Camera dei deputati -
XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione
per stampa)
Autore: Servizio Studi -
Dipartimento giustizia
Altri Autori: Servizio Studi -
Dipartimento attività produttive , Ufficio Rapporti
con l'Unione Europea
Titolo: Riforma delle
professioni - AA.C. 3, 503, 1553, 1590, 1934, 2077
e 2239 - Schede di
lettura
Riferimenti:
AC N. 3/XVI AC N. 503/XVI
AC N. 1553/XVI AC N. 1590/XVI
AC N. 1934/XVI AC N. 2077/XVI
AC N. 2239/XVI
Serie: Progetti di legge Numero: 178
Data: 09/06/2009
Descrittori: Camera dei Deputati Dossier: Riforma delle professioni (AA.C. 3, 503, 1553, 1590, 1934, 2077 e 2239)
COLLEGI E ORDINI
PROFESSIONALI
LIBERI
PROFESSIONISTI
RESPONSABILITA '
PROFESSIONALE
Organi della
Camera:
II-Giustizia
X-Attività produttive,
commercio e turismo
Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
Documentazione per
l’esame di
P r o g e t t i d i l e
g g e
Riforma delle
professioni
AA.C. 3, 503, 1553,
1590, 1934, 2077
e 2239
Schede di lettura
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 1 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
n. 178
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 2 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Servizio responsabile:
SERVIZIO STUDI –
Dipartimenti giustizia e attività produttive
_ 066760-9148 / 066760-9559 – _ st_giustizia@camera.it
_ 066760-9574 – _ st_attprod@camera.it
_ Le parti relative ai documenti all’esame delle Istituzioni
dell’Unione europea e alle procedure di
contenzioso sono state
curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.
Per l’esame congiunto,
presso le Commissioni II (Giustizia) e X (Attività produttive), dell’A.C. 3 e
abb.
“Riforma delle
professioni”, sono stati predisposti i seguenti dossier:
- n. 178/0 (Elementi per
l’istruttoria legislativa)
- n. 178 (Schede di
lettura)
- n. 178/1 (Riferimenti
normativi e documentazione)
I dossier dei
servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di
documentazione
interna per l'attività
degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina
ogni responsabilità per
la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla
legge.
File: GI0159.doc
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 3 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
I N D I C E
SCHEDE DI LETTURA
Quadro normativo
Professioni
intellettuali: principi generali
Le professioni
regolamentate
Struttura degli ordini
professionali
L’indagine conoscitiva
sulle professioni dell’A.G.C.M. (marzo 2009)
L’attuazione della
direttiva qualifiche
Normativa comunitaria
Documenti all’esame delle
istituzioni dell’UE (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione
europea)
Procedure di contenzioso (a
cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)
Il contenuto delle
proposte di legge
Principi generali: la
distinzione tra professioni strutturate in ordini e professioni
strutturate in
associazioni
Le professioni di
interesse generale (o ordinistiche)
L’esercizio della
professione in forma societaria e associata
Le deleghe al Governo
Le disposizioni transitorie
Le professioni non
regolamentate
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Schede di lettura
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QUADRO NORMATIVO
Professioni intellettuali: principi
generali
La base normativa
generale della disciplina in materia di professioni è rappresentata dagli
articoli 2229-2238 del codice civile.
L’art. 2229 c.c.
prescrive che “la legge determina le professioni intellettuali per
l’esercizio
delle quali è necessaria
l’iscrizione in appositi albi o elenchi”; dalla formulazione della
disposizione, da un
lato, si desume che la connotazione di intellettuale rispetto ad una
professione è implicita
in quelle attività per il cui svolgimento è necessaria l’iscrizione in albi;
dall’altro, non si
escludono professioni intellettuali per le quali l’iscrizione all’albo non è
condizione necessaria.
A conferma di tale
considerazione, l’art. 2231 c.c. non concede azione a chi abbia svolto
attività professionale
non essendo iscritto, solo ove richiesto, ad un albo o elenco.
Il successivo art.
2232 c.c. fornisce elementi più significativi ai fini di una ricostruzione
della
natura dell’attività in
esame nella parte in cui precisa che il prestatore d’opera deve eseguire
personalmente l’incarico
assunto; la norma specifica altresì che il prestatore può avvalersi di
sostituti e ausiliari,
sempre sotto la propria direzione e responsabilità, se la collaborazione di
altri
è consentita dal
contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.
La più recente dottrina,
evidenziando la difficoltà di ricondurre ad unità la nozione di professione
intellettuale, ritiene insufficiente
l'individuazione delle professioni intellettuali in base al carattere della
prestazione, ossia in
base alla prevalenza dell’attività intellettiva rispetto all’eventuale lavoro
manuale.
Analogamente, appare
riduttivo riferire l’esercizio di tali professioni esclusivamente all’area del
lavoro
autonomo; posto che
prestazioni che consistono nell’esercizio di una professione intellettuale
possono
essere dedotte in un
contratto di lavoro, essere cioè oggetto di un rapporto di lavoro subordinato.
In assenza di una
definizione generale di professione intellettuale, si può affermare che la
professione
intellettuale è di volta in volta caratterizzata dalla natura dell’attività
svolta e
che lo stesso termine
professione indica una posizione lavorativa tecnicamente specificata e
connessa ad uno
svolgimento abituale della stessa da parte del prestatore d’opera.
Allo stato, non esiste
(a parte naturalmente alcune norme comuni[1]) una disciplina unica e
generale per tutte le
professioni.
Alcuni principi
generali in materia sono stati, tuttavia, individuati dal decreto
legislativo 2
febbraio 2006, n. 30[2], con il quale è stata
esercitata la delega contenuta nella cd. legge La
Loggia[3]per la ricognizione
dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti nelle
materie attribuite alla
potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni (tra cui, in base
all’articolo 117, terzo
comma, Cost., rientrano le professioni).
Particolarmente nutrito,
dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001, il contenzioso
costituzionale tra Stato
e Regioni in materia di potestà legislativa concorrente sulle attività
professionali.
La giurisprudenza
costituzionale è, in generale, costante nell'affermare che la potestà
legislativa
regionale nella materia
concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui
l'individuazione delle
figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata,
per il suo
carattere
necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni
la
disciplina di quegli
aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale
principio si configura
quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale. Da ciò
deriva che
non è nei poteri delle
Regioni dare vita a nuove figure professionali Tra le più recenti sentenze della
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Consulta che hanno
colpito con pronunce di illegittimità costituzionale disposizioni
regionali, si ricordano:
C. Cost. n. 353/2003 (legge reg. Piemonte n. 25/2002, recante istituzione di
nuove professioni sanitarie
relative a pratiche
terapeutiche non convenzionali nonché di un apposito registro regionale); C.
Cost. n.
355/2005 e n. 57/2007
(rispettivamente, legge reg. Abruzzo n. 17/2003 e legge reg. Marche 28/2005,
entrambe istitutive del
registro regionale degli amministratori di condominio); C.Cost. n. 424/2005 e
40/2006
(rispettivamente, legge reg. Piemonte n. 13/2004 e reg. Liguria n. 18/2004,
entrambe istitutive del
registro per gli
operatori delle discipline bionaturali per il benessere); C. Cost. n. 153/2006,
(legge reg.
Piemonte n. 1/2004,
recante istituzione di nuove figure professionali nei servizi sociali); C.
Cost. n.
424/2006 (legge reg.
Campania n. 18/2005, istituitiva della figura professionale di
musicoterapista);C. Cost.
n. 17/2008 (legge Reg.
Liguria N. 34/2002, istitutiva della professione di massaggiatore sportivo).
L’attribuzione al
Governo di tale compito, per espressa disposizione della legge la Loggia,
avviene “in sede di
prima applicazione”, e il suo scopo è quello di “orientare l’iniziativa
legislativa
dello Stato e delle
Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento
definirà i
nuovi princìpi
fondamentali”; spetterà quindi al Parlamento individuare con proprie leggi i
nuovi princìpi
fondamentali, avendo l’attività delegata al Governo natura meramente
ricognitiva e, conseguentemente,
carattere provvisorio e contingente.
Sulla legge delega è
intervenuta la sentenza della Corte costituzionale 13 luglio 2004 , n. 280 che ha
dato una lettura
minimale della delega definita “meramente ricognitiva” e finalizzata a un
“primo
orientamento”
dell’attività legislativa di Stato e Regioni.
Il citato decreto
legislativo n. 30 del 2006 esclude dal suo ambito di applicazione alcune
specifiche discipline
che, pur riconducibili alla stessa materia, ineriscono a interessi unitari e
afferiscono alla potestà
esclusiva dello Stato ovvero: la formazione professionale universitaria; la
disciplina dell'esame di
Stato previsto per l'esercizio delle professioni intellettuali, nonché i
titoli,
compreso il tirocinio, e
le abilitazioni richiesti per l'esercizio professionale; l'ordinamento e
l'organizzazione degli Ordini
e dei collegi professionali; gli albi, i registri, gli elenchi o i ruoli
nazionali previsti a
tutela dell'affidamento del pubblico; la rilevanza civile e penale dei titoli
professionali; il
riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso alle professioni, di
quelli
conseguiti all'estero.
I principi fondamentali
dettati in materia di professioni sono i seguenti:
_ Tutela della libertà professionale (articolo 2):
l'esercizio della professione, quale
espressione del
principio della libertà di iniziativa economica, è tutelato in tutte le sue
forme e
applicazioni, purché non
contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume.
Le regioni non possono
adottare provvedimenti che ostacolino l'esercizio della professione. È
sancito il divieto di
ogni discriminazione derivante da ragioni razziali, sessuali, politiche,
religiose e in genere da
qualsiasi condizione personale o sociale, secondo quanto stabilito
dalla disciplina statale
e comunitaria in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Anche
l'attività professionale
esercitata nelle forme del lavoro dipendente deve svolgersi secondo
specifiche disposizioni
normative che assicurino l'autonomia del professionista. Si stabilisce
che le associazioni
rappresentative di professionisti che non esercitano attività regolamentate
o tipiche di professioni
disciplinate ai sensi dell'articolo 2229[4] del codice civile, se in
possesso dei requisiti e
nel rispetto delle condizioni prescritte dalla legge per il conseguimento
della personalità
giuridica, possono essere riconosciute dalla regione nel cui ambito
territoriale
si esauriscono le
relative finalità statutarie.
_ Tutela della concorrenza e del mercato (articolo 3).
L'esercizio della professione si
svolge nel rispetto
della disciplina statale della tutela della concorrenza (ivi compresa quella
delle deroghe consentite
dal diritto comunitario a tutela di interessi pubblici costituzionalmente
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garantiti o per ragioni
imperative di interesse generale), della riserva di attività professionale,
delle tariffe e dei
corrispettivi professionali, nonché della pubblicità professionale. La norma
equipara l’attività
professionale esercitata in forma di lavoro autonomo a quella d’impresa, ai
fini della applicazione
della disciplina in materia di concorrenza, di cui agli artt. 81, 82 e 86 del
Trattato CE[5], salvo quanto previsto
dalla normativa in materia di professioni intellettuali.
Sono ammessi gli
interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali,
secondo le rispettive
competenze di Stato e Regioni, nel rispetto della normativa comunitaria.
_ Princìpi relativi all’accesso alle professioni (articolo 4): l'accesso
all'esercizio delle
professioni è libero,
nel rispetto delle specifiche disposizioni di legge. Relativamente alle
attività professionali
per l’esercizio delle quali sia richiesta una specifica preparazione, a
garanzia di finalità
tutelate dallo Stato, debbono essere rispettati i requisiti
tecnicoprofessionali
e la definizione dei
titoli stabiliti dalla legge statale. I titoli professionali rilasciati
dalla regione nel
rispetto dei livelli minimi uniformi di preparazione stabiliti dalle leggi
statali,
consentono l'esercizio
dell'attività professionale anche fuori dei limiti territoriali regionali.
_ Princìpi per la regolazione delle attività professionali (articolo 5): si
individuano alcuni
princìpi cui la
regolazione delle attività professionali dovrà ispirarsi: tutela della buona
fede,
affidamento del pubblico
e della clientela, correttezza, tutela degli interessi pubblici,
ampliamento e
specializzazione dell'offerta dei servizi, autonomia e responsabilità del
professionista. Il
decreto dispone poi l’applicazione, a favore delle Regioni a statuto speciale e
delle Province autonome
di Trento e di Bolzano, di forme di autonomia più ampie rispetto a
quelle già attribuite
(ciò sino all'adeguamento degli statuti).
Una disposizione di
rinvio (art. 7) prevede, infine, che i princìpi fondamentali individuati
nel
decreto legislativo si
applicano a tutte le professioni, restando comunque fermi quelli
riguardanti
specificamente singole professioni.
Le professioni regolamentate
Tradizionalmente – in
assenza di una definizione di legge - come professioni regolamentate
si sono intese quelle
per le quali lo Stato attraverso leggi o regolamenti definisce i criteri minimi
di
esercizio, dettando una
specifica disciplina di accesso; ci si riferisce, sostanzialmente, a tutte le
professioni
intellettuali organizzate in ordini o collegi e per il cui esercizio è, di
regola, obbligatorio
l’iscrizione in albi.
