ordine professionale;
_ esercizio di attività commerciali o industriali.
Queste due ultime cause d'incompatibilità sono poste per evitare possibili conflitti d'interesse.
Tariffe
L'ordinamento generale dello Stato spesso demanda all'ordinamento particolare delle singole
professioni il compito di individuare i compensi dovuti al professionista per lo svolgimento della
propria attività.
Tale compito è assolto mediante l'elaborazione di tariffe, che riportano, per ogni attività astrattamente
realizzabile nell'adempimento del mandato professionale, l'indicazione di un compenso minimo e di uno
massimo. All'interno di tale "forchetta", il professionista determina, con un margine di discrezionalità,
l'onorario applicabile al caso concreto. E' anche possibile che la tariffa contenga, in luogo della citata
"forchetta", l'indicazione di compensi fissi.
Le tariffe possono essere inderogabili o meno. Nel caso in cui esse non lo siano, la loro funzione è
sostanzialmente quella di un suggerimento che l'ente esponenziale della professione rivolge ai propri
membri in merito ai prezzi praticabili. Le tariffe sono invece inderogabili laddove ciò sia espressamente
previsto dalla legge, da un atto regolamentare, dal codice deontologico o da altra fonte interna alla singola
professione e laddove alla deroga da parte del professionista sia ricollegata una sanzione. L'inderogabilità
può riguardare il compenso minimo, il compenso massimo o entrambi.
Sulla materia delle tariffe professionali, va segnalato il significativo intervento della cd. legge
Bersani (legge 248 del 2006, di conversione del decreto-legge 223 del 2006[11])
Con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, l’articolo 2 del provvedimentoha
abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l'obbligatorietà di tariffe
fisse o minime[12] e l’impossibilità di pattuire compensi parametrati al raggiungimento
degli obiettivi perseguiti.
In generale, la possibilità di variare il compenso dovuto al professionista sulla base del risultato
raggiunto veniva tradizionalmente ritenuta non coerente con un ordinamento in cui l'obbligazione del
professionista intellettuale è considerata come un'obbligazione di mezzi e non di risultato.
La legge Bersani, novellando l'articolo 2233 del codice civile, sancisce la nullità, in mancanza
di redazione in forma scritta, dei patti, conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro
clienti, che stabiliscono i compensi professionali. In base alla nuova formulazione, risulta quindi
soppresso il divieto del cosiddetto patto di quota-lite, di cui al terzo comma del previgente
articolo 2233 del codice civile. Tale disposizione completa, dunque, la previsione relativa
all’abrogazione dei divieti di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi
perseguiti.
La precedente formulazione di tale disposizione prevedeva che “Gli avvocati, i procuratori e i
patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai
beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni”
[13]
.
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Altra norma di interesse della legge Bersani era l’articolo 35, comma 12, che integrava il contenuto
dell’articolo 19 (Scritture contabili degli esercenti arti e professioni) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
(Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi). Ai fini della tracciabilità dei
compensi, gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata, erano obbligati a tenere uno o più
conti correnti bancari o postali, in cui far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i
prelevamenti per il pagamento delle spese. Il successivo comma 12-bis, agli stessi fini, disponeva che i
relativi compensi in denaro - salvo per importi unitari inferiori a 100 euro - venissero riscossi
esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento
bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico.
Dopo che con il D.M. 3 ottobre 2007 si era proceduto all’individuazione dei soggetti esonerati
dall'obbligo della tracciabilità dei pagamenti e che la legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2007) era
intervenuta con una norma transitoria (art. 1, comma 69) che ne differiva i tempi di applicazione; la
manovra finanziaria per il 2009 (D.L 112/2008, convertito dalla L. 133/2008), ha abrogato l’intera
disciplina sulla tracciabilità dei compensi professionali (art. 32).
Società tra professionisti
L’articolo 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di
assistenza e consulenza), stabiliva il divieto di costituire, esercitare e dirigere, sotto qualsiasi
forma diversa da quella della associazione tra professionisti (di cui all’articolo 1 della medesima
legge), società, istituti, uffici, agenzie od enti, i quali abbiano lo scopo di dare, anche
gratuitamente, ai propri consociati od ai terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia
tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria. Tale divieto era legato ad una
particolare concezione delle attività professionali intellettuali, sottoposte a parametri di controllo,
quale l’iscrizione all’albo, tali da conferire ad esse la caratteristica di “professioni protette”.
La legge 7 agosto 1997, n. 267 (Interventi urgenti per l’economia), all’art. 24 ha disposto
l’abrogazione dell’articolo 2 della legge n. 1815 del 1939; in tal modo è venuto meno il divieto
di costituire società tra professionisti. Il comma 2 della norma citata demandava la concreta
disciplina di tali società ad un regolamento di concerto tra il Ministro della Giustizia e il Ministro
dell’industria, mai emanato[14].
Peraltro, in attuazione della legge comunitaria 1999[15], è stato emanato il decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 96[16], che disciplina anche l'esercizio della professione di
avvocato in forma collettiva.
A seguito del decreto legislativo, quindi, gli avvocati UE possono dare vita a una società che deve
essere iscritta in una sezione speciale dell'Albo e del Registro delle imprese e avere per oggetto l'attività di
difesa in giudizio e la consulenza legale. La disciplina fa comunque salva la responsabilità personale e
illimitata da parte dell'avvocato-socio per l'attività professionale svolta in esecuzione del mandato affidatogli
dal cliente.
Più recentemente, va segnalato l’intervento della citata legge Bersani n. 248 del 2006, che ha
abrogato le disposizioni di legge e di regolamento che prevedono per le attività libero
professionali e intellettuali il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo
interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Ciò, fermo
restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il
medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione
deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale
responsabilità.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 12 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Pubblicità
I Codici deontologici professionali hanno costantemente previsto il divieto di pubblicizzare
l’attività professionale, nonostante la direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE – recepita
nel nostro ordinamento con il D.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 – ha introdotto il generale principio
della legittimità della pubblicità nelle professioni regolamentate.
L’art. 10 del decreto afferma, infatti, che “l'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un
servizio della società dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione
regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare,
all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti
e colleghi”.
La più volte richiamata legge Bersani ha abrogato il divieto, anche parziale, di svolgere
pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del
servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, richiamando tuttavia
criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine.
Codici deontologici
I codici deontologici rappresentano un corpus di norme di autodisciplina predeterminate dalla
professione e come tali vincolanti per gli iscritti all'ordine, che a quelle norme devono adeguare la
loro condotta professionale.
L’art. 2 della legge Bersani aveva fissato il termine del 1° gennaio 2007 per l’adeguamento
delle norme deontologiche e pattizie e dei codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni
in materia di tariffe, pubblicità ed esercizio della professione in forma associata, anche con
l'adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali alla nuova disciplina in
materia (su cui cfr. sopra). In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data,
le norme in contrasto con le nuove prescrizioni venivano considerate nulle.
Sull’effettivo adeguamento dei Codici deontologici professionali alle prescrizioni della legge Bersani una
recente indagine conoscitiva dell’Antitrust (marzo 2009, v. infra) rileva un atteggiamento di sostanziale
chiusura degli ordini alle istanze di modernizzazione richieste, da oltre dieci anni, dall’orientamento antitrust
nazionale e comunitario.
Sul punto, si richiama, inoltre, la Direttiva Servizi 2006/123/CE (cd. direttiva Bolkenstein, v.
infra) - che dovrà essere recepita entro la fine del 2009 – che prevede l’obbligo di conformare i
codici di condotta ai principi comunitari e invita gli Stati membri ad “incoraggiare gli operatori del
settore ad elaborare, nel rispetto del diritto comunitario, codici di condotta a livello comunitario”.
Struttura degli ordini professionali
La funzione di governo autonomo della categoria professionale si riflette poi
sull'organizzazione interna dei singoli ordini o collegi, caratterizzata sia dall'elettività degli organi,
sia dalle competenze degli stessi.
Le organizzazioni professionali si distinguono in ordini e in collegi a seconda che, per
l'esercizio della professione, occorra avere conseguito una laurea o un diploma universitario
ovvero un diploma (art. 1, RDL 24 gennaio 1924, n. 103); tale distinzione vale come principio,
sussistendo rilevanti deroghe.
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http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
La struttura degli ordini e collegi professionali è ricavabile dai singoli ordinamenti professionali
e, per le categorie in esso contemplate, dal D.lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 382, sulla
ricostituzione su basi democratiche degli ordini e collegi professionali.
Di regola ogni ordinamento è caratterizzato da una struttura decentrata e da un organo
nazionale con funzioni di coordinamento. Le articolazioni periferiche sono a base circoscrizionale,
provinciale, regionale o altro.
Taluni ordinamenti professionali, inoltre, impongono un numero minimo di iscritti ad ogni albo
locale, pena l'accorpamento di più circoscrizioni.
Gli Ordini ed i Collegi professionali esercitano poteri pubblicistici (disciplinari, tariffari,
normativi) e sono dotati di personalità giuridica.
Ordini locali
A livello periferico, sono organi dell'ordine l'assemblea degli iscritti, il consiglio, il presidente, il
vicepresidente, il segretario, il tesoriere e, ove previsto, il collegio dei revisori dei conti.
L'assemblea è costituita dal complesso degli iscritti all'albo della circoscrizione (ne sono
esclusi i praticanti) e ad essa compete anzitutto l'elezione dei membri del consiglio locale.
Altre funzioni dell'assemblea sono, di regola, l'approvazione annuale dei bilanci preventivi e
dei conti consuntivi presentati dal consiglio. Oltre che per adempiere a tali funzioni, l'assemblea è
convocata quando ne faccia richiesta la maggioranza del consiglio ovvero una quota degli iscritti.
Ai singoli statuti professionali si deve rinviare per quanto attiene alle norme relative alla
costituzione dell'assemblea ed alle sue modalità di funzionamento.
Il consiglio è invece organo prevalentemente amministrativo dell'ordine ed è composto da un
numero di membri variabile a seconda degli ordinamenti professionali ed a seconda del numero
degli iscritti all'albo locale. I consiglieri sono eletti dall'assemblea, appositamente convocata dal
presidente del consiglio dell'ordine locale, e durano in carica per un periodo di due o tre anni
(secondo le previsioni dei singoli ordinamenti professionali).
Il diritto di elettorato passivo spetta di regola a tutti gli iscritti all'albo, ma è previsto talvolta il
requisito di una minima anzianità di iscrizione. Risultano eletti i candidati che abbiano ottenuto la
maggioranza assoluta dei voti: se ciò non si verifica, per tutti o alcuni posti, si procede ad una
nuova votazione; si rinvia comunque alle norme degli statuti professionali per quanto attiene ai
procedimenti elettorali.
Il consiglio esercita numerose funzioni, che possono sinteticamente definirsi:
_ amministrative dell'ente;
_ di vigilanza sull'esercizio professionale e sul rispetto delle norme deontologiche, e
conseguentemente disciplinari, caratterizzate dall'applicazione di sanzioni graduate e dalla
definizione del giudizio disciplinare in base a norme deontologiche proprie del singolo
ordinamento professionale;
_ tributarie, determinando - nei limiti posti dal Consiglio nazionale - e riscuotendo i contributi e le
tasse a carico degli iscritti, finalizzati alla copertura delle spese;
_ di espressione di parere in ordine alle controversie sulla liquidazione degli onorari.
Il presidente, il vicepresidente, il segretario ed il tesoriere sono eletti dai consigli tra i propri
componenti. Il presidente ha funzioni di rappresentanza legale del consiglio, il segretario svolge
funzioni organizzative ed il tesoriere esercita competenze attinenti alla gestione finanziaria
dell'ente.
Alcuni ordinamenti professionali prevedono inoltre il collegio dei revisori dei conti, al quale è
attribuito il controllo sulla gestione finanziaria operata dal consiglio e la verifica dei bilanci
preventivi e dei conti consuntivi. Talvolta si prevede, anziché un collegio, un singolo revisore dei
conti.
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http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
L'ordine nazionale
L'organo nazionale di ogni ordine è il Consiglio nazionale, composto da un numero di membri
variabile a seconda dell'ordine professionale (generalmente 11: v. art. 10 D.lgs.lgt 382/44), di
regola eletti - ogni tre anni - dai consigli degli ordini o collegi locali.
Al Consiglio nazionale sono attribuiti compiti:
_ di vigilanza e di coordinamento dell'attività dei consigli locali;
_ di formazione professionale e di elaborazione della deontologia professionale;
_ di vigilanza sull'esercizio della professione e di decisione sui ricorsi avverso le pronunzie in
materia disciplinare assunte dai consigli locali;
_ di decisione sui ricorsi avverso le pronunzie assunte dai consigli locali in materia di iscrizione
e cancellazione dagli albi e sui ricorsi presentati in materia di elezioni degli organi di governo
dell'ordine;
_ di determinazione delle tariffe professionali, da approvarsi dal ministro vigilante (talvolta il
procedimento è più complesso);
_ di consulenza, su richiesta del ministro vigilante, sugli schemi di provvedimenti normativi
riguardanti la professione,
_ di designazione dei rappresentanti dell'ordine professionale presso enti, commissioni e
pubbliche amministrazioni;
_ di consulenza al ministro vigilante in ordine ai provvedimenti di scioglimento degli organi locali;
_ normativi (predisposizione dei regolamenti interni di procedura da approvarsi dal ministro
vigilante).
L'appartenenza al Consiglio nazionale è di regola incompatibile con quella ai consigli locali.
Ogni Consiglio elegge poi - di regola - Presidente, vicepresidente, segretario e tesoriere; talvolta
è previsto, anche a livello nazionale, un collegio di revisori dei conti.
Rapporti con altri soggetti pubblici
Gli ordini professionali sono posti sotto la vigilanza di un'amministrazione dello Stato. Tale
vigilanza è attribuita nella maggioranza dei casi al Ministero della giustizia. Si tratta di una forma
di controllo amministrativo sugli enti - ordini professionali, in funzione di tutela degli interessi
pubblici connessi con l'esercizio delle professioni.
Il controllo sugli organi può concretarsi nell'emanazione di decreti di scioglimento dei consigli
locali per gravi motivi, impossibilità di funzionamento, violazione dei doveri, previo parere non
vincolante del rispettivo Consiglio nazionale.
Con lo scioglimento, il Ministro della giustizia può nominare un commissario straordinario per
l'amministrazione dell'ente e per le elezioni. I rapporti tra ordini e pubbliche amministrazioni sono
molteplici: sono previsti pareri dei Consigli nazionali al ministro vigilante (sui provvedimenti
normativi che interessano la professione, sui provvedimenti relativi allo scioglimento,
accorpamento o creazione di ordini locali, ecc), designazioni da parte dei Consigli stessi dei
rappresentanti presso enti ed organi nazionali ed internazionali e comunicazioni delle decisioni
dei consigli sui ricorsi e di copia degli albi (al ministro vigilante ed alla magistratura).
Previdenza
La previdenza a favore dei professionisti è affidata - solo per alcuni ordini - ad apposite casse
speciali autonome, aventi natura di enti pubblici, cui sono iscritti tutti gli iscritti all'albo
professionale.
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Dette casse svolgono una funzione previdenziale, consistente nell'erogazione delle pensioni e
degli altri assegni previsti, ed anche una funzione assistenziale nei confronti degli iscritti (es:
borse di studio).
L’indagine conoscitiva sulle professioni dell’A.G.C.M. (marzo 2009)
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha comunicato in data 21 marzo 2009 la
conclusione di un’indagine conoscitiva su 13 ordini professionali avviata nel gennaio 2007
L’indagine ha riguardato architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri,
giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti
contabili.
In generale, l’AGCM afferma di aver verificato una certa resistenza da parte degli ordini
all’adeguamento ai principi di liberalizzazione introdotti dalla legge Bersani “che va dunque
rafforzata per garantire maggiore concorrenza nei servizi professionali”.
In relazione agli obblighi di adeguamento dei codici deontologici, come già sopra segnalato,
l’Antitrust rileva che nei medesimi permangono disposizioni in materia di compensi, attività
pubblicitaria e organizzazione societaria “che risultano ingiustificatamente restrittive della
concorrenza oltre che contrastanti con la riforma Bersani”.
In relazione alla questione dell’abolizione dei minimi tariffari, l'Antitrust valuta come un
problema il fatto che, a differenza del dispositivo originario, la legge di conversione del decreto
Bersani (legge 4 agosto 2006, n. 248) si sia limitata a prevedere la non obbligatorietà delle tariffe
minime e fisse, lasciando intendere che esse potrebbero essere considerate come riferimento,
raccomandazione o orientamento di prezzi per i professionisti, “attenuando così
significativamente la portata liberalizzatrice della riforma”.
Sulle tariffe minime, l'Antitrust segnala come si sia riscontrata in diversi casi una certa resistenza
basata anche sull'idea che “il professionista sia ancorato al rispetto del "decoro" della professione nella
determinazione della parcella”. La conseguenza è che notai, geologi e psicologi, oltre ai giornalisti ancora
oggi prevedono, nei rispettivi codici deontologici, l'applicazione delle tariffe minime o fisse per la
remunerazione delle prestazioni professionali. Per l'Autorità, la nozione di decoro dovrebbe essere inserita,
invece, nei codici di autoregolamentazione “esclusivamente come elemento che incentivi la concorrenza
tra professionisti e rafforzi i doveri di correttezza professionale nei confronti della clientela e non per
guidare i comportamenti economici dei professionisti”. Anche il potere di verifica sulla pubblicità attribuito
agli Ordini (anch'esso non previsto nel testo dell'originario decreto) può essere utilizzato dagli Ordini stessi
per limitare l'uso della leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti. In definitiva, secondo
l’Autorità, vanno invece abolite le tariffe minime o fisse, e con esse il potere di verifica della
trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini.
Con riferimento all’accesso alle professioni, l'Antitrust auspica l'istituzione di corsi universitari
che consentano di conseguire direttamente l'abilitazione all'esercizio della professione.
Anche il periodo di tirocinio dovrebbe essere proporzionato alle esigenze di apprendimento
pratico delle diverse professioni e dovrebbe poter essere svolto nell'ambito degli stessi corsi di
studio.
In relazione alla formazione, l’Autorità ritiene necessario che gli ordini e i collegi assicurino
che i sistemi formativi contemplino offerte di eventi provenienti da più soggetti. Ciò, sulla base
della considerazione che “la sua promozione da parte degli ordini professionali non sia in sé
sufficiente a garantire la qualità delle prestazioni, dovendo essa essere assicurata innanzitutto
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dalla predisposizione di standard minimi di qualità, tra cui, ad esempio, l’adozione di best
practice”.
Con riguardo alla alla costituzione di società multidisciplinari,, l’Autorità fa presente come la
legge Bersani, pur in assenza di una disciplina organica della materia, attualmente “consenta ai
professionisti di scegliere tra le forme societarie attualmente disponibili quella che ritengono più
congeniale all’erogazione dei propri servizi e che non vi sono ragioni per precludere l’esercizio
della professione nella forma delle società di capitali”. Così come si è fatto per la liberalizzazione
del passaggio di proprietà degli autoveicoli, motoveicoli e imbarcazioni, secondo l’Antitrust,
occorre rimuovere “le riserve di attività tutte le volte in cui l'affidamento in esclusiva di una
determinata attività non sia giustificato dal perseguimento di un interesse generale la cui tutela
non potrebbe essere altrimenti garantita”.
L’attuazione della direttiva qualifiche
Con il decreto legislativo 206 del 2007 è stata data attuazione alla direttiva 2005/36/CE[17],
relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché alla direttiva 2006/100/CE, che
adegua alcune direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria
e Romania.
La direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una
professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro
qualifiche professionali, sia come lavoratori autonomi che dipendenti; essa individua le autorità
competenti ad espletare le procedure di riconoscimento delle qualifiche, confermando il ruolo di
ordini e collegi, ma rendendo necessaria la regolamentazione delle associazioni per quelle
professioni oggi non organizzate.
La direttiva 2005/36/CE mira a consolidare in un unico atto legislativo quindici direttive,
fra le quali figurano dodici direttive settoriali riguardanti le professioni di medico, infermiere,
odontoiatra, veterinario, ostetrica, farmacista e architetto - e tre direttive che hanno introdotto
un sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali riguardante la maggior
parte delle altre professioni regolamentate (le citate direttive 89/48/CE, 92/51/CE e 1999/42/CE).
Il consolidamento di queste quindici direttive ha comportato la loro abrogazione allo scadere
del termine di trasposizione della nuova direttiva, vale a dire alla data del 20 ottobre 2007.
Le direttive 77/249/CE e 98/5/CE, relative alla prestazione di servizi e all'insediamento degli avvocati,
non sono considerate nel quadro della nuova disciplina dato che queste non hanno per oggetto il
riconoscimento delle qualifiche professionali, bensì il riconoscimento dell'autorizzazione ad esercitare. Il
riconoscimento dei diplomi di avvocato, prima disciplinato dalla direttiva 89/48/CE (ora abrogata), è invece
oggetto della nuova direttiva 2005/36/CE.
Il riconoscimento dei titoli avverrà secondo parametri minimi di formazione: sono fissati cinque
livelli di riferimento che corrispondono ad altrettanti cicli di formazione nei diversi Stati membri.
I livelli di riferimento sono i seguenti:
_ attestato di competenza che corrisponde ad una formazione generale del livello d'insegnamento
primario o secondario che comprova che il suo titolare possiede conoscenze generali o un attestato di
competenza rilasciato da un'autorità competente dello Stato membro d'origine sulla base di una
formazione attestata da un certificato o da un diploma, ovvero un'esperienza professionale di tre anni;
_ certificato che corrisponde ad una formazione di livello d'insegnamento secondario tecnico o
professionale o generale, completato da un ciclo professionale;
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_ diploma che sancisce una formazione del livello di insegnamento post-secondario, di una durata
minima di 1 anno, o una formazione di livello professionale comparabile in termini di responsabilità e
funzioni;
_ diploma che sancisce una formazione del livello d'insegnamento superiore o universitario, di una durata
minima di 3 anni e inferiore a 4 anni;
_ diploma che sancisce una formazione superiore corrispondente ad una formazione di livello
dell'insegnamento superiore o universitario, di una durata minima di 4 anni.
Eccezionalmente, altre formazioni possono essere assimilate ad uno di questi cinque livelli.
Questo sistema consentirà di mettere a confronto le qualifiche dei professionisti che provengono da
Paesi diversi. Nell'ambito delle autonomie nazionali ogni Governo decide quali sono i livelli di cultura e di
formazione minima per l'accesso alle singole professioni e chi deve autorizzarne l'esercizio e controllarne
lo svolgimento.
Ai fini del reciproco riconoscimento, lo Stato membro ospitante autorizza il professionista che ne ha
fatto richiesta sulla base di un attestato di competenza o di un titolo di formazione con livello di qualifica
almeno immediatamente anteriore a quello richiesto nel suo Stato di origine.
Lo Stato ospitante può, inoltre, richiedere provvedimenti di compensazione, come tirocini o prove, nel
caso in cui non ci sia perfetta corrispondenza tra la qualifica conseguita e quella richiesta per la
professione. Accordi tra gli Stati potranno far sì che determinate professioni siano riconosciute in maniera
automatica. Relativamente alle prestazioni temporanee, si prevede che il professionista sarà soggetto,
nella gran parte dei casi, alla normativa vigente nel Paese nel quale presterà il servizio.
Il decreto 206 riguarda, in particolare, il riconoscimento delle professioni cosiddette
"regolamentate", la cui definizione è contenuta nell’articolo 4 (su cui cfr. sopra).
Tra i principi generali del decreto si prevede un sistema di cooperazione amministrativa tra
le competenti autorità dello Stato di origine e dello Stato membro di stabilimento, nonché la
realizzazione di un sistema di scambio di informazioni volto a garantire un migliore livello di
conoscenza del professionista in mobilità oggetto di specifica procedura di riconoscimento, in
particolare per quel che attiene alle sanzioni disciplinari e penali.
Il riconoscimento professionale si fonda sulla catalogazione in cinque livelli di qualifica,
derivanti dalle diversa possibile formazione prevista per l’accesso ad una professione; tali livelli
risultano chiaramente graduati sulla base della qualità e della durata della formazione stessa.
Il decreto detta anche disposizioni in materia di rappresentatività di enti associativi di
professioni non regolamentate, ai fini della consultazione per l’elaborazione delle piattaformi
comuni previste dall’art. 4.
L’art. 26 del D.Lgs 206 prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il
coordinamento delle politiche comunitarie, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme comuni di
cui all'articolo 4, comma 1, lettera n), da sottoporre alla Commissione europea, convoca apposite
conferenze di servizi cui partecipano le autorità competenti di cui all'articolo 5, cioè i Ministeri competenti
per materia nonché le regioni a statuto speciale (nelle materie di competenza esclusiva, ai sensi dello
statuto). Sulla ipotesi di piattaforma elaborata dall'autorità competente o, in mancanza, dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, vengono sentiti, se
si tratta di professioni regolamentate, gli ordini, i collegi o gli albi, ove esistenti, e, in mancanza, le
associazioni rappresentative sul territorio nazionale, se si tratta di professioni non regolamentate in Italia, le
associazioni rappresentative sul territorio nazionale e, se si tratta di attività nell'area dei servizi non
intellettuali e non regolamentate, le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale.
L’art. 4, comma 1, lett. n) definisce “piattaforma comune” l'insieme dei criteri delle qualifiche
professionali in grado di colmare le differenze sostanziali individuate tra i requisiti in materia di formazione
esistenti nei vari Stati membri per una determinata professione.
La rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate deriva, ai sensi del citato art.
26, dai seguenti criteri:
a) avvenuta costituzione per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per scrittura privata
registrata presso l'ufficio del registro, da almeno quattro anni;
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b) adozione di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica, senza scopo di lucro,
precisa identificazione delle attività professionali cui l'associazione si riferisce e dei titoli professionali o di
studi necessari per farne parte, rappresentatività elettiva delle cariche interne e l'assenza di situazioni di
conflitto di interesse o di incompatibilità, trasparenza degli assetti organizzativi e l'attività dei relativi organi,
esistenza di una struttura organizzativa, e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo raggiungimento delle
finalità dell'associazione;
c) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l'indicazione delle quote versate
direttamente all'associazione per gli scopi statutari;
d) sistema di deontologia professionale con possibilità di sanzioni;
e) previsione dell'obbligo della formazione permanente;
f) diffusione su tutto il territorio nazionale;
g) mancata pronunzia nei confronti dei suoi rappresentanti legali di condanna, passata in giudicato, in
relazione all'attività dell'associazione medesima.
Viene, inoltre, precisato che le associazioni in possesso dei requisiti indicati sono individuate, previo
parere del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, con decreto del Ministro della giustizia, di
concerto con il Ministro per le politiche europee e del Ministro competente per materia.
In attuazione di tale norma è stato adottato il D.M. 28 aprile 2008 che sostanzialmente integra il
disposto del D.Lgs 206 del 2007, con ulteriori requisiti necessari all’individuazione degli enti rappresentativi
delle professioni regolamentate per le quali non sono istituiti ordini, albi e collegi nonché delle professioni
non regolamentate che hanno diritto a partecipare al procedimento di elaborazione della citata piattaforma
comune. Gli enti rappresentativi a livello nazionale, in base al possesso dei requisiti, sono inseriti, a
domanda, nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia.
L’adozione del decreto ha generato un sostanziale contenzioso davanti al giudice amministrativo che ha
portato all’annullamento del medesimo.
In particolare, si fa riferimento a cinque sentenze del TAR del Lazio dell’11 febbraio 2009, in due
delle quali si afferma l’illegittimità del decreto interministeriale 28 aprile 2008 (e suo conseguente
annullamento); le restanti tre sono giudicate inammissibili per carenza di interesse dei ricorrenti.
Le decisioni che annullano il decreto ritenendolo illegittimo sono la sentenza n. 3159 (ricorso
Confedilizia e Gesticond) e n. 3160 (ricorso di un gruppo di associazioni, rappresentative delle professioni
sanitarie regolamentate).
Sinteticamente, le conclusioni cui pervengono le citate sentenze del TAR del Lazio possono essere così
riassunte:
- gli Ordini ed i Collegi sono legittimati a presentare direttamente alla Commissione Europea proposte di
“piattaformi comuni”;
- analoga legittimazione hanno le associazioni rappresentative su base nazionale delle professioni
regolamentate anche se non organizzate in ordini (tra le quali, in Italia, le professioni sanitarie); esse
possono altresì essere coinvolte nella predisposizione di piattaforme comuni di iniziativa dello Stato
italiano, senza necessità di alcuna previa verifica o iscrizione in nuovi registri;
- le associazioni rappresentative delle professioni “non regolamentate”, viceversa, non possono
presentare direttamente proprie proposte alla Commissione europea; le associazioni che abbiano superato
la verifica di rappresentatività nazionale (che tuttavia sarà possibile disporre solo una volta adottato un
nuovo D.M., sostitutivo di quello del 28 aprile 2008, ormai annullato) possono invece essere sentite dal
Ministero competente nell’ambito della predisposizione delle proposte di piattaforma comune da parte dello
Stato italiano.
