domenica 12 maggio 2019

SIETE PAZZI A MANGIARLO

SIETE PAZZI A MANGIARLO
Marcello Pamio – 21 dicembre 2017
«Che il tuo cibo sia la tua medicina e la tua medicina il cibo» diceva il grande Ippocrate. In tempi
più recenti il doppio Premio Nobel Linus Pauling ripeteva instancabilmente che «un’alimentazione
ottimale è la medicina del futuro». Siamo sicuri: alimenti come medicine?
Se fosse vivo Ippocrate non potrebbe mai e poi mai fare il medico, perché mai come oggi la
medicina è stata così lontana dagli insegnamenti dietetici del grande greco.
Attualmente nel pianeta siamo circa 7 miliardi di persone, che probabilmente saliranno a 10 entro
metà di questo secolo. La fame e la malnutrizione potrebbero tranquillamente essere debellate una
volta per tutte se ci fosse la reale volontà politica ed economica di fare ciò. La distribuzione
ottimale delle risorse alimentari disponibili nel mondo non si può fare perché il Sistema non lo
vuole fare. Semplice.
Quello che vediamo e leggiamo è una presa in giro, pura propaganda.
Fa molto comodo la situazione per il semplice fatto che l’opulente occidente divora letteralmente
almeno l’80-90 per cento delle risorse planetarie, per cui viene da sé che la restante popolazione
deve morire di fame: è una banale legge economica! Non a caso le grandi istituzioni sovranazionali
dall’Unicef al WFP (World Food Program, programma alimentare mondiale) sono fumo negli
occhi: non aiutano realmente le popolazioni terzomondiste nel prodursi e coltivarsi il cibo e
nell’estrarre l’acqua dal sottosuolo, perché vanno in quei paesi per vaccinare, e non contro le
malattie infettive ma per rendere sterili le donne in età fertile.
Si chiama controllo demografico. D’altronde se per il nostro benessere consumiamo le riserve
mondiali è ovvio che per mantenere l’equilibrio qualcuno deve per forza morire di fame! Chi non lo
capisce è un ipocrita che non vuole vedere la triste realtà. Il Terzo Mondo viene appositamente
mantenuto in queste condizioni.
Il paradosso è il raffronto tra Nord e Sud: un mondo spaccato in due.
Le persone sovrappeso nel mondo hanno superato i 2 miliardi nel 2013, cioè un terzo della
popolazione globale. Nel 2010, dai 3 ai 4 milioni di persone sono morte a cause di complicanze
legate all’obesità. Dall’altra parte oltre 2 miliardi di persone sono malnutrite e 36 milioni di bambini
muoiono ogni anno di fame.
Questo è il cappello introduttivo per preparare il terreno e dare voce ad una gola profonda del
sistema agro alimentare. Sto parlando di Christophe Brusset che, dopo aver lavorato per vent’anni
nell’industria come dirigente di alto livello per aziende molto importanti, ha deciso di infrangere la
legge dell’omertà e per lavarsi un po’ la coscienza ha scritto il libro: «Siete pazzi a mangiarlo».
Nero su bianco ha riportato i misfatti e i crimini che avvengono quotidianamente nelle industrie e
nella GDO, Grande Distribuzione Organizzata, cioè le catene dei supermercati.
Il grosso problema è che alla fine della fiera sono i consumatori a rimetterci non solo i soldi ma
soprattutto la salute…
SCANDALI QUOTIDIANI
Gli esempi sono infiniti. Nel settembre 2008 scoppia in Cina l’enorme scandalo del latte
contaminato da melammina, uno dei principali costituenti della fórmica. Una sostanza chimica
molto tossica aggiunta volutamente per fortificare il latte, cioè farne aumentare la parte proteica. La
frode è stata così ampia che non solo la maggior parte del latte circolante in Cina è stato
contaminato, ma anche tutti i prodotti derivati: yogurt, formaggi, cioccolato, biscotti, ecc.
Nell’aprile 2011 circa 300 mila panini vengono “ingialliti” artificialmente tramite l’aggiunta di un
colorante tossico che simula la presenza del mais.
Nel novembre 2011 mega retata per un traffico di maiali trattati con clembuterolo, un anabolizzante
cancerogeno.
A maggio dell’anno successivo scoppia il caso degli orticoltori che trattavano i cavoli con formolo,
un noto cancerogeno, usato per migliorarne la conservazione.
Questi sono solo alcuni dei numerosissimi scandali che riguardano i cinesi, ma attenzione a non
pensare che tutto ciò non interessi l’Europa e l’Italia.
Sono quasi 5 i miliardi di euro in prodotti alimentari cinesi importati in Europa in un solo anno, il
2013.
GUERRA AL PREZZO
Christophe Brusset descrive nel dettaglio decine di casi inquietanti in cui il consumatore viene
letteralmente truffato.