La regolamentazione da
parte dello Stato si realizza, solitamente, mediante:
- l’individuazione di
uno specifico titolo di studio:
- l’obbligo
dell’espletamento di un determinato periodo di tirocinio o praticantato;
- il superamento di un esame
di Stato;
- l'iscrizione ad un
Albo o Collegio professionale
Il D.Lgs 206 del 2007,
di attuazione della cd. direttiva qualifiche 2005/36/CE (v. infra) fornisce,
ora all’art. 4 una
precisa definizione di professione regolamentata.
Tale definizione
comprende:
• l'attività, o
l'insieme delle attività, il cui esercizio è consentito solo a seguito di
iscrizione in Ordini o
Collegi o in albi,
registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione
è subordinata al
possesso di qualifiche
professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità;
• i rapporti di lavoro
subordinato, se l'accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni
legislative o
regolamentari, al
possesso di qualifiche professionali;
• l'attività esercitata
con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede
una
qualifica professionale;
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• le attività attinenti
al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una qualifica professionale
è
condizione determinante
ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al
rimborso;
• le professioni
esercitate dai membri di un'associazione o di un organismo di cui all'Allegato
1.
Da tale definizione di
derivazione comunitaria si desume quindi che non tutte le professioni
regolamentate
presuppongono l’iscrizione obbligatoria ad un ordine. Ne consegue che, per le
professioni regolamentate
non organizzati in ordini, la forma di aggregazione rappresentativa non
può che essere quella
associativa.
Le professioni non
regolamentate, invece, sono quelle il cui esercizio non è vincolato al
possesso né di alcun
requisito né di specifica formazione, se non quelli stabiliti dal Codice civile.
Albo professionale:
funzione e requisiti d’iscrizione
L'esercizio delle professioni
per le quali sia previsto un ordine è riservato agli iscritti in
apposito albo: all'iscrizione
consegue automaticamente l'appartenenza al gruppo professionale.
Peraltro, se il concetto
stesso di ordine (o collegio) professionale implica quale necessario
presupposto quello di un
albo, vi sono albi, ruoli, registri ed elenchi tenuti da ministeri o altre
pubbliche
amministrazioni cui non sovrintende alcun ordine professionale: in questi casi,
i ruoli
hanno generalmente una
mera funzione informativa.
L'albo adempie ad una funzione
di certezza legale circa il numero e la condizione degli
iscritti e a quella di
garanzia circa il possesso delle qualità richieste per l'attività
professionale;
nei confronti del
singolo professionista l'iscrizione all'albo - con il rispetto delle modalità
imposte
dall'ordinamento
professionale - costituisce titolo di legittimazione all'esercizio della professione.
Quest'ultimo principio
si trova enunciato nel citato art. 2229 c.c. L'art. 33, quinto comma,
Cost. stabilisce che "è
prescritto un esame di Stato […] per l'abilitazione all'esercizio
professionale"; la
previsione di un esame di Stato si riscontra talvolta anche per l'esercizio di
attività o professioni
non rientranti tra quelle in esame, in quanto non governate da un ordine o
collegio.
La funzione informativa
assolta dall'albo richiede un suo regolare e periodico aggiornamento,
cui presiede l'organo
consiliare locale.
I requisiti di
iscrizione possono classificarsi come segue:
_ requisiti di cittadinanza (oltre a quella italiana ed a quella di Stato
con cui viga un trattamento
di reciprocità deve ora
aggiungersi quella di Stato membro della Unione Europea, anche se
tale indicazione non è
esplicitata nei singoli statuti professionali);
_ requisiti di moralità e condotta (assenza di condanne
penali, buona condotta, godimento dei
diritti civili e
politici);
_ requisiti di età (minima, di regola);
_ requisiti professionali (titolo di studio e abilitazione professionale,
conseguente al compimento
di un periodo di tirocinio
presso un professionista iscritto all'albo o, talora, anche ad albo di
altra analoga
professione, e al superamento di un esame di Stato).
Il tirocinio o
pratica professionale concerne lo svolgimento di attività professionale sotto
la guida e la
direzione di un
professionista iscritto all'albo (di regola con una anzianità minima
d'iscrizione): talvolta però
gli ordinamenti
parificano a detta pratica anche la prestazione di attività tecnica subordinata
con le
mansioni proprie della
specializzazione conseguita, ovvero la frequenza di apposite scuole di
formazione.
L'esame di Stato mira
all'accertamento della sussistenza nel candidato delle conoscenze
tecnicoprofessionali
o culturali necessarie
per l'esercizio della professione: esso può consistere in prove teoriche e
pratiche, scritte ed
orali. L'accertamento stesso è rimesso ad una apposita commissione d'esame, di
nomina ministeriale, ma
della quale fanno parte anche membri scelti dai rispettivi ordini
professionali.
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Gli albi possono essere
divisi in sezioni differenti in ragione del diverso grado di capacità e
competenza acquisita
mediante il percorso formativo; talvolta sono disposti albi o elenchi diversi
per titoli professionali
diversi, pur sottoposti allo stesso ordine professionale.
In proposito, si ricorda
che la ridefinizione degli ordinamenti didattici universitari introdotta
dall’art. 17, c.
95, della l. n. 127 del
1997[6] e dal DM n. 509 del 1999[7] ha previsto che le
università rilascino titoli di
primo e di secondo
livello: la laurea, conseguita al termine di un percorso di studi di durata
triennale, e la
laurea specialistica
(ora, magistrale, ai sensi del DM n. 270 del 2004[8]), conseguita al termine di un
percorso di ulteriori
due anni (cosiddetto 3+2).
Tale riordino ha posto
il problema di ridisciplinare l’accesso agli ordini professionali[9], sicché è stato
emanato il DPR n. 328
del 2001, che modifica ed integra la disciplina dei requisiti per l’ammissione
all’esame di Stato e
delle relative prove per le professioni di dottore agronomo e dottore
forestale,
agrotecnico, architetto,
assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere,
perito
agrario, perito
industriale, psicologo (D.P.R. 5
giugno 2001 , n. 328).
La principale modifica
introdotta dal D.P.R. 328/2001 ha riguardato l’istituzione negli albi
professionali
dei dottori agronomi e
dei dottori forestali, degli architetti, degli assistenti sociali, degli
attuari, dei biologi,
dei chimici, dei
geologi, degli ingegneri e degli psicologi di due sezioni che individuano
ambiti professionali
diversi in relazione al
diverso grado di capacità e competenza acquisita mediante il percorso
formativo: alla
sezione A si accede,
previo esame di Stato, con il titolo di laurea specialistica; alla sezione B,
previo
esame di Stato, con il
titolo di laurea. L’art. 5 del D.P.R. n. 328 del 2001 prevede inoltre che
coloro che
hanno titolo per
accedere all’esame di Stato per la sezione A possono accedere anche all’esame
di Stato
per la sezione B.
Vi sono poi elenchi
speciali annessi agli albi, in cui sono iscritti professionisti cui è
consentito
un esercizio più esteso
della professione (es. albo degli avvocati cassazionisti) ovvero
professionisti ai quali
è consentita un'attività più limitata; sussistono talvolta anche elenchi
speciali di
professionisti che versino in condizioni di incompatibilità. Altro elenco
ancora è il
registro dei praticanti,
ove previsto. L'iscrizione all'albo del luogo di residenza legittima, di
regola,
l'attività professionale
in tutto il territorio nazionale.
In mancanza di
iscrizione all’albo, l’esercizio della professione è qualificato abusivo;di
conseguenza, la
prestazione eseguita da chi non è iscritto non dà azione per il pagamento della
retribuzione (art. 2231
c.c.) e, ricorrendone gli estremi (in particolare la continuità delle
prestazioni), risulta
integrato il reato di cui all'art. 348 c.p. (esercizio abusivo della
professione). Se l'attività
professionale è prestata con contratto di lavoro subordinato, invece, si
applicherà l'art. 2126
c.c. sulla prestazione del lavoro di fatto, in quanto norma favorevole al
prestatore di lavoro
dipendente.
Incompatibilità
Le cause di
incompatibilità possono essere così raggruppate, a seconda dello status dei
soggetti:
_ pubblico impiego. Tale causa di incompatibilità è stata
profondamente modificata dalla
disciplina introdotta
dalla legge 23 dicembre 1996 , n. 662[10] (art. 1, commi 56, 56
bis e 57),
poi integrata dall’art.
6, comma 2, del D.L. 28 marzo 1997 , n. 79 (conv. dalla
legge 28 maggio
1997, n. 140). In
particolare, il comma 56-bis ha abrogato (tutte) le disposizioni che vietano
l’iscrizione in albi
professionali dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di
lavoro part-time non
superiore al 50 per cento. Si richiama, tuttavia, per gli avvocati la
legge
permanenza del regime di
cui al R.D. 27 novembre 19 33, n. 1578, che prevede
l'incompatibilità della
professione di avvocato con qualsiasi impiego o ufficio pubblico salvo
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alcune eccezioni
espressamente stabilite. La ratio di tale intervento normativo va
rinvenuta
nell'esigenza di
salvaguardare l'indipendenza della funzione del difensore. In talune ipotesi è
comunque consentita ai
professionisti pubblici dipendenti l'iscrizione in elenchi speciali (es.:
avvocati degli uffici
legali degli enti pubblici: art. 3, co. 4, lett. b), RDL 1578/33) o
l'annotazione
del loro status nell'albo,
al fine di permettere lo svolgimento delle sole prestazioni consentite
dal rispettivo statuto
d'impiego;
_ esercizio di altra professione retta da un ordine professionale;
_ esercizio di attività commerciali o industriali.
Queste due ultime cause
d'incompatibilità sono poste per evitare possibili conflitti d'interesse.
Tariffe
L'ordinamento generale
dello Stato spesso demanda all'ordinamento particolare delle singole
professioni il compito
di individuare i compensi dovuti al professionista per lo svolgimento della
propria attività.
Tale compito è assolto
mediante l'elaborazione di tariffe, che riportano, per ogni attività
astrattamente
realizzabile
nell'adempimento del mandato professionale, l'indicazione di un compenso minimo
e di uno
massimo. All'interno di
tale "forchetta", il professionista determina, con un margine di
discrezionalità,
l'onorario applicabile
al caso concreto. E' anche possibile che la tariffa contenga, in luogo della
citata
"forchetta",
l'indicazione di compensi fissi.
Le tariffe possono
essere inderogabili o meno. Nel caso in cui esse non lo siano, la loro funzione
è
sostanzialmente quella
di un suggerimento che l'ente esponenziale della professione rivolge ai propri
membri in merito ai
prezzi praticabili. Le tariffe sono invece inderogabili laddove ciò sia
espressamente
previsto dalla legge, da
un atto regolamentare, dal codice deontologico o da altra fonte interna alla
singola
professione e laddove
alla deroga da parte del professionista sia ricollegata una sanzione.
L'inderogabilità
può riguardare il
compenso minimo, il compenso massimo o entrambi.
Sulla materia delle
tariffe professionali, va segnalato il significativo intervento della cd. legge
Bersani (legge 248 del 2006, di
conversione del decreto-legge 223 del 2006[11])
Con riferimento alle
attività libero professionali e intellettuali, l’articolo 2 del provvedimentoha
abrogato le disposizioni
legislative e regolamentari che prevedevano l'obbligatorietà di tariffe
fisse o minime[12] e l’impossibilità di
pattuire compensi parametrati al raggiungimento
degli obiettivi
perseguiti.
In generale, la
possibilità di variare il compenso dovuto al professionista sulla base del
risultato
raggiunto veniva
tradizionalmente ritenuta non coerente con un ordinamento in cui l'obbligazione
del
professionista
intellettuale è considerata come un'obbligazione di mezzi e non di risultato.
La legge Bersani,
novellando l'articolo 2233 del codice civile, sancisce la nullità, in mancanza
di redazione in forma
scritta, dei patti, conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i
loro
clienti, che
stabiliscono i compensi professionali. In base alla nuova formulazione, risulta
quindi
soppresso il divieto del
cosiddetto patto di quota-lite, di cui al terzo comma del previgente
articolo 2233 del codice
civile. Tale disposizione completa, dunque, la previsione relativa
all’abrogazione dei
divieti di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi
perseguiti.
La precedente
formulazione di tale disposizione prevedeva che “Gli avvocati, i procuratori e
i
patrocinatori non
possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun
patto relativo ai
beni che formano oggetto
delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei
danni”
[13]
.
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http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Altra norma di interesse
della legge Bersani era l’articolo 35, comma 12, che integrava il
contenuto
dell’articolo 19 (Scritture
contabili degli esercenti arti e professioni) del D.P.R. 29 settembre 1973 , n. 600
(Disposizioni comuni in
materia di accertamento delle imposte sui redditi). Ai fini della tracciabilità
dei
compensi, gli esercenti arti o
professioni, anche in forma associata, erano obbligati a tenere uno o più
conti correnti bancari o
postali, in cui far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed
effettuare i
prelevamenti per il
pagamento delle spese. Il successivo comma 12-bis, agli stessi fini,
disponeva che i
relativi compensi in
denaro - salvo per importi unitari inferiori a 100 euro - venissero
riscossi
esclusivamente
attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di
pagamento
bancario o postale, nonché mediante
sistemi di pagamento elettronico.