Normativa comunitaria
La disciplina comunitaria esercita una forte pressione riformatrice sull’attuale regime
ordinistico.
Si consideri, infatti, che nella giurisprudenza comunitaria la nozione di impresa è assai più
ampia da quella desunta dall’art. 2082 del codice civile, facendo riferimento ad ogni attività
economica che offra beni e servizi in un determinato mercato. In base a tale premessa, ai fini
dell’applicazione della disciplina comunitaria sulla concorrenza, ogni professione è equiparata ad
un’attività d’impresa ed ogni ordine professionale ad una associazione di imprese.
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Il diritto comunitario non conosce deroghe al principio secondo cui, ai fini antitrust, l'attività
professionale, nella misura in cui ha una valenza economica, è attività di impresa, quale che sia la
professione intellettuale coinvolta (a prescindere, cioè, dalla natura complessa e tecnica dei servizi
forniti e il rango dei valori cui, in alcuni casi, si collega; cfr. le sentenze su medici (Pavlov, 12 settembre
2000, C-180-184/98, punto 77), spedizionieri doganali (Commissione c. Italia, 18 giugno 1998, C-35/96,
punto 36), avvocati (Wouters, 19 febbraio 2002, C-309/99, punti 44-49, Arduino, 19 febbraio 2002, C-
35/99).
Nonostante il rilievo assunto dalla giurisprudenza comunitaria (particolarmente in tema di
tariffe) permane invece la contrapposizione tipica dell’ordinamento italiano tra attività
professionale e attività d’impresa.
Un quadro della situazione delle prestazioni professionali nell’ambito dell’Unione, è stato fornito dalla
Relazione sulla concorrenza nei servizi professionalidel 9 febbraio 2004 della Commissione europea
(cd. rapporto Monti), nella quale sono analizzate le restrizioni alla concorrenza che caratterizzano la
regolamentazione dei servizi professionali negli Stati membri dell'Unione e che derivano proprio dalla
fissazione o raccomandazione dei prezzi, dalle restrizioni all'accesso alla professione e all'attività
pubblicitaria, dai regimi di riserva previsti per talune attività, dalle regolamentazioni inerenti l'organizzazione
e la struttura aziendale dell'attività. Nella medesima Relazione, la Commissione europea evidenzia come il
diritto comunitario riconosca la legittimità delle sole misure restrittive della concorrenza che superano il c.d.
test di proporzionalità, che si considera soddisfatto allorché le misure in questione risultino oggettivamente
necessarie per raggiungere un obiettivo di interesse generale chiaramente articolato e legittimo e
costituiscano il meccanismo meno restrittivo della concorrenza idoneo a raggiungere tale obiettivo. Nel
prendere atto delle specificità dei servizi professionali, la Commissione auspica che la revisione
complessiva della regolamentazione dei singoli Stati membri in materia di servizi professionali avvenga ad
opera di interventi volontari dei soggetti responsabili delle restrizioni esistenti (segnatamente, le autorità di
regolamentazione e gli organismi professionali), invitando detti soggetti a verificare la
necessarietà/proporzionalità delle esistenti regole restrittive rispetto alle esigenze di tutela degli interessi di
utenti e professionisti. Il 5 settembre 2005 la Commissione Europea ha pubblicato una nuova
Comunicazione avente ad oggetto il seguito della Relazione del febbraio 2004 (I servizi professionali –
Proseguire la riforma) con un aggiornamento dei progressi compiuti dai singoli Stati nella revisione e nella
soppressione delle restrizioni alla concorrenza ed ha ribadito l’importanza di liberalizzare il mercato dei
servizi professionali (sulla quale infra); si segnala, inoltre, la risoluzione 12 ottobre 2006, n. 2137
approvata dal Parlamento europeo (cd. risoluzione Ehler) sul seguito alla relazione sulla concorrenza
nei servizi professionali (2137/2006/CE). Tale risoluzione sollecita l’eliminazione degli “ostacoli alla
concorrenza che non sono giustificati o che nuocciano all'interesse generale”, pur riconoscendo “il diritto di
emanare regolamentazioni legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche”. L’obbligatorietà di
tariffe fisse o minime e il divieto di contrattare compensi legati al risultato raggiunto – si legge nella
risoluzione - potrebbero essere di ostacolo alla qualità del servizio per i cittadini e alla concorrenza; gli Stati
membri devono quindi superare tali vincoli con misure meno restrittive e più adeguate al rispetto dei
principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità e garantire accesso e mobilità nell'ambito dei
servizi professionali.
I profili problematici segnalati nella Relazione della Commissione corrispondono sostanzialmente al
complesso di restrizioni che l'Autorità antitrust italiana aveva già avuto modo di individuare, con riguardo
all'Italia, nell'ambito della nota indagine conoscitiva del 1997[18], e in successivi pareri e segnalazioni[19].
In materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi si richiama la cd. direttiva
Bolkensteinrelativa ai servizi nel mercato interno (Dir. 2006/123/CE), definitivamente approvata
dal Parlamento Europeo il 12 dicembre 2006 ed il cui termine di recepimento è fissato al 28
dicembre 2009.
La proposta iniziale della Commissione – che aveva sollevato in tutti i gruppi politici del
Parlamento europeo preoccupazioni sui possibili rischi di riduzione dell’acquis comunitario nel
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http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
settore sociale (in particolare, in relazione al principio del Paese di origine – è stata
sostanzialmente modificata dall’esame parlamentare.
Il testo approvato dal Parlamento europeo ribadisce l’obiettivo della proposta iniziale
relativamente alla liberalizzazione dei servizi, sottolineando al contempo la necessità di
assicurare un elevato livello di qualità dei servizi stessi.
L’esame del Parlamento europeo si è focalizzato, in particolare, su alcuni punti controversi:
_ campo di applicazione (art. 2): relativamente a questo aspetto, il testo adottato dal Parlamento
europeo ribadisce quanto previsto nella proposta della Commissione, ovvero l’esclusione dei servizi
di interesse generale. A questo riguardo gli Stati membri restano liberi di definire, conformemente al
diritto comunitario, quelli che essi considerano servizi d'interesse generale, nonché di determinare le
modalità di organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui essi devono
sottostare. La direttiva si applica, tuttavia, ai servizi di interesse economico generale, ovvero ai
servizi che corrispondono ad un’attività economica e sono aperti alla concorrenza quali i servizi postali, i
servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas o i servizi di distribuzione e
di fornitura idrica. Oltre a tutta una serie di settori indicati espressamente nel testo adottato dal
Parlamento europeo, sono inoltre escluse dal campo di applicazione della direttiva le materie
disciplinate da disposizioni comunitarie specifiche come quelle sul distacco dei lavoratori, l’esercizio
delle attività televisive o le qualifiche professionali;
_ principio del Paese di origine (art. 16): la formulazione iniziale prevedeva la possibilità per un
prestatore di fornire i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza unicamente
in base alla legislazione dello Stato membro di origine. Il Parlamento europeo ha sostituito questo
principio con quello della “libera circolazione dei servizi” in base al quale per la fornitura dei servizi si
applica la legislazione del paese in cui essi vengono effettivamente prestati. Inoltre, si fa obbligo agli
Stati membri di rispettare il diritto del prestatore di fornire i propri servizi liberamente sul suo territorio
senza imporre requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati tranne che per motivi di pubblica
sicurezza, protezione dell'ambiente e sanità pubblica;
_ distacco dei lavoratori (artt. 24 e 25): il Parlamento europeo ha soppresso le disposizioni relative al
distacco dei lavoratori, ritenendo che questa questione ricada nel campo di applicazione della direttiva
96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di una disciplina di servizi.
_ diritti dei destinatari dei servizi e qualità dei servizi (artt. 20-23 e 26-32): la proposta fissa l’obbligo
a carico delle imprese di mettere a disposizione dei consumatori alcune informazioni chiave. Essa
stabilisce, inoltre, che le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali devono rispettare i
principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità;
_ cooperazione amministrativa (artt. 34-38): gli Stati membri devono rafforzare la cooperazione
amministrativa, anche mediante la trasmissione elettronica delle informazioni, al fine di assicurare un
controllo migliore e più efficace delle imprese. In questo contesto la proposta modificata prevede
l’istituzione di un meccanismo di allerta in virtù del quale,qualora uno Stato membro sia a conoscenza
di fatti gravi suscettibili di nuocere gravemente alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente,
è tenuto ad informarne tempestivamente lo Stato membro di stabilimento, gli altri Stati membri
interessati e la Commissione.
La delega per l’attuazione della direttiva Bolkenstein è contenuta nel disegno di legge
Comunitaria per il 2008 – all’esame del Senato in seconda lettura (A.S. 1078-B)
I tratti caratterizzanti dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega riguardano la promozione
della libertà di concorrenza e l'accessibilità all'acquisto di servizi sul territorio nazionale, la semplificazione
dei procedimenti amministrativi per l'accesso alle attività di servizi, la conformità dei regimi di
autorizzazione ai principi di trasparenza, proporzionalità e parità di trattamento, la libertà di circolazione dei
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 21 di 81
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servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, l’istituzione di sportelli unici accessibili
anche via internet.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 22 di 81
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Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione
europea)
Il 5 settembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo “I servizi
professionali – Proseguire la riforma” (COM(2005)405) nella quale ribadisce la necessità di
liberalizzare i mercati e di eliminare la regolamentazione non necessaria per promuovere una
maggiore concorrenza come sottolineato dalla rinnovata strategia di Lisbona.
La comunicazione, in particolare, illustra i progressi realizzati nella revisione e
nell’eliminazione da parte degli Stati membri delle restrizioni ingiustificate esistenti nella
legislazione e nella regolamentazione degli organismi professionali. A tale proposito la
Commissione ritiene che le ragioni che giustificano tali restrizioni, vale a dire asimmetria delle
informazioni, esternalità e concetto di bene pubblico, non interessino nella stessa misura tutti gli
utenti dei servizi professionali. Secondo la Commissione, pertanto, sarebbe opportuno svolgere
un’analisi economica dei servizi professionali più mirata ed approfondita al fine di
comprendere meglio il rapporto tra domanda e offerta per ciascun servizio professionale, tenere
conto degli interessi divergenti delle varie categorie di utenti e definire un quadro per la revisione
della regolamentazione esistente.
Per quanto riguarda le azioni da intraprendere in questo settore la Commissione sostiene che:
· sarebbe necessario che gli Stati membri promuovessero un processo di riforma
sistematico del settore delle professioni a livello nazionale per migliorare l’economia,
la concorrenza e la tutela dei consumatori;
· rientra nelle prerogative degli Stati membri stabilire in che misura essi desiderano
disciplinare direttamente le professioni mediante norme a livello statale o lasciare
che sia fatto dagli organismi professionali mediante l’autoregolamentazione.
Raccomanda, tuttavia, agli Stati membri di sorvegliare la portata
dell’autoregolamentazione per evitare che diventi eccessivamente restrittiva e che
possa nuocere agli interessi dei consumatori;
· gli Stati membri dovrebbero avviare un processo analitico di revisione delle restrizioni
esistenti, sia di quelle che possono essere eliminate velocemente come i prezzi fissi o le
limitazioni alla pubblicità, sia delle strutture regolamentari per valutare la necessità di più
ampie riforme al fine di realizzare progressi entro il 2010.
Il 25 giugno 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sullo Statuto
della Società Privata Europea (Sociaetas Privata Europaea - SPE) (COM(2008)396). La
proposta rientra tra le iniziative legislative collegate all’Atto europeo per le piccole imprese.
In base alla proposta, la Società privata europea sarebbe una forma societaria alternativa e
parallela a quelle già esistenti negli Stati membri. In particolare:
· la SPE si configura come una società a responsabilità limitata, dotata di personalità giuridica e
capitale sociale. Per la costituzione della SPE è richiesto il requisito patrimoniale minimo di 1
euro;
· la SPE può essere costituita da uno o più soggetti, persone fisiche e/o società. Anche una
Società europea, una Società cooperativa europea, un Gruppo europeo d'interesse
economico o un'altra SPE possono partecipare alla formazione di una SPE;
· la SPE può essere creata ex nihilo oppure attraverso fusione, divisione o trasformazione di una
società esistente.
La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento
europeo in seduta plenaria il 10 marzo 2009. Il Consiglio competitività, che ha avviato l’esame il
1° dicembre 2008, proseguirà l’esame della proposta in una delle prossime sessioni.
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L’8 aprile 2009 la XIV Commissione Politiche dell’Unione europea ha concluso l’esame della
proposta ai sensi dell’articolo 127 del Regolamento, con l’adozione di un parere destinato alle
Commissioni Giustizia e Finanze che dovrebbero avviare l’esame della proposta prossimamente.
Procedure di contenzioso (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)
Il 19 dicembre 2008 la Commissione ha presentato un ricorsoalla Corte di giustizia contro
l’Italia(causa C-565/08) nel quale contesta il fatto che le disposizioni nazionali che impongono
agli avvocati l'obbligo di rispettare tariffe massime obbligatorie per le attività giudiziali e
stragiudiziali costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei
servizi stabilite rispettivamente dagli articoli 43 e 49 del Trattato CE.
A tale proposito la Commissione rileva che un tariffario massimo obbligatorio che deve essere
applicato indipendentemente dalla qualità dell'opera svolta, dal lavoro necessario a svolgerlo, e
dai costi sopportati per effettuarlo, può rendere il mercato italiano dei servizi legali non attraente
per i professionisti stranieri.
Inoltre, ad avviso della Commissione, la misura controversa non appare né idonea al
raggiungimento degli scopi di interesse generale indicati dalle autorità italiane (accesso alla
giustizia ai meno abbienti, tutela dei destinatari dei servizi legali, buon funzionamento della
giustizia), né proporzionata visto che esistono altre misure meno restrittive nei confronti degli
avvocati stabiliti all'estero, ugualmente o maggiormente idonee a conseguire gli scopi di tutela
invocati dalle autorità italiane.
Il 29 gennaio 2009 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora
(procedura n. 2008/4180) nella quale contesta il non corretto recepimento della direttiva
2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. I rilievi della Commissione
riguardano l’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, di recepimento
della direttiva nell’ordinamento italiano, che ha escluso la professione notarile dall’ambito di
applicazione del sistema generale di riconoscimento dei diplomi previsto dalla normativa
comunitaria.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 24 di 81
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IL CONTENUTO DELLE PROPOSTE DI LEGGE
Principi generali: la distinzione tra professioni strutturate in ordini e professioni
strutturate in associazioni
Le proposte di legge in esame, in attuazione dell’articolo 117 della Costituzione – che
inserisce le professioni tra le materie nelle quali Stato e regioni hanno una potestà legislativa
concorrente – sono volte a stabilire l’ordinamento delle professioni intellettuali, delle quali
forniscono una definizione[20].
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e altri)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 14, comma 2 Art. 1, comma 2 Art. 1, comma 4 Art. 1, comma 3
(Riconoscimento delle
nuove professioni)
(Ambito di applicazione) (Oggetto) (Oggetto)
2. Ai fini del presente
articolo, per professione si
intende l'attività
economica, anche
organizzata, diretta al
compimento di atti
giuridici, alla prestazione
di servizi od opere a
favore di terzi esercitata,
abitualmente e in via
prevalente, con lavoro
intellettuale e per la quale
è previsto un titolo di
studio universitario o
equiparato.
2. Per professione
intellettuale si intende
l'attività, anche
organizzata in forma
associata o societaria,
diretta al compimento di
atti ovvero alla prestazione
di servizi e di opere a
favore di terzi, esercitata
abitualmente e in via
prevalente con lavoro
intellettuale, per la quale
sono richiesti un titolo di
studio universitario o
equipollente avente valore
legale, l'abilitazione
conseguita attraverso il
superamento dell'esame di
Stato e l'iscrizione all'albo
professionale.
4. Per professione
intellettuale si intende
l'attività economica, anche
organizzata, diretta al
compimento di atti e alla
prestazione di servizi o di
opere in favore di terzi
esercitata, abitualmente e
in via prevalente, con
lavoro intellettuale, per la
quale è richiesto un titolo
di studio universitario o
equipollente.
3. Per professione
intellettuale si intende
l'attività economica, anche
organizzata, diretta al
compimento di atti e alla
prestazione di servizi o di
opere a favore di terzi
esercitata, abitualmente e
in via prevalente, mediante
lavoro intellettuale.
Con riferimento ai rapporti tra competenze statali e regionali, la proposta AC 3, di iniziativa
popolare (già presentata nella scorsa legislatura e mantenuta all’ordine del giorno in base all’art.
107, comma 4, del regolamento della Camera) chiarisce (articolo 4) che le regioni e le province
autonome esercitano la propria potestà normativa nel rispetto dei princìpi fondamentali contenuti
nella legge non potendo, in particolare, discostarsi da quanto stabilito in ordine:
- all'individuazione e al riconoscimento delle nuove professioni;
- alle condizioni e alle regole di accesso all'esercizio professionale;
- all'abilitazione e all'attribuzione di competenze professionali.
La proposta di legge aggiunge che spetta alla competenza esclusiva dello Stato disciplinare gli
esami e i titoli di studio richiesti per l'esercizio delle professioni intellettuali, i contratti per
l’esercizio delle professioni, nonché l'organizzazione delle professioni d'interesse generale e gli
Ordini.
La medesima proposta di legge reca inoltre una disposizione generale volta a prevedere che
nelle materie di competenza normativa regionale concorrente o esclusiva, le disposizioni del
provvedimento si applicano alle regioni nelle quali non sia ancora in vigore la relativa normativa
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di attuazione e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della
normativa di attuazione adottata da ciascuna regione
La proposta AC 503 qualifica invece (articolo 1) le sue disposizioni come principi generali degli
ordinamenti professionali, come tali modificabili e derogabili solo espressamente.
Peraltro, tutte le proposte di legge sottolineano l’esigenza di disciplinare questa materia con la
finalità di garantire e tutelare una serie di principi fondamentali, fra i quali, la concorrenza e il
principio di sussidiarietà nonché l’affidamento della clientela.
Quattro delle proposte in esame dedicano uno specifico articolo alle definizioni.
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 3. Art. 2 Art. 2 Art. 2
(Definizioni). (Definizioni) (Definizioni). (Definizioni).
1. Ai fini della presente
legge si intende:
1. Ai fini della presente
legge si intende:
1. Ai fini della presente
legge si intende:
1. Ai fini della presente
legge si intende:
a) per «professione», la
professione
intellettuale;
a) per «professione», la
professione
intellettuale, come
definita ai sensi
dell'articolo 1, comma
4;
a) per «professione», la
professione
intellettuale, come
definita ai sensi
dell'articolo 1, comma
3;
a) per «professione», la
professione
intellettuale, definita ai
sensi dell'articolo 1,
comma 3;
b) per «professione di
interesse generale», la
professione di cui al
titolo II;
b) per «professione di
interesse generale», la
professione di cui al
titolo II, il cui esercizio
incide su interessi
generali meritevoli di
specifica tutela, per lo
svolgimento della quale
è richiesta l'iscrizione a
un albo previo
superamento di un
esame di Stato e il
possesso degli altri
requisiti stabiliti
dall'ordinamento di
categoria;
b) per «professione
ordinistica», la
professione per lo
svolgimento della quale
la legge richiede
l'iscrizione ad albi
previo superamento
dell'esame di Stato e
accertamento del
possesso degli altri
requisiti ai sensi di
legge;
b) per «professione
ordinistica», la
professione per lo
svolgimento della quale
la legge richiede
l'iscrizione ad albi
previo superamento
dell'esame di Stato e il
possesso degli altri
requisiti accertati ai
sensi di legge;
c) per «professione
riconosciuta», la
professione che è
oggetto di
regolamentazione ad
opera della normativa
vigente ovvero degli
accordi di cui all'articolo
14, comma 3;
c) per «professione
riconosciuta», la
professione di cui al
titolo III;
c) per «professione
associativa», ogni altra
attività professionale
che non sia ricompresa
nelle professioni di cui
all'articolo 2229 del
codice civile o che sia
oggetto di almeno
un'associazione
professionale iscritta
nel Registro di cui
all'articolo 28;
c) per «professione
associativa», ogni altra
attività professionale
che non è ricompresa
nelle professioni di cui
all'articolo 2229 del
codice civile o che è
oggetto di almeno
un'associazione
professionale iscritta
nel Registro di cui
all'articolo 27;
d) per «nuove
professioni», le
professioni non
riconosciute;
e) per «libero
professionista», colui
che esercita la
professione ai sensi dei
capi I e II del titolo III
del libro V del codice
civile, anche in regime
convenzionato ove
d) per «libero
professionista», colui
che esercita la
professione ai sensi dei
capi I e II del titolo III
del libro quinto del
codice civile, anche in
regime convenzionato
d) per «libero
professionista», colui
che esercita una
professione in forma
indipendente;
d) per «libero
professionista», colui
che esercita una
professione in forma
indipendente;
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 26 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
previsto da legge
speciale;
qualora previsto dalla
legislazione speciale;
f) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
e) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
e) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
e) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
g) per «professionista»,
il libero professionista e
il professionista
dipendente;
f) per «professionista»,
il libero professionista e
il professionista
dipendente;
f) per «professionista»,
il libero professionista e
il professionista
dipendente;
f) per «professionista»,
il libero professionista e
il professionista
dipendente;
h) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
g) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
g) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
g) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
i) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
h) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
h) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
h) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
l) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
i) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
i) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
i) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
l) per «legge», la legge
e gli atti equiparati dello
Stato;
l) per «legge», la legge
e gli atti equiparati dello
Stato;
l) per «legge», la legge
e gli atti equiparati dello
Stato;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni che
disciplinano le
professioni e il relativo
esercizio;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni normative
che regolano
competenze,
condizioni, modalità e
compensi per
l'esercizio della
professione di interesse
generale;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni normative
che regolano
competenze,
condizioni, modalità e
compensi per
l'esercizio della
professione di interesse
generale;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni normative
che regolano
competenze,
condizioni, modalità e
compensi per
l'esercizio della
professione d'interesse
generale;
n) per «Ordine», il
Consiglio nazionale e
gli Ordini territoriali;
n) per «ordine
professionale», il
consiglio nazionale e gli
ordini territoriali;
n) per «Ordine
professionale», il
Consiglio nazionale e
gli Ordini territoriali di
cui all'articolo 9;
n) per «ordine
professionale», il
Consiglio nazionale e
gli ordini territoriali di
cui all'articolo 8;
o) per «Consiglio
nazionale», il Consiglio
nazionale dell'Ordine
professionale;
o) per «consiglio
nazionale», il consiglio
nazionale dell'ordine
professionale;
o) per «Consiglio
nazionale», il Consiglio
nazionale dell'Ordine
professionale;
o) per «Consiglio
nazionale», il Consiglio
nazionale dell'ordine
professionale;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma concorsuale,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma di concorso,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma di concorso,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma di concorso,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
q) per «consiglieri», i
membri del Consiglio
nazionale e del
consiglio dell'Ordine
territoriale.
q) per «consiglieri», i
membri del consiglio
nazionale e del
consiglio dell'ordine
territoriale;
q) per «consiglieri», i
membri del Consiglio
nazionale e del
consiglio dell'Ordine
territoriale;
q) per «consiglieri», i
membri del Consiglio
nazionale e del
consiglio dell'ordine
territoriale;
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
r) per «associazioni», le
associazioni tra
professionisti;
r) per «associazioni
professionali» le
associazioni
professionali di cui
all'articolo 26;
r) per «associazioni
riconosciute», le
associazioni di cui al
capo VI;
s) per «associazioni
specialistiche», le
associazioni
professionali di cui
all'articolo 30;
s) per «sindacati», i
sindacati dei
professionisti.
s) per «sindacati», i
sindacati dei
professionisti;
t) per «sindacati», i
sindacati dei
professionisti;
t) per «riserva
professionale», le
attività che la legge
stabilisce debbano
essere esercitate
soltanto da iscritti ad
albi professionali.
u) per «riserva
professionale», le
attività che la legge
stabilisce devono
essere esercitate
soltanto da iscritti ad
albi professionali.
Si evidenzia che tutte le proposte di legge delineano una differente disciplina a seconda
che la professione sia strutturata in ordini professionali – in presenza di preminenti interessi
pubblici – ovvero in associazioni professionali.
Le professioni strutturate in ordini sono qualificate «professioni di interesse generale» dagli AAC. 3 e
1553 e come «professioni ordinistiche» dagli AC 1590 e 2239. Viceversa, le altre professioni sono definite
«professioni riconosciute» dagli AAC 3 e 1553, «professioni associative» dagli AC 1590 e 2239 e «nuove
professioni, ovvero attività emergenti non regolamentate» dall’AC 503, che prefigura comunque anche in
questo caso il riconoscimento legislativo delle associazioni delle nuove professioni.
La struttura associativa viene prevista per le professioni attualmente definite “professioni non
regolamentate”, alle quali l’ordinamento non riconosce lo stesso rilievo delle precedenti, ma che
comunque ritiene di dover riconoscere e assoggettare - attraverso un apposito registro tenuto dal
Ministro della Giustizia - alla vigilanza governativa[21] (su tale aspetto, infra).
In particolare, l’AC 3 prevede (articolo 14) che ogni qualvolta si debbano riconoscere nuove professioni
(con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni)
occorra accertare se le stesse rivestano interesse generale e in tal caso procedere non solo
all’ordinamento di categoria, ma anche all’istituzione dell’ordine di coloro che vengono abilitati all’esercizio
professionale; se le nuove professioni non hanno questa caratteristica, gli accordi dovranno limitarsi a
determinare l’ordinamento di categoria. La proposta di legge esclude comunque che possano essere
istituiti nuovi ordini quando sia accertata l'omogeneità tra percorsi formativi con professioni le cui
competenze incidono su interessi generali della medesima natura di quelli della nuova professione. In tal
caso si dovrà procedere all'adeguamento dell'ordinamento di riferimento, garantendo l'autonomia delle
diverse professioni afferenti all'albo e, in ragione del numero degli iscritti, l'adeguata rappresentanza negli
organi dell'Ordine.
Per le nuove professioni, che vengono riconosciute dall’ordinamento, gli articoli 30 e ss della proposta
di legge prevedono l’individuazione di requisiti associativi e la creazione di un registro delle associazioni
professionali presso il Ministero della giustizia.
L’AC 503 limita l’istituzione di nuovi ordini (articolo 3) «alla necessità di tutelare interessi
costituzionalmente rilevanti nello svolgimento di attività caratterizzate da gravi asimmetrie informative e dal
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rischio di danni sociali conseguenti a prestazioni non adeguate». Parallelamente, consente la costituzione
di nuovi ordini sulla base di fusioni o accorpamenti di ordini e collegi esistenti.
L’AC 1553 prevede (articolo 14) che sia il Governo (nell’esercizio della delega prevista dall’articolo 37)
a stabilire per ciascuna professione, anche nuova, se si tratta di professione di interesse generale, come
tale richiedente la struttura dell’Ordine professionale, ovvero di professione che non incide su tali interessi,
per la quale si prevede l’organizzazione in associazioni. In relazione alle nuove professioni, l’AC 1553
sancisce il divieto di istituire di nuovi Ordini ove sussista omogeneità tra le professioni nuove e quelle già
regolamentate. Tanto per le professioni ordinistiche, quanto per le associazioni professionali, è attribuito al
Ministero della giustizia – di concerto con i Ministri competenti – il potere di riconoscimento (esercitato sulla
base di una specifica istruttoria) e il ruolo di vigilanza.
Gli AAC 1590 e 2239, tra i principi generali, prevedono l’individuazione, sulla base degli interessi
pubblici meritevoli di tutela, delle professioni intellettuali affini da unificare in un solo ordine e sancisce il
divieto d'istituzione di nuovi ordini, salvo che in materia di riconoscimento di diritti costituzionali; le
medesime proposte di legge prevedono la riorganizzazione delle attività riservate a singole professioni
regolamentate limitandole a quelle strettamente necessarie per la tutela di diritti costituzionalmente
garantiti e per il perseguimento di finalità primarie d'interesse generale.
