domenica 3 gennaio 2016

Di cosa abbiamo paura. E di cosa dovremmo averne

Di cosa abbiamo paura. E di cosa dovremmo averneMaurizio Blondet  - 21 novembre 2015
Devo riconoscerlo:  anche l’ultimo false flag ha avuto successo, nel senso che ha raggiunto lo scopo che si prefiggevano i suoi mandanti globali. Tutte le buone persone che conosco sono spaventatissime dei fatti di Parigi; si sentono minacciati personalmente da questo Nemico orribile che non ha veramente un volto e una forma – che appare di colpo ed uccide a Parigi, in Siria, in Mali. Tutti credono alle “fonti dell’intelligence Usa” religiosamente riferite dai media che dicono: ISIS colpirà Roma, il duomo di Milano: “Non vado più in quei luoghi”, mi dice la donna delle pulizie, la casalinga vicina, ma anche l’amico che guida non so che gruppi di carismatici (“Sono proprio cattivi questi islamici”) . Ora, la famosa “intelligence Usa” è la stessa ‘intelligence’ che, un mese e mezzo fa’, non ha visto arrivare in Siria tutta intera la forza aerea russa. E’ l’intelligence che non ha sensori nella realtà; perché è cosciente solo della “realtà” che crea di sana pianta, per diffonderla sui media, allo scopo precipuo di far paura – alla maggioranze delle persone che, come dice Craig Roberts, è ”dentro Matrix” . Il fatto che qualche centinaia di noi abbia mangiato la foglia e visto chiaramente il false flag, a lorsignori non importa. Noi non contiamo nulla e siamo facilmente emarginabili come “complottisti”. A loro importa soggiogare, ipnotizzare le masse, quelle che hanno imprigionato in Matrix, e che devono convincere di quel che lorsignori vogliono.
Cosa ci guadagna chi l’ha fatto?A chi giova un attentato così, in fondo assurdo e irrazionale, quindi tanto più pauroso? Rubo le parole a Globalresearch:
Cosa fanno i globalisti quando vogliono creare, riaccendere e mantenere in corso indefinitamente la loro guerra al terrore? Semplicemente compiono una serie di attentati a bandiera falsa usando i loro tirapiedi, i terroristi islamici, i loro sicari assoldati per fare danno. L’hanno fatto in Usa l’11 Settembre, a Londra nel luglio 2005, in Spagna…”
I “globalisti” indicati come mandanti è un termine che sembrerà generico a chi vive dentro la Matrix, perché chi ci vive dentro non è stato debitamente informato dello storico progetto e dei suoi organi transnazionali che lo portano a compimento. Che però i tagliagole jihadisti siano “i loro tirapiedi e sicari arruolati” non dovrebbe essere ignoto: persino i media ufficiosi hanno dovuto render noto che , in Siria, i terroristi dell’ISIS sono stati armati da americani, pagati da sauditi, e addestrati dalla Cia per rovesciare il governo laico di Assad. Anzi, Hollande è uno di quelli che da tre anni premono e spingono per un intervento occidentale in Siria, a protezione dei jihadisti e per aiutarli definitivamente a rovesciare il laico Assad.
E’ facile concludere, dunque, che Hollande direttamente (con gli altri “globalisti”) abbia approvato un mostruoso attentato contro i suoi cittadini per costringerli – e costringere tutti gli europei – a concepire un intervento armato in Siria; ci dimentichiamo che l’ha già fatto in Libia, mandando i suoi aerei a rovesciare Gheddafi? Contro Assad, il suo ministro Laurent Fabius disse esplicitamente nel 2012 che Al Qaeda in Siria “sul terreno fa’ un buon lavoro”, e la Francia ha inviato armi su armi ai terroristi. Sulla strage di Charlie Hebdo hanno dovoto calare il segreto militare di Stato, perché gli inquirenti stavano arrivando ad un traffico d’armi che forniva i jihadisti, sotto l’egida dei servizi francesi…
Hanno dei loro uomini fra i terroristi combattenti, i francesi. Sanno chi assoldare.
Ma qui, chi è prigioniero della Matrix si rifiuta di seguirti; la sua mente si chiude: non è possibile che un governante occidentale decreti la strage di centinaia di suoi concittadini, elettori! Siamo in democrazia, perbacco! Qui vigono i diritti umani, il cristianesimo, i costumi dolci della civiltà, della tolleranza! Sono gli islamici che hanno fatto tutto perché odiano il “Nostro sistema di vita”!