Dopo che con il D.M.
3 ottobre 2007 si era proceduto
all’individuazione dei soggetti esonerati
dall'obbligo della
tracciabilità dei pagamenti e che la legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2007)
era
intervenuta con una
norma transitoria (art. 1, comma 69) che ne differiva i tempi di applicazione; la
manovra finanziaria per
il 2009 (D.L
112/2008, convertito dalla L. 133/2008), ha abrogato l’intera
disciplina sulla
tracciabilità dei compensi professionali (art. 32).
Società tra
professionisti
L’articolo 2 della legge
23 novembre 19 39, n. 1815 (Disciplina giuridica
degli studi di
assistenza e consulenza), stabiliva il divieto
di costituire, esercitare e dirigere, sotto qualsiasi
forma diversa da quella
della associazione tra professionisti (di cui all’articolo 1 della medesima
legge), società,
istituti, uffici, agenzie od enti, i quali abbiano lo scopo di dare, anche
gratuitamente, ai propri
consociati od ai terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia
tecnica, legale,
commerciale, amministrativa, contabile o tributaria. Tale divieto era legato ad
una
particolare concezione
delle attività professionali intellettuali, sottoposte a parametri di
controllo,
quale l’iscrizione all’albo,
tali da conferire ad esse la caratteristica di “professioni protette”.
La legge 7 agosto 1997 , n. 267 (Interventi urgenti per
l’economia), all’art. 24 ha disposto
l’abrogazione
dell’articolo 2 della legge n. 1815 del 1939; in tal modo è venuto meno
il divieto
di costituire società
tra professionisti. Il comma 2 della norma citata demandava la concreta
disciplina di tali
società ad un regolamento di concerto tra il Ministro della Giustizia e il
Ministro
dell’industria, mai
emanato[14].
Peraltro, in attuazione
della legge comunitaria 1999[15], è stato emanato il decreto
legislativo 2 febbraio 2001 , n. 96[16], che disciplina anche l'esercizio
della professione di
avvocato in forma
collettiva.
A seguito del decreto
legislativo, quindi, gli avvocati UE possono dare vita a una società che deve
essere iscritta in una
sezione speciale dell'Albo e del Registro delle imprese e avere per oggetto
l'attività di
difesa in giudizio e la
consulenza legale. La disciplina fa comunque salva la responsabilità personale
e
illimitata da parte
dell'avvocato-socio per l'attività professionale svolta in esecuzione del
mandato affidatogli
dal cliente.
Più recentemente, va
segnalato l’intervento della citata legge Bersani n. 248 del 2006, che ha
abrogato le disposizioni di legge
e di regolamento che prevedono per le attività libero
professionali e
intellettuali il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di
tipo
interdisciplinare da
parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Ciò, fermo
restando che l'oggetto
sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che
il
medesimo professionista
non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione
deve essere resa da uno
o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale
responsabilità.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 12 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Pubblicità
I Codici deontologici
professionali hanno costantemente previsto il divieto di pubblicizzare
l’attività
professionale, nonostante la direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE –
recepita
nel nostro ordinamento
con il D.lgs. 9 aprile 2003 , n. 70 – ha introdotto il
generale principio
della legittimità della
pubblicità nelle professioni regolamentate.
L’art. 10 del decreto
afferma, infatti, che “l'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono
un
servizio della società
dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione
regolamentata, deve
essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare,
all'indipendenza, alla
dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà
verso clienti
e colleghi”.
La più volte richiamata legge
Bersani ha abrogato il divieto, anche parziale, di svolgere
pubblicità informativa circa i titoli e le
specializzazioni professionali, le caratteristiche del
servizio offerto, nonché
il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, richiamando tuttavia
criteri di trasparenza e
veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine.
Codici deontologici
I codici deontologici
rappresentano un corpus di norme di autodisciplina predeterminate dalla
professione e come tali
vincolanti per gli iscritti all'ordine, che a quelle norme devono adeguare la
loro condotta
professionale.
L’art. 2 della legge
Bersani aveva fissato il termine del 1° gennaio 2007 per l’adeguamento
delle norme
deontologiche e pattizie e dei codici di autodisciplina che contengono le
prescrizioni
in materia di tariffe,
pubblicità ed esercizio della professione in forma associata, anche con
l'adozione di misure a
garanzia della qualità delle prestazioni professionali alla nuova disciplina in
materia (su cui cfr.
sopra). In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data,
le norme in contrasto
con le nuove prescrizioni venivano considerate nulle.
Sull’effettivo
adeguamento dei Codici deontologici professionali alle prescrizioni della legge
Bersani una
recente indagine
conoscitiva dell’Antitrust (marzo 2009, v. infra) rileva un
atteggiamento di sostanziale
chiusura degli ordini
alle istanze di modernizzazione richieste, da oltre dieci anni,
dall’orientamento antitrust
nazionale e comunitario.
Sul punto, si richiama,
inoltre, la Direttiva Servizi 2006/123/CE (cd. direttiva Bolkenstein, v.
infra) - che dovrà essere
recepita entro la fine del 2009 – che prevede l’obbligo di conformare i
codici di condotta ai
principi comunitari e invita gli Stati membri ad “incoraggiare gli operatori
del
settore ad elaborare,
nel rispetto del diritto comunitario, codici di condotta a livello
comunitario”.
Struttura degli ordini professionali
La funzione di governo
autonomo della categoria professionale si riflette poi
sull'organizzazione
interna dei singoli ordini o collegi, caratterizzata sia dall'elettività degli
organi,
sia dalle competenze
degli stessi.
Le organizzazioni
professionali si distinguono in ordini e in collegi a seconda
che, per
l'esercizio della
professione, occorra avere conseguito una laurea o un diploma universitario
ovvero un diploma (art.
1, RDL 24 gennaio 19 24, n. 103); tale
distinzione vale come principio,
sussistendo rilevanti
deroghe.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 13 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
La struttura degli
ordini e collegi professionali è ricavabile dai singoli ordinamenti
professionali
e, per le categorie in
esso contemplate, dal D.lgs. lgt. 23
novembre 19 44, n. 382, sulla
ricostituzione su basi
democratiche degli ordini e collegi professionali.
Di regola ogni
ordinamento è caratterizzato da una struttura decentrata e da un organo
nazionale con funzioni
di coordinamento. Le articolazioni periferiche sono a base circoscrizionale,
provinciale, regionale o
altro.
Taluni ordinamenti
professionali, inoltre, impongono un numero minimo di iscritti ad ogni albo
locale, pena
l'accorpamento di più circoscrizioni.
Gli Ordini ed i Collegi
professionali esercitano poteri pubblicistici (disciplinari,
tariffari,
normativi) e sono dotati
di personalità giuridica.
Ordini locali
A livello periferico,
sono organi dell'ordine l'assemblea degli iscritti, il consiglio, il
presidente, il
vicepresidente, il
segretario, il tesoriere e, ove previsto, il collegio dei revisori dei conti.
L'assemblea è costituita
dal complesso degli iscritti all'albo della circoscrizione (ne sono
esclusi i praticanti) e
ad essa compete anzitutto l'elezione dei membri del consiglio locale.
Altre funzioni
dell'assemblea sono, di regola, l'approvazione annuale dei bilanci preventivi e
dei conti consuntivi
presentati dal consiglio. Oltre che per adempiere a tali funzioni, l'assemblea
è
convocata quando ne
faccia richiesta la maggioranza del consiglio ovvero una quota degli iscritti.
Ai singoli statuti
professionali si deve rinviare per quanto attiene alle norme relative alla
costituzione
dell'assemblea ed alle sue modalità di funzionamento.
Il consiglio è invece
organo prevalentemente amministrativo dell'ordine ed è composto da un
numero di membri
variabile a seconda degli ordinamenti professionali ed a seconda del numero
degli iscritti all'albo
locale. I consiglieri sono eletti dall'assemblea, appositamente convocata dal
presidente del consiglio
dell'ordine locale, e durano in carica per un periodo di due o tre anni
(secondo le previsioni
dei singoli ordinamenti professionali).
Il diritto di elettorato
passivo spetta di regola a tutti gli iscritti all'albo, ma è previsto talvolta
il
requisito di una minima
anzianità di iscrizione. Risultano eletti i candidati che abbiano ottenuto la
maggioranza assoluta dei
voti: se ciò non si verifica, per tutti o alcuni posti, si procede ad una
nuova votazione; si
rinvia comunque alle norme degli statuti professionali per quanto attiene ai
procedimenti elettorali.
Il consiglio esercita
numerose funzioni, che possono sinteticamente definirsi:
_ amministrative dell'ente;
_ di vigilanza sull'esercizio professionale e sul rispetto delle
norme deontologiche, e
conseguentemente
disciplinari, caratterizzate dall'applicazione di sanzioni graduate e dalla
definizione del giudizio
disciplinare in base a norme deontologiche proprie del singolo
ordinamento
professionale;
_ tributarie, determinando - nei limiti posti dal Consiglio
nazionale - e riscuotendo i contributi e le
tasse a carico degli
iscritti, finalizzati alla copertura delle spese;
_ di espressione di parere in ordine alle controversie sulla
liquidazione degli onorari.
Il presidente, il
vicepresidente, il segretario ed il tesoriere sono eletti dai consigli tra i
propri
componenti. Il
presidente ha funzioni di rappresentanza legale del consiglio, il segretario
svolge
funzioni organizzative
ed il tesoriere esercita competenze attinenti alla gestione finanziaria
dell'ente.
Alcuni ordinamenti
professionali prevedono inoltre il collegio dei revisori dei conti, al quale è
attribuito il controllo
sulla gestione finanziaria operata dal consiglio e la verifica dei bilanci
preventivi e dei conti
consuntivi. Talvolta si prevede, anziché un collegio, un singolo revisore dei
conti.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 14 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
L'ordine nazionale
L'organo nazionale di
ogni ordine è il Consiglio nazionale, composto da un numero di membri
variabile a seconda
dell'ordine professionale (generalmente 11: v. art. 10 D.lgs.lgt 382/44), di
regola eletti - ogni tre
anni - dai consigli degli ordini o collegi locali.
Al Consiglio nazionale
sono attribuiti compiti:
_ di vigilanza e di coordinamento dell'attività dei consigli locali;
_ di formazione professionale e di elaborazione della deontologia
professionale;
_ di vigilanza sull'esercizio della professione e di decisione sui
ricorsi avverso le pronunzie in
materia disciplinare
assunte dai consigli locali;
_ di decisione sui ricorsi avverso le pronunzie assunte dai consigli
locali in materia di iscrizione
e cancellazione dagli
albi e sui ricorsi presentati in materia di elezioni degli organi di governo
dell'ordine;
_ di determinazione delle tariffe professionali, da approvarsi dal
ministro vigilante (talvolta il
procedimento è più
complesso);
_ di consulenza, su richiesta del ministro vigilante, sugli schemi
di provvedimenti normativi
riguardanti la
professione,
_ di designazione dei rappresentanti dell'ordine professionale
presso enti, commissioni e
pubbliche
amministrazioni;
_ di consulenza al ministro vigilante in ordine ai provvedimenti di
scioglimento degli organi locali;
_ normativi (predisposizione dei regolamenti interni di procedura da
approvarsi dal ministro
vigilante).
L'appartenenza al
Consiglio nazionale è di regola incompatibile con quella ai consigli locali.
Ogni Consiglio elegge
poi - di regola - Presidente, vicepresidente, segretario e tesoriere; talvolta
è previsto, anche a
livello nazionale, un collegio di revisori dei conti.
Rapporti con altri
soggetti pubblici
Gli ordini professionali
sono posti sotto la vigilanza di un'amministrazione dello Stato. Tale
vigilanza è attribuita
nella maggioranza dei casi al Ministero della giustizia. Si tratta di una forma
di controllo
amministrativo sugli enti - ordini professionali, in funzione di tutela degli
interessi
pubblici connessi con
l'esercizio delle professioni.
Il controllo sugli
organi può concretarsi nell'emanazione di decreti di scioglimento dei consigli
locali per gravi motivi,
impossibilità di funzionamento, violazione dei doveri, previo parere non
vincolante del
rispettivo Consiglio nazionale.
Con lo scioglimento, il
Ministro della giustizia può nominare un commissario straordinario per
l'amministrazione
dell'ente e per le elezioni. I rapporti tra ordini e pubbliche amministrazioni
sono
molteplici: sono
previsti pareri dei Consigli nazionali al ministro vigilante (sui provvedimenti
normativi che
interessano la professione, sui provvedimenti relativi allo scioglimento,
accorpamento o creazione
di ordini locali, ecc), designazioni da parte dei Consigli stessi dei
rappresentanti presso
enti ed organi nazionali ed internazionali e comunicazioni delle decisioni
dei consigli sui ricorsi
e di copia degli albi (al ministro vigilante ed alla magistratura).