Si consideri, inoltre, che le pdl AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano) si occupano
esclusivamente delle professioni non regolamentate, prevedendone (art. 3) il riconoscimento in
presenza di determinati requisiti (professioni aventi connotazione tipica di interesse diffuso, che dovrà
risultare da uno specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nell’ambito del mercato nazionale e
dalla rilevanza di carattere economica e sociale). Il riconoscimento avviene con decreto del Ministro della
giustizia, su proposta del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previa intesa con la
Conferenza Stato-regioni e di concerto con i Ministri competenti per materia.
Viene inoltre prevista la libertà di costituzione di associazioni professionali (art. 4), per il cui
riconoscimento – con decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNEL e previo parere della Conferenza
Stato-regioni – sono però stabiliti determinati requisiti (art. 5). Viene fatto divieto alle associazioni di
adottare e usare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi.
Presso il Ministero della giustizia è istituito il Registro delle associazioni professionali, a cui sono
automaticamente iscritte le associazioni che abbiano ottenuto il riconoscimento (art. 6). Spetta al Ministero
della giustizia la vigilanza sull'operato delle associazioni, di concerto con il Ministero dello sviluppo
economico, per verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti previsti ai fini del riconoscimento; in caso
di irregolarità nell’operato delle stesse associazioni o di perdita dei requisiti necessari viene disposta la
cancellazione dal Registro delle associazioni professionali (art. 11).
Per il contenuto delle pdl AC 1934 e AC 2077 (Formisano) si rinvia, per un approfondimento, al
paragrafo relativo alle professioni non regolamentate (cfr. infra).
Le professioni di interesse generale (o ordinistiche)
Ordini professionali: struttura e funzioni
Tutte le proposte di legge prevedono che coloro che esercitano una professione di interesse
generale (AC 3), ovvero una professione per la quale è richiesta l’iscrizione ad un albo (AAC
1553, 1590 e 2239), siano organizzati in ordini professionali. Si tratta di enti pubblici non
economici, dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria che tutte le proposte assoggettano alla
vigilanza del Ministero della giustizia.
La p.d.l. AC 503, che ha una struttura peculiare rispetto alle altre proposte in esame, disciplina
la struttura degli ordini e dei collegi professionali al Capo VI (artt. 62-63) nel quale in particolare
stabilisce (articolo 62) che organi di governo degli ordini e collegi professionali a livello nazionale
siano il consiglio nazionale, il presidente e il comitato esecutivo, dei quali viene disciplinata la
composizione, l’elezione e le funzioni (articolo 63). Il successivo Capo VII (artt. 64-65) disciplina
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invece le assemblee, ovvero il congresso nazionale - assemblea generale di ogni professione – e
l’assemblea locale, composta da tutti gli iscritti all’ordine o al collegio locale. Infine, gli articoli 67 e
68 dell’AC 503 affidano al Ministro della giustizia il controllo tanto sugli atti quanto sugli organi
degli ordini e collegi professionali.
Le altre proposte di legge hanno un impianto analogo che di seguito si raffronta.
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 18 Art. 18 Art. 8 Art. 8
(Ordine professionale) (Ordine professionale) (Ordine professionale) (Ordine professionale)
3. L’Ordine
professionale si articola
in:
3. L’ordine professionale
si articola in:
3. Ferma restando la più
specifica articolazione
stabilita, ai sensi
dell’articolo 4, con
l’ordinamento di
categoria, l’Ordine si
articola in:
3. Ferma restando una
più specifica
articolazione stabilita ai
sensi dell'articolo 4, con
l'ordinamento di
categoria l'ordine è
composto nel modo
seguente:
a) Consiglio nazionale
dell’Ordine, che assume
la denominazione di
Consiglio nazionale
dell’Ordine della
categoria, con i compiti
di cui all’articolo 21;
a) consiglio nazionale,
che assume la
denominazione di
consiglio nazionale
dell’ordine della
rispettiva categoria, con
i compiti di cui
all’articolo 21;
a) un Consiglio
nazionale, che assume
la denominazione di
Consiglio nazionale
dell’Ordine della
rispettiva categoria;
a) un Consiglio
nazionale, che assume
la denominazione di
Consiglio nazionale
dell'ordine della
rispettiva categoria;
b) Ordini territoriali, che
assumono la
denominazione di
Ordine territoriale della
categoria secondo
l’organizzazione
territoriale prevista dal
relativo ordinamento,
con i compiti di cui
all’articolo 20, che
esercitano con
autonomia nel rispetto
del raccordo operato ai
sensi dell’articolo 21,
comma 2, lettera d).
b) ordini territoriali, che
assumono la
denominazione di ordine
della rispettiva categoria
secondo
l’organizzazione
territoriale prevista dal
relativo ordinamento,
con i compiti di cui
all’articolo 20.
b) Ordini territoriali, che
assumono la
denominazione di
Ordine della rispettiva
categoria nel proprio
ambito di competenza
territoriale, secondo
quanto previsto dal
relativo ordinamento.
b) ordini territoriali, che
assumono la
denominazione di
ordine della rispettiva
categoria nel loro
ambito di competenza
territoriale, ai sensi di
quanto previsto dal
relativo ordinamento.
4. Al fine di favorire il
raccordo tra le diverse
categorie sulle questioni
di interesse generale,
con particolare
riferimento alle finalità di
cui all’articolo 1, comma
2, i Consigli nazionali
promuovono la
costituzione di organismi
comuni per l’attuazione
dei compiti agli stessi
attribuiti dall’articolo 21.
5. La disposizione di cui
al comma 4 si applica
anche agli Ordini
territoriali con sede nella
medesima regione.
4. All’ordine
professionale non si
applicano la legge 21
marzo 1958, n. 259, e
successive
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
modificazioni, la legge
14 gennaio 1994, n. 20,
e successive
modificazioni, e il
decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e
successive
modificazioni.
Per quanto riguarda la struttura territoriale degli ordini, l’AC 503 dispone in ordine
all’assemblea locale (art. 65), prevedendo che debba essere composta da tutti gli iscritti all'ordine
o al collegio professionale territoriale. L’assemblea locale è chiamata ad eleggere il consiglio
dell'ordine o del collegio professionale territoriale e i delegati al Congresso nazionale, oltre che
ad approvare annualmente i bilanci presentati dal consiglio dell'ordine territoriale ed a deliberare
sulle altre materie ad essa sottoposte ai sensi della legge e dello statuto, con le modalità
determinate dallo statuto stesso.
Le altre proposte di legge, il cui impianto è maggiormente raffrontabile, articolano nel
seguente modo l’ordine territoriale.
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 19 Art. 19 Art. 9 Art. 9
(Ordine territoriale) (Ordine territoriale) (Ordine territoriale) (Ordine territoriale)
1. L’Ordine territoriale è
articolato nel modo
seguente:
1. L’ordinamento di
categoria disciplina
l’organizzazione
dell’ordine territoriale,
prevedendo i seguenti
organi:
1. L’ordinamento di
categoria disciplina
l’organizzazione
dell’Ordine territoriale,
prevedendo i seguenti
organi, fatto salvo
quanto disposto
dall’articolo 25, comma
2:
1. L'ordinamento di
categoria disciplina
l'organizzazione
dell'ordine territoriale,
prevedendo i seguenti
organi:
a) consiglio: è
composto da un
numero di consiglieri in
rapporto al numero
degli iscritti all’albo; è
eletto dall’assemblea
ogni quattro anni; il
mandato dei consiglieri
può essere rinnovato
per non più di due volte
consecutive dalla data
di entrata in vigore
della presente legge. Il
consiglio provvede alle
nomine per le diverse
cariche, elegge il
presidente, che ha la
rappresentanza legale
dell’Ordine, e può
delegare singole
funzioni ad uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell’intero consiglio; le
indennità dei consiglieri
sono definite in modo
da assicurare lo
svolgimento del
a) il consiglio,
composto da un
numero di consiglieri
determinato in rapporto
al numero degli iscritti
all’albo ed eletto
dall’assemblea ogni
quattro anni; il mandato
dei consiglieri può
essere rinnovato per
non più di tre volte
consecutive a
decorrere dalla data di
entrata in vigore della
presente legge. Il
consiglio conferisce le
cariche, elegge il
proprio presidente, che
ha la rappresentanza
legale dell’ordine
territoriale, e può
delegare singole
funzioni a uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell’intero consiglio;
a) il consiglio,
composto da un
numero di consiglieri
determinato in rapporto
al numero degli iscritti
all’albo ed eletto
dall’assemblea ogni
quattro anni; il mandato
dei consiglieri può
essere rinnovato per
non più di due volte
consecutive a
decorrere dalla data di
entrata in vigore della
presente legge. Il
consiglio conferisce le
cariche, elegge il
proprio presidente, che
ha la rappresentanza
legale dell’Ordine
territoriale, e può
delegare singole
funzioni a uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell’intero consiglio;
a) il consiglio,
composto da un
numero di consiglieri
determinato in rapporto
al numero degli iscritti
all'albo ed eletto
dall'assemblea ogni
quattro anni. Il mandato
dei consiglieri può
essere rinnovato per
non più di due volte
consecutive a
decorrere dalla data di
entrata in vigore della
presente legge. Il
consiglio conferisce le
cariche, elegge il
proprio presidente, che
ha la rappresentanza
legale dell'ordine
territoriale, e può
delegare singole
funzioni a uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell'intero consiglio;
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
mandato senza
pregiudizio economico;
b) assemblea: ne fanno
parte gli iscritti all’albo;
elegge il consiglio e il
collegio dei revisori dei
conti; approva il
bilancio preventivo e
quello consuntivo;
esprime il parere sugli
altri argomenti
sottoposti dal consiglio;
esercita ogni altra
funzione attribuita ai
sensi del regolamento
di cui all’articolo 35;
b) l’assemblea,
costituita dagli iscritti
all’albo; l’assemblea
elegge i componenti del
consiglio e del collegio
dei revisori dei conti;
approva il bilancio
preventivo e quello
consuntivo; esprime il
parere sugli altri
argomenti ad essa
sottoposti dal consiglio;
esercita ogni altra
funzione ad essa
attribuita
dall’ordinamento di
categoria;
b) l’assemblea,
costituita dagli iscritti
all’albo. L’assemblea
elegge i componenti del
consiglio e del collegio
dei revisori dei conti;
approva il bilancio
preventivo e quello
consuntivo; esprime il
parere sugli altri
argomenti sottoposti
dal consiglio; esercita
ogni altra funzione ad
essa attribuita
dall’ordinamento di
categoria;
b) l'assemblea,
costituita dagli iscritti
all'albo. L'assemblea
elegge i componenti del
consiglio e del collegio
dei revisori dei conti;
approva il bilancio
preventivo e quello
consuntivo; esprime il
parere sugli altri
argomenti sottoposti
dal consiglio; esercita
ogni altra funzione ad
essa attribuita
dall'ordinamento di
categoria;
c) collegio dei revisori
dei conti: è composto
da uno a tre membri
nominati fra gli iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti; è eletto
dall’assemblea ogni tre
anni; controlla la tenuta
dei conti e la gestione
del bilancio; il mandato
dei revisori può essere
rinnovato per non più di
due volte consecutive.
c) il collegio dei revisori
dei conti, composto, in
relazione al numero
degli iscritti all’albo, da
uno a tre membri
nominati tra gli iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti, eletti
dall’assemblea ogni tre
anni; il mandato dei
revisori dei conti può
essere rinnovato per
non più di due volte
consecutive; il collegio
dei revisori dei conti
controlla la tenuta dei
conti e la gestione del
bilancio.
c) il collegio dei revisori
dei conti, composto, in
relazione al numero
degli iscritti all’albo, da
uno, due o tre membri,
nominati fra gli iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti, eletti
dall’assemblea ogni tre
anni; il mandato dei
revisori dei conti può
essere rinnovato per
non più di tre volte
consecutive. Il collegio
dei revisori dei conti
controlla la tenuta dei
conti e la gestione del
bilancio.
c) il collegio dei revisori
dei conti, composto, in
relazione al numero
degli iscritti all'albo, da
uno a tre membri
nominati tra gli iscritti
nell'elenco dei revisori
dei conti, eletti
dall'assemblea ogni tre
anni. Il mandato dei
revisori dei conti può
essere rinnovato per
non più di tre volte
consecutive. Il collegio
dei revisori dei conti
controlla la tenuta dei
conti e la gestione del
bilancio.
Contenuto raffrontabile presentano tutte e quattro le proposte di legge per quanto riguarda le
funzioni degli organismi territoriali dell’Ordine.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 20. Art. 63 Art. 20 Art. 10
(Consiglio dell’Ordine
territoriale)
(Funzioni degli organi
statutari)
(Consiglio dell’ordine
territoriale)
(Consiglio dell’Ordine
territoriale)
(Compiti dell’ordine
territoriale nella pdl
2239)
1. Spettano al consiglio
dell’Ordine territoriale i
seguenti compiti:
2. Gli ordini e i collegi
professionali territoriali
esercitano le seguenti
funzioni:
1. Spettano all’ordine
territoriale, che li esercita
tramite il consiglio, i
seguenti compiti:
1. Spettano all’Ordine
territoriale, che li esercita
tramite il consiglio, i
seguenti compiti:
a) curare l’osservanza
dei principi della
presente legge nel
proprio ambito di
competenza territoriale
nel rispetto di quanto
previsto ai sensi
dell’articolo 21, comma
2, lettera d);
a) garantire l’osservanza
delle disposizioni di cui
alla presente legge nel
proprio ambito di
competenza territoriale,
nel rispetto di quanto
previsto ai sensi
dell’articolo 21, comma
2, lettera d);
a) garantire l’osservanza
dei principi della
presente legge nel
proprio ambito di
competenza territoriale,
nel rispetto di quanto
previsto ai sensi
dell’articolo 11, comma
2, lettera d);
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
b) la tenuta e
l’aggiornamento dell’albo
e la verifica periodica
della sussistenza dei
requisiti per l’iscrizione
dandone comunicazione
al Consiglio nazionale;
a) provvedono alla
tenuta degli albi, al loro
aggiornamento e alla
verifica periodica della
sussistenza dei requisiti
per l'iscrizione;
b) curare la tenuta e
l’aggiornamento dell’albo
nonché la verifica
periodica della
sussistenza dei requisiti
per l’iscrizione, dandone
comunicazione al
consiglio nazionale;
b) curare la tenuta e
l’aggiornamento dell’albo
nonché la verifica
periodica della
sussistenza dei requisiti
per l’iscrizione, dandone
comunicazione al
Consiglio nazionale;
d) curano
l'aggiornamento
periodico degli iscritti
organizzando appositi
corsi, anche d'intesa con
università e con
istituzioni o associazioni
scientifiche e culturali.
Per l'organizzazione dei
corsi di formazione e di
aggiornamento
professionali i consigli
degli ordini e dei collegi
professionali territoriali
possono promuovere la
costituzione di fondazioni
anche con la
partecipazione di
soggetti pubblici e
privati. In ogni caso
l'organizzazione dei corsi
non costituisce esercizio
di attività commerciale;
c) promuovere la
formazione e
l’aggiornamento
permanenti degli iscritti
all’albo, attraverso
sistemi di valutazione
stabiliti dagli ordinamenti
di categoria;
c) la promozione di
iniziative per lo
svolgimento di attività di
interesse generale nel
settore socio-economico
della professione sulla
base del principio di
sussidiarietà;
d) la vigilanza sul
corretto esercizio della
professione;
d) vigilare sul corretto
esercizio della
professione ed
esercitare i conseguenti
poteri disciplinari sugli
iscritti all’albo;
e) vigilare sul corretto
esercizio della
professione ed
esercitare i conseguenti
poteri disciplinari sugli
iscritti all’albo;
e) la determinazione, nel
rispetto del bilancio
preventivo, del contributo
obbligatorio annuale da
corrispondere da ogni
iscritto per il
finanziamento
dell’Ordine territoriale
nonché la percezione del
contributo medesimo,
mediante riscossione
diretta ovvero con
procedure esattoriali;
b) determinano gli oneri
a carico degli iscritti;
e) esercitano i poteri di
spesa e di acquisizione
delle entrate;
c) determinare, nel
rispetto del bilancio
preventivo, il contributo
obbligatorio annuale che
deve essere corrisposto
da ogni iscritto per il
finanziamento dell’ordine
territoriale e percepire il
contributo medesimo,
mediante riscossione
diretta ovvero con
procedure esattoriali;
d) determinare, nel
rispetto del bilancio
preventivo, il contributo
obbligatorio annuale che
deve essere corrisposto
da ogni iscritto per il
finanziamento
dell’Ordine territoriale e
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
h) determinano i
compensi ai
professionisti, secondo
quanto previsto dai
regolamenti;
e) formulare pareri in
materia di liquidazione
dei compensi ai
professionisti;
f) formulare pareri in
materia di liquidazione
dei compensi ai
professionisti;
f) l’esperimento, su
richiesta, del tentativo di
conciliazione fra gli
g) promuovono o
resistono alle liti con
f) esperire, su richiesta, il
tentativo di conciliazione
tra gli iscritti all’albo e i
g) esperire, su richiesta,
il tentativo di
conciliazione tra gli
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
iscritti e i clienti che, in
caso di controversie sui
compensi, possono farsi
assistere anche da
associazioni di
consumatori;
l'eventuale potere di
conciliare e di transigere;
clienti che, nel caso di
controversie relative ai
compensi, possono farsi
assistere anche da
associazioni dei
consumatori e degli
utenti iscritte nell’elenco
previsto dall’articolo 137
del codice del consumo,
di cui al decreto
legislativo 6 settembre
2005, n. 206, e
successive
modificazioni;
iscritti all’albo e i clienti
[fruitori delle prestazioni
nella pdl 2239] che, nel
caso di controversie
relative ai compensi,
possono farsi assistere
anche da associazioni
dei consumatori e degli
utenti iscritte nell’elenco
previsto dall’articolo 137
del codice del consumo,
di cui al decreto
legislativo 6 settembre
2005, n. 206;
g) le funzioni consultive
circa l’attività, normativa
e amministrativa, delle
amministrazioni e degli
enti locali;
c) formulano proposte o
pareri nei confronti degli
organi di livello
nazionale;
g) formulare i pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni
territoriali su materie di
interesse locale;
h) formulare i pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni
territoriali su materie di
interesse locale;
h) l’organizzazione degli
uffici interni, la gestione
finanziaria e quanto sia
necessario per
l’espletamento dei
compiti di cui alla
presente legge;
f) curano
l'organizzazione degli
uffici e la gestione del
personale dipendente;
i) ogni altra funzione
attribuita ai sensi del
regolamento di cui
all’articolo 35 o delegata
dal Consiglio nazionale.
i) svolgono le altre
funzioni previste dalla
legge.
h) svolgere ogni altra
funzione ad esso
attribuita
dall’ordinamento di
categoria o delegata dal
consiglio nazionale per
lo svolgimento dei
compiti di cui all’articolo
18 e al presente comma.
i) svolgere ogni altra
funzione ad esso
attribuita
dall’ordinamento di
categoria o delegata dal
Consiglio nazionale per
lo svolgimento dei
compiti di cui all’articolo
11 e al presente comma.
Inoltre, l’AC. 3 istituisce anche (articolo 20) presso l’ordine territoriale:
- una commissione volta alla composizione delle eventuali controversie che sorgano tra il
professionista e il cliente;
- una commissione (con sede nel capoluogo di regione) chiamata a giudicare sui
procedimenti disciplinari nei confronti degli iscritti agli albi tenuti dagli Ordini territoriali.
Tutte le proposte di legge disciplinano il consiglio nazionale. In particolare, l’AC. 503 dispone
(articolo 62) che il consiglio sia eletto dai consigli locali e che a sua volta esprima il presidente ed
il comitato esecutivo (composto da altri 4 membri) eletti a maggioranza assoluta dei voti. Sempre
a livello nazionale, ciascun ordine costituisce, per il controllo dei bilanci, un collegio dei revisori
dei conti.
Con riferimento, invece, alle altre proposte di legge:
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 21 Art. 21 Art. 11
(Consiglio nazionale) (Consiglio nazionale) (Organizzazione e compiti del
Consiglio nazionale)
1. Il Consiglio nazionale è
articolato nel modo seguente:
1. L’ordinamento di categoria
disciplina l’organizzazione del
consiglio nazionale prevedendo
che:
1. L’ordinamento di categoria
disciplina l’organizzazione del
Consiglio nazionale prevedendo
che:
a) Consiglio nazionale: è
composto da un numero di
consiglieri in rapporto al numero
degli Ordini territoriali, tenuto
conto della loro organizzazione e
del numero degli iscritti all’albo; è
eletto dai consigli degli Ordini
territoriali ogni cinque anni; il
mandato dei consiglieri può
essere rinnovato per non più di
due volte consecutive dalla data
di entrata in vigore della presente
legge. Il Consiglio nazionale
nomina le cariche, elegge il
presidente, che ha la
rappresentanza legale del
Consiglio, e può delegare singole
funzioni a uno o più consiglieri,
ferma restando la responsabilità
del consiglio stesso; le indennità
dei consiglieri sono stabilite in
modo di assicurare lo
svolgimento del mandato senza
pregiudizio economico;
a) il consiglio nazionale è
composto da un numero di
consiglieri determinato in
rapporto al numero degli ordini
territoriali, tenuto conto della loro
organizzazione e del numero
degli iscritti all’albo. Il consiglio
nazionale è eletto dai consigli
degli ordini territoriali ogni cinque
anni; il mandato dei consiglieri
può essere rinnovato per non più
di tre volte consecutive a
decorrere dalla data di entrata in
vigore della presente legge. Il
consiglio nazionale conferisce le
cariche, elegge il proprio
presidente, che ha la
rappresentanza legale del
consiglio stesso, e può delegare
singole funzioni a uno o più
consiglieri, ferma restando la
responsabilità del consiglio
nazionale;
a) il Consiglio nazionale è
composto da un numero di
consiglieri determinato in
rapporto al numero degli Ordini
territoriali, tenuto conto della loro
organizzazione e del numero
degli iscritti all’albo. Il Consiglio
nazionale è eletto dai consigli
degli Ordini territoriali ogni cinque
anni; il mandato dei consiglieri
può essere rinnovato per non più
di tre volte consecutive a
decorrere dalla data di entrata in
vigore della presente legge. Il
Consiglio nazionale conferisce le
cariche, elegge il proprio
presidente, che ha la
rappresentanza legale del
Consiglio stesso, e può delegare
singole funzioni a uno o più
consiglieri, ferma restando la
responsabilità del Consiglio
nazionale;
b) collegio dei revisori dei conti: è
composto da tre membri nominati
fra gli iscritti all’elenco dei revisori
dei conti; è nominato, nell’ambito
di una lista indicata dal Consiglio
nazionale e dal Ministero della
giustizia ogni quattro anni;
controlla la tenuta dei conti e la
gestione del bilancio; il mandato
dei revisori dei conti può essere
rinnovato per non più di due volte
consecutive.
b) il controllo della tenuta dei
conti e della gestione del bilancio
è affidato a un collegio dei
revisori dei conti, composto da tre
membri nominati tra gli iscritti
all’elenco dei revisori dei conti,
nominati dal Ministro della
giustizia ogni quattro anni. Il
mandato dei revisori dei conti può
essere rinnovato per non più di
due volte consecutive.
b) il controllo della tenuta dei
conti e della gestione del bilancio
è affidato a un collegio dei
revisori dei conti, composto da
due membri nominati, fra gli
iscritti all’elenco dei revisori dei
conti, dal Ministro della giustizia
ogni quattro anni. Il mandato dei
revisori dei conti può essere
rinnovato per non più di due volte
consecutive.
Tutte le proposte di legge contengono un’elencazione delle funzioni affidate al Consiglio
nazionale.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 21 Art. 63 Art. 21 Art. 11
(Consiglio nazionale) (Funzioni degli organi
statutari)
(Consiglio nazionale) (Organizzazione e
compiti del Consiglio
nazionale)
2. Spettano al Consiglio
nazionale i seguenti
compiti:
1. Al consiglio nazionale
sono affidate le seguenti
funzioni:
2. Spettano al consiglio
nazionale i seguenti
compiti:
2. Spettano al Consiglio
nazionale i seguenti
compiti:
a) sovrintendere al
rispetto dei principi della
presente legge;
a) vigilare sul rispetto
delle disposizioni di cui
alla presente legge;
a) vigilare sul rispetto dei
principi della presente
legge;
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 35 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
b) svolgere i compiti ad
esso assegnati dalla
legge in attuazione di
obblighi comunitari;
b) svolgere i compiti ad
esso assegnati dalla
legge in attuazione di
obblighi comunitari;
b) svolgere i compiti ad
esso assegnati dalla
legge in attuazione di
obblighi comunitari;
c) giudicare dei ricorsi
avverso i provvedimenti
adottati dalla
commissione disciplinare
di cui all’articolo 20,
commi 4 e 5, anche in
funzione di giudice
speciale qualora
operante prima del 1o
gennaio 1948, secondo
le norme dei rispettivi
ordinamenti e nel
rispetto degli articoli 24 e
111 della Costituzione;
a) l'esercizio della
giurisdizione domestica,
nei limiti di cui alla
presente legge;
c) giudicare sui ricorsi
avverso i provvedimenti
adottati dall’ordine
territoriale, anche in
funzione di giudice
speciale qualora
operante prima del 1°
gennaio 1948, secondo
le norme dei rispettivi
ordinamenti e nel
rispetto degli articoli 24 e
111 della Costituzione;
c) giudicare sui ricorsi
avverso i provvedimenti
adottati dall’Ordine
territoriale, anche in
funzione di giudice
speciale qualora
operante prima del 1°
gennaio 1948, secondo
le norme dei rispettivi
ordinamenti e nel
rispetto degli articoli 24 e
111 della Costituzione;
d) esercitare funzioni di
raccordo degli Ordini
territoriali;
d) esercitare funzioni di
coordinamento degli
ordini territoriali;
d) esercitare funzioni di
coordinamento degli
Ordini territoriali;
e) promuovere iniziative
per lo svolgimento di
attività di interesse
generale nel settore
socio-economico della
professione sulla base
del principio di
sussidiarietà;
f) adottare il codice
deontologico;
d) la proposizione del
codice di deontologia
professionale;
g) designare i
rappresentanti della
categoria presso
commissioni ed organi di
carattere nazionale ed
internazionale;
g) la deliberazione delle
nomine e delle
designazioni in ambito
nazionale;
e) designare i
rappresentanti della
categoria presso
commissioni e organi di
carattere nazionale e
internazionale;
e) designare i
rappresentanti della
categoria presso
commissioni e organi di
carattere nazionale e
internazionale;
h) svolgere le funzioni
consultive circa l’attività,
normativa e
amministrativa, dello
Stato e degli enti
internazionali;
f) formulare i pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni;
f) formulare pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni;
i) determinare la misura
del contributo
obbligatorio annuale per
lo svolgimento dei
compiti di cui alla
presente legge che deve
essere corrisposto
dall’Ordine territoriale
previa esazione dagli
iscritti agli albi, nonché
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
f) la determinazione del
contributo annuale a
carico degli iscritti agli
ordini e ai collegi
professionali territoriali
per le spese necessarie
al proprio funzionamento
e all'esercizio delle
funzioni;
g) determinare la misura
del contributo
obbligatorio annuale per
lo svolgimento dei
compiti di cui alla
presente legge, che
deve essere corrisposto
dall’ordine territoriale,
previa esazione dei
contributi a carico degli
iscritti agli albi, e
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
g) determinare la misura
del contributo
obbligatorio annuale per
lo svolgimento dei
compiti di cui alla
presente legge che deve
essere corrisposto
dall’Ordine territoriale,
previa esazione dei
contributi a carico degli
iscritti agli albi, e
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
e) la formulazione dei
criteri per la
determinazione dei
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 36 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
compensi ai
professionisti;
l) determinare gli
standard qualitativi propri
delle prestazioni
professionali e dei livelli
di qualificazione
adeguati per il loro
esercizio;
h) determinare gli
standard qualitativi propri
delle prestazioni
professionali;
h) determinare gli
standard (criteri nella pdl
2239) qualitativi propri
delle prestazioni
professionali;
m) adottare i regolamenti
ad esso demandati ai
sensi del regolamento di
cui all’articolo 35;
b) l'adozione di uno
statuto per la definizione
della propria
organizzazione;
c) l'approvazione di
regolamenti nelle
materie di cui all'articolo
3, comma 4;
i) adottare i regolamenti
ad esso delegati
dall’ordinamento di
categoria;
i) adottare i regolamenti
ad esso delegati
dall’ordinamento di
categoria;
n) curare e promuovere
la formazione degli
iscritti nonché
l’accreditamento dei
percorsi formativi;
h) l'emanazione di
direttive generali e la
definizione di obiettivi,
priorità e programmi
relativi all'attività di
formazione e di
aggiornamento
professionali;
l) accreditare i percorsi
formativi;
l) accreditare i percorsi
formativi anche
attraverso convenzioni
con università ed enti
pubblici o privati;
o) curare l’informativa al
pubblico circa le regole e
le condizioni di esercizio
della professione;
m) assicurare la
compiuta informativa al
pubblico sulle modalità di
esercizio della
professione;
m) assicurare la
compiuta informativa al
pubblico sulle modalità di
esercizio della
professione;
p) provvedere
all’organizzazione degli
uffici interni, alla
gestione finanziaria e a
quanto sia necessario
per l’espletamento dei
compiti di cui alla
presente legge;
q) svolgere ogni altra
funzione attribuita ai
sensi del regolamento di
cui all’articolo 35.
i) ogni altra funzione ad
esso attribuita dalla
legge e dai regolamenti.
n) ogni altra funzione ad
esso attribuita
dall’ordinamento di
categoria per lo
svolgimento dei compiti
di cui all’articolo 18 e al
presente comma.
n) svolgere ogni altra
funzione ad esso
attribuita
dall’ordinamento di
categoria.