A parlare non sono loro, ma appunto, per bocca loro, Matrix. E’ la Matrix che fa’ creder che viviamo in democrazia e “certe cose da noi non sono possibili”. Io, che sono abbastanza vecchio da aver vissuto nella strategia della tensione italiana, posso dire che dietro le “stragi nere” – quasi sempre stragi folli sui treni, insensate e demoniache quelle “fasciste”, mentre le Brigate Rosse sparavano e colpivano soggetti singoli,a ragion veduta, atti criminali ma comprensibili – si intravvedevano le mani di nostri ministri dell’Interno: democristiani, cattolici spesso praticanti, appoggiantisi alle strutture clandestine di Gladio, le organizzazioni NATO segrete.
La strategia della tensione: come fu in ItaliaPerché mai un “fascista”, anche il più cretino, poteva mai pensare di far avanzare la sua causa fascista, guadagnarsi il favore dell’opinione pubblica, col mettere bombe sull’Italicus e alla stazione di Bologna? Dal punto di vista politico, l’atto produce nell’opinione pubblica l’effetto ovviamente contrario: l’idea che il fascismo è qualcosa di mostruoso, che non deve avere spazio, che si condanna da sé, a cui bisogna fare il vuoto intorno – stringendosi attorno al governo bianco e “forte” che con le sue leggi speciali subito emanate, ci difende dal mostro senza nome – esattamente il mostro senza nome che oggi è incarnato dai terroristi ji adisti. Il ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani lo disse persino apertamente al giornalista, scrittore, grande musicologo e allora direttore del Roma quotidiano di Napoli: “Certo che siamo noi a mettere le bombe”, e spiegò anche il perché – lo potete leggere qui:
http://archiviostorico.corriere.it/1994/aprile/24/Taviani_disse_Viminale_mette_bombe_co_0_9404241214.shtml
Era il 1994. Allora mi aspettai che Taviani, querelasse Buscaroli: diffamazione, calunnia, ce n’era da seppellirlo, il direttore del Roma. Ingenuo. Taviani si limitò a smentire, e i media a registrare la smentita. Anzi, i più, nemmeno diedero una riga a Buscaroli: era anche lui un notorio “fascista”, non meritava nemmeno una smentita..E sì che la Matrix era, in confronto a quella di oggi, imperfetta, con molte aperture. Ma la tv (di Stato) bastava già a creare l’alone necessario.
Da quel momento so che, quando un attentato è una strage, è un attentato “di Stato”, strategia della tensione.
Povera sciocca Hasna, uccisa dal suo StatoQuindi adesso lasciatemi almeno compiangere la povera sciocca Hasna Ait Boulahcen, per qualche giorno i media ci hanno spiegato essere “la prima kamikaze islamica che s’è fatta saltare in Europa”. Adesso sento le radio e i media dire: no, alla fine non è lei che si è fatta saltare, ma un terzo uomo il cui corpo è stato trovato nelle macerie. Anzi, dicono i media: la cintura esplosiva è stata azionata col radiocomando – e così è morta Hasna.
Hanno dovuto modificare la versione ufficiale perché i familiari e i vicini, assaltati dai giornalisti, son caduti dalle nuvole: Hasna terrorista jihadista? Ma se ne infischiava del Corano, fumava, all’occasione beveva, amava le feste, era una rapper, cambiava spesso ragazzi – “Le ho detto spesso di adottare un vestiario più stretto, ricorda il fratello Yussuf Ait Boulahcen, ma “lei rifiutava ogni consiglio, passava il tempo a criticare tutto. Viveva nel suo mondo, non s’è mai interessata alla religione – Era continuamente sul suo smartphone, su Facebook, su Whatsapp”
Quante ne conosciamo di queste ragazzine ribelli, dedite allo smartphone, insofferenti della famiglia? Che mettono le loro foto osée su Facebook?
Anche parecchio sceme, poco serie, totalmente prigioniere della Matrix? Secondo alcuni sognava persino di farsi arruolare in polizia, Hasna.
Dunque Hasna diceva la verità, quel terribile giorno a Saint-Denis, quando si affacciò alla finestra della casupola, quando gridò implorando gli agenti, super-armati là sotto: “Aiuto! Aiutatemi!”. Secondo la versione ufficiale, gli agenti non le hanno creduto – perché era vestita di nero col chador, in divisa da kamikaze islamica. “Dov’è il tuo ragazzo?”, le avrebbero chiesto, intendevano il cugino di lei, Abdelhamid Abaaoud, immediatamente indicato come la “mente” degli attentati parigini, quindi da uccidere nello scontro – non deve restare vivo nessuno che possa parlare. “Non è il mio ragazzo! Non è il mio ragazzo!”, due volte. “Subito dopo ha attivato l’innesco” han raccontato i media.