Egli infatti ha comprato navi intere cariche di semi di senape indiana, canadese o australiana per
produrre tonnellate di “senape di Digione” in Germania e in Olanda. Le famose “erbe di Provenza”
non vengono coltivate nella nota regione francese, ma il timo arriva dal Marocco o dall’Albania, il
basilico e la maggiorana dall’Egitto e il rosmarino dalla Tunisia.
A livello industriale e legale quello che conta non sono i singoli ingredienti ma la ricetta!
Le società agro alimentari comprano nei paesi in cui si coltiva o alleva al prezzo più basso (con i
rischi che non possiamo nemmeno immaginare) perché lo impone la Grande Distribuzione (GDO).
Le centrali di acquisto della GDO si contano sulle dita di una mano e lavorano in totale monopolio.
Per ridurre i costi di acquisto spremono gli industriali i quali si rifanno ovviamente sui produttori,
coloro che realmente lavorano. I produttori non potendo alzare il prezzo per sopravvivere e per
accedere alla distribuzione calano le braghe producendo a prezzi bassissimi, spesso senza guadagno.
In tutta questa filiera a rimetterci è ovviamente la qualità finale dei prodotti e in ultima istanza il
consumatore e la sua salute, ma business is business.
ALIMENTI TECNOLOGICI
Certamente uno dei reparti più importanti di ogni impresa alimentare è il R&S, Ricerca e Sviluppo.
Reparto supersegreto in cui lavorano ingegneri del gusto, aromatieri e tecnici in laboratori
supertecnologici.
Cosa c’entrano questi con un sano e buono alimento? Assolutamente nulla. Questi individui
lavorano infatti per creare “aromi” e “additivi” vari proprio per ingannare il “gusto” dei
consumatori.
Il punto cruciale è che alla base di tutto lavorano con alimenti scandalosamente privi di gusto,
totalmente morti e quindi invendibili. E’ il maquillage chimico alimentare.
A livello industriale un prodotto alimentare è sempre una questione di tecnologia.
Attualmente sono diverse centinaia gli additivi chimici permessi dalla normativa: per il colore, il
sapore, la conservazione, per addensare, per abbassare le calorie, per evitare che schiumi, perché
luccichi, crocchi, ecc. Si chiama estetica alimentare.
La chimica oramai ha inventato aromi per tutti i tipi, anche i più impensabili. Esiste l’aroma di
“ketchup”, di “maionese”, di “pollo arrosto”, perfino aromi di “frutta”, “formaggi”, “manzo bollito”
o “arrosto”, per arrivare all’aroma di “pane” e di “burro”. Non c’è più limite alla fantasia perversa
degli ingegneri del gusto: sono in grado di copiare chimicamente qualunque cosa.
Se poi la chimica usata nei processi di lavorazione finisce nel piatto, chissenefrega, mica sono tenuti
a dirlo. Nulla infatti obbliga il produttore a informare il consumatore che si sta mangiando sostanze
chimiche cancerogene (nitriti negli insaccati, benzopirene nei prodotti affumicati), neurotossiche
(solventi organici come l’esano usato per estrarre oli e aromi) o allergizzanti come i solfiti. Il caso
dei coloranti “azoici” è emblematico. Danno stabilità chimica, intensità di colore e lunga
conservazione. Tutte caratteristiche lodevoli per le industrie e la GDO. In confronto ad un colorante
naturale sono cinque volte più vivaci e soprattutto molto più economici. Da luglio 2010 i produttori
devono indicare a tale riguardo sulla confezione «può influire negativamente sull’attività e
sull’attenzione dei bambini».
IMMAGINE DEL PRODOTTO
Una delle regole fondamentali del marketing è che l’idea che ci si fa del prodotto è più importante
del prodotto stesso e della sua qualità. Giustamente nelle società dell’illusione non si mette al centro
la qualità del prodotto ma la sua estetica!
Vengono a tal proposito scomodati i geni creativi che scelgono il linguaggio giusto, le illustrazioni, i
colori, le dimensioni dei caratteri, ecc. il tutto per ingannare i consumatori e farli comprare.
Al supermercato quindi non compriamo un alimento ma quello che un pubblicitario ha creato per
noi.
Nespresso non vende caffè ma un’esperienza; la Ferrari non vende auto, ma sogni; Danone non
vende yogurt ma prodotti “sani” per il corpo; Apple non vende telefoni ma innovazione, ecc.
Generalizzando, negli scaffali dei supermercati non troviamo alimenti, ma prodotti tecnologici in
grado di persuaderci e ingannarci. L’immagine che veicolano, con un bel colore verde, la scritta
“Naturale al 100%”, ecc. creano l’idea che siano sani quando invece sono chimica allo stato puro.