3. Il Consiglio nazionale
convoca periodicamente
una Conferenza con
compiti di raccordo con
gli Ordini territoriali nelle
materie di legislazione
concorrente e nelle
politiche professionali,
nonché di informazione e
di consultazione sulle
questioni di interesse
comune.
Le proposte di legge AAC 3, 1553, 1590 e 2239 prevedono che nel regolamento di attuazione
(AC 3, art. 22) ovvero attraverso gli ordinamenti di categoria (AC 1553, art. 22, AAC 1590 e 2239,
art. 12) siano definite le modalità di elezione del consiglio nazionale, sulla base dei seguenti
principi comuni: garantire la partecipazione degli iscritti, la trasparenza delle operazioni elettorali,
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l’individuazione di limitazioni all’elettorato attivo e passivo in presenza di gravi e definitivi
provvedimenti disciplinari.
La disciplina della professione
Tutte le proposte di legge qualificano l’accesso alla professione come libero. Peraltro, oltre
ad ammettere in alcune ipotesi che il legislatore ponga vincoli di predeterminazione numerica a
coloro che possono in concreto esercitare la professione, le proposte prevedono che per
l’esercizio di alcune professioni sia richiesto il superamento di un esame di Stato.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 5, comma 1 Art. 2, comma 3 Art. 4, co. 1 e 2 Art. 13, co. 1 e 2
(Esercizio della
professione).
(Attività professionali) (Esercizio della
professione)
(Esercizio della
professione).
1. Fatto salvo quanto
previsto dall'articolo 16,
commi 1 e 2, l'accesso
alla professione è libero
e il suo esercizio è
fondato e ordinato
sull'autonomia di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista.
3. L'accesso alla
professione è libero e il
suo esercizio è fondato e
ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista. Sono fatti
salvi i vincoli di
predeterminazione
numerica stabiliti dalle
norme vigenti in materia.
1. L'accesso alla
professione è libero e il
suo esercizio è fondato e
ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista.
1. L'accesso alla
professione è libero e il
suo esercizio è fondato e
ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista.
2. L'esame di Stato per
l'esercizio di professioni
che implicano lo
svolgimento di pubbliche
funzioni è soggetto a
predeterminazione
numerica dei posti, ai
sensi di quanto stabilito
dalla legge e tenuto
conto delle esigenze
della collettività.
2. L'esame di Stato per
l'esercizio professionale
di una professione
ordinistica non è
soggetto a
predeterminazione
numerica dei posti, salvo
eccezioni previste da
leggi statali, ed è basato
sulla verifica
dell'effettività e dell'utilità
del tirocinio.
Inoltre, le proposte di legge AAC 1590 e 2239 (articolo 13, comma 3), in relazione alla
professione di notaio – per la quale riconoscono la predeterminazione numerica – prescrivono
che comunque annualmente debba svolgersi un concorso nel quale si rendano disponibili almeno
350 posti.
La p.d.l. AC 503, all’articolo 2 distingue l’attività professionale dall’attività d’impresa
stabilendone alcuni connotati specifici - quali lo svolgimento nel rispetto delle norme
deontologiche, la libertà dell’accesso alla professione (salvi gli eventuali vincoli di
predeterminazione numerica) – e riserva alla legge dello Stato la determinazione delle ipotesi in
cui anche nel rapporto di lavoro subordinato sia richiesta l’iscritti in appositi albi; le altre proposte
di legge - dalla struttura sul punto molto simile - dedicano un apposito articolo ai liberi
professionisti ed un altro ai professionisti dipendenti.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 38 di 81
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 6. Art. 5 Art. 14
(Liberi professionisti) (Liberi professionisti) (Liberi professionisti)
1. La professione è esercitata,
sulla base dei requisiti stabiliti
dagli ordinamenti di categoria, in
forma individuale nonché, sotto la
responsabilità e la direzione
personali del professionista, in
forma associata o societaria
secondo quanto previsto al capo
III.
1. La professione è esercitata,
sulla base dei requisiti stabiliti
dagli ordinamenti di categoria, in
forma individuale sotto la
responsabilità e la direzione
personali del professionista,
nonché in forma associata o
societaria ai sensi di quanto
previsto dal capo III.
1. La professione è esercitata,
sulla base dei requisiti stabiliti
dagli ordinamenti di categoria, in
forma individuale e in forma
associata o societaria ai sensi di
quanto previsto dal capo VII.
2. Alla professione, in qualunque
forma esercitata, non si applica la
sezione I del capo I del titolo II
del libro V del codice civile.
2. Alla professione, in qualunque
forma esercitata, non si applica la
sezione I del capo I del titolo II
del libro quinto del codice civile.
2. Alla professione, in qualunque
forma esercitata, non si applicano
le disposizioni della sezione I del
capo I del titolo II del libro V del
codice civile.
Art. 7.
(Professionisti dipendenti).
1. La legge stabilisce le
professioni che possono essere
esercitate in regime di lavoro
subordinato, anche a tempo
parziale, salvaguardando
l'autonomia di giudizio,
intellettuale e tecnica, del
professionista.[segue]
3. La legge stabilisce le
professioni il cui esercizio è
compatibile con la prestazione di
lavoro subordinato,
predisponendo apposite garanzie
per assicurare l'autonomia e
l'indipendenza di giudizio,
intellettuale e tecnica, del
professionista.
3. La legge stabilisce le
professioni il cui esercizio è
compatibile con la prestazione di
lavoro subordinato,
predisponendo apposite garanzie
per assicurare l'autonomia e
l'indipendenza di giudizio,
intellettuale e tecnica, del
professionista nonché l'assenza
di conflitti di interessi, anche in
caso di rapporti a tempo parziale.
Art. 6 Art. 15
(Professionisti dipendenti) (Professionisti dipendenti)
2. I professionisti dipendenti sono
soggetti al regime delle
incompatibilità stabilito dagli
ordinamenti di categoria a
garanzia del corretto esercizio
della professione.
1. I professionisti dipendenti
esercitano la professione in
conformità alle disposizioni della
presente legge, fatte salve le
incompatibilità previste dagli
ordinamenti di categoria.
1. I professionisti dipendenti
esercitano la professione in
conformità alle disposizioni della
presente legge, fatte salve le
incompatibilità previste dagli
ordinamenti di categoria e dalla
legge.
3. Nel caso in cui l'abilitazione
professionale costituisca requisito
per l'instaurazione del rapporto di
lavoro subordinato è obbligatoria
l'iscrizione all'albo per
l'espletamento delle relative
mansioni secondo quanto
previsto dagli ordinamenti di
categoria.
2. Nel caso in cui l'abilitazione
professionale costituisca requisito
per l'instaurazione del rapporto di
lavoro subordinato è obbligatoria
l'iscrizione all'albo per
l'espletamento delle relative
mansioni, ai sensi di quanto
previsto dagli ordinamenti di
categoria.
2. Nel caso in cui l'abilitazione
professionale costituisca requisito
per l'instaurazione del rapporto di
lavoro subordinato è obbligatoria
l'iscrizione all'albo per
l'espletamento delle relative
mansioni, ai sensi di quanto
previsto dagli ordinamenti di
categoria.
4. I professionisti dipendenti
pubblici sono soggetti alle
specifiche norme del codice
deontologico, che sono emanate
ai sensi dell'articolo 23 dai
Consigli nazionali, tenuto conto
delle disposizioni che regolano il
rapporto di lavoro.
3. I professionisti dipendenti
pubblici sono soggetti alle norme
deontologiche, stabilite ai sensi
dell'articolo 23, nel rispetto dei
princìpi di buon andamento e di
imparzialità della pubblica
amministrazione.
3. I professionisti dipendenti
pubblici, nell'ipotesi di cui al
comma 2, sono soggetti alle
norme deontologiche, stabilite ai
sensi dell'articolo 22, nel rispetto
dei princìpi di buon andamento e
imparzialità della pubblica
amministrazione.
4. Ai dipendenti pubblici si
applicano le disposizioni stabilite
dal capo IV del titolo III del testo
unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n.
267, e successive modificazioni.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 40 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Per le professioni di interesse generale, l’AC. 3 affida agli ordinamenti di categoria il compito
di determinare le caratteristiche della professione e i requisiti per l’accesso alla stessa
(articolo 15). In particolare, spetta all’ordinamento di categoria individuare:
- le competenze professionali sulla base del titolo di studio universitario e dell'esame di
Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, con la puntuale identificazione delle
prestazioni riservate, se del caso in esclusiva;
- il titolo professionale;
- i requisiti formativi per l'esercizio professionale;
- il tirocinio per l'ammissione all'esame di Stato;
- il regime delle incompatibilità;
- gli ulteriori requisiti per l'esercizio professionale a tutela degli interessi generali ad esso
connessi.
Il superamento dell’esame di Stato è richiesto quando (articolo 16):
_ la professione incide su interessi generali;
_ sussiste un'esigenza di tutela dell'affidamento della clientela o della collettività;
_ emerge una rilevanza sociale dei costi derivanti dall'esercizio non corretto della professione.
In relazione ai medesimi temi, la proposta AC 503 prescrive invece l’esame di Stato (articolo
5) per l'abilitazione all'esercizio di una professione che comprende lo svolgimento di attività
riservate in esclusiva; a tale esame si può accedere dopo un corso di formazione istituito e
disciplinato dagli ordini e dai collegi professionali d'intesa con le università. Laddove sia
predeterminato il numero di quanti possono accedere alla professione la selezione dovrà
svolgersi attraverso procedure di evidenza pubblica.
L’articolo 15 dell’AC. 1553 stabilisce che le condizioni e i presupposti per l’esercizio delle
professioni di interesse generale - per le quali è previsto il superamento di un esame di Stato e
l’iscrizione in un albo (articolo 16) - siano disciplinate con i decreti legislativi adottati nell’esercizio
della più generale delega contemplata dall’articolo 37. I decreti dovranno essere adottati nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
_ incidenza della attività professionale sugli interessi generali meritevoli di specifica tutela;
_ esigenza di tutela dell’affidamento;
_ rilievo sociale dei costi derivanti dall’esercizio non corretto delle attività professionali;
Spetta agli ordinamenti di categoria (analogamente a quanto previsto dall’AC. 3) definire le
competenze professionali degli appartenenti all’Ordine e le prestazioni riservate, il titolo
professionale, i requisiti formativi, le modalità del tirocinio, le incompatibilità e gli ulteriori requisiti
nell’interesse generale.
Gli AAC. 1590 e 2239 prevedono invece che si possa accedere alle professioni intellettuali
organizzate in ordini professionali previo superamento di un esame di Stato (articolo 13); spetterà
all’ordinamento professionale definire il percorso formativo e le modalità del tirocinio che
costituiranno condizioni e requisiti per la partecipazione all’esame (articolo 16).
La formazione del professionista e il tirocinio
Tutte le proposte di legge demandano a decreti ministeriali l’individuazione dei titoli
universitari richiesti per l’accesso alle professioni; le proposte di legge AAC 3, 1553, 1590 e
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 41 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
2239 prevedono inoltre l’istituzione di apposite scuole di formazione e delineano un processo di
aggiornamento continuo dei professionisti.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 29. Art. 5 Art. 28 Art. 17
(Scuole di formazione e
corsi di aggiornamento
professionale).
(Accesso alle professioni
regolamentate)
(Scuole di formazione e
corsi di aggiornamento
professionale)
(Scuole di formazione e
corsi di aggiornamento
professionale).
1. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35 sono
istituite apposite scuole e
sono previsti i criteri sulla
base dei quali l'Ordine
può, nel rispetto delle
direttive del Consiglio
nazionale, istituire,
anche mediante
convenzioni e
partecipazioni di
amministrazioni
pubbliche, istituti di
formazione, casse di
previdenza, sindacati e
associazioni di
professionisti, scuole di
alta formazione per i
professionisti e i
tirocinanti.
1. Gli ordinamenti di
categoria possono
istituire apposite scuole
ovvero possono
prevedere i criteri sulla
base dei quali l'ordine
professionale può, nel
rispetto delle direttive del
consiglio nazionale,
istituire, anche mediante
convenzioni e con la
partecipazione di
amministrazioni
pubbliche, istituti di
formazione, casse di
previdenza, sindacati e
associazioni di
professionisti, scuole di
alta formazione per i
professionisti e i
tirocinanti.
1. Gli ordinamenti di
categoria possono
istituire apposite scuole
di alta formazione per i
professionisti e i
tirocinanti, ovvero
possono prevedere i
criteri sulla base dei
quali l'Ordine territoriale,
nel rispetto delle direttive
del Consiglio nazionale,
può istituire tali scuole,
anche mediante
convenzioni e con la
partecipazione di
amministrazioni
pubbliche, istituti di
formazione, casse di
previdenza, sindacati e
associazioni di
professionisti.
2. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, il Ministro
dell'università e della
ricerca, di concerto con i
Ministri competenti,
stabilisce i requisiti per il
riconoscimento dei titoli
rilasciati dalle scuole ai
fini della formazione e
dell'ammissione
all'esame di Stato per
l'esercizio della
professione.
5. Entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore
della presente legge, al
fine di assicurare
requisiti uniformi per
l'accesso al sistema
degli ordini e dei collegi
professionali, in
conformità a quanto
disposto dalla presente
legge, con uno o più
decreti del Ministro
dell'università e della
ricerca, sentiti il
Consiglio universitario
nazionale e i consigli
nazionali degli ordini e
dei collegi professionali,
sono stabilite le
corrispondenze tra titoli
universitari ai fini
dell'accesso alle
professioni intellettuali.
2. Il Ministro
dell'istruzione,
dell'università e della
ricerca, di concerto il
Ministro della giustizia,
riconosce con decreto i
titoli rilasciati dalle
scuole ai fini della
formazione e
dell'ammissione
all'esame di Stato per
l'esercizio della
professione e vigila
sull'esercizio delle
funzioni in materia di
formazione da parte
degli ordini professionali.
2. Il Ministro
dell'istruzione,
dell'università e della
ricerca, di concerto con il
Ministro della giustizia,
riconosce con decreto i
titoli rilasciati dalle
scuole di cui al comma 1
ai fini della formazione e
dell'ammissione
all'esame di Stato per
l'esercizio della
professione e vigila
sull'esercizio delle
funzioni in materia di
formazione da parte
degli Ordini territoriali.
3. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, il Ministro
della giustizia, di
concerto con il Ministro
dell'università e della
ricerca, definisce le
condizioni e i criteri per
la formazione ai fini del
tirocinio e per
l'aggiornamento
professionale degli
iscritti, sulla base dei
quali possono essere
3. Gli ordinamenti di
categoria stabiliscono i
criteri per la formazione
ai fini del tirocinio e per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti. Sulla base
di tali criteri e nel rispetto
del principio di libera
concorrenza, da parte di
ordini professionali,
associazioni e sindacati
dei professionisti e casse
di previdenza, possono
3. Gli ordinamenti di
categoria stabiliscono i
criteri per la formazione
ai fini del tirocinio e per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti. Sulla base
di tali criteri e nel rispetto
del principio di libera
concorrenza, Ordini
(territoriali nella pdl
2239), associazioni e
sindacati dei
professionisti e casse di
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 42 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
organizzati, anche ad
opera di Ordini,
università, associazioni e
sindacati dei
professionisti e casse di
previdenza, i relativi
corsi.
essere promossi e
organizzati, mediante
adeguate strutture,
seminari e corsi di
formazione. I seminari e i
corsi di formazione per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti sono altresì
promossi e organizzati
da soggetti privati.
previdenza possono
promuovere e
organizzare, mediante
adeguate strutture,
seminari e corsi di
formazione. I seminari e i
corsi di formazione per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti sono altresì
promossi e organizzati
da soggetti privati, previa
approvazione dell'Ordine
(territoriali nella pdl
2239) cui sono rivolti.
4. Le università e gli
istituti del secondo ciclo
di istruzione, d'intesa con
gli ordini professionali,
possono istituire corsi
per la preparazione
all'esame di Stato e per
l'aggiornamento
professionale.
4. Le università e gli
istituti del secondo ciclo
di istruzione, di intesa
con gli Ordini territoriali,
possono istituire corsi
per la preparazione
all'esame di Stato, per
l'aggiornamento
professionale e per
l'anticipazione del
tirocinio nell'ultimo anno
di istruzione.
Tutte le proposte di legge prevedono il tirocinio per l’accesso alle professioni regolamentare
demandandone la compiuta disciplina al regolamento governativo (AC 3) ovvero all’ordinamento
di categoria (AAC. 503, 1553, 1590 e 2239). Tutte le proposte convergono sulla necessità di
stabilire un equo compenso per il tirocinante mentre divergono sulla durata del periodo
formativo (tre o due anni) e sulla possibilità di svolgere lo stesso in concomitanza con gli studi
universitari.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 17. Art. 5 Art. 16 Art. 16
(Tirocinio, esame di
Stato e concorso).
(Accesso alle professioni
regolamentate)
(Tirocinio ed esame di
Stato)
(Tirocinio ed esame di
Stato)
1. Il tirocinio per
l'ammissione all'esame
di Stato è disciplinato, ai
sensi del regolamento di
cui all'articolo 35, sulla
base dei seguenti criteri
e princìpi:
1. L'ordinamento di
categoria stabilisce le
condizioni e i requisiti del
tirocinio professionale
per l'ammissione
all'esame di Stato, sulla
base dei seguenti
princìpi e criteri direttivi:
1. Nell'ordinamento
professionale approvato
ai sensi dell'articolo 4
sono stabiliti le
condizioni e i requisiti del
tirocinio professionale
per l'ammissione
all'esame di Stato, sulla
base dei seguenti
princìpi e criteri direttivi:
a) il tirocinio è volto
all'acquisizione dei
fondamenti teorici, pratici
e deontologici della
professione;
3. La disciplina del
tirocinio, ove previsto, si
conforma a criteri che
garantiscono l'effettività
dell'attività formativa e il
suo adeguamento
costante all'esigenza di
assicurare il miglior
esercizio della
professione. […]
a) il tirocinio è volto
all'acquisizione dei
fondamenti teorici, pratici
e deontologici della
professione;
a) il tirocinio è volto
all'acquisizione dei
fondamenti teorici, pratici
e deontologici della
professione;
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 43 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
b) la durata del tirocinio
non può essere
superiore a tre anni e
tiene conto della
specificità della
professione;
[…] La durata del
tirocinio non può essere
superiore a tre anni. […]
b) la durata del tirocinio
non può essere
superiore a tre anni;
b) la durata del tirocinio
non può essere
superiore a due anni,
salvo casi speciali;
c) il tirocinio è svolto
sotto la responsabilità di
un professionista, con
adeguata anzianità di
iscrizione all'albo, anche
se effettuato presso
amministrazioni o
imprese che svolgono
attività nel settore di
riferimento della
professione;
[…] Il tirocinio può
essere svolto, secondo
quanto previsto da
ciascun ordinamento e
comunque sempre sotto
la responsabilità di un
professionista, anche
presso amministrazioni e
società che svolgono
attività nel settore di
riferimento della
professione. Il
professionista che
accoglie presso il suo
studio il tirocinante deve
essere iscritto all'albo e
avere un'adeguata
anzianità di iscrizione.
c) il tirocinio è svolto
sotto la responsabilità di
un professionista iscritto
all'albo, con adeguata
anzianità di iscrizione,
anche se effettuato
presso amministrazioni,
società e aziende che
svolgono attività nel
settore di riferimento
della professione;
c) il tirocinio è svolto
sotto la responsabilità di
un professionista iscritto
all'albo, con adeguata
anzianità di iscrizione,
anche se effettuato
presso amministrazioni,
società e aziende che
svolgono attività nel
settore di riferimento
della professione;
d) il tirocinio può anche
essere svolto
parzialmente, mediante
la partecipazione a corsi
di formazione per la
preparazione agli esami
di Stato o all'estero nel
rispetto di quanto
previsto dalla lettera c);
[…] Secondo quanto
previsto da ciascun
ordinamento, esso può
essere svolto, sotto il
controllo degli ordini e
dei collegi professionali,
in concomitanza al corso
di studio necessario per
il conseguimento
dell'abilitazione
professionale, ovvero
mediante la
partecipazione a corsi di
formazione per la
preparazione degli esami
di Stato o all'estero, sotto
la responsabilità di un
professionista […].
d) il tirocinio può anche
essere svolto
parzialmente, mediante
la partecipazione a corsi
di formazione per la
preparazione agli esami
di Stato, in Paesi membri
dell'Unione europea o in
altri Paesi esteri, ai sensi
della lettera c);
d) il tirocinio può anche
essere svolto
parzialmente, mediante
la partecipazione a corsi
di formazione per la
preparazione agli esami
di Stato, in Paesi
dell'Unione europea o in
altri Paesi esteri, fermo
restando quanto previsto
dalla lettera c);
e) deve essere stabilito
un equo compenso a
favore di chi svolge il
tirocinio, tenendo conto
dell'effettivo apporto del
tirocinante e con
riferimento, ove previsto,
al regime tariffario delle
prestazioni rese;
[…] È previsto un equo
compenso del
tirocinante, commisurato
al suo concreto apporto,
fiscalmente detraibile dal
professionista. […]
e) deve essere stabilito
un equo compenso in
favore di chi svolge il
tirocinio, tenendo conto
dell'effettivo apporto del
tirocinante, con
riferimento al regime
tariffario delle prestazioni
rese.
e) deve essere stabilito
un equo compenso in
favore di chi svolge il
tirocinio, tenendo conto
dell'effettivo apporto del
tirocinante, con
riferimento al regime
tariffario delle prestazioni
rese. La retribuzione
economica non può
comunque essere
inferiore del 20 per cento
del trattamento
contrattuale più
favorevole previsto per
gli apprendisti negli studi
professionali, anche se
erogata con riferimento
alle vigenti tariffe
professionali.
f) il tirocinio può essere
svolto anche durante il
corso di studi secondo le
modalità convenute tra
gli Ordini e le università
[…] Secondo quanto
previsto da ciascun
ordinamento, esso può
essere svolto, sotto il
controllo degli ordini e
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 44 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
o gli altri istituti che
svolgono attività di
formazione professionale
o tecnica superiore.
dei collegi professionali,
in concomitanza al corso
di studio necessario per
il conseguimento
dell'abilitazione
professionale, ovvero
mediante la
partecipazione a corsi di
formazione per la
preparazione degli esami
di Stato o all'estero, sotto
la responsabilità di un
professionista […].
[…] Al tirocinante non si
applicano le norme sul
contratto di lavoro per i
dipendenti di studi
professionali. […]
2. Al tirocinante non si
applicano le norme sul
contratto di lavoro
previste per i dipendenti
di studi professionali.
2. Al tirocinante non si
applicano le norme sui
contratto di lavoro per i
dipendenti di studi
professionali.
L’esame di Stato
Tre delle proposte di legge in esame demandano al Governo (attraverso il regolamento di
attuazione nell’AC 3, la modifica del regolamento n. 328 del 2001 nell’AC 503, ovvero
nell’esercizio della più generale delega prevista dall’art. 37 nell’AC 1553) la nuova disciplina
dell’esame di Stato, mentre, in base agli AC 1590 e 2239, tale disciplina deve essere introdotta
nell’ordinamento professionale. Tutte le proposte di legge dettano comunque principi e criteri
direttivi per la definizione di tale nuova disciplina.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 17. Art. 5 Art. 16 Art. 16 Art. 16
(Tirocinio, esame
di Stato e
concorso).
(Accesso alle
professioni
regolamentate)
(Tirocinio ed
esame di Stato)
(Tirocinio ed esame
di Stato)
(Tirocinio ed esame
di Stato)
2. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35,
l'esame di Stato,
anche in forma
concorsuale, è
disciplinato sulla
base dei seguenti
criteri e princìpi:
4. Entro sei mesi
dalla data di
entrata in vigore
della presente
legge, il Governo
apporta al
regolamento di cui
al decreto del
Presidente della
Repubblica 5
giugno 2001, n.
328, le modifiche
necessarie al fine
di disciplinare, in
conformità a
quanto previsto
dalla presente
legge, i requisiti per
l'ammissione
all'esame di Stato, i
percorsi formativi,
le relative classi di
laurea e di laurea
magistrale, nonché
le modalità per il
suo svolgimento
garantendo
3. Nell'ambito della
delega prevista
dall'articolo 37, il
Governo provvede
a disciplinare
l'esame di Stato
sulla base dei
seguenti princìpi e
criteri direttivi:
3. Nell'ordinamento
professionale
approvato ai sensi
dell'articolo 4 si
provvede a
disciplinare l'esame
di Stato sulla base
dei seguenti princìpi
e criteri direttivi:
3. Nell'ordinamento
di categoria,
approvato ai sensi
dell'articolo 4,
commi 2 e 3, si
provvede a
disciplinare l'esame
di Stato sulla base
dei seguenti princìpi
e criteri:
a) l'esame di Stato
deve garantire
l'uniforme
valutazione dei
candidati e la
verifica oggettiva
del possesso delle
conoscenze e delle
attitudini
necessarie per lo
svolgimento
dell'attività
professionale;
a) l'esame deve
garantire
l'uniforme
valutazione dei
candidati e la
verifica oggettiva
del possesso delle
conoscenze e
dell'attitudine
necessarie per lo
svolgimento
dell'attività
professionale;
a) l'esame deve
garantire la seria
valutazione del
merito dei candidati
e la verifica
oggettiva del
possesso delle
conoscenze e delle
attitudini necessarie
per lo svolgimento
dell'attività
professionale;
a) l'esame deve
garantire la seria
valutazione del
merito dei candidati
e la verifica
oggettiva del
possesso delle
conoscenze e delle
attitudini necessarie
per lo svolgimento
dell'attività
professionale;
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 45 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
b) l'esame deve
prevalentemente
basarsi su una
verifica periodica
dell'effettività del
tirocinio, soggetta a
valutazione anche
tramite un sistema
di crediti;
b) l'esame deve
essere basato
prevalentemente su
una verifica
periodica
dell'effettività del
tirocinio, soggetta a
valutazione anche
tramite un sistema
di crediti;
b) nelle
commissioni
giudicatrici non più
della metà dei
commissari, tra cui
il presidente, sono
scelti dal Ministro
competente
nell'ambito di una
rosa di candidati
designati
dall'Ordine
territoriale tra gli
iscritti agli albi.
[…] Nelle
commissioni
giudicatrici non più
della metà dei
commissari, tra cui
il presidente, è
designata
dall'ordine o
collegio territoriale
tra gli iscritti agli
albi con adeguata
anzianità.
b) nelle
commissioni
giudicatrici non più
della metà dei
commissari, tra cui
il presidente, sono
designati
dall'Ordine
territoriale tra gli
iscritti agli albi.
c) nelle commissioni
giudicatrici, non più
della metà dei
commissari, tra cui il
presidente, è
designata
dall'Ordine tra gli
iscritti allo stesso
Ordine
territorialmente
competente per
l'esame
c) nelle commissioni
giudicatrici non oltre
la metà dei
commissari, tra cui il
presidente, sono
designati dal
Consiglio nazionale
tra gli iscritti allo
stesso ordine
territoriale
competente per
l'esame.
(segue). In ogni
caso, almeno la
metà dei
commissari è
designata con
sorteggio tra i
professionisti iscritti
all'albo da almeno
dieci anni.
4. In ogni caso,
almeno la metà dei
commissari è
designata con
sorteggio tra i
professionisti iscritti
all'albo da almeno
dieci anni.