Previdenza
La previdenza a favore
dei professionisti è affidata - solo per alcuni ordini - ad apposite casse
speciali autonome,
aventi natura di enti pubblici, cui sono iscritti tutti gli iscritti all'albo
professionale.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 15 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Dette casse svolgono una
funzione previdenziale, consistente nell'erogazione delle pensioni e
degli altri assegni
previsti, ed anche una funzione assistenziale nei confronti degli iscritti (es:
borse di studio).
L’indagine conoscitiva sulle professioni
dell’A.G.C.M. (marzo 2009)
L’Autorità garante della
concorrenza e del mercato ha comunicato in data 21 marzo 2009 la
conclusione di
un’indagine conoscitiva su 13 ordini professionali avviata nel gennaio 2007
L’indagine ha riguardato
architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri,
giornalisti, ingegneri,
medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori
commercialisti ed esperti
contabili.
In generale, l’AGCM
afferma di aver verificato una certa resistenza da parte degli ordini
all’adeguamento ai
principi di liberalizzazione introdotti dalla legge Bersani “che va dunque
rafforzata per garantire
maggiore concorrenza nei servizi professionali”.
In relazione agli
obblighi di adeguamento dei codici deontologici, come già sopra
segnalato,
l’Antitrust rileva che
nei medesimi permangono disposizioni in materia di compensi, attività
pubblicitaria e
organizzazione societaria “che risultano ingiustificatamente restrittive
della
concorrenza oltre che
contrastanti con la riforma Bersani”.
In relazione alla
questione dell’abolizione dei minimi tariffari, l'Antitrust valuta come
un
problema il fatto che, a
differenza del dispositivo originario, la legge di conversione del decreto
Bersani (legge 4 agosto 2006 , n. 248) si sia
limitata a prevedere la non obbligatorietà delle tariffe
minime e fisse,
lasciando intendere che esse potrebbero essere considerate come riferimento,
raccomandazione o
orientamento di prezzi per i professionisti, “attenuando così
significativamente la
portata liberalizzatrice della riforma”.
Sulle tariffe minime,
l'Antitrust segnala come si sia riscontrata in diversi casi una certa
resistenza
basata anche sull'idea
che “il professionista sia ancorato al rispetto del "decoro" della
professione nella
determinazione della
parcella”. La conseguenza è che notai, geologi e psicologi, oltre ai
giornalisti ancora
oggi prevedono, nei
rispettivi codici deontologici, l'applicazione delle tariffe minime o fisse per
la
remunerazione delle
prestazioni professionali. Per l'Autorità, la nozione di decoro dovrebbe essere
inserita,
invece, nei codici di
autoregolamentazione “esclusivamente come elemento che incentivi la concorrenza
tra professionisti e
rafforzi i doveri di correttezza professionale nei confronti della clientela e
non per
guidare i comportamenti
economici dei professionisti”. Anche il potere di verifica sulla pubblicità attribuito
agli Ordini (anch'esso
non previsto nel testo dell'originario decreto) può essere utilizzato dagli Ordini
stessi
per limitare l'uso della
leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti. In
definitiva, secondo
l’Autorità, vanno invece
abolite le tariffe minime o fisse, e con esse il potere di verifica della
trasparenza e veridicità
della pubblicità esercitabile dagli ordini.
Con riferimento
all’accesso alle professioni, l'Antitrust auspica l'istituzione di corsi
universitari
che consentano di
conseguire direttamente l'abilitazione all'esercizio della professione.
Anche il periodo di tirocinio
dovrebbe essere proporzionato alle esigenze di apprendimento
pratico delle diverse
professioni e dovrebbe poter essere svolto nell'ambito degli stessi corsi di
studio.
In relazione alla formazione,
l’Autorità ritiene necessario che gli ordini e i collegi assicurino
che i sistemi formativi
contemplino offerte di eventi provenienti da più soggetti. Ciò, sulla base
della considerazione che
“la sua promozione da parte degli ordini professionali non sia in sé
sufficiente a garantire
la qualità delle prestazioni, dovendo essa essere assicurata innanzitutto
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 16 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
dalla predisposizione di
standard minimi di qualità, tra cui, ad esempio, l’adozione di best
practice”.
Con riguardo alla alla
costituzione di società multidisciplinari,, l’Autorità
fa presente come la
legge Bersani, pur in
assenza di una disciplina organica della materia, attualmente “consenta ai
professionisti di
scegliere tra le forme societarie attualmente disponibili quella che ritengono
più
congeniale
all’erogazione dei propri servizi e che non vi sono ragioni per precludere
l’esercizio
della professione nella
forma delle società di capitali”. Così come si è fatto per la liberalizzazione
del passaggio di
proprietà degli autoveicoli, motoveicoli e imbarcazioni, secondo l’Antitrust,
occorre rimuovere “le
riserve di attività tutte le volte in cui l'affidamento in esclusiva di una
determinata attività non
sia giustificato dal perseguimento di un interesse generale la cui tutela
non potrebbe essere
altrimenti garantita”.
L’attuazione della direttiva qualifiche
Con il decreto
legislativo 206 del 2007 è stata data attuazione alla direttiva 2005/36/CE[17],
relativa al
riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché alla direttiva
2006/100/CE, che
adegua alcune direttive
sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria
e Romania.
La direttiva si applica
a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una
professione
regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le
loro
qualifiche
professionali, sia come lavoratori autonomi che dipendenti; essa individua le
autorità
competenti ad espletare
le procedure di riconoscimento delle qualifiche, confermando il ruolo di
ordini e collegi, ma
rendendo necessaria la regolamentazione delle associazioni per quelle
professioni oggi non
organizzate.
La direttiva 2005/36/CE mira
a consolidare in un unico atto legislativo quindici direttive,
fra le quali figurano dodici
direttive settoriali riguardanti le professioni di medico, infermiere,
odontoiatra,
veterinario, ostetrica, farmacista e architetto - e tre direttive che hanno
introdotto
un sistema generale di
riconoscimento delle qualifiche professionali riguardante la maggior
parte delle altre
professioni regolamentate (le citate direttive 89/48/CE, 92/51/CE e
1999/42/CE).
Il consolidamento di
queste quindici direttive ha comportato la loro abrogazione allo scadere
del termine di trasposizione
della nuova direttiva, vale a dire alla data del 20 ottobre 2007 .
Le direttive 77/249/CE e
98/5/CE, relative alla prestazione di servizi e all'insediamento degli
avvocati,
non sono considerate nel
quadro della nuova disciplina dato che queste non hanno per oggetto il
riconoscimento delle
qualifiche professionali, bensì il riconoscimento dell'autorizzazione ad
esercitare. Il
riconoscimento dei
diplomi di avvocato, prima disciplinato dalla direttiva 89/48/CE (ora
abrogata), è invece
oggetto della nuova direttiva
2005/36/CE.
Il riconoscimento dei
titoli avverrà secondo parametri minimi di formazione: sono fissati cinque
livelli di riferimento che corrispondono ad
altrettanti cicli di formazione nei diversi Stati membri.
I livelli di riferimento
sono i seguenti:
_ attestato di competenza che corrisponde ad una formazione generale del
livello d'insegnamento
primario o secondario
che comprova che il suo titolare possiede conoscenze generali o un attestato di
competenza rilasciato da
un'autorità competente dello Stato membro d'origine sulla base di una
formazione attestata da
un certificato o da un diploma, ovvero un'esperienza professionale di tre anni;
_ certificato che corrisponde ad una formazione di livello d'insegnamento
secondario tecnico o
professionale o generale,
completato da un ciclo professionale;
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 17 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
_ diploma che sancisce una formazione del livello di insegnamento
post-secondario, di una durata
minima di 1 anno, o una
formazione di livello professionale comparabile in termini di responsabilità e
funzioni;
_ diploma che sancisce una formazione del livello d'insegnamento superiore o
universitario, di una durata
minima di 3 anni e
inferiore a 4 anni;
_ diploma che sancisce una formazione superiore corrispondente ad una
formazione di livello
dell'insegnamento
superiore o universitario, di una durata minima di 4 anni.
Eccezionalmente, altre
formazioni possono essere assimilate ad uno di questi cinque livelli.
Questo sistema
consentirà di mettere a confronto le qualifiche dei professionisti che
provengono da
Paesi diversi.
Nell'ambito delle autonomie nazionali ogni Governo decide quali sono i livelli
di cultura e di
formazione minima per
l'accesso alle singole professioni e chi deve autorizzarne l'esercizio e
controllarne
lo svolgimento.
Ai fini del reciproco
riconoscimento, lo Stato membro ospitante autorizza il professionista che ne ha
fatto richiesta sulla
base di un attestato di competenza o di un titolo di formazione con livello di
qualifica
almeno immediatamente
anteriore a quello richiesto nel suo Stato di origine.
Lo Stato ospitante può,
inoltre, richiedere provvedimenti di compensazione, come tirocini
o prove, nel
caso in cui non ci sia
perfetta corrispondenza tra la qualifica conseguita e quella richiesta per la
professione. Accordi tra
gli Stati potranno far sì che determinate professioni siano riconosciute in
maniera
automatica.
Relativamente alle prestazioni temporanee, si prevede che il professionista
sarà soggetto,
nella gran parte dei
casi, alla normativa vigente nel Paese nel quale presterà il servizio.
Il decreto 206 riguarda,
in particolare, il riconoscimento delle professioni cosiddette
"regolamentate", la cui definizione è
contenuta nell’articolo 4 (su cui cfr. sopra).
Tra i principi generali
del decreto si prevede un sistema di cooperazione amministrativa tra
le competenti autorità
dello Stato di origine e dello Stato membro di stabilimento, nonché la
realizzazione di un
sistema di scambio di informazioni volto a garantire un migliore livello di
conoscenza del
professionista in mobilità oggetto di specifica procedura di riconoscimento, in
particolare per quel che
attiene alle sanzioni disciplinari e penali.
Il riconoscimento
professionale si fonda sulla catalogazione in cinque livelli di
qualifica,
derivanti dalle diversa
possibile formazione prevista per l’accesso ad una professione; tali livelli
risultano chiaramente
graduati sulla base della qualità e della durata della formazione stessa.
Il decreto detta anche
disposizioni in materia di rappresentatività di enti associativi di
professioni non
regolamentate, ai fini della consultazione per l’elaborazione delle piattaformi
comuni previste
dall’art. 4.
L’art. 26 del D.Lgs 206
prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il
coordinamento delle
politiche comunitarie, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme
comuni di
cui all'articolo 4,
comma 1, lettera n), da sottoporre alla Commissione europea, convoca apposite
conferenze di servizi
cui partecipano le autorità competenti di cui all'articolo 5, cioè i Ministeri
competenti
per materia nonché le
regioni a statuto speciale (nelle materie di competenza esclusiva, ai sensi
dello
statuto). Sulla ipotesi
di piattaforma elaborata dall'autorità competente o, in mancanza, dalla
Presidenza
del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie,
vengono sentiti, se
si tratta di professioni
regolamentate, gli ordini, i collegi o gli albi, ove esistenti, e, in mancanza,
le
associazioni
rappresentative sul territorio nazionale, se si tratta di professioni non
regolamentate in Italia, le
associazioni
rappresentative sul territorio nazionale e, se si tratta di attività nell'area dei
servizi non
intellettuali e non
regolamentate, le associazioni di categoria rappresentative a livello
nazionale.
L’art. 4, comma 1, lett.
n) definisce “piattaforma comune” l'insieme dei criteri delle qualifiche
professionali in grado
di colmare le differenze sostanziali individuate tra i requisiti in materia di
formazione
esistenti nei vari Stati
membri per una determinata professione.
La rappresentatività a
livello nazionale delle professioni non regolamentate deriva, ai sensi del
citato art.
26, dai seguenti
criteri:
a) avvenuta costituzione
per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per scrittura privata
registrata presso
l'ufficio del registro, da almeno quattro anni;
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b) adozione di uno
statuto che sancisca un ordinamento a base democratica, senza scopo di lucro,
precisa identificazione
delle attività professionali cui l'associazione si riferisce e dei titoli
professionali o di
studi necessari per
farne parte, rappresentatività elettiva delle cariche interne e l'assenza di
situazioni di
conflitto di interesse o
di incompatibilità, trasparenza degli assetti organizzativi e l'attività dei
relativi organi,
esistenza di una struttura
organizzativa, e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo raggiungimento
delle
finalità
dell'associazione;
c) tenuta di un elenco
degli iscritti, aggiornato annualmente con l'indicazione delle quote versate
direttamente
all'associazione per gli scopi statutari;
d) sistema di
deontologia professionale con possibilità di sanzioni;
e) previsione
dell'obbligo della formazione permanente;
f) diffusione su tutto
il territorio nazionale;
g) mancata pronunzia nei
confronti dei suoi rappresentanti legali di condanna, passata in giudicato, in
relazione all'attività
dell'associazione medesima.