MADE IN CHINA
Il Paese della Grande Muraglia è diventato l’esportatore numero uno al mondo per svariati prodotti
“alimentari”, per esempio aglio, miele e non solo. Il caso del miele è illuminante.
La Cina esporta ogni anno 300.000 tonnellate di nettare delle api, e purtroppo frodare su questo
derivato è assai semplice. All’inizio hanno cominciato a tagliare il miele con l’acqua. Siccome il
miele è un antibiotico naturale può contenere fino al 18% di acqua senza alterarsi troppo. Qualche
produttore si è fatto prendere la mano aumentando la percentuale, così alcune partite hanno iniziato
a fermentare durante il lungo trasporto. La soluzione è stata di aggiungere una bella dose di
antibiotici di sintesi che stabilizzano il prodotto e sono gradevoli al palato dell’ignaro e
inconsapevole consumatore.
Ma le sorprese nel paese di Mao non finiscono mai.
Il miele è zucchero naturale, e per la precisione fruttosio (circa il 40%) e glucosio (30% circa). Gli
amici cinesi aggiungono con discrezione “zuccheri esogeni” come lo sciroppo di glucosio (prodotto
da mais e frumento), il quale è molto economico.
Purtroppo l’eccesso di glucosio fa cristallizzare troppo il miele, per tanto i cinesi sono corsi al
riparo aggiungendo fruttosio liquido derivato da cereali.
Alla fine milioni di persone stanno mangiano qualcosa che non ha nulla a che vedere col miele, ma
una mistura di zuccheri artificiali (sciroppo di glucosio e fruttosio) colorati col caramello e
aromatizzati.
Attenzione, come detto prima, i consumatori di questo pseudo-miele non hanno gli occhi a
mandorla ma sono occidentali, Italia compresa. Vedremo a breve come si possano eludere i controlli
ed entrare nel mercato europeo senza tanti problemi fiscali e soprattutto sanitari…
SIMSALABIM: LA DOGANA NON C'E' PIU'
La regola dell’inganno è questa: più frontiere si passano, più ci sono soggetti coinvolti e documenti
diversi in varie lingue più è difficile per le dogane o i servizi sanitari seguire tutto e capire bene
cosa succede.
Diversi paesi a livello di controlli sono molto più lassisti di altri. Di solito per fare entrare in Europa
e sdoganare dei container di prodotti si usano “porti” come Olanda, Belgio e Lussemburgo.
Vengono importate in Europa grandissime quantità di prodotti diversi che devono pagare dazi
doganali al loro ingresso.
L’esempio delle nocciole e dello zafferano può far capire il meccanismo usato sempre più spesso.
La Turchia è il primo produttore mondiale di nocciole, che finiscono nelle creme spalmabili, nel
cioccolato, ecc. Le nocciole turche sono ampiamente sovvenzionate dallo stato e vengono irrorate
senza pudore da grandi quantità di pesticidi vietati in Europa.
Per evitare di far pagare le tasse doganali e per sfuggire ai controlli sanitari le nocciole turche
vengono spedite per nave in Dubai (dove le nocciole non pagano dazi) e poi subito spedite in
Europa. Sono le stesse nocciole, salvo che non sono più turche ma sono diventate greche. Il tutto
con documenti di accompagnamento ufficiali e quindi esonerate dai dazi doganali e senza l’obbligo
dei certificati sanitari.
Ecco il meccanismo diabolico che fa entrare nel mercato italiano milioni di prodotti pregni di
pesticidi cancerogeni e magari venduti come «prodotto italiano»…
L’Iran è il produttore numero uno di zafferano. La Spagna compra lo zafferano dall’ex Persia e lo
esporta negli USA. Così gli americani bypassano l’embargo comprando zafferano iraniano sotto
bandiera spagnola.
PESTICIDI COME SE PIOVESSE
Il tè venduto nel mondo è quasi tutto pregno di pesticidi. Solo dalla Cina escono migliaia di
tonnellate di foglie tossiche che circolano ovunque.
Se venissero fatte sistematicamente le ricerche e le analisi complete di pesticidi su verdura, frutta,
ecc. che arrivano dai maggiori paesi produttori i risultati sarebbero inquietanti. Almeno il cento per
cento dei prodotti contiene insetticidi, fungicidi, erbicidi, ecc., e non solo un tipo, ma almeno tre o
quattro tipi diversi. Ma sappiamo che questi controlli non vengono fatti …
I lavoratori sfruttati nei paesi in cui la chimica fa da padrone sono i nuovi schiavi.
Un lavoratore non qualificato nei paesi del Maghreb (Tunisia, Algeria, Marocco) prende 4 euro
all’ora, nei paesi dell’Europa centrale e orientale circa 8 euro all’ora, in Cina e Vietnam 2 euro.
Mentre in Francia sono 20 euro al giorno.