Il codice deontologico e la responsabilità disciplinare
Tutte le proposte di legge prevedono che il codice deontologico per l’esercizio della
professione sia adottato dal Consiglio nazionale. In particolare, la p.d.l. 503 (Siliquini e altri), che
non dedica uno specifico articolo al codice, afferma (art. 64) che il codice è deliberato dal
Congresso nazionale, su proposta del Consiglio nazionale.
Per quanto invece riguarda le altre tre proposte di legge:
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
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Art. 23. Art. 23 Art. 22
(Codice deontologico). (Codice deontologico) (Codice deontologico).
1. Il codice deontologico, ai
sensi dell'articolo 2, comma 3,
assicura il corretto esercizio
della professione a tutela degli
interessi collettivi e generali ad
esso connessi nonché a
presidio del decoro della
professione medesima.
1. Il codice deontologico per
l'esercizio professionale
assicura il corretto esercizio
della professione nonché il
decoro e il prestigio della
professione medesima.
1. Il codice deontologico per
l'esercizio professionale assicura il
corretto esercizio della professione
nonché il decoro e il prestigio della
professione medesima e garantisce i
diritti dei cittadini utenti delle
prestazioni professionali. Il codice
deontologico afferma i princìpi della
responsabilità professionale, della
qualità, della sussidiarietà e della
leale concorrenza.
2. Il codice deontologico è
adottato dal Consiglio
nazionale previa consultazione
degli Ordini territoriali.
2. Il codice deontologico è
adottato e periodicamente
aggiornato dal consiglio
nazionale, previa
consultazione degli ordini
territoriali.
2. Il codice deontologico è adottato e
periodicamente aggiornato dal
Consiglio nazionale, previa
consultazione degli Ordini territoriali.
3. Il codice deontologico è
pubblicato nei siti internet
dell'Ordine professionale.
3. Il codice deontologico è
pubblicato e reso accessibile ai
terzi in modo adeguato da
parte dell'ordine professionale.
3. Il codice deontologico è pubblicato
e reso accessibile ai terzi da parte
dell'Ordine professionale.
Tutte le proposte di legge delineano il quadro delle sanzioni disciplinari applicabili e
disciplinano seppure sommariamente le caratteristiche del relativo procedimento.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 26. Art. 25 Art. 23 Art. 23
(Responsabilità
disciplinare).
(Responsabilità
disciplinare)
(Responsabilità
disciplinare).
(Responsabilità
disciplinare).
1. Il professionista
deve:
1. Il professionista
deve:
1. Il professionista
deve:
1. Il professionista
deve:
a) rispettare la
legge e il codice
deontologico;
a) rispettare le
leggi e il codice
deontologico;
a) rispettare le
leggi e il codice
deontologico;
a) rispettare le
leggi e il codice
deontologico;
b) comportarsi in
modo conforme al
decoro
professionale;
b) comportarsi in
modo conforme
alla dignità e al
decoro
professionali;
b) comportarsi in
modo conforme
alla dignità e al
decoro
professionale, alla
qualità
professionale, al
rispetto dell'utente
e al principio di
leale concorrenza;
b) comportarsi in
modo conforme
alla dignità e al
decoro
professionali, alla
qualità
professionale, al
rispetto dell'utente
e al principio di
leale concorrenza;
c) curare
l'aggiornamento
della formazione
professionale.
c) curare
l'aggiornamento
della propria
formazione
professionale.
c) provvedere
all'aggiornamento
della propria
formazione
professionale
secondo quanto
previsto
dall'ordinamento di
categoria.
c) provvedere
all'aggiornamento
della propria
formazione
professionale
secondo quanto
previsto
dall'ordinamento di
categoria.
2. Il professionista
che non ottempera
ai doveri di
aggiornamento
professionale e che
interrompe
l'esercizio
2. Il professionista
che non ottempera
ai doveri di
aggiornamento
professionale e che
interrompe
l'esercizio
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
professionale per
un periodo
prolungato,
secondo i criteri
stabiliti
dall'ordinamento di
categoria, è radiato
dall'albo.
professionale per
un periodo
prolungato,
secondo i criteri
stabiliti dai rispettivi
ordinamenti di
categoria e codice
deontologico, è
sospeso o radiato
dall'albo di
appartenenza.
Con specifico riferimento alle sanzioni e al procedimento:
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 27. Art. 66 Art. 26 Art. 24
(Sanzioni disciplinari). (Funzione disciplinare
e consigli di disciplina)
(Sanzioni disciplinari) (Sanzioni disciplinari).
1. In caso di violazione
delle disposizioni di cui
all'articolo 26 sono
irrogate le sanzioni
disciplinari previste dal
presente articolo.
1. La violazione delle
disposizioni di cui
all'articolo 25 comporta
l'irrogazione di sanzioni
disciplinari.
1. La violazione delle
disposizioni di cui all'articolo
25 (articolo 23 nell’AC
2239) comporta
l'irrogazione delle sanzioni
disciplinari stabilite
dall'ordinamento di
categoria nel rispetto di
quanto previsto dal
presente articolo.
2. Le sanzioni
disciplinari sono
proporzionali alla
gravità della
violazione.
2. Le sanzioni
disciplinari sono
proporzionali alla
gravità della
violazione.
2. Le sanzioni disciplinari
sono proporzionali alla
gravità della violazione.
3. Le sanzioni
disciplinari sono:
3. Non sono
ammesse sanzioni
diverse dalle seguenti:
3. Le sanzioni
disciplinari sono le
seguenti:
3. Le sanzioni disciplinari
sono le seguenti:
a) l'avvertimento:
consiste in un richiamo
scritto comunicato
all'interessato;
a) l'ammonizione, che
consiste in un
richiamo scritto
comunicato
all'interessato;
a) l'avvertimento, che
consiste in un richiamo
scritto comunicato
all'interessato;
a) l'avvertimento, che
consiste in un richiamo
scritto comunicato
all'interessato;
b) la censura: consiste
in una dichiarazione di
biasimo resa pubblica;
b) la censura, che
consiste in una nota di
biasimo resa pubblica;
b) la censura, che
consiste in una
dichiarazione di
biasimo resa pubblica;
b) la censura, che consiste
in una dichiarazione di
biasimo resa pubblica;
c) la sospensione:
consiste nell'inibizione
all'esercizio della
professione per un
massimo di due anni;
c) la sospensione, che
consiste nell'inibizione
dall'esercizio della
professione per un
periodo massimo di
diciotto mesi;
c) la sospensione, che
consiste nell'inibizione
all'esercizio della
professione da un
minimo di un mese a
un massimo di due
anni;
c) la sospensione, che
consiste nell'inibizione
all'esercizio della
professione da un minimo di
un mese a un massimo di
due anni;
d) la destituzione;
e) la radiazione:
consiste nella
cancellazione
dall'albo.
d) la radiazione, che
consiste nella
cancellazione
dall'albo.
d) la radiazione, che
consiste nella
cancellazione dall'albo.
d) la radiazione, che
consiste nella cancellazione
dall'albo.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 48 di 81
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
4. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, sono
determinate le
condizioni e le
procedure per le quali
l'iscritto può essere
eccezionalmente
sospeso in via
cautelare dall'esercizio
della professione; in
ogni caso la
sospensione non può
avere durata superiore
a dodici mesi.
4. L'ordinamento di
categoria determina le
condizioni e le
procedure con le quali
l'iscritto può essere
eccezionalmente
sospeso in via
cautelare dall'esercizio
della professione; in
ogni caso la
sospensione cautelare
non può avere durata
superiore a un anno.
4. L'ordinamento di
categoria determina le
condizioni e le procedure
con le quali l'iscritto può
essere eccezionalmente
sospeso in via cautelare
dall'esercizio della
professione; in ogni caso la
sospensione cautelare non
può avere durata superiore
a un anno.
5. Il professionista
radiato può chiedere di
essere reiscritto
all'albo, sussistendone
i presupposti, non
prima di cinque anni
dalla data di efficacia
del provvedimento di
radiazione.
5. Il professionista
radiato può chiedere di
essere reiscritto
all'albo, sussistendone
i presupposti, non
prima di cinque anni
dalla data di efficacia
del provvedimento di
radiazione.
5. Il professionista radiato
può chiedere di essere
reiscritto all'albo,
sussistendone i
presupposti, non prima di
cinque anni dalla data di
efficacia del provvedimento
di radiazione.
6. Nel caso di società
costituita da
professionisti iscritti
all'albo la
responsabilità
disciplinare del socio
concorre con quella
della società se la
violazione commessa
è ricollegabile a
direttive impartite dalla
società.
6. Nel caso di società
tra professionisti iscritti
all'albo, la
responsabilità
disciplinare del socio
concorre con quella
della società se la
violazione commessa
è ricollegabile a
direttive impartite dalla
società.
6. Nel caso di società tra
professionisti iscritti all'albo,
la responsabilità disciplinare
del socio concorre con
quella della società se la
violazione commessa è
riconducibile a direttive
impartite dalla società.
7. Nel caso di società
costituita da
professionisti
appartenenti a
categorie diverse, la
cancellazione da uno
degli albi ai quali la
società è iscritta è
causa legittima di
esclusione dei soci
iscritti al medesimo
albo.
7. Nel caso di società
interprofessionale, la
cancellazione da uno
degli albi nei quali la
società è iscritta è
causa legittima di
esclusione dei soci
iscritti al medesimo
albo.
7. Nel caso di società
interprofessionale, la
cancellazione da uno degli
albi nei quali la società è
iscritta è causa legittima di
esclusione dei soci iscritti al
medesimo albo.
Art. 28. Art. 66 Art. 27 Art. 25
(Procedimento
disciplinare).
(Funzione disciplinare
e consigli di disciplina)
(Procedimento
disciplinare)
(Procedimento disciplinare).
1. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35 è
disciplinato, sulla base
dei princìpi del codice
di procedura civile, in
quanto compatibili, e
dei princìpi di cui al
comma 2, il
procedimento
disciplinare, che ha
inizio d'ufficio o su
1. Gli ordinamenti di
categoria disciplinano,
nel rispetto dei princìpi
del codice di procedura
civile, in quanto
compatibili, il
procedimento
disciplinare, che ha
inizio d'ufficio, su
segnalazione del
cliente o di chiunque vi
abbia interesse.
1. Gli ordinamenti di
categoria disciplinano, nel
rispetto dei princìpi del
codice di procedura civile,
in quanto compatibili, il
procedimento disciplinare,
che ha inizio d'ufficio, su
segnalazione del cliente o
di chiunque vi abbia
interesse ovvero,
nell'esercizio dei suoi poteri
di vigilanza, su richiesta del
Ministro della giustizia.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 49 di 81
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
istanza di chiunque vi
abbia interesse.
1. Gli statuti degli
ordini e dei collegi
professionali
prevedono l'istituzione
di organi territoriali,
diversi da quelli aventi
funzioni
amministrative, ai
quali sono
specificamente
affidate l'istruzione e
la decisione delle
questioni disciplinari.
2. Gli ordinamenti di
categoria prevedono e
disciplinano l'affidamento
dell'esercizio delle funzioni
disciplinari a uno specifico
organo, distinto dal
consiglio dell'Ordine
territoriale e presieduto da
un magistrato.
2. Il procedimento è
ordinato nel rispetto
dei seguenti princìpi:
2. Il procedimento
disciplinare si svolge
secondo le norme
stabilite dai
regolamenti di cui
all'articolo 3, comma
4, le quali devono
assicurare il diritto
dell'incolpato a
conoscere le
violazioni che gli sono
contestate, a
prendere cognizione
ed estrarre copia dei
documenti che
formano il fascicolo, a
nominare come
difensore un avvocato
ovvero un collega del
proprio ordine o
collegio professionale,
a presentare memorie
a discolpa, ad essere
personalmente sentito
durante l'udienza
della commissione.
2. Il procedimento
disciplinare si svolge
nel rispetto dei
seguenti princìpi:
3. Il procedimento
disciplinare è svolto
assicurando:
a) contestazione degli
addebiti;
a) contestazione degli
addebiti;
a) la contestazione degli
addebiti;
b) diritto di difesa; b) diritto di difesa; b) il diritto di difesa;
c) distinzione fra le
funzioni istruttorie e
giudicanti;
c) distinzione tra le
funzioni istruttorie e
quelle giudicanti;
c) la distinzione tra le
funzioni istruttorie e quelle
giudicanti;
d) motivazione delle
decisioni e pubblicità
del provvedimento;
d) motivazione delle
decisioni e pubblicità
del provvedimento;
d) la motivazione delle
decisioni e la pubblicità del
provvedimento;
e) facoltà
dell'esponente con
esclusione del potere
di impugnativa.
e) facoltà
dell'esponente con
esclusione del potere
di impugnativa.
e) le facoltà dell'esponente
(nella pdl 2239, soggetto
che ha presentato la
segnalazione), con
esclusione del potere di
impugnativa, salvo quanto
previsto dal comma 6.
3. L'azione disciplinare
si prescrive in tre anni
dalla data di
commissione
dell'illecito e il
procedimento deve
concludersi, a pena di
decadenza, entro
ventiquattro mesi dalla
sua apertura, fatte
salve le ipotesi di
sospensione e di
interruzione del
procedimento.
3. L'azione disciplinare
si prescrive in cinque
anni dalla data di
commissione
dell'illecito e il
procedimento deve
concludersi, a pena di
decadenza, entro
ventiquattro mesi dalla
sua apertura, fatte
salve le ipotesi di
sospensione e di
interruzione del
procedimento stesso.
4. L'azione disciplinare si
prescrive in cinque anni
dalla data della presunta
violazione e il procedimento
deve concludersi, a pena di
decadenza, entro
ventiquattro mesi dalla sua
apertura, fatte salve le
ipotesi di sospensione e di
interruzione del
procedimento stesso.
4. Al procedimento
non si applica la legge
7 agosto 1990, n. 241,
e successive
modificazioni.
4. Al procedimento
disciplinare di cui al
presente articolo non si
applica la legge 7
agosto 1990, n. 241, e
successive
modificazioni.
5. Al procedimento
disciplinare di cui al
presente articolo non si
applica la legge 7 agosto
1990, n. 241.
5. Avverso i
provvedimenti
disciplinari emanati
dalla commissione
disciplinare è
4. I ricorsi avverso le
decisioni del consiglio
di disciplina rientrano
nella giurisdizione del
consiglio nazionale.
5. Avverso i
provvedimenti
disciplinari emanati
dall'ordine territoriale è
ammesso ricorso al
6. Avverso i provvedimenti
disciplinari emanati
dall'Ordine territoriale è
ammesso ricorso al
Consiglio nazionale, salvo
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 50 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
ammesso ricorso al
Consiglio nazionale,
salvo che sia prevista
impugnazione innanzi
a diversa autorità.
consiglio nazionale,
salvo che
l'ordinamento non
preveda impugnazione
davanti a un'autorità
diversa.
che l'ordinamento non
preveda la possibilità di
impugnazione davanti a
un'autorità diversa.
6. Sono fatte salve le
disposizioni legislative
vigenti che regolano i
procedimenti
disciplinari delle
professioni istituite
prima dell'entrata in
vigore della
Costituzione.
7. Sono fatte salve le
disposizioni legislative
vigenti che regolano i
procedimenti disciplinari
delle professioni istituite
prima del 1° gennaio 1948
(nella pdl 2239, prima della
data di entrata in vigore
della Costituzione).
Tariffe
Come evidenziato dal seguente raffronto, le proposte di legge divergono sul punto del regime
tariffario. In taluni casi alle tariffe predeterminate viene attribuito carattere inderogabile, in altri
casi, viene affermato il carattere recessivo rispetto all’accordo delle parti.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 25. Art. 6 Art. 30 Art. 20
(Regime tariffario) (Tariffe) (Regime tariffario) (Regime tariffario)
1. Il professionista è
tenuto a rendere noto al
cliente il livello della
complessità dell'incarico,
fornendo le informazioni
utili circa gli oneri
ipotizzabili al momento
del conferimento.
2. Il compenso spettante
al professionista è
fissato previa
determinazione
consensuale tra le parti,
fatto salvo il rispetto
delle tariffe minime
stabilite con decreto del
Ministro della giustizia
nell'interesse generale.
1. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, il Ministro
competente, su proposta
dei rispettivi Consigli
nazionali, stabilisce,
sentito il Consiglio di
Stato, le tariffe relative
alle prestazioni riservate.
2. Le tariffe sono
inderogabili a pena di
nullità e sono definite
avendo riguardo agli
standard qualitativi delle
prestazioni e tenendo
conto dell'interesse
3. Le tariffe professionali
sono stabilite ogni
triennio, su proposta dei
rispettivi consigli
nazionali, sentito il
Consiglio di Stato, e
indicano i livelli minimi
inderogabili, nonché i
livelli massimi, non
vincolanti in caso di
determinazione
consensuale.
1. Nel rispetto del
principio di libera
determinazione del
compenso tra le parti di
cui all'articolo 2233 del
codice civile, le tariffe,
previa istruttoria con i
soggetti interessati, sono
stabilite, nell'interesse
generale, con decreto
del Ministro competente,
su proposta dei rispettivi
consigli nazionali, sentito
il Consiglio di Stato.
1. Nel rispetto del
principio di libera
determinazione del
compenso tra le parti di
cui all'articolo 2233 del
codice civile, le tariffe,
previa istruttoria con i
soggetti interessati, sono
stabilite, per le sole
attività riservate rese
nell'interesse generale,
con decreto del Ministro
della giustizia, di
concerto con il Ministro
competente sul settore
economico di riferimento
della professione, su
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
generale, con particolare
riferimento a quanto
previsto all'articolo 2,
comma 2, previa
istruttoria con i soggetti
interessati.
proposta del rispettivo
Consiglio nazionale,
sentiti il Consiglio di
Stato, le associazioni dei
consumatori e degli
utenti iscritte all'elenco
previsto dall'articolo 137
del codice del consumo,
di cui al decreto
legislativo 6 settembre
2005, n. 206, e l'Autorità
garante della
concorrenza e del
mercato.
2. Le tariffe prevedono
livelli massimi e minimi,
inderogabili, per le
prestazioni che incidono
su interessi generali.
Sono nulli i patti difformi
qualora prevedano una
riduzione superiore al 20
per cento del compenso
minimo stabilito sulla
base dei livelli tariffari.
2. Le tariffe prevedono
livelli massimi
inderogabili e minimi,
negoziabili dal cliente in
relazione alle modalità,
al tempo e ai risultati
delle prestazioni. Non
sono comunque previsti
livelli minimi per le
prestazioni professionali
rese in favore delle
attività di volontariato
definite ai sensi della
legislazione vigente.
3. Nelle controversie
legali gli onorari degli
avvocati non possono
comunque superare il 10
per cento del valore della
causa o dell'affare.
4. Nello svolgimento dei
concorsi e delle gare per
le attività di
progettazione delle
opere pubbliche i criteri
di selezione devono
privilegiare la qualità e le
prestazioni professionali
non possono essere
remunerate con uno
sconto inferiore a un
terzo dei minimi tariffari
previsti.
4. In caso di mancata
determinazione
consensuale del
compenso, ovvero in
caso di liquidazione
giudiziale dei compensi,
si applicano le tariffe
professionali stabilite con
decreto del Ministro della
giustizia.
5. In caso di controversia
sull'applicazione delle
tariffe, il consiglio
dell'Ordine territoriale
competente garantisce al
soggetto che contesta la
parcella professionale il
diritto al contraddittorio e
l'assistenza da parte di
un rappresentante di
un'organizzazione
sindacale o di tutela dei
consumatori di sua
fiducia.
5. Per le professioni
organizzate in
associazioni, o che non
hanno una tariffa stabilita
dalla legge, il compenso
per la prestazione deve
6. In sede di revisione
delle tariffe deve essere
privilegiata la struttura
che consente di definire
il costo forfetario delle
prestazioni.
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
essere stabilito su
accordo delle parti o, in
difetto, dal giudice,
anche arbitrale.
6. Sono fatte salve le
disposizioni vigenti che
stabiliscono tariffe,
aliquote, tabelle di
compensi e corrispettivi
per attività professionali
per settori ovvero per
materie determinati.
3. Sono fatte salve le
disposizioni vigenti che
stabiliscono tariffe,
aliquote, tabelle di
compensi e corrispettivi
per attività professionali,
settori ovvero materie
determinati.
3. A tutela
dell'affidamento della
clientela possono essere
predisposte dai Consigli
nazionali tariffe
orientative circa le
prestazioni non riservate,
avendo riguardo agli
standard qualitativi delle
prestazioni medesime.
Assicurazione per la responsabilità professionale
Tutte le proposte di legge prevedono che il professionista debba assicurarsi per la
responsabilità professionale e rendere noti al cliente gli estremi della polizza e il relativo
massimale.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 9. Art. 8 Art. 13 Art. 18
(Assicurazione per la
responsabilità
professionale).
(Assicurazione
obbligatoria)
(Assicurazione per la
responsabilità
professionale).
(Assicurazione per la
responsabilità
professionale).
1. Il professionista è
tenuto a stipulare
un’idonea assicurazione
per i rischi derivanti
dall’esercizio dell’attività
professionale.
1. Il professionista, ove
richiesto, rende noto al
cliente, al momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli estremi
della polizza assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il relativo
massimale.
2. Il professionista deve
rendere noti al cliente, al
momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli estremi
della polizza assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il relativo
massimale.
1. Il professionista deve
rendere noti al cliente, al
momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli estremi
della polizza assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il relativo
massimale.
1. Il professionista deve
rendere noti al cliente, al
momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli estremi
della polizza assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il relativo
massimale.
3. I codici deontologici
degli ordini e dei collegi
professionali di
appartenenza prevedono
le conseguenze
disciplinari della
violazione dell’obbligo di
cui al comma 1.
2. I codici deontologici di
cui all’articolo 23 e i
codici etici di cui
all’articolo 35, comma 2,
lettera b), prevedono le
conseguenze disciplinari
della violazione
dell’obbligo stabilito dal
2. I codici deontologici
prevedono le
conseguenze disciplinari
della violazione
dell’obbligo stabilito dal
comma 1.
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
comma 1 del presente
articolo.
3. Gli ordinamenti di
categoria e gli statuti
delle associazioni di cui
al titolo III stabiliscono i
termini di copertura e le
caratteristiche essenziali
delle polizze assicurative
per la responsabilità
professionale.
3. Gli ordinamenti di
categoria e gli statuti
delle società e delle
associazioni di cui al
capo VII (capo VI nella
pdl 2239) stabiliscono i
termini di copertura e le
caratteristiche essenziali
delle polizze assicurative
per la responsabilità
professionale.
2. Le condizioni generali
delle polizze assicurative
possono essere
negoziate, per i propri
iscritti, da Ordini,
associazioni ed enti
previdenziali privati che,
in caso di mancato
accordo con le
compagnie assicurative,
possono rivolgersi
all’Istituto per la vigilanza
sulle assicurazioni
private e di interesse
collettivo, che in
particolare accerta la
correttezza del
comportamento degli
operatori.
4. Le condizioni generali
delle polizze assicurative
di cui al presente articolo
possono essere
negoziate, in
convenzione per i propri
iscritti, dagli ordini e dai
collegi professionali di
appartenenza, dalle
associazioni e da enti
previdenziali.
4. Le condizioni generali
delle polizze assicurative
possono essere
negoziate, per i propri
iscritti, da ordini
professionali,
associazioni ed enti
previdenziali privati che,
in caso di mancato
accordo con le
compagnie assicurative,
possono rivolgersi
all’Istituto per la vigilanza
sulle assicurazioni
private e di interesse
collettivo (ISVAP).
4. Le condizioni generali
delle polizze assicurative
possono essere
negoziate, per i propri
iscritti, da Ordini,
associazioni ed enti
previdenziali privati che,
in caso di mancato
accordo con le
compagnie assicurative,
possono rivolgersi
all’Istituto per la vigilanza
sulle assicurazioni
private e di interesse
collettivo.
Pubblicità
Tutte le proposte di legge prevedono che l’esercizio professionale possa formare oggetto di
pubblicità informativa.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 24. Art. 7 Art. 24 Art. 19
(Pubblicità). (Informazione all’utenza) (Pubblicità) (Pubblicità).
1. L'esercizio
professionale, in
qualunque modo svolto,
può essere oggetto di
pubblicità informativa.
1. Il professionista può
pubblicizzare il proprio
nome e cognome, titolo
e albo di appartenenza,
le eventuali
specializzazioni
conseguite nonché la
ragione sociale della
società tra professionisti
di cui fa parte. È vietata
ogni forma pubblicitaria
comparativa o non
adeguata al decoro e al
prestigio professionali.
1. L'esercizio
professionale, in
qualunque modo
esercitato, può essere
oggetto di pubblicità
informativa.
1. L'esercizio
professionale, in
qualunque modo
esercitato, può essere
oggetto di pubblicità
informativa, con
esclusione di metodi di
pubblicità comparativa e
negativa.
2. Il codice deontologico
stabilisce le modalità con
cui tale pubblicità può
essere resa, nel rispetto
del decoro della
2. I regolamenti di cui
all'articolo 3, comma 4,
possono prevedere i
limiti necessari per
assicurare la correttezza
2. Il codice deontologico
stabilisce le modalità con
cui la pubblicità prevista
dal comma 1 può essere
resa dagli iscritti.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 54 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
professione, dagli iscritti,
contemperando
l'esigenza di potenziarne
la competitività sul
mercato con la tutela
dell'affidamento della
clientela.
dell'informazione
pubblicitaria.
2. La pubblicità
informativa può avere
per oggetto le
caratteristiche soggettive
dell'organizzazione
professionale, i
contenuti, la qualità, le
modalità e, unitamente a
tali elementi, i costi delle
prestazioni professionali.
3. Nelle professioni
sanitarie e veterinarie le
informazioni pubblicitarie
si adeguano ai modelli
stabiliti dai codici
deontologici e dagli
ordinamenti di categoria.
Le associazioni degli iscritti agli albi
Gli AAC 1553, 1590 e 2239 prevedono la possibilità per gli iscritti agli albi di costituire
associazioni volte a favorire l'identificazione di specifici profili professionali.
In particolare, l’articolo 29 dell’AC 1553 prevede che i professionisti iscritti agli albi possano
costituire associazioni e pubblicizzare, nelle forme previste dal codice deontologico, la
partecipazione a scuole e corsi nonché l’appartenenza alle associazioni stesse. Entrambe le
proposte di legge (cfr. articolo 34 dell’AC 1590 e art. 30 dell’AC 2239) prevedono che le
associazioni fra iscritti agli albi siano costituite tra coloro che esercitano la medesima
professione, garantendo adeguata diffusione territoriale, e sono finalizzate alla promozione del
profilo professionale ed alla formazione e all'aggiornamento degli iscritti. Nello statuto va
comunque escluso il rilascio di attestati di competenza professionale mentre va garantita una
disciplina su base democratica. L'associazione deve dotarsi di strutture organizzative e tecniche
idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale ed è tenuta a
comunicare al Ministero della giustizia il possesso di tali requisiti, pena l’inibizione della facoltà
dell'associato di pubblicizzare la propria appartenenza all'associazione.
Disposizioni previdenziali
Tanto l’AC 1553 (articolo 11) quanto gli AAC 1590 e 2239 (articolo 21) dispongono che gli enti
che gestiscono forme di previdenza obbligatorie per i liberi professionisti esercitino le attività
previdenziali e assistenziali in posizione di indipendenza e autonomia, senza finanziamenti diretti
o indiretti da parte dello Stato. Le loro risorse patrimoniali sono quindi private e devono garantire
l’erogazione delle prestazioni a favore dei beneficiari; sono assoggettati a contribuzione
obbligatoria a favore dell’ente previdenziale, oltre a quelli indicati dall’ordinamento di categoria,
anche i redditi derivanti dalle cariche di amministratore, revisore e sindaco in società ed enti.
Analogamente, sono assoggettati a contribuzione obbligatoria i redditi prodotti nell’esercizio
dell’attività professionale in forma associativa o societaria: tale contributo va versato pro-quota
agli enti previdenziali.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 55 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
L’AC 1553, inoltre, delega il Governo ad adottare decreti legislativi volti a definire condizioni e
limiti per l’istituzione di enti previdenziali e assistenziali con riguardo alle professioni che hanno
ottenuto il riconoscimento pubblico. La stessa proposta di legge, all’articolo 12, delega il Governo
a riformare il trattamento fiscale dei redditi fondiari e dei redditi da capitali prodotti dagli
enti previdenziali privati, escludendo ogni forma di doppia imposizione ed eliminando il prelievo
sulle pensioni erogate dagli enti.
Incentivi ai professionisti
L’AC 503 (articolo 9) e gli AAC 1590 (articolo 35) e 2239 (articolo 31) dispongono che laddove
siano adottati provvedimenti che introducono agevolazioni o incentivi diretti a favorire lo sviluppo
dell’occupazione, da tali misure non debbano essere esclusi coloro che esercitano attività
professionali.