Viene, inoltre,
precisato che le associazioni in possesso dei requisiti indicati sono
individuate, previo
parere del Consiglio
Nazionale dell'Economia e del Lavoro, con decreto del Ministro della giustizia,
di
concerto con il Ministro
per le politiche europee e del Ministro competente per materia.
In attuazione di tale
norma è stato adottato il D.M. 28 aprile 2008 che sostanzialmente integra il
disposto del D.Lgs 206
del 2007, con ulteriori requisiti necessari all’individuazione degli enti
rappresentativi
delle professioni
regolamentate per le quali non sono istituiti ordini, albi e collegi nonché
delle professioni
non regolamentate che
hanno diritto a partecipare al procedimento di elaborazione della citata
piattaforma
comune. Gli enti
rappresentativi a livello nazionale, in base al possesso dei requisiti, sono
inseriti, a
domanda, nell'elenco
tenuto dal Ministero della giustizia.
L’adozione del decreto
ha generato un sostanziale contenzioso davanti al giudice amministrativo che ha
portato all’annullamento
del medesimo.
In particolare, si fa
riferimento a cinque sentenze del TAR del Lazio dell’11 febbraio 2009 , in due
delle quali si afferma
l’illegittimità del decreto interministeriale 28 aprile 2008 (e suo conseguente
annullamento); le
restanti tre sono giudicate inammissibili per carenza di interesse dei
ricorrenti.
Le decisioni che
annullano il decreto ritenendolo illegittimo sono la sentenza n. 3159 (ricorso
Confedilizia e
Gesticond) e n. 3160 (ricorso di un gruppo di associazioni, rappresentative
delle professioni
sanitarie
regolamentate).
Sinteticamente, le
conclusioni cui pervengono le citate sentenze del TAR del Lazio possono essere
così
riassunte:
- gli Ordini ed i
Collegi sono legittimati a presentare direttamente alla Commissione
Europea proposte di
“piattaformi comuni”;
- analoga
legittimazione hanno le associazioni rappresentative su base nazionale
delle professioni
regolamentate anche se
non organizzate in ordini (tra le quali, in Italia, le professioni sanitarie);
esse
possono altresì essere
coinvolte nella predisposizione di piattaforme comuni di iniziativa dello Stato
italiano, senza
necessità di alcuna previa verifica o iscrizione in nuovi registri;
- le associazioni
rappresentative delle professioni “non regolamentate”, viceversa, non possono
presentare direttamente
proprie proposte alla Commissione europea; le associazioni che abbiano superato
la verifica di
rappresentatività nazionale (che tuttavia sarà possibile disporre solo una
volta adottato un
nuovo D.M., sostitutivo
di quello del 28 aprile 2008 , ormai annullato)
possono invece essere sentite dal
Ministero competente
nell’ambito della predisposizione delle proposte di piattaforma comune da parte
dello
Stato italiano.
Normativa comunitaria
La disciplina
comunitaria esercita una forte pressione riformatrice sull’attuale regime
ordinistico.
Si consideri, infatti,
che nella giurisprudenza comunitaria la nozione di impresa è assai più
ampia da quella desunta
dall’art. 2082 del codice civile, facendo riferimento ad ogni attività
economica che offra beni
e servizi in un determinato mercato. In base a tale premessa, ai fini
dell’applicazione della
disciplina comunitaria sulla concorrenza, ogni professione è equiparata ad
un’attività d’impresa ed
ogni ordine professionale ad una associazione di imprese.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 19 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
Il diritto comunitario
non conosce deroghe al principio secondo cui, ai fini antitrust, l'attività
professionale, nella misura in cui ha
una valenza economica, è attività di impresa, quale che sia la
professione
intellettuale coinvolta (a prescindere, cioè, dalla natura complessa e tecnica dei
servizi
forniti e il rango dei
valori cui, in alcuni casi, si collega; cfr. le sentenze su medici (Pavlov, 12
settembre
2000, C-180-184/98,
punto 77), spedizionieri doganali (Commissione c. Italia, 18 giugno 1998 , C-35/96,
punto 36), avvocati
(Wouters, 19 febbraio 2002 , C-309/99, punti 44-49,
Arduino, 19 febbraio 2002 , C-
35/99).
Nonostante il rilievo
assunto dalla giurisprudenza comunitaria (particolarmente in tema di
tariffe) permane invece
la contrapposizione tipica dell’ordinamento italiano tra attività
professionale e attività
d’impresa.
Un quadro della
situazione delle prestazioni professionali nell’ambito dell’Unione, è stato
fornito dalla
Relazione sulla
concorrenza nei servizi professionalidel 9 febbraio 2004 della Commissione europea
(cd. rapporto Monti),
nella quale sono analizzate le restrizioni alla concorrenza che caratterizzano
la
regolamentazione dei
servizi professionali negli Stati membri dell'Unione e che derivano proprio
dalla
fissazione o
raccomandazione dei prezzi, dalle restrizioni all'accesso alla professione e
all'attività
pubblicitaria, dai
regimi di riserva previsti per talune attività, dalle regolamentazioni inerenti
l'organizzazione
e la struttura aziendale
dell'attività. Nella medesima Relazione, la Commissione europea evidenzia come il
diritto comunitario
riconosca la legittimità delle sole misure restrittive della concorrenza che
superano il c.d.
test di proporzionalità,
che si considera soddisfatto allorché le misure in questione risultino
oggettivamente
necessarie per
raggiungere un obiettivo di interesse generale chiaramente articolato e
legittimo e
costituiscano il
meccanismo meno restrittivo della concorrenza idoneo a raggiungere tale
obiettivo. Nel
prendere atto delle
specificità dei servizi professionali, la Commissione auspica che la revisione
complessiva della
regolamentazione dei singoli Stati membri in materia di servizi professionali
avvenga ad
opera di interventi
volontari dei soggetti responsabili delle restrizioni esistenti (segnatamente,
le autorità di
regolamentazione e gli
organismi professionali), invitando detti soggetti a verificare la
necessarietà/proporzionalità
delle esistenti regole restrittive rispetto alle esigenze di tutela degli
interessi di
utenti e professionisti.
Il 5 settembre 2005 la Commissione Europea
ha pubblicato una nuova
Comunicazione avente ad
oggetto il seguito della Relazione del febbraio 2004 (I servizi
professionali –
Proseguire la riforma) con un aggiornamento dei
progressi compiuti dai singoli Stati nella revisione e nella
soppressione delle
restrizioni alla concorrenza ed ha ribadito l’importanza di liberalizzare il
mercato dei
servizi professionali
(sulla quale infra); si segnala, inoltre, la risoluzione 12 ottobre 2006 , n. 2137
approvata dal Parlamento
europeo (cd. risoluzione Ehler) sul seguito alla relazione sulla
concorrenza
nei servizi
professionali (2137/2006/CE). Tale risoluzione sollecita l’eliminazione degli “ostacoli
alla
concorrenza che non sono
giustificati o che nuocciano all'interesse generale”, pur riconoscendo “il
diritto di
emanare regolamentazioni
legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche”.
L’obbligatorietà di
tariffe fisse o minime e
il divieto di contrattare compensi legati al risultato raggiunto – si legge
nella
risoluzione - potrebbero
essere di ostacolo alla qualità del servizio per i cittadini e alla
concorrenza; gli Stati
membri devono quindi
superare tali vincoli con misure meno restrittive e più adeguate al rispetto
dei
principi di non
discriminazione, necessità e proporzionalità e garantire accesso e mobilità
nell'ambito dei
servizi professionali.
I profili problematici
segnalati nella Relazione della Commissione corrispondono sostanzialmente al
complesso di restrizioni
che l'Autorità antitrust italiana aveva già avuto modo di individuare,
con riguardo
all'Italia, nell'ambito
della nota indagine conoscitiva del 1997[18], e in successivi pareri e segnalazioni[19].
In materia di libertà di
stabilimento e libera circolazione dei servizi si richiama la cd. direttiva
Bolkensteinrelativa ai servizi
nel mercato interno (Dir. 2006/123/CE), definitivamente approvata
dal Parlamento Europeo
il 12 dicembre 2006 ed il cui termine di
recepimento è fissato al 28
dicembre 2009.
La proposta iniziale
della Commissione – che aveva sollevato in tutti i gruppi politici del
Parlamento europeo
preoccupazioni sui possibili rischi di riduzione dell’acquis comunitario
nel
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 20 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm 07/12/2010
settore sociale (in
particolare, in relazione al principio del Paese di origine – è stata
sostanzialmente
modificata dall’esame parlamentare.
Il testo approvato dal
Parlamento europeo ribadisce l’obiettivo della proposta iniziale
relativamente alla
liberalizzazione dei servizi, sottolineando al contempo la necessità di
assicurare un elevato
livello di qualità dei servizi stessi.
L’esame del Parlamento
europeo si è focalizzato, in particolare, su alcuni punti controversi:
_ campo di applicazione (art. 2): relativamente a questo aspetto, il testo
adottato dal Parlamento
europeo ribadisce quanto
previsto nella proposta della Commissione, ovvero l’esclusione dei servizi
di interesse generale. A questo riguardo gli
Stati membri restano liberi di definire, conformemente al
diritto comunitario,
quelli che essi considerano servizi d'interesse generale, nonché di determinare
le
modalità di
organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui
essi devono
sottostare. La direttiva
si applica, tuttavia, ai servizi di interesse economico generale,
ovvero ai
servizi che
corrispondono ad un’attività economica e sono aperti alla concorrenza quali i
servizi postali, i
servizi di trasmissione,
distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas o i servizi di
distribuzione e
di fornitura idrica.
Oltre a tutta una serie di settori indicati espressamente nel testo adottato
dal
Parlamento europeo, sono
inoltre escluse dal campo di applicazione della direttiva le materie
disciplinate da
disposizioni comunitarie specifiche come quelle sul distacco dei lavoratori,
l’esercizio
delle attività
televisive o le qualifiche professionali;
_ principio del Paese di origine (art. 16): la formulazione iniziale
prevedeva la possibilità per un
prestatore di fornire i
propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza unicamente
in base alla
legislazione dello Stato membro di origine. Il Parlamento europeo ha sostituito
questo
principio con quello
della “libera circolazione dei servizi” in base al quale per la
fornitura dei servizi si
applica la legislazione
del paese in cui essi vengono effettivamente prestati. Inoltre, si fa obbligo
agli
Stati membri di
rispettare il diritto del prestatore di fornire i propri servizi liberamente
sul suo territorio
senza imporre requisiti
discriminatori, ingiustificati e sproporzionati tranne che per motivi di
pubblica
sicurezza, protezione
dell'ambiente e sanità pubblica;
_ distacco dei lavoratori (artt. 24 e 25): il Parlamento europeo ha
soppresso le disposizioni relative al
distacco dei lavoratori,
ritenendo che questa questione ricada nel campo di applicazione della direttiva
96/71/CE relativa al
distacco di lavoratori nell’ambito di una disciplina di servizi.
_ diritti dei destinatari dei servizi e qualità dei servizi (artt. 20-23 e 26-32):
la proposta fissa l’obbligo
a carico delle imprese
di mettere a disposizione dei consumatori alcune informazioni chiave. Essa
stabilisce, inoltre, che
le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali devono
rispettare i
principi di non
discriminazione, necessità e proporzionalità;
_ cooperazione amministrativa (artt. 34-38): gli Stati membri devono
rafforzare la cooperazione
amministrativa, anche
mediante la trasmissione elettronica delle informazioni, al fine di assicurare
un
controllo migliore e più
efficace delle imprese. In questo contesto la proposta modificata prevede
l’istituzione di un meccanismo
di allerta in virtù del quale,qualora uno Stato membro sia a conoscenza
di fatti gravi
suscettibili di nuocere gravemente alla salute o alla sicurezza delle persone o
all’ambiente,
è tenuto ad informarne
tempestivamente lo Stato membro di stabilimento, gli altri Stati membri
interessati e la
Commissione.
La delega per
l’attuazione della direttiva Bolkenstein è contenuta nel disegno di legge
Comunitaria per il 2008 – all’esame del Senato
in seconda lettura (A.S. 1078-B)
I tratti caratterizzanti
dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega riguardano la
promozione
della libertà di
concorrenza e l'accessibilità all'acquisto di servizi sul territorio nazionale,
la semplificazione
dei procedimenti
amministrativi per l'accesso alle attività di servizi, la conformità dei regimi
di
autorizzazione ai
principi di trasparenza, proporzionalità e parità di trattamento, la libertà di
circolazione dei
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servizi forniti da un
prestatore stabilito in un altro Stato membro, l’istituzione di sportelli unici
accessibili
anche via internet.
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Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE (a cura
dell'Ufficio Rapporti con l'Unione
europea)
Il 5 settembre 2005 la Commissione ha
presentato una comunicazione dal titolo “I servizi
professionali –
Proseguire la riforma” (COM(2005)405) nella quale ribadisce la necessità di
liberalizzare i mercati
e di eliminare la regolamentazione non necessaria per promuovere una
maggiore concorrenza
come sottolineato dalla rinnovata strategia di Lisbona.
