domenica 26 agosto 2012

gerarchia della sovranità

 Bersani dice che lui è pronto a governare. Un giornalista gli chiede se questo non destabilizzerà i mercati. Lui risponde che "no, i mercati ci conoscono già. Abbiamo già governato in passato e io sono stato due volte ministro". il giornalista è soddisfatto. Il pubblico davanti alla televisione anche.



 Nessuno ha più nulla da obiettare se ad approvare il Governo di un Paese non siano chiamati i suoi cittadini, cioè gli elettori, ma "i mercati". Gli italiani possono recarsi alle urne, ma solo per scegliere il candidato che "i mercati" vogliono eleggere. Altrimenti si fa come per i referendum in Europa: se vincono i no, la consultazione si ripete. All'infinito, finché i sì non prevalgano.

 La gerarchia della sovranità, nel dopo Monti, si riscrive così. Al vertice di ogni Paese si trovano gli speculatori, i grossi specialisti in debiti sovrani e tutto il mercato secondario. Immediatamente sotto ad essi si muovono le élite internazionali, che occupano le principali istituzioni europee, sia politiche che finanziarie. Emanazione diretta di queste ultime sono i tecnici, i commissari incaricati di realizzare nei singoli parlamenti le decisioni assunte nei consessi privati. Poi vengono i politici vecchia maniera, ovvero il paravento costituzionale, preposti a legittimare con il loro voto scontato gli atti di indirizzo delle élite, e da esautorarsi a piacere se non obbediscono. Infine viene il popolo, cui attraverso la pantomima delle elezioni politiche si conferisce l'illusione di avere ancora una parvenza di potere, in una forma di governo ormai irrimediabilmente degenerata, che forse ha perlomeno il pregio di avere reso palesi meccanismi che prima erano meno appariscenti.

 Noi non contiamo niente. Non siamo pericolosi. Siamo solo divertenti.


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