Analogamente, nel delegare il Governo, l’AC 3 stabilisce che debba essere riformata la
legislazione che dispone finanziamenti, agevolazioni e incentivi, di qualunque natura, per le
imprese al fine di estenderla, per quanto compatibile, ai professionisti, con particolare riferimento
ai giovani (articolo 8, lett. g).
In particolare, gli AC 1590 e 2239 aggiungono che dovranno essere privilegiate le società tra
professionisti e interprofessionali costituite da giovani e quelle che costituiscono sedi operative in
Cina e nei principali mercati emergenti. Tale proposta riconosce inoltre ai professionisti un
credito di imposta per documentate attività di ricerca di elevato contenuto scientifico, tecnico e
disciplinare e invita il Governo a consultare le associazioni rappresentative delle professioni
intellettuali in occasione di scelte economiche di carattere generale e in sede di predisposizione
del disegno di legge finanziaria (articolo 36).
L’esercizio della professione in forma societaria e associata
Tutte le proposte di legge all’esame delle commissioni prevedono che l’attività professionale
possa essere svolta sia in forma societaria che in forma associata.
Le forme societarie nell’AC. 3
L’articolo 10 dell’AC. 3 (di iniziativa popolare) stabilisce che la società tra professionisti
(STP) sia strutturata in base al modello già previsto per la società tra avvocati dal decreto
legislativo n. 96 del 2001 (Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio
permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata
acquisita la qualifica professionale)[22] e precisa la non assoggettabilità di tali società alle
procedure concorsuali.
Il successivo articolo 11 disciplina la società tra professionisti interdisciplinare (STPI),
consentendo dunque a professionisti appartenenti a categorie diverse di legarsi per svolgere le
rispettive professioni in forma societaria. In tal caso spetta agli ordinamenti di categoria stabilire il
regime delle incompatibilità e disciplinare lo svolgimento dell’incarico professionale (da parte dei
soci in possesso degli specifici requisiti professionali richiesti per l’esercizio della prestazione).
Il comma 4 dell’articolo 11 disciplina anche la società di servizi professionali (SSP), ossia la
società alla quale partecipano anche soci non professionisti - siano essi di capitale o di opera - la
quale viene ammessa pur nel rispetto delle seguenti condizioni:
_ l’oggetto sociale deve essere limitato alla professione;
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 56 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
_ nelle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, la maggioranza
numerica e per quote dei soci deve essere costituita da coloro che esercitano la professione di
cui all'oggetto sociale;
_ nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, la maggioranza
dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria deve spettare a coloro che esercitano la professione
di cui all'oggetto sociale;
_ l'amministrazione della società deve essere affidata ai soci professionisti.
Infine, l’articolo 12 salvaguarda i tipi societari già previsti dall’ordinamento delegando
comunque il Governo ad intervenire per adeguarne la disciplina ai princìpi della legge di riforma.
La disciplina analitica delle società tra professionisti contenuta nell’AC. 503
La proposta di legge AC 503 (Siliquini e altri) disciplina in modo analitico l’esercizio della
professione attraverso società tra professionisti.
Di tali società il Capo II (artt. 10-15) della proposta di legge delinea i principi generali
consentendo, in particolare (articolo 10) ai professionisti di costituire società o associazioni
temporanee per lo svolgimento in comune dell’attività professionale, anche qualora si tratti di
professionisti iscritti a Ordini o collegi professionali diversi ed escludendo comunque che la
società tra professionisti possa essere assoggettata a procedure concorsuali.
L’articolo 11 della proposta prevede la creazione presso ogni ordine e collegio professionale di
un registro delle società professionali, e chiarisce il contenuto della domanda di iscrizione e la
procedura di esame della stessa da parte del consiglio dell’ordine o del collegio.
L’articolo 12 stabilisce alcune limitazioni all’esercizio dell’attività professionale in forma
societaria. In particolare l’esercizio in forma individuale dell’attività professionale è incompatibile
con la partecipazione ad una società tra professionisti così come non è consentito l’esercizio
della professione in forma societaria in più società. Tuttavia, più società tra professionisti
possono riunirsi in associazione temporanea per il compimento di incarichi determinati.
Vengono inoltre considerate incompatibili con il mantenimento della qualità di socio o
associato la cancellazione o radiazione dall’albo, mentre la sospensione da quest’ultimo è causa
legittima di esclusione dalla società o dall’associazione temporanea.
In materia di responsabilità disciplinare l’articolo 13 sottopone la società tra professionisti
alla vigilanza disciplinare e deontologica degli ordini e dei collegi professionali cui è iscritta, che
determinano le sanzioni applicabili alle condotte censurabili. Viene poi sancita la concorrenza
della responsabilità disciplinare del professionista con quella degli amministratori della società
qualora la violazione commessa dal singolo sia ricollegabile a direttive impartite dalla società
medesima. Gli articoli 14 e 15, infine, dispongono rispettivamente in tema di limitazioni per le
elezioni dei consigli locali e nazionali e di norme previdenziali e fiscali.
Alla disciplina degli specifici tipi societari consentiti per l’esercizio delle libere professioni sono
dedicati i Capi IV e V.
La società semplice tra professionisti è disciplinata dal Capo IV (artt. 19-27) della proposta
di legge AC 503. In particolare, l’articolo 19 dispone in tema di ragione sociale, introducendo la
regola della modificabilità dell’atto costitutivo con deliberazione unanime, a meno che lo stesso
atto costitutivo non preveda la deliberazione a maggioranza. Ai sensi dell’articolo 20 la pronuncia
della nullità della società per vizi di costituzione è consentita negli stessi casi previsti per la nullità
dei contratti. In ogni caso la pronuncia di nullità o annullamento della società non pregiudica
l’efficacia degli atti compiuti dai soci in nome della società e non esclude la responsabilità dei
soci.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 57 di 81
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Per quanto attiene ai requisiti soggettivi dei soci, è richiesta la loro iscrizione in albi
professionali (articolo 21), mentre la cessione dei diritti di partecipazione alla società è
subordinata al consenso di tutti i soci (salva diversa disposizione dell’atto costitutivo); l’articolo 22
dispone inoltre che in caso di morte di uno dei soci, si aprono tre possibilità: liquidazione agli
eredi della quota; scioglimento della società; continuazione della società con gli eredi, purché
questi abbiano i requisiti professionali richiesti.
L’articolo 23 esclude che l’amministrazione della società possa essere affidata a terzi mentre
l’articolo 24 stabilisce alcune regole in tema di incarico professionale: fermo restando il principio
dell’esecuzione dell’incarico solo da parte dei soci in possesso dei necessari requisiti, spetta in
linea di massima alla società la scelta del socio o dei soci cui affidare l’incarico (salvo l’onere di
informativa al cliente), a meno che non sia il cliente a chiedere, con particolari modalità,
l’affidamento dell’incarico ad uno o più soci da lui scelti.
L’articolo 25 qualifica come crediti della società i compensi derivanti dall’attività professionale
dei soci mentre, in tema di partecipazione dei soci agli utili, l’articolo 26 rimette la disciplina allo
statuto pur affermando il principio che, se lo statuto non dispone diversamente, si presume che la
divisione degli utili debba essere effettuata in parti uguali.
Infine, in tema di responsabilità, l’articolo 27 stabilisce il principio secondo il quale, accanto
alla responsabilità della società (che risponde con il suo patrimonio), sono personalmente e
illimitatamente responsabili nei confronti del committente i soci ai quali è stata affidata
l’esecuzione dell’incarico; se non è stato comunicato al cliente il nominativo del socio incaricato,
la responsabilità si estende a tutti i soci. Sono egualmente responsabili tutti i soci -
personalmente e illimitatamente - per le obbligazioni non derivanti dall’attività professionale.
Una disciplina piuttosto ampia ed articolata viene poi dettata dal Capo V (artt. 28-61) per la
società professionale a responsabilità limitata.
In particolare, la sezione I (artt. 28-29) detta le disposizioni generali:
- in tema di responsabilità il principio fondamentale, stabilito dall’articolo 28, è quello
secondo il quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio,
salva la responsabilità extracontrattuale dei professionisti, anche non soci, verso il committente
per gli atti compiuti nell’esecuzione dell’incarico. Viene inoltre prescritto l’obbligo per la società di
assicurarsi contro la responsabilità derivante dall’esecuzione delle prestazioni professionali per
un massimale non inferiore a 500.000 euro;
- in base all’articolo 29, la società può essere costituita con contratto o atto unilaterale
redatto nella forma dell’atto pubblico, contenete una serie di indicazioni specificamente stabilite.
È inoltre richiesta l’intera sottoscrizione del capitale sociale, il rispetto delle previsioni relative ai
conferimenti (Sezione II), il possesso delle necessarie abilitazioni, nonché il rispetto dell’obbligo
assicurativo. L’atto costitutivo va depositato, corredato della necessaria documentazione, presso
il competente registro delle società professionali: con l’iscrizione nel registro la società acquista
personalità giuridica.
La Sezione II (artt. 30-48) dispone in materia di conferimenti e quote. Per i conferimenti,
l’articolo 30 stabilisce che devono essere effettuati in denaro (salva diversa disposizione dell’atto
costitutivo); il loro valore non può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del
capitale sociale. Regole particolari sono poi stabilite in relazione al versamento presso un istituto
bancario dei conferimenti, e in ordine alla possibilità di effettuare il conferimento mediante la
prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria. Vengono inoltre
precisamente definite le modalità di stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti (articolo
31) e viene delineata una particolare procedura nel caso di mancata esecuzione dei conferimenti
(articolo 32).
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http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
L’articolo 33 prevede che il capitale sociale debba essere suddiviso in quote, che
rappresentano la partecipazione di ciascun socio; le partecipazioni non possono dunque essere
rappresentate da azioni né costituire oggetto di sollecitazione all’investimento. Disposizioni
specifiche vengono dettate in ordine alla determinazione dei diritti sociali e alla spettanza di diritti
di voto o di opzione nel caso di pegno o sequestro delle partecipazioni.
In tema di trasferimento delle partecipazioni, l’articolo 34 afferma il principio della libera
trasmissibilità delle stesse per atto tra vivi e per successione a causa di morte, tra professionisti
iscritti agli albi in cui è registrata la società. Se l’atto costitutivo vieta o limita in qualsiasi modo la
trasferibilità delle partecipazioni, i soci o loro eredi possono esercitare il diritto di recesso. I
successivi articoli (da 35 a 38) completano questa disciplina per quanto riguarda l’efficacia e la
pubblicità dell’atto di trasferimento, sia nei confronti della società che nei confronti dei terzi;
l’espropriazione, il pegno e il sequestro della partecipazione; la responsabilità solidale
dell’alienante con l’acquirente per i versamenti ancora dovuti, limitata ad un certo periodo di
tempo, nel caso di cessione della partecipazione.
L’articolo 39 rimette all’atto costitutivo la determinazione dei casi e delle modalità in cui è
consentito il recesso del socio. Ad ogni modo, la proposta di legge afferma che il diritto di
recesso è consentito in tutti i casi in cui venga operata una trasformazione rilevante della società
alla quale il socio non abbia consentito o, nel caso di società a tempo indeterminato, con un
congruo preavviso. In caso di recesso, la disposizione riconosce ai soci il diritto ad ottenere il
rimborso della propria partecipazione. Specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio
possono essere previste, ai sensi dell’articolo 40, dall’atto costitutivo, mentre l’articolo 41 esclude
che la società possa compiere operazioni (accettare o fornire in garanzia, accordare prestiti) sulle
proprie partecipazioni.
La Sezione III (artt. 42-48) contiene la disciplina dell’amministrazione della società e dei
controlli. In particolare, l’articolo 42 afferma il principio secondo il quale, salvo diversa
disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata ai soci. In caso di
deroga a questo principio è richiesto comunque che gli amministratori siano professionisti iscritti
negli albi in cui è iscritta la società. Vengono poi stabilite le regole per l’iscrizione della nomina
degli amministratori nel registro delle società; iscrizione che determina anche l’inopponibilità ai
terzi della cause di nullità e annullabilità della nomina. Quando l’amministrazione è affidata a più
persone queste costituiscono il consiglio di amministrazione e l’atto costitutivo può prevedere che
l’amministrazione sia affidata ad esse congiuntamente o disgiuntamente. È in ogni caso di
competenza del consiglio di amministrazione la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di
fusione e scissione.
Agli amministratori spetta la rappresentanza generale della società (articolo 43). I conflitti di
interessi tra gli amministratori e la società sono disciplinati dall’articolo 44, mentre l’articolo 45
disciplina la responsabilità solidale degli amministratori verso la società per i danni derivanti
dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo (salva la possibilità
di dimostrare di essere esenti da colpa avendo fatto constare previamente il proprio dissenso).
Viene poi disciplinata l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori; tale azione può
essere oggetto di rinuncia o transazione da parte della società purché vi consenta una certa
maggioranza dei soci e non vi sia opposizione da parte di una specifica percentuale dei soci
stessi, salvo il diritto al risarcimento del danno del socio o terzo che siano stati direttamente
danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori.
L’articolo 46 considera facoltativa la previsione nell’atto costitutivo di un collegio sindacale o di
un revisore, salvi alcuni casi espressamente previsti.
La tenuta e la definizione dei libri sociali obbligatori è disciplinata dall’articolo 47, mentre le
disposizioni essenziali in tema di bilancio e distribuzione degli utili ai soci sono dettate
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dall’articolo 48. Dopo aver richiamato le disposizioni di cui agli articoli 2423 e seguenti del codice
civile vengono dettate norme precise in tema di termini di presentazione del bilancio ai soci e di
deposito del bilancio medesimo e dei documenti correlati. La decisione dei soci che approva il
bilancio decide poi sulla distribuzione degli utili.
La Sezione IV (artt. 49-51) detta disposizioni in tema di decisioni dei soci.
In particolare, l’articolo 49 prevede che, salvo alcune materie riservate in ogni caso alla
competenza dei soci, questi ultimi decidono sulle materie stabilite dall’atto costitutivo nonché
sugli argomenti ad essi sottoposti dagli amministratori o da una certa percentuale dei soci
medesimi. L’atto costitutivo può prevedere la possibilità che le decisioni dei soci siano adottate
mediante consultazione scritta o sulla base del consenso per iscritto; se tale previsione manca e,
in ogni caso, con riferimento a determinate materie o in presenza di specifica richiesta degli
amministratori o di un numero di soci che rappresentino una certa quota del capitale sociale, le
decisioni sono assunte mediante deliberazione assembleare ai sensi dell’articolo 50. Regola
generale è poi che le decisioni dei soci siano prese con il voto favorevole dei soci che
rappresentano almeno la metà del capitale sociale.
Sui modi di convocazione e di riunione dell’assemblea, sulla presidenza della stessa e sulle
condizioni di adozione della deliberazione assembleare dispone l’articolo 50, mentre l’articolo 51
disciplina l’impugnativa delle decisioni dei soci non conformi alla legge o all’atto costitutivo, di
quelle che possono recar danno alla società, di quelle aventi oggetto illecito o impossibile, di
quelle prese in assenza assoluta di informazione e di quelle che modificano l’oggetto sociale
prevedendo attività impossibili o illecite. Vengono richiamati, nei limiti della compatibilità, gli
articoli 2377 e s.s. del codice civile.
Infine, la Sezione V (artt. 52-61) si occupa delle modificazioni dell’atto costitutivo, la cui
deliberazione è riservata dall’articolo 52 all’assemblea dei soci. Agli amministratori (articolo 53)
può essere conferita dall’atto costitutivo la facoltà di aumentare il capitale sociale, formalizzata
secondo modalità definite: tale decisione non può tuttavia essere attuata fino a quando i
conferimenti precedentemente dovuti non siano stati integralmente attuati.
L’articolo 54 disciplina l’aumento di capitale mediante nuovi conferimenti, riservando ai soci il
diritto di sottoscriverlo salva la previsione, da parte dell’atto costitutivo, che l’aumento di capitale
possa essere attuato anche mediante l’offerta a terzi di quote di nuova emissione. In tal caso ai
soci che non hanno consentito alla decisione spetta il diritto di recesso.
Vengono poi dettate particolari disposizioni in ordine alle modalità di sottoscrizione
dell’aumento di capitale ed alle modalità dei conferimenti.
La facoltà della società di aumentare il capitale sociale imputando ad esso le riserve e gli altri
fondi iscritti in bilancio è disciplinata dall’articolo 55. I successivi articoli (da 56 a 59) trattano
invece delle ulteriori vicende modificative del capitale sociale: riduzione in conseguenza di una
decisione dei soci (salvo il rispetto di determinate prescrizioni); riduzione in conseguenza di
perdite escludendo, in questo ultimo caso, ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei
diritti spettanti ai soci.
Ai sensi dell’articolo 60 è consentita alla società l’emissione di titoli di debito in misura non
superiore ad una certa percentuale del capitale effettivamente versato. La sottoscrizione viene
riservata a fondi gestiti da casse previdenziali dei professionisti e sono stabilite regole particolari
per la successiva circolazione dei titoli e in ordine al contenuto della decisione di emissione dei
titoli ed alla sua iscrizione nel registro delle società professionali. Infine, per lo scioglimento e
liquidazione della società l’articolo 61 richiama le norme del capo VIII del titolo V del libro V del
codice civile (artt. 2484-2496) in quanto compatibili con la naturaprofessionale della società, che
– come detto - non è soggetta alle procedure concorsuali.
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Le società tra professionisti nell’AC. 1553
La proposta di legge AC 1553 (Vietti) agli articoli da 7 a 9 disciplina la società tra
professionisti.
In particolare, l’articolo 7 disciplina la società tra professionisti (STP) richiamando quanto
già previsto dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 (v. sopra). Viene peraltro consentita la
costituzione di società tra professionisti in forma di società cooperativa a mutualità prevalente
purché vengano rispettate alcune specifiche condizioni.
In base all’art. 2512 del codice civile, sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del
tipo di scambio mutualistico, quelle che:
1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;
2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei
soci;
3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da
parte dei soci.
Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale
depositano annualmente i propri bilanci. Il codice civile prevede criteri oggettivi per il calcolo della
prevalenza e fissa i vincoli statutari da adottare per le cooperative a mutualità prevalente (art. 2513 e
2514).
Le disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali si applicano soltanto alle
cooperative a mutualità prevalente; inoltre queste ultime non possono trasformarsi in società a scopo di
lucro, mentre l'eventuale passaggio da cooperativa a mutualità prevalente a cooperativa a mutualità non
prevalente è disciplinato dall'art. 2545-octies.
Società aventi ad oggetto l’esercizio di più professioni di interesse generale (c.d. società
interprofessionali) sono previste dall’articolo 8 della proposta di legge AC 1553, che richiede
come presupposto che tale tipo societario sia consentito dagli ordinamenti di categoria. Se
costituite, le società interprofessionali sono iscritte nella sezione speciale dei rispettivi albi e
regolamentate dagli ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci. È comunque consentito
a tali ordinamenti prevedere, per motivate ragioni, regimi di incompatibilità circa la partecipazione
dei professionisti iscritti ad albi diversi. Per tali società, la prestazione può essere eseguita solo
dai soci in possesso dei necessari requisiti; viene inoltre ribadito il principio secondo cui le
prestazioni riservate dalla legge ad una o più categorie possono costituire oggetto unicamente
delle società che annoverano, tra i propri soci, appartenenti alla medesima categoria.
L’articolo 9 della proposta di legge (di contenuto analogo all’articolo 12 dell’AC 3) fa salve le
disposizioni legislative vigenti che disciplinano società di diritto speciale, caratterizzate dalla
presenza negli organi sociali di professionisti iscritti agli albi o che si avvalgono di professionisti
per l’espletamento delle relative attività. Peraltro, il Governo potrà, nell’esercizio della delega di
cui all’articolo 37 (v. infra), riformare le disposizioni in vigore al fine di assicurare, nel rispetto del
modello organizzativo, il necessario coordinamento con le norme della legge. Vengono infine
estese anche alle società fra professionisti le riserve attualmente già stabilite dalla legislazione
speciale.
La delega al Governo prevista dall’AC. 1590 e dall’AC 2239
L’articolo 32 della proposta di legge AC. 1590 (Vitali) e l’articolo 28 dell’AC 2239 (Mantini), con
norme sostanzialmente analoghe, consentono l’esercizio della professione in forma societaria,
senza disciplinare un nuovo modello ma richiamando le tipologie già previste dal codice civile e
dalla legislazione speciale.
In particolare, le proposte di legge prevedono che oltre a società tra professionisti (STP)
possano essere costituite anche società interdisciplinari (comma 4) e che comunque spetti al
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Governo emanare decreti legislativi di riforma di questo settore nel rispetto di alcuni specifici
principi e criteri direttivi (comma 5). Fra questi si ricorda l’obbligo di prevedere:
_ che le professioni strutturate in ordini professionali possano essere esercitate in forma
societaria o cooperativa avente ad oggetto esclusivo l'esercizio in comune da parte dei soci;
_ per tali società un modello nuovo, distinto da quelli attualmente previsti dal codice civile;
_ che le professioni strutturate in ordini professionali possano essere esercitate anche
mediante strumenti societari o cooperativi temporanei (in relazione a uno scopo determinato);
_ che alla società possano partecipare soltanto professionisti iscritti a Ordini, albi o collegi,
nonché cittadini comunitari in possesso del titolo di studio abilitante ovvero soggetti non
professionisti soltanto per prestazioni tecniche o con una partecipazione minoritaria, fermo
restando il divieto per tali soci di partecipare alle attività riservate e agli organi di
amministrazione della società;
_ l'iscrizione della società agli albi professionali;
_ che l'incarico professionale conferito alla società possa essere eseguito solo dai soci in
possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta;
_ che ciascun professionista possa partecipare ad una sola società tra professionisti;
_ che non solo i singoli professionisti, ma anche la società, sia soggetta al regime disciplinare
dell'Ordine al quale è iscritta.
L’esercizio della professione in forma associata
Le proposte AAC 3, 1553, 1590 e 2239 consentono e disciplinano l’esercizio in forma
associata delle professioni, prevedendo una specifica denominazione dello studio professionale e
intervenendo sulla normativa attualmente in vigore (legge n. 1815 del 1939, Disciplina giuridica
degli studi di assistenza e consulenza).
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 13. Art. 10 Art. 33
(Associazioni tra professionisti). (Associazioni professionali) (Esercizio della professione in
forma associata)
1. Le disposizioni degli articoli 10
e 11 si applicano, in quanto
compatibili, alle associazioni
costituite dai professionisti per
l'esercizio delle rispettive attività.
Le associazioni assumono la
denominazione di «studio
professionale associato» e in tutti
gli atti e i documenti
dell'associazione sono indicati i
nomi dei professionisti che
aderiscono alla medesima.
1. L'esercizio in forma associata
delle professioni è regolato
dall'articolo 1 della legge 23
novembre 1939, n. 1815, e, in
quanto compatibili, dalle
disposizioni del presente capo.
1. È consentito l'esercizio in
forma associata delle professioni
da parte delle persone che,
munite dei necessari titoli di
studio e di abilitazione
professionale, ovvero autorizzate
all'esercizio di specifiche attività
in forza di particolari disposizioni
di legge, si associano per
l'esercizio delle professioni o
delle altre attività per cui sono
abilitate o autorizzate.
2. Nel caso di esercizio in forma
associata delle professioni di cui
al comma 1, nella denominazione
dello studio e nei rapporti con i
terzi deve essere
obbligatoriamente utilizzata la
dizione «associazione tra
professionisti», seguita dal nome
e cognome, con i relativi titoli o
qualifiche professionali, dei
singoli associati.
3. L'esercizio associato delle
professioni o delle altre attività, ai
sensi del comma 2, deve essere
notificato agli Ordini professionali
e alle associazioni di categoria da
cui sono rappresentati i singoli
associati.
2. La legge 23 novembre 1939,
n. 1815, e successive
modificazioni, l'articolo 24 della
legge 7 agosto 1997, n. 266, e
l'articolo 2 del decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223, convertito,
con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248, sono
abrogati.
2. Gli articoli 3, 6, 7 e 8 della
legge 23 novembre 1939, n.
1815, e successive modificazioni,
e il comma 2 dell'articolo 24 della
legge 7 agosto 1997, n. 266,
sono abrogati.
4. La legge 23 novembre 1939,
n. 1815, è abrogata.
Il Capo III della proposta di legge AC 503 (artt. 16-18) detta invece alcune disposizioni in
tema di associazione temporanea tra professionisti: elemento qualificante di questa
associazione è la decisione di uno o più professionisti di riunirsi per eseguire in comune
un’opera o un mandato professionale determinati; i rapporti interni sono precisamente definiti
e disciplinati con atto scritto antecedente all’assunzione dell’incarico. L’associazione non
comporta la costituzione di un fondo o patrimonio comune essendo basata sulla responsabilità
personale di ciascun associato (art. 16). Obblighi e poteri di rappresentanza e di direzione e
coordinamento dei lavori sono conferiti al professionista mandatario (art. 17), ferma restando la
responsabilità personale e illimitata di tutti i professionisti associati nei confronti del committente
per l’attività professionale svolta (art. 18).
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Le deleghe al Governo
L’articolo 8 dell’AC 3 delega il Governo – nel rispetto della procedura delineata dall’articolo 34
- ad emanare decreti legislativi attraverso i quali riformare le seguenti discipline:
_ dei contratti che hanno ad oggetto le prestazioni professionali, consentendo forme, anche
temporanee, di accordo tra professionisti per lo svolgimento di specifici incarichi o l'accesso a
determinati mercati, interni e internazionali;
_ delle sanzioni civili e degli illeciti, amministrativi e penali, a presidio del titolo professionale e
delle attività riservate;
_ del diritto d'autore, per assicurare la protezione delle opere intellettuali rese dal
professionista;
_ dei segni distintivi dello studio professionale, che ne assicuri la protezione e l'utilizzazione,
anche economica;
_ dei rapporti di collaborazione nell'ambito dell'organizzazione interna dello studio
professionale;
Il Governo dovrà inoltre dettare condizioni e limiti per il trasferimento – sia per atto tra vivi che
a causa di morte - dell'insieme dei rapporti che sono comunemente denominati «studio
professionale».
L’articolo 35 prevede che il Governo provveda all’attuazione della legge attraverso un proprio
regolamento.
Infine, il successivo articolo 36 prevede che attraverso testi unici si provveda al riordino delle
professioni elencate nell’allegato A della proposta di legge, eventualmente anche attraverso
accorpamento di ordini esistenti; la proposta disciplina analiticamente il procedimento per
l’emanazione dei testi unici, che dovranno essere redatti da apposite commissioni paritetiche
composte da rappresentanti del Ministero della giustizia e delle categorie interessate.
L’articolo 32 dell’AC 1553 interviene sugli ordinamenti di categoria prevedendo che,
nell’esercizio della delega prevista all’articolo 37 e con i regolamenti di cui all’articolo 38 (v. infra),
il Governo adegui alle disposizioni della legge di riforma l’ordinamento di categoria delle
professioni indicate nell’allegato A del progetto di legge, anche al fine di procedere
all’unificazione tra Ordini professionali relativi ad uno stesso settore economico o sociale nonché
al riordino degli albi, inserendovi, qualora venga accertata l’omogeneità dei percorsi formativi, le
professioni di cui all’allegato B. Con la stessa procedura si dovrà provvedere, altresì, alle
modificazioni e integrazioni degli ordinamenti di categoria, con cadenza almeno decennale,
anche al fine di verificarne la rispondenza all’interesse generale di cui all’articolo 15.
L’articolo 37 della proposta di legge contiene una delega al Governo per l’adozione di uno o
più decreti legislativi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati dal progetto di legge e
delinea il procedimento che il Governo dovrà seguire (comprensivo dei tradizionali pareri
parlamentari), indicando di volta in volta, a seconda dell’oggetto della riforma, l’eventuale parere
obbligatorio della Conferenza Stato-Regioni, dei consigli nazionali delle professioni interessate o
del CNEL.
Premesso che l’oggetto della delega viene determinato attraverso il rinvio a singole
disposizioni del provvedimento, occorre valutare se, in tali disposizioni, sono sufficientemente
determinati principi e criteri direttivi della delega.
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Il successivo articolo 38 demanda al Governo l’adozione di regolamenti attuativi.
In considerazione della previsione contenuta nel comma 3 (dell’abrogazione, con effetto dalla
data di entrata in vigore dei regolamenti, degli atti normativi che disciplinano le relative materie) –
dalla quale sembrerebbe evincersi la natura dei suddetti regolamenti quali regolamenti di
delegificazione – occorre valutare la possibilità di chiarire che la potestà regolamentare del
Governo viene esercitata ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della l. n. 400 del 1988.