La comunicazione, in
particolare, illustra i progressi realizzati nella revisione e
nell’eliminazione da
parte degli Stati membri delle restrizioni ingiustificate esistenti nella
legislazione e nella
regolamentazione degli organismi professionali. A tale proposito la
Commissione ritiene che
le ragioni che giustificano tali restrizioni, vale a dire asimmetria delle
informazioni,
esternalità e concetto di bene pubblico, non interessino nella stessa misura
tutti gli
utenti dei servizi professionali.
Secondo la Commissione, pertanto, sarebbe opportuno svolgere
un’analisi economica dei
servizi professionali più mirata ed approfondita al fine di
comprendere meglio il
rapporto tra domanda e offerta per ciascun servizio professionale, tenere
conto degli interessi
divergenti delle varie categorie di utenti e definire un quadro per la
revisione
della regolamentazione
esistente.
Per quanto riguarda le
azioni da intraprendere in questo settore la Commissione sostiene che:
· sarebbe necessario che gli Stati membri promuovessero un
processo di riforma
sistematico del settore
delle professioni a livello nazionale per migliorare l’economia,
la concorrenza e la
tutela dei consumatori;
· rientra nelle prerogative degli Stati membri stabilire in che
misura essi desiderano
disciplinare
direttamente le professioni mediante norme a livello statale o lasciare
che sia fatto dagli
organismi professionali mediante l’autoregolamentazione.
Raccomanda, tuttavia,
agli Stati membri di sorvegliare la portata
dell’autoregolamentazione
per evitare che diventi eccessivamente restrittiva e che
possa nuocere agli
interessi dei consumatori;
· gli Stati membri dovrebbero avviare un processo analitico di revisione
delle restrizioni
esistenti, sia di quelle che
possono essere eliminate velocemente come i prezzi fissi o le
limitazioni alla
pubblicità, sia delle strutture regolamentari per valutare la necessità di
più
ampie riforme al fine di
realizzare progressi entro il 2010.
Il 25 giugno 2008 la
Commissione ha presentato una proposta di regolamento sullo Statuto
della Società Privata
Europea (Sociaetas
Privata Europaea - SPE) (COM(2008)396). La
proposta rientra tra le
iniziative legislative collegate all’Atto europeo per le piccole imprese.
In base alla proposta, la
Società privata europea sarebbe una forma societaria alternativa e
parallela a quelle già esistenti
negli Stati membri. In particolare:
· la SPE si configura come una società a responsabilità limitata,
dotata di personalità giuridica e
capitale sociale. Per la
costituzione della SPE è richiesto il requisito patrimoniale minimo di 1
euro;
· la SPE può essere costituita da uno o più soggetti, persone
fisiche e/o società. Anche una
Società europea, una Società
cooperativa europea, un Gruppo europeo d'interesse
economico o un'altra SPE
possono
partecipare alla formazione di una SPE;
· la SPE può essere creata ex nihilo oppure attraverso fusione,
divisione o trasformazione di una
società esistente.
La proposta, che segue
la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento
europeo in seduta
plenaria il 10 marzo 2009. Il Consiglio competitività, che ha avviato l’esame
il
1° dicembre 2008,
proseguirà l’esame della proposta in una delle prossime sessioni.
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L’8 aprile 2009 la XIV
Commissione Politiche dell’Unione europea ha concluso l’esame della
proposta ai sensi
dell’articolo 127 del Regolamento, con l’adozione di un parere destinato alle
Commissioni Giustizia e
Finanze che dovrebbero avviare l’esame della proposta prossimamente.
Procedure di contenzioso (a cura dell'Ufficio Rapporti con
l'Unione europea)
Il 19 dicembre 2008 la
Commissione ha presentato un ricorsoalla Corte di giustizia contro
l’Italia(causa C-565/08)
nel quale contesta il fatto che le disposizioni nazionali che impongono
agli avvocati l'obbligo
di rispettare tariffe massime obbligatorie per le attività giudiziali e
stragiudiziali
costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera
prestazione dei
servizi stabilite
rispettivamente dagli articoli 43 e 49 del Trattato CE.
A tale proposito la
Commissione rileva che un tariffario massimo obbligatorio che deve essere
applicato
indipendentemente dalla qualità dell'opera svolta, dal lavoro necessario a
svolgerlo, e
dai costi sopportati per
effettuarlo, può rendere il mercato italiano dei servizi legali non attraente
per i professionisti
stranieri.
Inoltre, ad avviso della
Commissione, la misura controversa non appare né idonea al
raggiungimento degli
scopi di interesse generale indicati dalle autorità italiane (accesso alla
giustizia ai meno abbienti,
tutela dei destinatari dei servizi legali, buon funzionamento della
giustizia), né
proporzionata visto che esistono altre misure meno restrittive nei
confronti degli
avvocati stabiliti
all'estero, ugualmente o maggiormente idonee a conseguire gli scopi di tutela
invocati dalle autorità
italiane.
Il 29 gennaio 2009 la
Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora
(procedura n. 2008/4180)
nella quale contesta il non corretto recepimento della direttiva
2005/36/CE relativa al riconoscimento
delle qualifiche professionali. I rilievi della Commissione
riguardano l’articolo 1,
comma 1, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, di recepimento
della direttiva
nell’ordinamento italiano, che ha escluso la professione notarile dall’ambito
di
applicazione del sistema
generale di riconoscimento dei diplomi previsto dalla normativa
comunitaria.
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07/12/2010
IL CONTENUTO DELLE
PROPOSTE DI LEGGE
Principi generali: la distinzione tra
professioni strutturate in ordini e professioni
strutturate in associazioni
Le proposte di legge in
esame, in attuazione dell’articolo 117 della Costituzione – che
inserisce le professioni
tra le materie nelle quali Stato e regioni hanno una potestà legislativa
concorrente – sono volte
a stabilire l’ordinamento delle professioni intellettuali, delle quali
forniscono una
definizione[20].
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e altri)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 14, comma 2 Art. 1, comma 2 Art. 1, comma 4 Art. 1, comma 3
(Riconoscimento delle
nuove professioni)
(Ambito di applicazione)
(Oggetto) (Oggetto)
2. Ai fini del presente
articolo, per professione
si
intende l'attività
economica, anche
organizzata, diretta al
compimento di atti
giuridici, alla
prestazione
di servizi od opere a
favore di terzi
esercitata,
abitualmente e in via
prevalente, con lavoro
intellettuale e per la
quale
è previsto un titolo di
studio universitario o
equiparato.
2. Per professione
intellettuale si intende
l'attività, anche
organizzata in forma
associata o societaria,
diretta al compimento di
atti ovvero alla
prestazione
di servizi e di opere a
favore di terzi,
esercitata
abitualmente e in via
prevalente con lavoro
intellettuale, per la
quale
sono richiesti un titolo
di
studio universitario o
equipollente avente
valore
legale, l'abilitazione
conseguita attraverso il
superamento dell'esame di
Stato e l'iscrizione
all'albo
professionale.
4. Per professione
intellettuale si intende
l'attività economica,
anche
organizzata, diretta al
compimento di atti e alla
prestazione di servizi o
di
opere in favore di terzi
esercitata, abitualmente
e
in via prevalente, con
lavoro intellettuale, per
la
quale è richiesto un
titolo
di studio universitario o
equipollente.
3. Per professione
intellettuale si intende
l'attività economica,
anche
organizzata, diretta al
compimento di atti e alla
prestazione di servizi o
di
opere a favore di terzi
esercitata, abitualmente
e
in via prevalente,
mediante
lavoro intellettuale.
Con riferimento ai
rapporti tra competenze statali e regionali, la proposta AC 3, di iniziativa
popolare (già presentata nella
scorsa legislatura e mantenuta all’ordine del giorno in base all’art.
107, comma 4, del regolamento
della Camera) chiarisce (articolo 4) che le regioni e le province
autonome esercitano la
propria potestà normativa nel rispetto dei princìpi fondamentali contenuti
nella legge non potendo,
in particolare, discostarsi da quanto stabilito in ordine:
- all'individuazione e
al riconoscimento delle nuove professioni;
- alle condizioni e alle
regole di accesso all'esercizio professionale;
- all'abilitazione e
all'attribuzione di competenze professionali.
La proposta di legge
aggiunge che spetta alla competenza esclusiva dello Stato disciplinare gli
esami e i titoli di
studio richiesti per l'esercizio delle professioni intellettuali, i contratti
per
l’esercizio delle
professioni, nonché l'organizzazione delle professioni d'interesse generale e
gli
Ordini.
La medesima proposta di
legge reca inoltre una disposizione generale volta a prevedere che
nelle materie di
competenza normativa regionale concorrente o esclusiva, le disposizioni del
provvedimento si
applicano alle regioni nelle quali non sia ancora in vigore la relativa
normativa
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di attuazione e perdono
comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della
normativa di attuazione
adottata da ciascuna regione
La proposta AC 503 qualifica
invece (articolo 1) le sue disposizioni come principi generali degli
ordinamenti
professionali, come tali modificabili e derogabili solo espressamente.
Peraltro, tutte le
proposte di legge sottolineano l’esigenza di disciplinare questa materia con la
finalità di garantire e
tutelare una serie di principi fondamentali, fra i quali, la concorrenza e il
principio di
sussidiarietà nonché l’affidamento della clientela.
Quattro delle proposte
in esame dedicano uno specifico articolo alle definizioni.
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 3. Art. 2 Art. 2 Art. 2
(Definizioni).
(Definizioni) (Definizioni). (Definizioni).
1. Ai fini della presente
legge si intende:
1. Ai fini della presente
legge si intende:
1. Ai fini della presente
legge si intende:
1. Ai fini della presente
legge si intende:
a) per «professione», la
professione
intellettuale;
a) per «professione», la
professione
intellettuale, come
definita ai sensi
dell'articolo 1, comma
4;
a) per «professione», la
professione
intellettuale, come
definita ai sensi
dell'articolo 1, comma
3;
a) per «professione», la
professione
intellettuale, definita
ai
sensi dell'articolo 1,
comma 3;
b) per «professione di
interesse generale», la
professione di cui al
titolo II;
b) per «professione di
interesse generale», la
professione di cui al
titolo II, il cui
esercizio
incide su interessi
generali meritevoli di
specifica tutela, per lo
svolgimento della quale
è richiesta l'iscrizione
a
un albo previo
superamento di un
esame di Stato e il
possesso degli altri
requisiti stabiliti
dall'ordinamento di
categoria;
b) per «professione
ordinistica», la
professione per lo
svolgimento della quale
la legge richiede
l'iscrizione ad albi
previo superamento
dell'esame di Stato e
accertamento del
possesso degli altri
requisiti ai sensi di
legge;
b) per «professione
ordinistica», la
professione per lo
svolgimento della quale
la legge richiede
l'iscrizione ad albi
previo superamento
dell'esame di Stato e il
possesso degli altri
requisiti accertati ai
sensi di legge;
c) per «professione
riconosciuta», la
professione che è
oggetto di
regolamentazione ad
opera della normativa
vigente ovvero degli
accordi di cui
all'articolo
14, comma 3;
c) per «professione
riconosciuta», la
professione di cui al
titolo III;
c) per «professione
associativa», ogni altra
attività professionale
che non sia ricompresa
nelle professioni di cui
all'articolo 2229 del
codice civile o che sia
oggetto di almeno
un'associazione
professionale iscritta
nel Registro di cui
all'articolo 28;
c) per «professione
associativa», ogni altra
attività professionale
che non è ricompresa
nelle professioni di cui
all'articolo 2229 del
codice civile o che è
oggetto di almeno
un'associazione
professionale iscritta
nel Registro di cui
all'articolo 27;
d) per «nuove
professioni», le
professioni non
riconosciute;
e) per «libero
professionista», colui
che esercita la
professione ai sensi dei
capi I e II del titolo
III
del libro V del codice
civile, anche in regime
convenzionato ove
d) per «libero
professionista», colui
che esercita la
professione ai sensi dei
capi I e II del titolo
III
del libro quinto del
codice civile, anche in
regime convenzionato
d) per «libero
professionista», colui
che esercita una
professione in forma
indipendente;
d) per «libero
professionista», colui
che esercita una
professione in forma
indipendente;
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
previsto da legge
speciale;
qualora previsto dalla
legislazione speciale;
f) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
e) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
e) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
e) per «professionista
dipendente», il soggetto
che esercita la
professione nelle forme
del lavoro subordinato;
g) per «professionista»,
il libero professionista
e
il professionista
dipendente;
f) per «professionista»,
il libero professionista
e
il professionista
dipendente;
f) per «professionista»,
il libero professionista
e
il professionista
dipendente;
f) per «professionista»,
il libero professionista
e
il professionista
dipendente;
h) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
g) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
g) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
g) per «categoria»,
l'insieme dei
professionisti che
esercitano la medesima
professione con lo
stesso titolo
professionale;
i) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
h) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
h) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
h) per «esercizio
professionale»,
l'esercizio della
professione;
l) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
i) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
i) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
i) per «prestazione
professionale», la
prestazione del
professionista in
qualunque forma resa;
l) per «legge», la legge
e gli atti equiparati
dello
Stato;
l) per «legge», la legge
e gli atti equiparati
dello
Stato;
l) per «legge», la legge
e gli atti equiparati
dello
Stato;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni che
disciplinano le
professioni e il relativo
esercizio;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni normative
che regolano
competenze,
condizioni, modalità e
compensi per
l'esercizio della
professione di interesse
generale;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni normative
che regolano
competenze,
condizioni, modalità e
compensi per
l'esercizio della
professione di interesse
generale;
m) per «ordinamento di
categoria», le
disposizioni normative
che regolano
competenze,
condizioni, modalità e
compensi per
l'esercizio della
professione d'interesse
generale;
n) per «Ordine», il
Consiglio nazionale e
gli Ordini territoriali;
n) per «ordine
professionale», il
consiglio nazionale e gli
ordini territoriali;
n) per «Ordine
professionale», il
Consiglio nazionale e
gli Ordini territoriali
di
cui all'articolo 9;
n) per «ordine
professionale», il
Consiglio nazionale e
gli ordini territoriali
di
cui all'articolo 8;
o) per «Consiglio
nazionale», il Consiglio
nazionale dell'Ordine
professionale;
o) per «consiglio
nazionale», il consiglio
nazionale dell'ordine
professionale;
o) per «Consiglio
nazionale», il Consiglio
nazionale dell'Ordine
professionale;
o) per «Consiglio
nazionale», il Consiglio
nazionale dell'ordine
professionale;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma concorsuale,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma di concorso,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma di concorso,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
p) per «esame di
Stato», l'esame, anche
in forma di concorso,
previsto per l'accesso
alle professioni ai sensi
dell'articolo 33, quinto
comma, della
Costituzione;
q) per «consiglieri», i
membri del Consiglio
nazionale e del
consiglio dell'Ordine
territoriale.