Adesso dicono che non è stata lei, ma un terzo uomo col radiocomando. La povera Hasna allora stava davvero chiedendo aiuto, si affidava alla polizia perché la salvasse. La polizia l’ha uccisa, l’ha dovuta uccidere. Perché non si spiegasse come questa ragazzina un po’ porcella, che postava sue immagini nel bagnoschiuma col capezzolo fuori, fosse stata poi fotografata con il chador. Chi l’aveva convinta a metterlo? Lei s’era fatta fotografare ridendo, facendo gesti d’intesa, “è uno scherzo”, …ma lui stava preparando le foto che sarebbero state diramate dopo l’eccidio. Chi sarà questo “Lui”, non lo sapremo mai. E’ lo stesso che ha azionato il radiocomando che le ha fatto esplodere la cintura? “Alla fine dell’operazione, la sua testa e la sua colonna vertebrale sono state trovate nella strada”. Povera sciocca Hasna.
Di questo dovreste aver paura, povere buone persone spaventate che vengano a farvi saltare in metrò, al Duomo, alla Scala…
Ora, è questa paura senza oggetto precisamente quella che usano per tenervi sotto. Senza oggetto? protesterete voi! Ma se gli islamici sono qui!
Già: un francese che dev’essere molto vecchio ricorda e confronta, su Dedefensa, la paura di oggi con la sua giovinezza ad Algeri, l’Algeri della guerriglia quotidiana, delle uccisioni di bianchi, dei tram che avevano le grate ai finestrini per far rimbalzare le granate, dei ristoranti dove ogni tanto bombe facevano stragi. L’Algeri della guerra vera, 1954-1962, dove il fronte di liberazione algerino combatteva con atti continui di terrore urbano, e per anni. Il vecchio ha vissuto la battaglia d’Algeri (1956-57) da studente. Ricorda quando “se si ci spostava a piedi si incontravano gruppi di soldati silenziosi e in agguato, o jeep con la mitragliatrice agli angoli”, i posti di blocco, i sacchetti di sabbia, il fatto che se andavi al cinema o al ristorante ti perquisivano. Quando vigeva il coprifuoco da mezzanotte alle 6 e dalla finestra si vedevano le strade della città deserte. Ed ogni suono di sirena, ogni rumore lontano sembrava una raffica di mitra, un’esplosione.
“Mi ricordo il professore di disegno, al liceo Bugeaud – me ne ricordo perfino il nome, monsieur Couderc – il cui figlio era stato ucciso il giorno prima in un attentato. Aspettavamo sperando, non vado fino a dire vergognosamente, che non venisse a farci lezione, e poi lo vedemmo: “Merda, è qui!”. Un’ora che noi ragazzi speravamo senza lavoro si svolse come previsto. Ma quel giorno non ci fu il chiacchiericcio, gli sfottò per quelle lezioni di disegno che consideravamo secondarie – lavorammo gravi, di colpo maturi, obbedendo a quell’uomo dal volto insieme impassibile e devastato, che faceva il suo dovere d’insegnante”. Uniti e resi adulti da quel padre di un figlio appena ucciso che faceva, eroicamente, il suo mestiere di insegnante di disegno.
E’ la testimonianza del vecchio francese che ha vissuto da ragazzo la guerra vera, il pericolo imminente e onnipresente – e reale. “La mia testimonianza è che ci si abitua a vivere col pericolo, che alle notizie del morti si serrano i denti più che piangere – che la vita vi è più intensa, in un certo senso molto più forte e preziosa…che l’eroismo può annidarsi in molti più casi che non si creda nella quotidianità, e che se ne esce cresciuti avendo subito un destino che ci supera (è la definizione di destino) con la dignità che importa, senza capitolare davanti alle parti basse di noi stessi…si può essere gioiosi e ardenti in quelle circostanze”.
Da "La battaglia di Algeri"Nel mio piccolo, anch’io posso dirlo dalla mia ben più modesta esperienza di inviato in guerre balcaniche, a Sarajevo e nel Kossovo, o asiatiche: il vecchio francese d’Algeria ha ragione. E’ terribile il pericolo onnipresente, ma libera dall’atonia, dalla noia, dalla depressione; più intense amicizie nascono con chi domani sarà morto; spariscono i “modi di essere”, e si ritrovano le ragioni di essere. Per tremendo che sia dirlo, bisogna dirlo: si vive veramente. Al confronto, questa paura senza oggetto, senza contorni in cui ci siamo lasciati gettare, questo panico senza realtà, proietta ombre paurose e gigantesche che sono appunto, ombre spettrali – per spaventare noi che come fantasmi non viviamo, ma siamo vissuti dalla Matrix

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