Infine, l’articolo 39 prevede l’istituzione di una Commissione di studio per la predisposizione
dei decreti legislativi di cui all’articolo 37 e dei regolamenti di cui all’articolo 38.
Gli AAC. 1590 e 2239 (rispettivamente agli articoli 32 e 28) contengono una delega al
Governo per la disciplina della società tra professionisti nel rispetto di alcuni principi e criteri
direttivi. Per quanto riguarda invece gli ordinamenti di categoria delle professioni ordinistiche,
l’articolo 4 di entrambe le proposte di legge demanda ai Consigli nazionali attualmente in carica
l’adozione di nuove regole che saranno poi emanante nella forma del regolamento governativo.
Peraltro, nell’istituire l’Ordine dei tecnici laureati per l’ingegneria (Ordine dei tecnici nella
pdl 2239) – che unifica le categorie professionali dei geometri, dei periti agrari e dei periti
industriali – l’articolo 5 delle due proposte di legge delega il Governo a disciplinare le
caratteristiche della nuova professione, definendo distinti settori di competenza nell’albo in
relazione ai differenti profili professionali.
Si segnala, inoltre, che l’articolo 6 delle due proposte di legge interviene in materia di Ordini delle
professioni sanitarie e infermieristiche.
Le disposizioni transitorie
L’articolo 37 della proposta AC 3, al pari dell’articolo 31 dell’AC 1553, contiene specifiche
norme transitorie: in sede di prima applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in
vigore della legge risultano iscritti agli albi non è richiesto il possesso del titolo di studio
universitario, o equipollente, ai fini del mantenimento dell’iscrizione stessa. Inoltre, i Consigli in
carica alla data di entrata in vigore della legge sono prorogati fino a sei mesi dopo l’entrata in
vigore dei provvedimenti con i quali il rispettivo ordinamento di categoria è adeguato alla legge di
riforma.
Il Capo IX (artt. 69-70) dell’AC 503 contiene disposizioni transitorie. In particolare, l’articolo 69
rimette agli iscritti agli ordini e collegi, riuniti in un’assemblea congressuale, l’approvazione, entro
un anno dalla data di entrata in vigore della legge, dello statuto degli Ordini professionali; lo
statuto, dopo l’approvazione, è trasmesso al Ministro della giustizia che lo emana con proprio
decreto. Inoltre, entro un anno dalla entrata in vigore degli statuti, i consigli nazionali degli ordini e
dei collegi esistenti provvedono a indire le elezioni dei nuovi consigli nazionali, degli organi di
disciplina e dei collegi dei revisori dei conti.
Viene poi disposta (articolo 70) l’applicazione delle nuove disposizioni a tutti gli ordini e collegi
professionali istituiti alla data di entrata in vigore della legge e viene rimessa ad uno o più
regolamenti esecutivi, da adottare entro un anno dalla entrata in vigore della legge (sentiti i
consigli nazionali degli ordini professionali), la definizione delle disposizioni di attuazione.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 65 di 81
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Le professioni non regolamentate
Accanto alle professioni “protette” si sono sviluppate, anche nel nostro Paese e con intensità
crescente nel corso degli ultimi anni, numerose professioni che non hanno ottenuto il
riconoscimento legislativo e che nella quasi totalità dei casi hanno dato vita ad autonome
associazioni professionali rappresentative di tipo privatistico. Si tratta delle cosiddette professioni
non regolamentate o “non protette”, diffuse in particolare nel settore dei servizi, che non
necessitano di alcuna iscrizione ad un ordine o ad collegio professionale per poter essere
esercitate.
Sulla consistenza delle professioni non regolamentate nel nostro Paese la relazione che
accompagna le proposte di legge AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano), citando
l’ultimo rapporto del Censis, parla di 3,5 milioni di lavoratori - autonomi e dipendenti – che
attualmente esercitano attività professionali senza essere iscritti in ordini o albi professionali.
Al mondo delle professioni non regolamentate
[23]
, si è interessato fin dal 1992 anche il
CNEL che, al fine di approfondire la tematica delle professioni tradizionali ed emergenti, ha
avviato un filone di attività relativo alle suddette professioni, istituendo dapprima la Commissione
per le nuove rappresentanze, e successivamente la Consulta e l’Osservatorio sulle nuove
professioni.
I risultati dell’attività svolta dal CNEL si sono tradotti nella predisposizione di Rapporti di
monitoraggio che hanno evidenziato l’evoluzione economica e sociale dei professionisti,
suggerendo anche l’opportunità di giungere ad una regolamentazione strutturata sul sistema di
Ordini e Associazioni; inoltre è stata costituita ed aggiornata la Banca dati sulle associazioni
professionali. Si tratta di una lista delle associazioni nella quale sono iscritte quelle che
presentano presso il CNEL la documentazione minima richiesta (questionario elaborato dal
CNEL, atto costitutivo e statuto). Le associazioni che posseggono requisiti ulteriori previsti da un
regolamento approvato dal CNEL il 17 luglio 2003 sono iscritte nell’Elenco delle associazioni
delle professioni non regolamentate. Mentre la banca dati consente di descrivere il fenomeno,
con l’elenco il CNEL mira all’individuazione di buone pratiche che le associazioni dovrebbero
perseguire (democraticità interna dell’associazione, approvazione di un codice deontologico,
previsione di forme di assicurazione per gli iscritti e di un aggiornamento professionale periodico).
Dal V Rapporto di monitoraggio predisposto dal CNEL nell’aprile del 2005 (l’ultimo in
materia), risulta che nella banca dati citata sono censite 196 associazioni delle professioni non
regolamentate: 25 nel campo delle arti, scienze e tecniche, 18 nella comunicazione d’impresa, 52
nei servizi all’impresa, 42 nella medicina non convenzionale, 19 nel settore sanitario, 16 nel
campo della cura psichica e 24 nei rimanenti settori (dati al 31 dicembre 2004).
Nell’elenco le associazioni censite risultano, invece, 155: 20 nel campo delle arti, scienze e
tecniche, 10 nella comunicazione d’impresa, 51 nei servizi all’impresa, 35 nella medicina non
convenzionale 16 nel settore sanitario, 11 nel campo della cura psichica e 12 negli altri settori.
Le disposizioni all’esame in materia di professioni non regolamentate, di seguito illustrate,
sono contenute principalmente nelle proposte di legge AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077
(Formisano).
Le due proposte, sostanzialmente identiche, sono volte all’istituzione di un sistema di regole in
materia in grado di garantire un doppio livello di tutela a vantaggio sia delle professioni, che
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attraverso il riconoscimento statale potranno operare come soggetti giuridici e garantire standard
qualitativi migliori, che dei consumatori[24].
Ulteriori disposizioni relative alle professioni non regolamentate sono contenute:
_ nella proposta AC 1590 (Vitali) e precisamente nel capo VI (artt. 26-31), disciplinante il
riconoscimento delle associazioni delle suddette professioni;
_ nelle proposte AC 3 (d’iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti), recanti disposizioni sul
riconoscimento delle nuove professioni nonché sulle associazioni delle professioni
riconosciute (con particolare riferimento all’iscrizione nel relativo registro);
_ nella proposta AC 2239 (Mantini), che interviene solamente su specifici profili delle
associazioni professionali.
Di seguito si illustrerà in primo luogo il contenuto delle pdl AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077
(Formisano), ma si darà conto anche del contenuto della pdl AC 1590 (Vitali) evidenziandone le
differenze rispetto alle pdl 1934 e 2077.
Inoltre, nella parte relativa alle associazioni professionali, si farà riferimento anche alle norme
in materia contenute nelle pdl AC 3 (d’iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti), nonché nella pdl AC
2239 (Mantini).
Oggetto delle proposte (art. 1)
L’articolo 1 definisce l’oggetto delle pdl 1934 e 2077 che attraverso un criterio “residuale”,è
costituito da tutte le professioni, sia intellettuali che non, per le quali non sia stata prevista
espressamente la riserva di legge a favore delle professioni intellettuali ai sensi dell’art. 2229 c.c.,
con esclusione delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio
disciplinati da leggi in vigore
La disciplina introdotta dai provvedimenti in esame si applica, pertanto, alle cosiddette attività
professionali non regolamentate.
Inoltre, viene precisato che ai fini delle pdl in esame, per professione si intende l’attività
economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere in favore di terzi,
esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale o comunque con il suo
concorso, sulla base dei principi deontologici e delle tecniche proprie della medesima attività
professionale.
Pertanto nell’ambito delle pdl in esame rientrano non solamente le prestazioni professionali
prevalentemente intellettuali, ma anche quelle realizzate in prevalenza con lavoro manuale
purché concorra alla prestazione anche il lavoro intellettuale.
L’oggetto delle proposte viene definito in attuazione dell’art. 17, terzo comma[25], della
Costituzione, salvaguardando in tal modo la potestà legislativa ivi riconosciuta alle Regioni e nel
rispetto dei principi di concorrenza e di libertà di circolazione.
A tale proposito si ricorda che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, riserva alla potestà
legislativa concorrente la materia delle "professioni”, intesa in senso ampio, ovvero comprensiva delle
attività professionali.
Con riferimento all’articolo 2229 c.c. si ricorda che si limita a prescrivere che la legge determina le
professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, attribuendo alle
associazioni professionali taluni poteri in merito. Infatti il comma 2 del medesimo articolo demanda alle
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associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli
albi o negli elenchi, la loro tenuta e il potere disciplinare sugli iscritti.
La disciplina di alcune attività professionali (c.d. professioni regolamentate o “protette”) è pertanto
fondata su una particolare organizzazione dei rispettivi professionisti, che, sul piano ordinamentale, si
risolve nella istituzione di figure organizzatorie dei relativi gruppi, ossia degli Ordini e dei Collegi
professionali.
Caratteristica comune delle c.d. professioni “protette” è sia la particolare formazione culturale,
scientifica o tecnica richiesta, sia la prevista necessaria autonomia decisionale del professionista circa la
scelta degli strumenti e delle modalità di perseguimento dei risultati.
Quanto, invece, alle attività commerciali e ai pubblici esercizi si ricorda che a livello nazionale sono
disciplinate, rispettivamente, dalla legge n. 443/85, dal D.Lgs. 114/1998 e dalla legge n. 287/91.
Esercizio della professione (art. 2)
L’articolo 2 delle pdl 1934 e 2077introduce il principio del libero esercizio della professione
fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica del
professionista (comma 1).
Il comma 2 consente al professionista di scegliere la forma in cui esercitare la propria
professione, riconoscendo l’esercizio di questa sia in forma individuale sia in forma associata
o societaria.
L’esercizio della professione può altresì prefigurarsi come lavoro dipendente. In questo caso
la legge predispone apposite garanzie volte ad assicurare l’autonomia e l’indipendenza di
giudizio nonché l’assenza di conflitto di interessi anche in caso di lavoro a tempo parziale.
Riconoscimento delle professioni non regolamentate (art. 3)
L’articolo 3 delle pdl 1934 e 2077disciplina la procedura di riconoscimento delle
professioni non regolamentate spettante al Ministro della giustizia.
Il Ministro vi provvede con uno o più decreti, su proposta del Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro (CNEL), previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di concerto con i Ministri
competenti per materia.
Il riconoscimento riguarda le professioni aventi connotazione tipica di interesse diffuso, che
dovrà risultare da uno specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nell’ambito del
mercato nazionale e dalla rilevanza di carattere economica e sociale.
Nella relazione illustrativa si sottolinea come la disciplina delle professioni introdotta dalle
proposte tenga conto della ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia di professioni
(competenza concorrente). La competenza statale nel riconoscimento e nell’individuazione delle
professioni non regolamentate e il rinvio alle regioni per l’emanazione di norme di dettaglio (cfr.
infra) si pone in linea con il riparto di competenze previsto dalla Costituzione.
Nella relazione si ricorda inoltre che i principi fondamentali in materia di professione sono stati
dettati con il D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 30 recante Ricognizione dei principi fondamentali materia
di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
Ai sensi del comma 2 l’atto di riconoscimento delle professioni non regolamentate deve
essere sempre motivato in maniera analitica e deve indicare espressamente le ragioni e gli
interessi la cui valutazione sta alla base della decisione.
L’atto deve, altresì, stabilire i requisiti necessari per l'esercizio della professione dopo avere
sentito le forme aggregative delle associazioni, la cui disciplina è contenuta nell’articolo 7 delle
due proposte in esame.
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Il comma 3 chiarisce che il suddetto riconoscimento non costituisce motivo di riserva della
professione, mentre il comma 4, da ultimo, per il riconoscimento della professione rinvia anche
alle modalità individuate dai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 5 (cfr. infra).
Associazioni professionali (art. 4 )
L’articolo 4 delle pdl 1934 e 2077disciplina le associazioni professionali garantendone la
libertà di costituzione e individuandole quali soggetti giuridici di diritto privato, fondati su
base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza (comma 1).
Ai sensi del comma 2 gli statuti e le clausole associative delle associazioni sono tenuti a
garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli
associati e l'osservanza dei principi deontologici.
Le associazioni sono inoltre tenute a garantire la formazione permanente, l’adozione di un
codice deontologico, la vigilanza sul comportamento degli associati e la definizione di sanzioni
disciplinari nei confronti degli associati per le violazioni del codice deontologico. A tale fine la
norma impone a ciascuna associazione l’attivazione di uno sportello di riferimento per i
consumatori, che vi possono ricorrere in caso di contenzioso con i professionisti (comma 3).
Disposizioni di analogo tenore sono contenute anche all’articolo 26 della pdl 1590 che a
differenza delle pdl 1934 e 2077 non contiene alcuna previsione di attivazione del suddetto
sportello di riferimento per i consumatori.
Riconoscimento delle associazioni (art. 5)
L’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077al comma 1 definisce i requisiti necessari per il
riconoscimento delle associazioni, di seguito elencati:
a) costituzione da almeno quattro anni per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o
per scrittura privata registrata presso l'ufficio del registro, ovvero per altra idonea
documentazione ufficiale;
b) adozione di uno statuto che sancisca un ordinamento democratico, l’assenza dello scopo
di lucro, la rappresentatività elettiva delle cariche interne e l’assenza di situazioni di conflitto di
interessi o di incompatibilità, la trasparenza degli assetti organizzativi e dell'attività dei relativi
organi, nonché l’esistenza di una struttura organizzativa e tecnico-scientifica che consenta
l'effettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione;
c) tenuta di un elenco degli iscritti, da aggiornarsi con cadenza annuale e contenente
l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;
d) individuazione di elementi di deontologia;
e) precisa identificazione delle attività professionali caratterizzanti la professione di
riferimento dell'associazione, nonché dei titoli di studio e delle esperienze formative necessari
al relativo esercizio;
f) previsione dell'obbligo della formazione permanente;
g) ampia diffusione sul territorio nazionale, con sedi in almeno dieci regioni;
h) mancata pronuncia di condanna, passata in giudicato, nei confronti dei suoi legali
rappresentanti, in relazione ad attività professionali o riferibili all'associazione medesima.
Ai sensi del comma 2 il riconoscimento delle associazioni in possesso dei requisiti
suindicati spetta al Ministro della giustizia che vi provvede con proprio decreto, sentito il CNEL
e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
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autonome di Trento e di Bolzano. E’ richiesto inoltre il concerto con il Ministro per le politiche
europee e con il Ministro competente per materia o settore prevalente di attività.
I successivi commi 3-5 disciplinano la procedura di riconoscimento delle associazioni cui
non corrisponde alcuna professione già riconosciuta secondo le modalità stabilite dal
precedente articolo 3, al comma 1.
Il comma 3 in tal caso stabilisce che la richiesta di riconoscimento dell'associazione
costituisce anche richiesta di riconoscimento della professione di riferimento, mentre il
comma 4 rinvia al decreto di riconoscimento, di cui al precedente comma 2, per l’indicazione
delle connotazioni tipiche che costituiscono l'ambito professionale oggetto della rappresentanza
da parte delle associazioni, nonché per l’effettuazione del riconoscimento della professione
stessa: lo scopo è quello di evitare la parziale sovrapposizione tra le attività rappresentate dalle
associazioni richiedenti e l'eccessiva frammentazione delle professioni.
A completamento della procedura di riconoscimento delle associazioni richiedenti, il comma 5
impone alle medesime l’adeguamento dei relativi statuti alle disposizioni del suindicato
decreto (relative alle connotazioni tipiche della professione riconosciuta) entro sei mesi dalla
data di emanazione del decreto stesso. A tale proposito si segnala che la sola pdl 1934 prevede
l’inefficacia del riconoscimento in caso di mancato adeguamento.
Spetta al Ministro della giustizia procedere con proprio decreto, ogni due anni, alla
ricognizione delle professioni allo scopo di favorire l'aggiornamento di quelle esistenti,
promuovere il riconoscimento di nuove professioni e procedere a eventuali accorpamenti
(comma 6). Il decreto sarà adottato con le modalità dettate dal comma 2.
Infine il comma 7 fa divieto alle associazioni di adottare e usare denominazioni professionali
relative a professioni organizzate in ordini o collegi.
Disposizioni analoghe a quelle di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077 sono
contenute anche nell’articolo 27 della pdl 1590.
I requisiti richiesti per il riconoscimentodelle associazioni, individuati dal comma 1
dell’articolo, coincidono sostanzialmente con quelli indicati dalle pdl 1934 e 2077; l’unica
differenza è costituita dalla mancata previsione del requisito della precisa identificazione delle
attività professionali caratterizzanti la professione di riferimento dell'associazione, nonché dei titoli
di studio e delle esperienze formative necessari al relativo esercizio.
Inoltre, per quanto riguarda l’adozione del decreto del Ministero della giustizia di
riconoscimento delle professioni, la pdl 1590 non richiede il previo parere della Conferenza Stato
-regioni (art. 27, comma 2).
Il comma 3 dell’art. 27 consente, inoltre, alle associazioni riconosciute ai sensi del comma 2, di
rilasciare agli iscritti un attestato di competenza, la cui disciplina è contenuta più diffusamente
nell’art. 29 (cfr. infra).
La pdl 1590, con una norma analoga al comma 7 dell’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077, reca
inoltre espressamente il divieto, per i professionisti iscritti alle associazioni professionali, sia di
svolgere le attività professionali riservate dalla legislazione vigente a specifiche categorie sia
comunque di adottare ed utilizzare denominazioni professionali relative a professioni organizzate
in ordini o collegi professionali (articolo 30).
Analogamente, la pdl 2239 dispone che i professionisti iscritti alle associazioni riconosciute ai
sensi del D.Lgs. 206/2007 e del decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008 non possono
esercitare attività professionali riservate dalla legislazione vigente a specifiche categorie o
comunque adottare ed utilizzare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in
ordini o collegi professionali (articolo 26, commi 1 e 2).
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Si ricorda che il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 ha dato attuazione alla direttiva 2005/36/CE relativa al
riconoscimento delle qualifiche professionali (cfr. infra).
In particolare, l’art. 26 del decreto legislativo dispone che, al fine di elaborare proposte in materia di
piattaforme comuni[26] da sottoporre alla Commissione europea, vengano sentiti, se si tratta di professioni
regolamentate, gli ordini, i collegi o gli albi, ove esistenti, e, in mancanza, le associazioni rappresentative
sul territorio nazionale, se si tratta di professioni non regolamentate, le associazioni rappresentative sul
territorio nazionale e, se si tratta di attività nell'area dei servizi non intellettuali e non regolamentate, le
associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale. Analogamente, tali soggetti sono sentiti anche
ai fini dell'elaborazione di piattaforme comuni proposte da altri Stati membri e in ogni altro caso in cui a
livello europeo deve essere espressa la posizione italiana in materia di piattaforma comune.
Sono quindi indicati una serie di requisiti, per le associazioni, da prendere in considerazione al fine della
valutazione in ordine alla rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate. Le
associazioni in possesso dei prescritti requisiti sono individuate, previo parere del CNEL, con decreto del
Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee e del Ministro competente per
materia.
In attuazione dell’art. 26 del D.Lgs. 206/2007 è stato adottato il D.M. 28 aprile 2008[27].
Articolazione territoriale delle associazioni (art. 6)
L’articolo 6 delle pdl 1934 e 2077al comma 1 demanda alle regioni, sentite le associazioni
professionali o le aggregazioni di associazioni professionali riconosciute e presenti a livello
regionale, la definizione delle modalità di organizzazione territoriale delle associazioni
riconosciute. Consente, inoltre, alle regioni di stabilire per le attività professionali requisiti
aggiuntivi rispetto a quelli indicati dai decreti di riconoscimento di cui all’art. 5, in relazione alle
caratteristiche del proprio territorio.
Compete sempre alle regioni definire i percorsi di formazione necessari per conseguire i
requisiti aggiuntivi di cui al secondo periodo del precedente comma 1 e per l'aggiornamento delle
competenze già acquisite dagli associati.
Forme aggregative delle associazioni (art. 7)
L’articolo 7 delle pdl 1934 e 2077consente la costituzione, da parte delle associazioni, di
forme di aggregazione, con una consistenza di almeno 10 associazioni, aventi funzioni di
rappresentanza e di controllo delle associazioni medesime (comma 1).
Le forme aggregative, soggetti autonomi rispetto alle associazioni aderenti che
rappresentano, si caratterizzano per l’indipendenza e l’imparzialità di azione. Vi possono
partecipare anche le associazioni dei consumatori riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2005
(Codice del consumo) (comma 2).
Le norme in materia di associazioni dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale sono
contenute nella Parte V (artt.136-141) del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo.
In particolare l'articolo 137 prevede l’istituzione presso il MAP (ora Ministero dello sviluppo economico), di
un elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale,
fissandone i relativi requisiti di iscrizione. L’elenco viene aggiornato annualmente e trasmesso alla
Commissione UE da parte del Ministro.
Tra le funzioni esercitate dalle forme aggregative rientrano:
_ la promozione e qualificazione delle attività professionali rappresentate;
_ la divulgazione di informazioni e di conoscenze connesse alle suddette attività;
_ la rappresentanza delle istanze comuni alle associazioni aderenti nelle sedi politiche e
istituzionali;
_ il controllo sulle associazioni aderenti, con particolare riguardo alla verifica della congruità
degli standard professionali e qualitativi e dei codici deontologici adottati;
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_ il richiamo all’associazione in caso di gravi inadempienze o irregolarità nell’esercizio delle
funzioni proprie fino all’espulsione dell’associazione in caso di persistente inadempienza e
irregolarità.
Registro delle associazioni professionali (art. 8 )
L’articolo 8 delle pdl 1934 e 2077istituisce il Registro delle associazioni professionali
presso il Ministero della giustizia, cui spetta fissare forme e modalità per renderlo ampiamente
consultabile, trattandosi di un registro pubblico (comma 1).
Nel Registro sono automaticamente iscritte, all'atto dell'emanazione del relativo decreto di
riconoscimento, le associazioni professionali (comma 2), mentre le forme aggregative sono
iscritte su richiesta (comma 3).
L’istituzione del registro è prevista anche dalla pdl 1590 (articolo 28) che si limita a
consentirne l’iscrizione alle associazioni riconosciute ai sensi dell’art. 27, comma 2 (cfr. infra).
Le proposte AC 3 (di iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti) hanno contenuto analogo e
disciplinano al Titolo III (articoli da 30 a 33 dell’AC 3; articoli da 33 a 36 dell’AC 1553) le
associazioni delle professioni riconosciute.
In primo luogo, le proposte prevedono che presso il Ministero della giustizia sia tenuto il
registro delle associazioni delle professioni riconosciute. Tale registro contiene i dati identificativi
dell’associazione, lo statuto, il codice etico e le generalità dei componenti degli organi
amministrativi. Con il regolamento di attuazione il Governo dovrà stabilire le modalità di tenuta
del registro, anche ai fini dell’organizzazione del Ministero della giustizia.
L’AC 3 individua direttamente i requisiti delle associazioni al fine dell’iscrizione nel registro;
l’AC 1553 demanda la loro individuazione ai decreti legislativi di cui all’articolo 37. I requisiti sono
analoghi:
_ l’associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la medesima professione
riconosciuta e deve avere una dimensione adeguata;
_ lo statuto deve espressamente prevedere come scopo la promozione del profilo
professionale degli iscritti e il loro aggiornamento, stabilendo le necessarie verifiche, anche in
ordine al rispetto del codice etico;
_ lo statuto deve anche indicare se l’associazione rilascia agli iscritti attestati in ordine alla
formazione e qualificazione professionale ovvero tecnico-scientifica, nonché al possesso degli
altri requisiti stabiliti per l’iscrizione;
_ lo statuto deve prevedere una disciplina degli organi associativi su base democratica.
Ai fini dell’iscrizione nel registro è altresì necessario il possesso di ulteriori requisiti, quali: la
dotazione da parte dell’associazione di idonee strutture, organizzative e tecnico-scientifiche;
l’adozione di un codice etico; l’obbligo per gli iscritti di assicurarsi per la responsabilità civile. Il
rispetto dei menzionati requisiti costituisce condizione per il mantenimento dell’iscrizione nel
registro.
Infine, le proposte di legge AC 3 e AC 1553 individuano alcune norme transitorie. In
particolare la l’AC 3 dispone che, in sede di prima attuazione, sono iscritte nel registro le
associazioni presenti (alla data di entrata in vigore della legge) nella relativa banca dati del
CNEL, che riguardano professioni che hanno ottenuto il riconoscimento ai sensi dell’articolo 14.
Invece l’AC 1553 prevede che sia previsto un regime agevolato in ordine ai requisiti associativi a
favore delle menzionate associazioni presenti nella banca dati del CNEL.
Si segnala che, all’art. 36, comma 1, dell’AC 1553, il riferimento normativo richiamato a
proposito dell’istituzione della banca dati del CNEL (art. 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936)
in realtà riguarda la banca dati sul mercato del lavoro, sui costi e sulle condizioni di lavoro.
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In ogni caso, le associazioni in questione sono tenute ad adeguarsi ai requisiti stabiliti dalla
legge entro un termine fissato in due anni dall’AC 3 e in cinque anni dall’AC 1553 dall’entrata in
vigore della legge.
L’articolo 4dell’AC 503 (Siliquini e altri) consente la costituzione di associazioni
professionali, ai professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge
dello Stato, subordinandone l’iscrizione in un apposito registro istituito presso il Ministero della
giustizia a determinati criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Attestato di competenza (art. 9)
L’articolo 9 delle pdl 1934 e 2077istituisce l’attestato di competenza, comprovante :
_ il possesso dei requisiti professionali richiesti;
_ l’esercizio abituale della professione;
_ il costante aggiornamento professionale;
_ la conformità del comportamento alle norme di corretto svolgimento della professione.
L’attestato è istituito conformemente alla direttiva 2005/36/CE, allo scopo di garantire la tutela
dei consumatori.
La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, relativa al
riconoscimento delle qualifiche professionali, ha riformato il regime precedentemente in vigore al fine
di contribuire alla flessibilità dei mercati del lavoro, di realizzare una maggior liberalizzazione delle
prestazioni di servizi, di favorire un maggiore automatismo nel riconoscimento delle qualifiche, nonché di
semplificare le procedure amministrative. In questa prospettiva, la direttiva, che consolida in un unico
testo molteplici direttive adottate nel corso degli ultimi decenni, pur mantenendo le garanzie inerenti ad
ogni sistema di riconoscimento esistente, ha istituito un quadro giuridico unico e coerente, che poggia
su una liberalizzazione più estesa della prestazione di servizi, una maggiore automaticità nel
riconoscimento delle qualifiche e una maggiore flessibilità delle procedure di aggiornamento della direttiva
medesima.
Il regime di riconoscimento delle qualifiche professionale maggiormente uniforme, trasparente e
flessibile introdotto dalla direttiva è volto a conferire, a coloro che hanno acquisito una qualifica
professionale in uno Stato membro, la garanzia di accedere alla stessa professione e di poterla
esercitare in un altro Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di quest’ultimo. Tuttavia, come si
precisa nel “Considerando” n. 3, la suddetta garanzia non esonera il professionista migrante dal rispetto di
eventuali condizioni di esercizio che potrebbero essere imposte dallo Stato ospitante, purché siano
giustificate, proporzionate e non risultino discriminatorie.
Ladirettiva 2005/36/CE ha consolidato in un unico testo e semplificato:
_ le direttive settoriali
[28]
, relative a varie professioni (infermiere responsabile dell'assistenza generale,
dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico);
_ le direttive relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali
[29]
;
_ la direttiva 1999/42/CE, che istituisce un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per talune
attività professionali e che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche
[30]
.