q) per «consiglieri», i
membri del consiglio
nazionale e del
consiglio dell'ordine
territoriale;
q) per «consiglieri», i
membri del Consiglio
nazionale e del
consiglio dell'Ordine
territoriale;
q) per «consiglieri», i
membri del Consiglio
nazionale e del
consiglio dell'ordine
territoriale;
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http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
r) per «associazioni», le
associazioni tra
professionisti;
r) per «associazioni
professionali» le
associazioni
professionali di cui
all'articolo 26;
r) per «associazioni
riconosciute», le
associazioni di cui al
capo VI;
s) per «associazioni
specialistiche», le
associazioni
professionali di cui
all'articolo 30;
s) per «sindacati», i
sindacati dei
professionisti.
s) per «sindacati», i
sindacati dei
professionisti;
t) per «sindacati», i
sindacati dei
professionisti;
t) per «riserva
professionale», le
attività che la legge
stabilisce debbano
essere esercitate
soltanto da iscritti ad
albi professionali.
u) per «riserva
professionale», le
attività che la legge
stabilisce devono
essere esercitate
soltanto da iscritti ad
albi professionali.
Si evidenzia che tutte
le proposte di legge delineano una differente disciplina a seconda
che la professione sia
strutturata in ordini professionali – in presenza di preminenti interessi
pubblici – ovvero in
associazioni professionali.
Le professioni
strutturate in ordini sono qualificate «professioni di interesse generale»
dagli AAC. 3 e
1553 e come «professioni
ordinistiche» dagli AC 1590 e 2239. Viceversa, le altre professioni sono
definite
«professioni
riconosciute» dagli AAC 3 e 1553, «professioni associative» dagli AC 1590 e
2239 e «nuove
professioni, ovvero
attività emergenti non regolamentate» dall’AC 503, che prefigura comunque anche
in
questo caso il
riconoscimento legislativo delle associazioni delle nuove professioni.
La struttura associativa
viene prevista per le professioni attualmente definite “professioni non
regolamentate”, alle quali
l’ordinamento non riconosce lo stesso rilievo delle precedenti, ma che
comunque ritiene di
dover riconoscere e assoggettare - attraverso un apposito registro tenuto dal
Ministro della Giustizia
- alla vigilanza governativa[21] (su tale aspetto, infra).
In particolare, l’AC
3 prevede (articolo 14) che ogni qualvolta si debbano riconoscere nuove
professioni
(con DPR, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri e accordo in sede di Conferenza
Stato-Regioni)
occorra accertare se le
stesse rivestano interesse generale e in tal caso procedere non solo
all’ordinamento di
categoria, ma anche all’istituzione dell’ordine di coloro che vengono abilitati
all’esercizio
professionale; se le
nuove professioni non hanno questa caratteristica, gli accordi dovranno
limitarsi a
determinare l’ordinamento
di categoria. La proposta di legge esclude comunque che possano essere
istituiti nuovi ordini
quando sia accertata l'omogeneità tra percorsi formativi con professioni le cui
competenze incidono su
interessi generali della medesima natura di quelli della nuova professione. In
tal
caso si dovrà procedere
all'adeguamento dell'ordinamento di riferimento, garantendo l'autonomia delle
diverse professioni
afferenti all'albo e, in ragione del numero degli iscritti, l'adeguata
rappresentanza negli
organi dell'Ordine.
Per le nuove
professioni, che vengono riconosciute dall’ordinamento, gli articoli 30 e ss
della proposta
di legge prevedono
l’individuazione di requisiti associativi e la creazione di un registro delle
associazioni
professionali presso il
Ministero della giustizia.
L’AC 503 limita
l’istituzione di nuovi ordini (articolo 3) «alla necessità di tutelare
interessi
costituzionalmente
rilevanti nello svolgimento di attività caratterizzate da gravi asimmetrie
informative e dal
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rischio di danni sociali
conseguenti a prestazioni non adeguate». Parallelamente, consente la
costituzione
di nuovi ordini sulla
base di fusioni o accorpamenti di ordini e collegi esistenti.
L’AC 1553 prevede
(articolo 14) che sia il Governo (nell’esercizio della delega prevista
dall’articolo 37)
a stabilire per ciascuna
professione, anche nuova, se si tratta di professione di interesse generale,
come
tale richiedente la
struttura dell’Ordine professionale, ovvero di professione che non incide su
tali interessi,
per la quale si prevede
l’organizzazione in associazioni. In relazione alle nuove professioni, l’AC
1553
sancisce il divieto di
istituire di nuovi Ordini ove sussista omogeneità tra le professioni nuove e
quelle già
regolamentate. Tanto per
le professioni ordinistiche, quanto per le associazioni professionali, è
attribuito al
Ministero della
giustizia – di concerto con i Ministri competenti – il potere di riconoscimento
(esercitato sulla
base di una specifica
istruttoria) e il ruolo di vigilanza.
Gli AAC 1590 e 2239,
tra i principi generali, prevedono l’individuazione, sulla base degli interessi
pubblici meritevoli di
tutela, delle professioni intellettuali affini da unificare in un solo ordine e
sancisce il
divieto d'istituzione di
nuovi ordini, salvo che in materia di riconoscimento di diritti costituzionali;
le
medesime proposte di
legge prevedono la riorganizzazione delle attività riservate a singole
professioni
regolamentate
limitandole a quelle strettamente necessarie per la tutela di diritti
costituzionalmente
garantiti e per il
perseguimento di finalità primarie d'interesse generale.
Si consideri, inoltre,
che le pdl AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano) si
occupano
esclusivamente delle professioni
non regolamentate, prevedendone (art. 3) il riconoscimento in
presenza di determinati
requisiti (professioni aventi connotazione tipica di interesse diffuso, che
dovrà
risultare da uno
specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nell’ambito del mercato
nazionale e
dalla rilevanza di
carattere economica e sociale). Il riconoscimento avviene con decreto del
Ministro della
giustizia, su proposta
del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previa intesa con la
Conferenza Stato-regioni
e di concerto con i Ministri competenti per materia.
Viene inoltre prevista
la libertà di costituzione di associazioni professionali (art. 4), per il cui
riconoscimento – con
decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNEL e previo parere della
Conferenza
Stato-regioni – sono
però stabiliti determinati requisiti (art. 5). Viene fatto divieto alle
associazioni di
adottare e usare
denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o
collegi.
Presso il Ministero
della giustizia è istituito il Registro delle associazioni professionali, a cui
sono
automaticamente iscritte
le associazioni che abbiano ottenuto il riconoscimento (art. 6). Spetta al
Ministero
della giustizia la
vigilanza sull'operato delle associazioni, di concerto con il Ministero dello
sviluppo
economico, per
verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti previsti ai fini del
riconoscimento; in caso
di irregolarità
nell’operato delle stesse associazioni o di perdita dei requisiti necessari
viene disposta la
cancellazione dal
Registro delle associazioni professionali (art. 11).
Per il contenuto delle
pdl AC 1934 e AC 2077 (Formisano) si rinvia, per un approfondimento, al
paragrafo relativo alle
professioni non regolamentate (cfr. infra).
Le professioni di interesse generale (o
ordinistiche)
Ordini professionali:
struttura e funzioni
Tutte le proposte di
legge prevedono che coloro che esercitano una professione di interesse
generale (AC 3), ovvero
una professione per la quale è richiesta l’iscrizione ad un albo (AAC
1553, 1590 e 2239),
siano organizzati in ordini professionali. Si tratta di enti pubblici non
economici, dotati di autonomia
patrimoniale e finanziaria che tutte le proposte assoggettano alla
vigilanza del Ministero
della giustizia.
La p.d.l. AC 503,
che ha una struttura peculiare rispetto alle altre proposte in esame,
disciplina
la struttura degli
ordini e dei collegi professionali al Capo VI (artt. 62-63) nel quale in
particolare
stabilisce (articolo 62)
che organi di governo degli ordini e collegi professionali a livello nazionale
siano il consiglio
nazionale, il presidente e il comitato esecutivo, dei quali viene disciplinata
la
composizione, l’elezione
e le funzioni (articolo 63). Il successivo Capo VII (artt. 64-65) disciplina
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invece le assemblee,
ovvero il congresso nazionale - assemblea generale di ogni professione – e
l’assemblea locale,
composta da tutti gli iscritti all’ordine o al collegio locale. Infine, gli
articoli 67 e
68 dell’AC 503 affidano
al Ministro della giustizia il controllo tanto sugli atti quanto sugli organi
degli ordini e collegi
professionali.
Le altre proposte di
legge hanno un impianto analogo che di seguito si raffronta.
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 18 Art. 18 Art. 8 Art. 8
(Ordine professionale)
(Ordine professionale) (Ordine professionale) (Ordine professionale)
3. L’Ordine
professionale si articola
in:
3. L’ordine professionale
si articola in:
3. Ferma restando la più
specifica articolazione
stabilita, ai sensi
dell’articolo 4, con
l’ordinamento di
categoria, l’Ordine si
articola in:
3. Ferma restando una
più specifica
articolazione stabilita
ai
sensi dell'articolo 4,
con
l'ordinamento di
categoria l'ordine è
composto nel modo
seguente:
a) Consiglio nazionale
dell’Ordine, che assume
la denominazione di
Consiglio nazionale
dell’Ordine della
categoria, con i compiti
di cui all’articolo 21;
a) consiglio nazionale,
che assume la
denominazione di
consiglio nazionale
dell’ordine della
rispettiva categoria, con
i compiti di cui
all’articolo 21;
a) un Consiglio
nazionale, che assume
la denominazione di
Consiglio nazionale
dell’Ordine della
rispettiva categoria;
a) un Consiglio
nazionale, che assume
la denominazione di
Consiglio nazionale
dell'ordine della
rispettiva categoria;
b) Ordini territoriali,
che
assumono la
denominazione di
Ordine territoriale della
categoria secondo
l’organizzazione
territoriale prevista dal
relativo ordinamento,
con i compiti di cui
all’articolo 20, che
esercitano con
autonomia nel rispetto
del raccordo operato ai
sensi dell’articolo 21,
comma 2, lettera d).
b) ordini territoriali,
che
assumono la
denominazione di ordine
della rispettiva
categoria
secondo
l’organizzazione
territoriale prevista dal
relativo ordinamento,
con i compiti di cui
all’articolo 20.
b) Ordini territoriali,
che
assumono la
denominazione di
Ordine della rispettiva
categoria nel proprio
ambito di competenza
territoriale, secondo
quanto previsto dal
relativo ordinamento.
b) ordini territoriali,
che
assumono la
denominazione di
ordine della rispettiva
categoria nel loro
ambito di competenza
territoriale, ai sensi di
quanto previsto dal
relativo ordinamento.
4. Al fine di favorire il
raccordo tra le diverse
categorie sulle questioni
di interesse generale,
con particolare
riferimento alle finalità
di
cui all’articolo 1, comma
2, i Consigli nazionali
promuovono la
costituzione di organismi
comuni per l’attuazione
dei compiti agli stessi
attribuiti dall’articolo
21.
5. La disposizione di cui
al comma 4 si applica
anche agli Ordini
territoriali con sede
nella
medesima regione.
