venerdì 15 luglio 2011

Testamento biologico, Luigi Manconi: «Un voto contro una legge immorale»

E’ stato rinviato a martedì l’esame del testo sul testamento biologico che ripartirà dagli emendamenti all’articolo 3, considerato il punto centrale in quanto definisce i «contenuti e limiti della dichiarazione anticipata di trattamento». E lì sarà scontro vero perché si affronterà quello che è il cuore della normativa e cioè il divieto di sospendere alimentazione e idratazione artificiale. La tensione tra governo e opposizione si è intanto già innalzata tanto da far dire a Bersani che la libertà di decidere alle persone vere «sarà lasciata solo da morti». Sul rischio, molto concreto, che questa legge orrenda venga approvata, e sulle possibili iniziative da intraprendere, abbiamo chiesto il parere di Luigi Manconi, già sottosegretario alla giustizia e presidente dell’associazione “A Buon Diritto”, nata nel 2001 con lo scopo di tutelare diritti riconosciuti dal nostro ordinamento, ma non adeguatamente tutelati. «Penso che l’approveranno certamente alla Camera - dice l’ex esponente di Lotta Continua - ma siccome ci sono state delle modifiche sarà necessario un nuovo passaggio al Senato. Ora se viene calendarizzata in quella sede passa con notevole facilità e dunque è immaginabile che in autunno questa legge sarà norma dello Stato italiano».
Possiamo a questo punto solo contare sull’instabilità governativa...
A meno che appunto la condizione comatosa della maggioranza di governo non crei una successione di incidenti e conflitti i quali spostino ulteriormente la calendarizzazione al Senato.
Se questo non avverrà e sarà approvata che cosa si potrà fare? Un referendum per abrogarla?
Con tutto ciò che un referendum si porta appresso di incertezza e di scivoloso, affronterebbe un tema che oggi nell’opinione pubblica, come dimostrano tutti i sondaggi su base scientifica, incontra il consenso della maggioranza della popolazione favorevole ad una legge intelligente ed equa. Dunque l’opposto di ciò che sta per essere approvato. Il che mi induce a dire che se gestita con grande intelligenza una consultazione su un tema pur così delicato dovrebbe portare all’abrogazione della legge.
Anche in questo caso scatterebbe l’invito a disertare le urne...
Certamente in una circostanza del genere è altissimamente probabile che venga riprodotta la tecnica che già portò al mancato raggiungimento del quorum per la fecondazione assistita. Con una differenza notevole però: che quest’ultimo tema, all’epoca soprattutto, veniva percepito come un problema molto più minoritario di quanto venga sentito oggi un nodo come il testamento biologico con riferimento appunto alle questioni di fine vita. Per capirci, ho presentato nel 1994 il primo disegno di legge in assoluto mai portato in Parlamento, sul tema che stiamo trattando. Trovai una grandissima difficoltà a spiegare di cosa si trattasse. Davvero nel linguaggio pubblico italiano questo tema era assente e la stessa denominazione risultava misteriosa. Ormai sono passati diciassette anni e l’argomento è diventato di larga conoscenza. Dico di più: ogni volta che un simile tema viene affrontato senza mediazioni politiche che lo burocratizzino o lo rendano fattore di conflitto e di scontro, e interpella, come è giusto che sia, il vissuto di ognuno, la risposta è profondamente favorevole. Ovvero, non esiste quasi famiglia italiana che non abbia conosciuto quell’esperienza del dolore. O che potrebbe verosimilmente conoscerla. E si può dire che nelle reti parentali di ciascun cittadino italiano, non dico di tutti ma della gran parte dei casi, questo problema con tutte le sue articolazioni, cioè i dolori indicibili, la sofferenza del fine vita, il malato terminale, le scelte relative ad accanimento terapeutico e protrazione artificiale dell’esistenza, è stato già affrontato. Insomma a confronto con le questioni che richiamano vita o morte il cittadino è indotto a scegliere sulla base di criteri che non passano attraverso la mediazione culturale e politica.
Come fu anche per l’aborto e per il divorzio....
Certo. E come allora anche in questo caso si sceglie attraverso le opzioni etiche fondamentali che rimandano, ripeto, alla esperienza di ognuno. Devo consentire che mia madre patisca dolori indicibili? O posso ridurre questi dolori attraverso conseguenti scelte sanitarie? Devo decidere questo riguardo la mia stessa esperienza, quindi il mio stesso destino? Queste domande si pongono per una serie di ragioni che sono lo sviluppo delle biotecnologie, quindi l’avvento della tecnica e il suo ruolo cruciale e crescente in ambito sanitario. O a causa della crescita dell’idea di autodeterminazione ed altri fattori che rimandano proprio ad una coscienza maggiore della inutilità, e, aggiungo, immoralità del dolore non necessario. Tutto ciò fa sì che di fronte ad un quesito referendario, come quello che abbiamo ipotizzato, il cittadino è indotto a scegliere con la propria testa, con il proprio cuore e con la propria esperienza corporea, vitale, fisica. Dopo di che, ripeto, non sottovaluto che potrebbe esserci una campagna per l’astensionismo tale da ripetere la tragedia che ci fu per la fecondazione assistita. Mi limito a dire che in questa circostanza però le chance di raggiungimento del quorum sarebbero maggiori.
In questa battaglia anche i comuni stanno giocando un loro ruolo autonomo, vero?
Infatti decine e decine di comuni in Italia, da Firenze a Genova passando per Torino fino a realtà minori, hanno istituito il registro del testamento biologico, grazie all’iniziativa di “A buon diritto” e dell’associazione Luca Coscioni. Ovviamente si tratta di una minoranza rispetto agli oltre ottomila comuni, ma la cosa ha un grande rilievo tenuto conto che ci sono anche notai disposti a certificare l’autenticità di quel documento.
Vittorio Bonanni
in data:09/07/2011

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