La direttiva definisce “professione regolamentata”’ l’attività o l’insieme di attività professionali l’accesso
alle quali e il cui esercizio sono subordinati - in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative -
al possesso di determinate qualifiche professionali. Alle professioni regolamentate sono state assimilate
le professioni esercitate da membri di associazioni o di organismi elencati nella allegato I del
provvedimento, cui viene riconosciuta la finalità di promuovere e di mantenere un elevato livello
professionale. A tal fine dette associazioni e organismi sono oggetto di riconoscimento da parte dei singoli
Stati che rilasciano ai loro membri un titolo di formazione, esigendo da parte di costoro il rispetto delle
regole di condotta professionale prescritte dalle associazioni, e conferiscono ai medesimi il diritto di usare
un titolo o un'abbreviazione o di beneficiare di uno status corrispondente a tale titolo di formazione. Del
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riconoscimento di una associazione o di un organismo da parte di uno Stato membro deve essere
informata la Commissione, che pubblica un'adeguata comunicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione
europea.
La direttiva 2005/36/CE è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 9 novembre 2007, n.
206, Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonchè
della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a
seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania.
L’attestato - che non è requisito vincolante ai fini dell’esercizio della professione - può
essere rilasciato sia dalle singole associazioni professionali, sia dalle forme aggregative oltre
che dagli organismi di certificazione delle persone, accreditati dal sistema nazionale per
l’accreditamento degli organismi di certificazione e ispezione SINCERT (comma 2).
Gli organismi di certificazione, che agiscono sempre quale terza parte, attestano che un prodotto, un
processo o un servizio è conforme ad una specifica norma o documento normativo. In seguito alla
avvenuta certificazione, viene rilasciato un certificato ed il diritto d'uso di un marchio.
Affinché la certificazione abbia una validità ampiamente riconosciuta è necessario che gli organismi di
certificazione e i laboratori siano accreditati presso un ente riconosciuto a livello nazionale
L’accreditamento degli Organismi di certificazione e ispezione è finalizzato a garantire la competenza di
questi Operatori e quindi il valore e la credibilità dei risultati delle valutazioni di conformità da essi
effettuate. In Italia l’UNI e il CEI hanno costituito, in forma associativa, il SINAL (Sistema nazionale di
accreditamento laboratori), con il compito di accreditare a livello nazionale laboratori italiani ed esteri per
garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità dei prodotti alle norme e alle regole tecniche nazionali,
comunitarie e internazionale, ed il SINCERT (Sistema nazionale di accreditamento di organismi di
certificazione), con il compito di accreditare a livello nazionale organismi di certificazione italiani ed esteri
per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità.
Il SINCERT è stato costituito nel 1991, in forma di Associazione senza scopo di lucro, legalmente
riconosciuta dallo Stato italiano con decreto ministeriale del 16 giugno 1995.
La compagine associativa di SINCERT comprende attualmente 49 associati, fra cui rientrano i principali
soggetti istituzionali, scientifici e tecnici, economici e sociali aventi interesse diretto e indiretto nelle attività
di accreditamento e certificazione.
L’Associazione ha come finalità l’accreditamento di organismi di:
- certificazione di sistemi di gestione aziendale, quali sistemi di gestione per la qualità, sistemi di
gestione ambientale, sistemi di gestione per la sicurezza e salute sul lavoro, sistemi di gestione per
la sicurezza delle informazioni, sistemi di gestione per la sicurezza alimentare;
- certificazione di prodotti/servizi;
- certificazione di personale;
- di ispezione.
Spetta alle associazioni definire i requisiti per il rilascio dell'attestato di competenza, tra i
quali rientrano, in particolare:
_ l'individuazione di livelli di qualificazione professionale, dimostrabili tramite il conseguimento
di titoli di studio o di specifici percorsi formativi;
_ la definizione dell'oggetto della professione e dei relativi profili professionali;
_ la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio della professione
(comma 3).
Ai fini del rilascio dell'attestato di competenza è inoltre richiesto agli associati il possesso della
polizza assicurativa per la responsabilità professionale (comma 4 della pdl 1934 e comma
6 della pdl 2077).
I soggetti abilitati al rilascio dell’attestato di competenza devono essere accreditati presso il
SINCERT. Lo scopo è quello di evitare il condizionamento, in fase di rilascio, da parte di
situazioni di conflitto di interessi e di garantirne il riconoscimento nei Paesi UE.
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L'attestato di competenza ha validità triennale; esso non è requisito vincolante per
l'esercizio delle professioni di cui alle pdl in esame ed è rilasciato a tutti gli iscritti alle
associazioni che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in possesso dei requisiti su
illustrati.
Qualora non venga rinnovata l'iscrizione all'associazione l'attestato di competenza perdita di
validità (comma 7).
In caso di richiesta da parte degli utenti l'iscritto all'associazione è tenuto a fornire il proprio
numero di iscrizione all'associazione e gli estremi dell'iscrizione dell'associazione stessa nel
Registro delle associazioni professionali di cui all’art. 8 delle pdl in esame.
Disposizioni analoghe relative all’attestato di competenza sono contenute anche nell’articolo
29 della pdl 1590, che però attribuisce la competenza del suo rilascio esclusivamente alle
associazioni professionali e non reca la previsione relativa all’accreditamento presso il SINCERT
dei soggetti abilitati al rilascio.
Una norma relativa all’attestato di competenza, seppur molto più succinta, è contenuta anche
nella pdl 2239, con la previsione che le associazioni riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2007 e
del decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008 (cfr. supra) rilasciano ai professionisti iscritti
gli attestati di competenza che pongono in rilievo “le specifiche qualità professionali degli utenti”.
Si osserva che, sul piano della corretta formulazione, occorrerebbe sostituire le parole “degli
utenti” con le seguenti “degli iscritti”.
Norme previdenziali (art. 10)
Entrambi gli articoli 10 delle pdl 1934 e 2077 recano, sebbene con differenti principi e criteri
direttivi, deleghe per la disciplina delle forme di tutela previdenziale delle professioni oggetto
dalle stesse pdl.
In particolare, entrambe le pdl prevedono lo “scorporo” della tutela previdenziale dei
soggetti professionali in questione dalla Gestione separata INPS, di cui all'articolo 2, comma
26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, dove sono iscritti ai sensi della normativa vigente, ma mentre
la pdl 1934 dispone la costituzione di un’apposita gestione autonoma (presso l’INPS) delle
professioni riconosciute ai sensi delle medesime pdl, la pdl 2077 prevede due canali
alternativi consistenti, rispettivamente, nella confluenza nelle casse previdenziali delle
professioni ordinistiche, già esistenti, corrispondenti per materia e contenuti professionali o
nell’istituzione di una o più casse previdenziali autonome.
Più specificamente, la pdl 1934 prevede la delega al Governo ad adottare, entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore del provvedimento, previo parere delle competenti Commissioni
parlamentari, uno o più decreti legislativi al fine di istituire specifiche forme di tutela
previdenziale dei soggetti che esercitano le professioni oggetto del provvedimento in esame,
appunto scorporando questi ultimi dalla gestione separata INPS.
Ai fini dell’esercizio della delega, il Governo dovrà attenersi ai seguenti principi e criteri
direttivi:
_ costituzione, presso l'INPS, di una gestione autonoma esclusivamente destinata alle
professioni riconosciute secondo le procedure di cui alle pdl in esame (comma 1, lettera
a));
_ carattere interprofessionale della gestione (comma 1, lettera b));
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_ determinazione della contribuzione previdenziale, tale da rispettare la stabilità della
gestione, nonché il riconoscimento (sembrerebbe in riferimento all’idoneità del meccanismo di
contribuzione attualmente esistente per le varie professioni) della peculiarità della
contribuzione propria di attività abitualmente remunerate attraverso parcelle professionali
(comma 1, lettera c)).
Anche la pdl 2077 prevede una delega al Governo da esercitare negli stessi termini temporali,
istituendo specifiche forme di tutela previdenziale dei soggetti che esercitano professioni non
regolamentate mediante scorporo dalla gestione separata INPS, ma sulla base dei seguenti
principi e criteri direttivi, in alternativa tra loro:
_ possibilità, per i soggetti richiamati, di confluire nelle casse di previdenza delle
professioni di cui all'articolo 2229 c.c.[31] corrispondenti per materia e per contenuti
professionali (comma 1, lettera a));
_ possibilità di istituire una o più casse previdenziali autonome, destinate alle professioni
disciplinate dal provvedimento in esame (comma 1, lettera b)).
Al riguardo, si segnala che la prevista facoltà di confluenza delle professioni in esame nelle
Casse previdenziali esistenti, sembrerebbe non coordinata con il principio di autonomia affermato
in seguito alla privatizzazione delle casse stesse, stabilita dal D.Lgs. 509/1994 (vedi infra)..
Gli esercenti libere professioni intesi in senso generale, quindi non solo gli operatori delle tradizionali
professioni liberali, ma anche coloro che svolgono in modo autonomo attività di lavoro in conseguenza
dell'iscrizione ad albi o elenchi, fruiscono di tutela previdenziale per effetto della costituzione di enti
previdenziali in seguito, nella maggior parte dei casi, all'iniziativa del gruppo professionalmente
organizzato.
Gli enti previdenziali preposti alla tutela degli esercenti libere professioni per cosi dire “storiche” (ad es.
avvocati, medici, ingegneri e architetti, geometri, notai), sono stati affiancati, negli ultimi più recenti, da
gruppi professionali organizzati con albi o elenchi per la tutela di interessi di categorie emergenti nel
tessuto produttivo (es. consulenti del lavoro, psicologi).
In particolare, con riguardo alla tutela previdenziale dei liberi professionisti occorre distinguere tra
"professionisti privi di cassa", ossia soggetti che, benché iscritti ad un albo, non sono dotati di Cassa
previdenziale di categoria, ovvero soggetti privi sia di albo che di cassa (per i quali si rinvia alla specifica
trattazione svolta con riferimento ai lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS), e "professionisti con
albo e cassa", ossia soggetti per i quali è istituita una Cassa nazionale di previdenza ed assistenza, alla
quale gli iscritti versano i contributi e che eroga le prestazioni previdenziali al raggiungimento dei requisiti
prescritti.
Casse professionali
Per questi ultimi il relativo regime di tutela previdenziale ha disposto la privatizzazione delle rispettive
Casse professionali.
Il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509[32], ha infatti individuato gli Enti gestori di forme di previdenza e
assistenza obbligatorie da trasformare in persone giuridiche private (in associazioni o in fondazioni), a
decorrere dal 1° gennaio 1995, tra i quali rientran o:
_ Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori legali;
_ Cassa di previdenza tra dottori commercialisti (CNPADC);
_ Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;
_ Cassa nazionale previdenza e assistenza ingegneri e architetti liberi professionisti (INARCASSA);
_ Cassa nazionale del notariato;
_ Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali (CNPR);
_ Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL);
_ Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);
_ Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);
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_ Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV).
_ A questi Enti ne sono succeduti altri, i c.d. enti privati di previdenza obbligatoria dei liberi professionisti,
fra i quali:
_ Ente Nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei biologi (ENPAB);
_ -Ente nazionale di previdenza e assistenza della professione infermieristica (ENPAPI);
_ Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi (ENPAP);
_ Ente di previdenza ed assistenza pluricategoriale (dottori agronomi e dottori forestali, attuari, chimici e
geologi (EPAP);
_ Ente di previdenza dei periti industriali (EPPI).
Il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103[33], in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei liberi
professionisti, ha rappresentato la fonte di riferimento primario cui è seguito il riconoscimento
dell'autonomia per numerose Casse previdenziali.
In particolare, l’articolo 3 ha demandato agli enti esponenziali degli enti abilitati alla tenuta di albi od
elenchi la facoltà di scegliere, alternativamente, a quali tipologie di forme gestorie partecipare (tre le quali
rientravano le Casse professionali già previste dal D.Lgs. 509/1994, oppure in una categoria professionale
similare o ancora nella gestione separata I.N.P.S.)
Presso il Ministero del lavoro è stato istituito l'Albo delle associazioni e delle fondazioni che gestiscono
attività di previdenza ed assistenza.
I professionisti iscritti agli Ordini/Albi, che esercitano attività autonoma di libera professione senza
vincolo di subordinazione, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa ancorché
svolgano contemporaneamente attività di lavoro subordinato, sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa
previdenziale di categoria.
Il contributo posto a carico di ciascun iscritto alla Cassa previdenziale, di norma, è composto da un
contributo soggettivo, da un contributo integrativo e dal contributo di maternità. Il contributo di maternità è
in genere determinato in misura fissa. Il contributo soggettivo può essere stabilito in misura fissa o in
percentuale sull'ammontare del reddito professionale netto conseguito ai fini IRPEF.
Nel caso di contributo determinato in misura percentuale, i professionisti devono comunicare alla Cassa
previdenziale, secondo le modalità stabilite dalla medesima, l'ammontare del reddito professionale
imponibile netto conseguito ai fini IRPEF per l'anno precedente.
Alcune Casse prevedono la possibilità di versare un contributo ridotto o un contributo di solidarietà.
Sono previsti minimali e massimali imponibili di reddito ai fini della determinazione del contributo
dovuto.
Il ritardo nel versamento dei contributi comporta l'obbligo di pagamento degli interessi e delle sanzioni
previste dai regolamenti delle singole Casse di previdenza.
La prescrizione è quella generale stabilita dalla L. 8 agosto 1995, n. 335.
La Gestione separata presso l'INPS
Per le altre categorie di professionisti,. l'articolo 2, commi 26-33, della richiamata L. 335/1995, ha
previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad
alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da
assicurazione previdenziale.
E' stata così istituita presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1996, una apposita Gestione separata,
cui sono tenute ad iscriversi le categorie di lavoratori appresso indicati, con conseguente obbligo di
versamento contributivo; la contribuzione è dovuta anche all'INAIL per effetto dell'entrata in vigore del
D.Lgs. n. 38/2000, che all'articolo 5 che ha sancito l'obbligo assicurativo presso detto Istituto anche per i
lavoratori in questione.
L'organizzazione della gestione è stata ridisegnata dal comma 158 dell'articolo 1 della richiamata L.
311/2204, la quale ha altresì stabilito, al precedente comma 157, l'iscrizione alla stessa Gestione degli
associati in partecipazione. Successivamente, la materia è stata rivisitata dall’articolo 1, comma 771, della
L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007).
L’I.N.P.S. distingue i lavoratori iscritti in tre gruppi. I due principali sono quello denominato dei
“Collaboratori”, in cui, tra gli altri, sono inclusi i parasubordinati, e quello denominato dei “Professionisti”,
che comprende i lavoratori autonomi che esercitano la professione e hanno una partita IVA. Vi è poi una
categoria mista di “Collaboratori-Professionisti”, che rappresenta circa il 2% del totale degli iscritti, in cui si
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trovano i professionisti con partita IVA che abbiano un contratto di collaborazione coordinata e
continuativa.
Sono obbligati all'iscrizione alla Gestione separata, sulla base di disposizioni di carattere generale o
particolare:
_ professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo
53, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), dall'esercizio per professione abituale,
anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque,
essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, in tale categoria:
_ professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;
_ professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;
_ professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non
assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;
_ professionisti senza albo e senza cassa (ad es. consulente di informatica, esperto in marketing,
traduttori o interpreti, ecc.);
_ collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato
D.P.R. 917/1986, si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi
per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata
dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 53, che, pur avendo contenuto
intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di
subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica
prestabilita. Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:
_ amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;
_ membri di commissione e collegi;
_ soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel
diritto d'autore;
_ amministratori di condominio;
_ venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (come definiti dall'articolo
36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la Disciplina del commercio); per effetto dell'articolo 44,
comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione
separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo
sia superiore a € 5.000;
_ titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315,
articolo 1); per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o
didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (DL 105/2003 convertito dalla L. 177/2003);
_ pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla
contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette
attività.
Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per
le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di
versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i
quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65°
anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica;
_ medici in formazione specialistica, di cui all'art. 2, comma 26 della L. 335/1995: a decorrere
dall'anno accademico 2006-2007 e per la durata della formazione;
_ lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori
dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a
contribuzione previdenziale obbligatoria.
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Va sottolineato che la nuova definizione dei redditi da collaborazione coordinata e continuativa
contenuta nel comma 1, lettera c-bis, dell'articolo 50 del D.P.R. 917/1986, non considerando più tra i
caratteri essenziali della collaborazione la natura intrinsecamente artistica o professionale della
prestazione, chiarisce definitivamente che possono rientrare nell'ambito delle collaborazioni coordinate
e continuative anche attività manuali ed operative, in presenza, ovviamente, di tutti gli altri presupposti
per il riconoscimento di un'attività di collaborazione;
_ associati in partecipazione: dal 1° gennaio 2005, per effetto del comma 157 de ll'articolo 1 della L.
311/2004 (legge finanziaria per il 2005).
La generalità dei lavoratori interessati dall’obbligo di iscrizione alla Gestione separata risulta distinta in
due principali categorie: da un lato i lavoratori non iscritti ad alcuna altra forma di previdenza obbligatoria,
e, dall’altro, i lavoratori già iscritti a un’altra forma di previdenza obbligatoria, o che siano già titolari di una
pensione. Le due categorie di lavoratori sono facilmente riconoscibili in funzione delle diverse aliquote con
cui è previsto il versamento dei contributi previdenziali alla gestione.
Al riguardo, si ricorda che da ultimo, la L. 24 dicembre 2007, n. 247, all’articolo 1, comma 79, ha fissato
la richiamata aliquota contributiva per gli iscritti alla Gestione separata che non risultino assicurati presso
altre forme obbligatorie nella misura del 24% per il 2008, del 25% per il 2009 e del 26% a decorrere dal
2010.
Per gli iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria, invece, l'aliquota è fissata al 17%.
Si ricorda, infine, che presso la XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati sono
attualmente in esame le proposte di legge AC 2312 (Saglia ed altri) e AC 2345 (Narducci ed
altri), di contenuto in parte simile, recanti disposizioni in materia previdenziale per i lavoratori
autonomi esercenti professioni non regolamentate[34]
In particolare, entrambe le pdl prevedono l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2010,
un’apposita gestione a contabilità separata presso l’INPS, cui sono tenuti ad iscriversi i soggetti
che esercitano abitualmente un’attività di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del
T.U.I.R., non iscritti a casse previdenziali private afferenti ad ordini o albi professionali.
Vigilanza (art. 11)
L’articolo 11 delle pdl 1934 e 2077attribuisce al Ministero della giustizia la vigilanza
sull'operato delle associazioni professionali, svolta di concerto con il Ministero dello sviluppo
economico, per verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti previsti dalle pdl in esame. In
caso di mancata ottemperanza alle disposizioni delle stesse pdl viene disposta la cancellazione
dal Registro delle associazioni professionali.
Disposizioni analoghe sono contenute anche nell’articolo 31 della pdl 1590 e nell’articolo
27 della pdl 2239, in cui si precisa altresì che la cancellazione dal Registro – disposta allorché si
ravvisino irregolarità nell’operato delle stesse associazioni, la perdita dei requisiti necessari o
protratta inattività - comporta la revoca dell’autorizzazione a rilasciare attestati di competenza.
Entrata in vigore (art. 12)
L’articolo 12delle pdl 1934 e 2077dispone in merito all’entrata in vigore del provvedimento,
prevista per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
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[1] Tra queste si richiamano il D.lgs. Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, sulla ricostituzione su basi democratiche dei
consigli degli ordini e collegi; la L. 25 aprile 1938, n. 897, sull'obbligatorietà delle iscrizioni negli albi professionali e
sulle funzioni relative alla loro custodia; la L. 8 dicembre 1956, n. 1378, sugli esami di Stato per l'abilitazione
all'esercizio delle professioni
[2] Recante: Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni.
[3] Il provvedimento rappresenta il primo caso di attuazione, nel nostro ordinamento, della delega contenuta
nell’articolo 1, comma 4, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), volta ad adeguare l’assetto
ordinamentale all’ampia riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla Legge cost. n. 3/2001
[4] L’articolo 2229 c.c., nel riservare alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per il cui esercizio è
richiesta l'iscrizione in albi o elenchi, demanda alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato,
l'accertamento dei requisiti per l'iscrizione, la tenuta degli albi e il potere disciplinare.
[5] Si tratta delle disposizioni che stabiliscono l’incompatibilità con il mercato comune: a) degli accordi di imprese e
associazioni di imprese che abbiano lo scopo di impedire, limitare o falsare le regole della concorrenza all’interno
dell’Unione; tali accordi sono nulli di pieno diritto (art. 81); b) dello sfruttamento abusivo di posizione dominante (art.
82). È’ poi sancita la sottoposizione delle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico
generale o aventi carattere di monopolio fiscale alle generali regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di
tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata (art. 86).
[6] Legge 15 maggio 1997, n. 127, Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di
decisione e di controllo.
[7] D.M. 3 novembre 1999, n. 509, Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei.
[8] D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli
atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica.
[9] L’art. 1, c. 18, della l. n. 4 del 1999, come modificato dall’art. 6 della l. 370/99, ha disposto che uno o più
regolamenti di delegificazione, risultanti dal concerto dei Ministri dell’Università e della ricerca scientifica e di Grazia
e giustizia, provvedono a modificare la disciplina dell’accesso agli albi, ordini e collegi professionali, nonché del
relativo esame di Stato, adeguando l’accesso al nuovo sistema degli studi universitari delineato dall’art. 17, c. 95,
della l. 127 del 1997 e dai successivi decreti di attuazione.
[10] “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
[11] Recante Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.
[12] In materia di tariffe professionali, v. la nota sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee del 18
giugno 1998 (causa C-35/1996) sulle tariffe obbligatorie per gli spedizionieri doganali. Secondo la decisione,
l’Italia ha violato le regole comunitarie sulla concorrenza, in quanto la legge professionale (L. 22 dicembre 1960, n.
1612) impone ad un'organizzazione professionale (il CNSD, Consiglio nazionale spedizionieri doganali) l'adozione
di una decisione tipica di un’associazione di imprese, in contrasto con l'art. 85 del Trattato CE (ora art. 81),
consistente nel fissare una tariffa obbligatoria per tutti gli spedizionieri doganali.
In particolare, sulla compatibilità delle tariffe forensi italiane con la regole comunitarie sulla concorrenza, v.
Corte di giustizia, sentenza 19 febbraio 2002 (causa Arduino, C-35/1999) e Corte di Giustizia, sentenza 5
dicembre 2006; in particolare, in tale ultima decisione la Corte di giustizia intervenendo sulla normativa anteriore
all'entrata in vigore della legge Bersani, ha confermato l'orientamento comunitario secondo cui il "divieto italiano
assoluto di derogare ai minimi tariffari stabiliti per gli avvocati costituiva una restrizione della libera prestazione di
servizi". Secondo la Corte: "Gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano in linea di principio all’adozione, da parte di
uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, anche sulla base di un progetto elaborato da un
ordine professionale, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari e a cui, in linea di principio, non sia
possibile derogare né per le prestazioni riservate né per quelle che possono essere svolte anche da qualsiasi altro
operatore economico non vincolato da tale tariffa. Tuttavia, una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare
convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa professionale costituisce una restrizione della
libera prestazione dei servizi prevista dall’art. 49 CE. Spetterà in concreto al giudice di merito verificare se tale
normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei
consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa
impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi".
[13] In merito all'estensione di tale divieto, la Suprema Corte aveva osservato che "È nullo il patto di quota lite
stipulato da un ragioniere con il proprio cliente poiché il termine "patrocinatori" contenuto nel comma 3 dell'art. 2033
c.c. individua una categoria generale cui appartengono tutti quei professionisti che, pur non essendo né avvocati né
procuratori, sono oggi abilitati alla difesa in sede di controversie giudiziali" (Cass. 23 giugno 1998, n. 6203).
[14] Il relativo schema è stato, in più occasioni, ritenuto illegittimo da parte del Consiglio di Stato; Con mozione
approvata il 23 giugno 1998, il Senato impegnava il Governo a non procedere all’emanazione del regolamento
[15] Legge 21 dicembre 1999, n. 526, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità europee”.
[16] “Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno
Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale”.
[17] La nuova direttiva europea 2005/36/CE, recepita in Italia con il citato decreto legislativo n. 206 del 2007
sostituisce tutte le quindici direttive che dagli anni '70 al 20 ottobre 2007 hanno disciplinato il riconoscimento delle
qualifiche professionali: le direttive Sistemi generali (89/48/CEE, 92/51/CEE, 99/42/CE) e le direttive settoriali
(77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE,
85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE) riguardanti le professioni d'infermiere professionale,
odontoiatra, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico.
[18] L’Indagine conoscitiva nel settore degli Ordini e Collegi professionali e delle professioni dagli stessi regolamentate
è stata deliberata dall'Autorità ai sensi dell'art. 12, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 e si è conclusa
nell'ottobre del 1997.
[19] Nel parere al Ministro della giustizia AS 163 del 5 febbraio 1999 in merito al disegno di legge della XIII legislatura
n. 5092 recante "Delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali", l'Autorità ha ribadito che "la
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previsione di una regolamentazione per le attività riservate, diretta a controllare le modalità di erogazione delle
prestazioni, nonché il comportamento dei professionisti, dovrebbe essere principalmente finalizzata alla correzione
delle asimmetrie informative presenti nei mercati in questione". I medesimi concetti si ritrovano espressi nella
segnalazione AS298 del 27 aprile 2005, nonché nella segnalazione AS306 del 14 luglio 2005. L'Autorità ha più
volte giustificato la necessità di riforme nel settore delle professioni anche alla luce delle lettere di messa in mora
inviate allo Stato italiano nel luglio 2005 dalla Direzione mercato interno della Commissione Europea in merito
all'idoneità delle tariffe di avvocati, architetti e ingegneri a pregiudicare il commercio intracomunitario e dagli stimoli
in tal senso provenienti da OCSE e Fondo Monetario Internazionale.
[20] Si osserva che la proposta di legge AC. 3, di iniziativa popolare, definisce la professione all’articolo 14, relativo al
riconoscimento delle nuove professioni e – apparentemente – con un’efficacia limitata alla procedura delineata
dall’articolo stesso.
[21] L’AC 1553, nella relazione illustrativa, afferma che «L’associazione si costituisce al fine di dare evidenza ai
requisiti professionali dei propri iscritti nei confronti della collettività».
[22] In particolare, si richiamano le disposizioni del Titolo II del decreto legislativo, relative all’esercizio della
professione di avvocato in forma societaria.
[23] Per "professionisti non regolamentati" si intendono i lavoratori autonomi che svolgono una professione non
protetta da Albi od Ordini specifici. Lo svolgimento di libere professioni non regolamentate non è subordinato dalla
legge al possesso di titoli di studio specifici o al superamento di esami particolari.
[24] Come si ricorda nelle relazioni illustrative che accompagnano le due proposte di legge, il tentativo di fornire una
disciplina organica delle attività professionali non regolamentate, nell’ambito di una riforma più generale delle
professioni, risale alla XIII legislatura, ma non è fino ad oggi giunto ad un esito concreto sul piano legislativo.
[25] Il comma 3 dell’art. 117 contiene un secondo elenco di materie – che la stessa norma costituzionale definisce “di
legislazione concorrente” – in cui “spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei
princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.
[26] Per «piattaforma comune» si intende l'insieme dei criteri delle qualifiche professionali in grado di colmare le
differenze sostanziali individuate tra i requisiti in materia di formazione esistenti nei vari Stati membri per una
determinata professione. Queste differenze sostanziali sono individuate tramite il confronto tra la durata ed i
contenuti della formazione in almeno due terzi degli Stati membri, inclusi tutti gli Stati membri che regolamentano la
professione in questione. Le differenze nei contenuti della formazione possono risultare dalle differenze sostanziali
nel campo di applicazione delle attività professionali.
[27] Requisiti per la individuazione e l'annotazione degli enti di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 9 novembre
2007, n. 206, nell'elenco delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni regolamentate per
le quali non esistono ordini, albi o collegi, nonché dei servizi non intellettuali e delle professioni non regolamentate.
Procedimento per la valutazione delle istanze e per la annotazione nell'elenco. Procedimento per la revisione e
gestione dell'elenco.
[28] Direttive 77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE,
80/154/CEE, 80/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE.
[29] Direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE.
[30] Si ricorda che tale direttiva ha avuto origine dalla proposta di direttiva (COM(1996)22), presentata il 9
febbraio 1996 dalla Commissione europea.
[31] Il richiamato articolo ha disposto che la legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è
necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi.
[32] “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di
trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”.
[33] “Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela
previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.”.
[34] Per una disamina più puntuale si rimanda al dossier del Servizio Studi n. 163 del 12 maggio 2009.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 81 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010

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