Ecco spiegato il motivo per cui le industrie delocalizzano in questi paesi: sfruttano la manodopera a
prezzi stracciati, l’iniquità fiscale ma soprattutto l’assenza di controlli e di leggi sanitarie.
MARMELLATA DI FRAGOLE SENZA FRAGOLE
Venghino signori, venghino….
Siamo abituati a pensare che il vasetto di marmellata di fragola che troviamo sullo scaffale sia
composto appunto da marmellata. Ma è proprio così?
La nonna faceva bollire fragole con zucchero per poi versare il tutto dentro dei vasetti di vetro
precedentemente bolliti.
L’industria ha evoluto questo processo a tal punto che non servono più le fragole…
Ecco la ricetta: sciroppo di fruttosio e glucosio (zuccheri normalmente presenti nelle fragole e
quindi indispensabili per ingannare le analisi), acqua, succo concentrato di frutti di bosco per dare il
colore, acheni di fragola (i semini delle fragole) come marcatore visivo per conferire autenticità,
pectina e ovviamente aroma di fragola. Ecco a voi una marmellata di fragola senza fragole che al
palato, spalmata magari su una fetta di pane caldo, ricorda perfettamente il dolcissimo e rosso frutto
primaverile.
La differenza è sostanziale, perché mentre la marmellata della nonna era buona e faceva bene, la
marmellata dell’industria mi predisporrà al diabete e alle altre malattie dismetaboliche. Il motivo è
semplicissimo e ben risaputo: il fruttosio usato industrialmente (che non ha nulla da spartire col
fruttosio naturalmente contenuto nella frutta e nel vero miele) favorisce la produzione di un ormone
che stimola l’appetito. Quindi più ingurgitiamo fruttosio e più mangeremo. Non solo, ma come ha
dettagliatamente spiegato uno studio pubblicato dalla Mayo Foundation for Medical Education and
Research: «il fruttosio è il principale motore del diabete».
MEA CULPA
In conclusione va sottolineata una cosa importante. Alle industrie e alle catene di distribuzione
interessano solo una cosa: i soldi! Non importa la qualità dei prodotti, la salute e il benessere dei
consumatori, ma solo i soldi.
Questa realtà oggettiva ci mette davanti allo specchio. La responsabilità dell’attuale situazione è
nostra, perché siamo noi che continuiamo a pagare, finanziare e sostenere l’industrializzazione
mortifera della vita, che sta portando alla rovina non solo la salute pubblica ma anche quella
animale e dell’intero pianeta. Se compriamo cibi morti, raffinati, pastorizzati, pregni di chimica,
ecc. le industrie ce li faranno trovare gentilmente sugli scaffali. E’ una legge commerciale spietata
ma precisa.
Il punto è che se cambiamo noi, cambiano per forza anche loro. Se prediligiamo prodotti biologici e
biodinamici diamo un segnale politico, economico ed industriale forte e preciso.
Idem se compriamo cibo locale evitando il più possibile “roba” che arriva da un altro continente di
cui non conosciamo nulla e non sapremo mai nulla.
Purtroppo anche nel mondo del biologico il meccanismo distributivo è molto similare.
Il monopolio della distribuzione è al lavoro anche in questo mondo, con gli stessi risvolti negativi
della GDO: sempre più alimenti infatti (semi, legumi, cereali, ecc.) vengono acquistati dai paesi che
abbiamo appena visto, il tutto per abbattere il prezzo (di acquisto e non certo quello per il
consumatore).
Così facendo però stiamo portando al patibolo e a morte certa moltissime attività agricole locali e
nazionali. Perché si deve comprare il riso bio dalla Cina quando si può coltivare qua? Quali sono le
garanzie per i consumatori che il riso o i fagioli bio (cinesi, vietnamiti, ecc.) sono coltivati in modo
ottimale? Un’azienda locale è possibile visitarla per vedere l’ambiente interno e come lavora, una
cinese nello Xinjang (tra Mongolia e Kazakistan, sede della produzione mondiale del pomodoro e
del concentrato) diventa impossibile.
Per fortuna i GAS, Gruppi di Acquisto Solidali sono in crescita esponenziale e rappresentano una
alternativa validissima e sicura a tutto quello che abbiamo visto.
A noi la scelta: continuare a mangiare schifezze inenarrabili - però molto economiche - che
predisporranno il terreno organico verso qualsiasi malattia moderna, oppure decidere di cambiare
rotta dando i nostri soldi a coloro che lavorano bene e che rispettano sia l’uomo che la Terra.
Ricordando sempre che la Vita è ciclica: quello che apparentemente pensiamo di risparmiare
pagando poco gli alimenti prima o poi lo pagheremo sotto forma di malattie, esami, tempo per visite
dal medico o in ospedale, ecc.
Tratto da "Siete pazzi a mangiarlo", ed. Piemme

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