4. All’ordine
professionale non si
applicano la legge 21
marzo 1958, n. 259, e
successive
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
modificazioni, la legge
14 gennaio 1994, n. 20,
e successive
modificazioni, e il
decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e
successive
modificazioni.
Per quanto riguarda la struttura
territoriale degli ordini, l’AC 503 dispone in ordine
all’assemblea locale
(art. 65), prevedendo che debba essere composta da tutti gli iscritti
all'ordine
o al collegio
professionale territoriale. L’assemblea locale è chiamata ad eleggere il
consiglio
dell'ordine o del
collegio professionale territoriale e i delegati al Congresso nazionale, oltre
che
ad approvare annualmente
i bilanci presentati dal consiglio dell'ordine territoriale ed a deliberare
sulle altre materie ad
essa sottoposte ai sensi della legge e dello statuto, con le modalità
determinate dallo
statuto stesso.
Le altre proposte di
legge, il cui impianto è maggiormente raffrontabile, articolano nel
seguente modo l’ordine
territoriale.
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 19 Art. 19 Art. 9 Art. 9
(Ordine territoriale)
(Ordine territoriale) (Ordine territoriale) (Ordine territoriale)
1. L’Ordine territoriale
è
articolato nel modo
seguente:
1. L’ordinamento di
categoria disciplina
l’organizzazione
dell’ordine territoriale,
prevedendo i seguenti
organi:
1. L’ordinamento di
categoria disciplina
l’organizzazione
dell’Ordine territoriale,
prevedendo i seguenti
organi, fatto salvo
quanto disposto
dall’articolo 25, comma
2:
1. L'ordinamento di
categoria disciplina
l'organizzazione
dell'ordine territoriale,
prevedendo i seguenti
organi:
a) consiglio: è
composto da un
numero di consiglieri in
rapporto al numero
degli iscritti all’albo;
è
eletto dall’assemblea
ogni quattro anni; il
mandato dei consiglieri
può essere rinnovato
per non più di due volte
consecutive dalla data
di entrata in vigore
della presente legge. Il
consiglio provvede alle
nomine per le diverse
cariche, elegge il
presidente, che ha la
rappresentanza legale
dell’Ordine, e può
delegare singole
funzioni ad uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell’intero consiglio; le
indennità dei consiglieri
sono definite in modo
da assicurare lo
svolgimento del
a) il consiglio,
composto da un
numero di consiglieri
determinato in rapporto
al numero degli iscritti
all’albo ed eletto
dall’assemblea ogni
quattro anni; il mandato
dei consiglieri può
essere rinnovato per
non più di tre volte
consecutive a
decorrere dalla data di
entrata in vigore della
presente legge. Il
consiglio conferisce le
cariche, elegge il
proprio presidente, che
ha la rappresentanza
legale dell’ordine
territoriale, e può
delegare singole
funzioni a uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell’intero consiglio;
a) il consiglio,
composto da un
numero di consiglieri
determinato in rapporto
al numero degli iscritti
all’albo ed eletto
dall’assemblea ogni
quattro anni; il mandato
dei consiglieri può
essere rinnovato per
non più di due volte
consecutive a
decorrere dalla data di
entrata in vigore della
presente legge. Il
consiglio conferisce le
cariche, elegge il
proprio presidente, che
ha la rappresentanza
legale dell’Ordine
territoriale, e può
delegare singole
funzioni a uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell’intero consiglio;
a) il consiglio,
composto da un
numero di consiglieri
determinato in rapporto
al numero degli iscritti
all'albo ed eletto
dall'assemblea ogni
quattro anni. Il mandato
dei consiglieri può
essere rinnovato per
non più di due volte
consecutive a
decorrere dalla data di
entrata in vigore della
presente legge. Il
consiglio conferisce le
cariche, elegge il
proprio presidente, che
ha la rappresentanza
legale dell'ordine
territoriale, e può
delegare singole
funzioni a uno o più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità
dell'intero consiglio;
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07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
mandato senza
pregiudizio economico;
b) assemblea: ne fanno
parte gli iscritti
all’albo;
elegge il consiglio e il
collegio dei revisori dei
conti; approva il
bilancio preventivo e
quello consuntivo;
esprime il parere sugli
altri argomenti
sottoposti dal consiglio;
esercita ogni altra
funzione attribuita ai
sensi del regolamento
di cui all’articolo 35;
b) l’assemblea,
costituita dagli iscritti
all’albo; l’assemblea
elegge i componenti del
consiglio e del collegio
dei revisori dei conti;
approva il bilancio
preventivo e quello
consuntivo; esprime il
parere sugli altri
argomenti ad essa
sottoposti dal consiglio;
esercita ogni altra
funzione ad essa
attribuita
dall’ordinamento di
categoria;
b) l’assemblea,
costituita dagli iscritti
all’albo. L’assemblea
elegge i componenti del
consiglio e del collegio
dei revisori dei conti;
approva il bilancio
preventivo e quello
consuntivo; esprime il
parere sugli altri
argomenti sottoposti
dal consiglio; esercita
ogni altra funzione ad
essa attribuita
dall’ordinamento di
categoria;
b) l'assemblea,
costituita dagli iscritti
all'albo. L'assemblea
elegge i componenti del
consiglio e del collegio
dei revisori dei conti;
approva il bilancio
preventivo e quello
consuntivo; esprime il
parere sugli altri
argomenti sottoposti
dal consiglio; esercita
ogni altra funzione ad
essa attribuita
dall'ordinamento di
categoria;
c) collegio dei revisori
dei conti: è composto
da uno a tre membri
nominati fra gli iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti; è eletto
dall’assemblea ogni tre
anni; controlla la tenuta
dei conti e la gestione
del bilancio; il mandato
dei revisori può essere
rinnovato per non più di
due volte consecutive.
c) il collegio dei
revisori
dei conti, composto, in
relazione al numero
degli iscritti all’albo,
da
uno a tre membri
nominati tra gli iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti, eletti
dall’assemblea ogni tre
anni; il mandato dei
revisori dei conti può
essere rinnovato per
non più di due volte
consecutive; il collegio
dei revisori dei conti
controlla la tenuta dei
conti e la gestione del
bilancio.
c) il collegio dei
revisori
dei conti, composto, in
relazione al numero
degli iscritti all’albo,
da
uno, due o tre membri,
nominati fra gli iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti, eletti
dall’assemblea ogni tre
anni; il mandato dei
revisori dei conti può
essere rinnovato per
non più di tre volte
consecutive. Il collegio
dei revisori dei conti
controlla la tenuta dei
conti e la gestione del
bilancio.
c) il collegio dei
revisori
dei conti, composto, in
relazione al numero
degli iscritti all'albo,
da
uno a tre membri
nominati tra gli iscritti
nell'elenco dei revisori
dei conti, eletti
dall'assemblea ogni tre
anni. Il mandato dei
revisori dei conti può
essere rinnovato per
non più di tre volte
consecutive. Il collegio
dei revisori dei conti
controlla la tenuta dei
conti e la gestione del
bilancio.
Contenuto raffrontabile
presentano tutte e quattro le proposte di legge per quanto riguarda le
funzioni degli organismi
territoriali dell’Ordine.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 20. Art. 63 Art. 20 Art. 10
(Consiglio dell’Ordine
territoriale)
(Funzioni degli organi
statutari)
(Consiglio dell’ordine
territoriale)
(Consiglio dell’Ordine
territoriale)
(Compiti dell’ordine
territoriale nella pdl
2239)
1. Spettano al consiglio
dell’Ordine territoriale
i
seguenti compiti:
2. Gli ordini e i collegi
professionali
territoriali
esercitano le seguenti
funzioni:
1. Spettano all’ordine
territoriale, che li
esercita
tramite il consiglio, i
seguenti compiti:
1. Spettano all’Ordine
territoriale, che li
esercita
tramite il consiglio, i
seguenti compiti:
a) curare l’osservanza
dei principi della
presente legge nel
proprio ambito di
competenza territoriale
nel rispetto di quanto
previsto ai sensi
dell’articolo 21, comma
2, lettera d);
a) garantire l’osservanza
delle disposizioni di cui
alla presente legge nel
proprio ambito di
competenza territoriale,
nel rispetto di quanto
previsto ai sensi
dell’articolo 21, comma
2, lettera d);
a) garantire l’osservanza
dei principi della
presente legge nel
proprio ambito di
competenza territoriale,
nel rispetto di quanto
previsto ai sensi
dell’articolo 11, comma
2, lettera d);
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
b) la tenuta e
l’aggiornamento dell’albo
e la verifica periodica
della sussistenza dei
requisiti per
l’iscrizione
dandone comunicazione
al Consiglio nazionale;
a) provvedono alla
tenuta degli albi, al
loro
aggiornamento e alla
verifica periodica della
sussistenza dei requisiti
per l'iscrizione;
b) curare la tenuta e
l’aggiornamento dell’albo
nonché la verifica
periodica della
sussistenza dei requisiti
per l’iscrizione, dandone
comunicazione al
consiglio nazionale;
b) curare la tenuta e
l’aggiornamento dell’albo
nonché la verifica
periodica della
sussistenza dei requisiti
per l’iscrizione, dandone
comunicazione al
Consiglio nazionale;
d) curano
l'aggiornamento
periodico degli iscritti
organizzando appositi
corsi, anche d'intesa con
università e con
istituzioni o
associazioni
scientifiche e culturali.
Per l'organizzazione dei
corsi di formazione e di
aggiornamento
professionali i consigli
degli ordini e dei
collegi
professionali
territoriali
possono promuovere la
costituzione di
fondazioni
anche con la
partecipazione di
soggetti pubblici e
privati. In ogni caso
l'organizzazione dei
corsi
non costituisce esercizio
di attività commerciale;
c) promuovere la
formazione e
l’aggiornamento
permanenti degli iscritti
all’albo, attraverso
sistemi di valutazione
stabiliti dagli
ordinamenti
di categoria;
c) la promozione di
iniziative per lo
svolgimento di attività
di
interesse generale nel
settore socio-economico
della professione sulla
base del principio di
sussidiarietà;
d) la vigilanza sul
corretto esercizio della
professione;
d) vigilare sul corretto
esercizio della
professione ed
esercitare i conseguenti
poteri disciplinari sugli
iscritti all’albo;
e) vigilare sul corretto
esercizio della
professione ed
esercitare i conseguenti
poteri disciplinari sugli
iscritti all’albo;
e) la determinazione, nel
rispetto del bilancio
preventivo, del
contributo
obbligatorio annuale da
corrispondere da ogni
iscritto per il
finanziamento
dell’Ordine territoriale
nonché la percezione del
contributo medesimo,
mediante riscossione
diretta ovvero con
procedure esattoriali;
b) determinano gli oneri
a carico degli iscritti;
e) esercitano i poteri di
spesa e di acquisizione
delle entrate;
c) determinare, nel
rispetto del bilancio
preventivo, il contributo
obbligatorio annuale che
deve essere corrisposto
da ogni iscritto per il
finanziamento dell’ordine
territoriale e percepire
il
contributo medesimo,
mediante riscossione
diretta ovvero con
procedure esattoriali;
d) determinare, nel
rispetto del bilancio
preventivo, il contributo
obbligatorio annuale che
deve essere corrisposto
da ogni iscritto per il
finanziamento
dell’Ordine territoriale
e
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
h) determinano i
compensi ai
professionisti, secondo
quanto previsto dai
regolamenti;
e) formulare pareri in
materia di liquidazione
dei compensi ai
professionisti;
f) formulare pareri in
materia di liquidazione
dei compensi ai
professionisti;
f) l’esperimento, su
richiesta, del tentativo
di
conciliazione fra gli
g) promuovono o
resistono alle liti con
f) esperire, su
richiesta, il
tentativo di
conciliazione
tra gli iscritti all’albo
e i
g) esperire, su
richiesta,
il tentativo di
conciliazione tra gli
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 33 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
iscritti e i clienti che,
in
caso di controversie sui
compensi, possono farsi
assistere anche da
associazioni di
consumatori;
l'eventuale potere di
conciliare e di
transigere;
clienti che, nel caso di
controversie relative ai
compensi, possono farsi
assistere anche da
associazioni dei
consumatori e degli
utenti iscritte
nell’elenco
previsto dall’articolo
137
del codice del consumo,
di cui al decreto
legislativo 6 settembre
2005, n. 206, e
successive
modificazioni;
iscritti all’albo e i
clienti
[fruitori delle
prestazioni
nella pdl 2239] che, nel
caso di controversie
relative ai compensi,
possono farsi assistere
anche da associazioni
dei consumatori e degli
utenti iscritte
nell’elenco
previsto dall’articolo
137
del codice del consumo,
di cui al decreto
legislativo 6 settembre
2005, n. 206;
g) le funzioni consultive
circa l’attività,
normativa
e amministrativa, delle
amministrazioni e degli
enti locali;
c) formulano proposte o
pareri nei confronti
degli
organi di livello
nazionale;
g) formulare i pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni
territoriali su materie
di
interesse locale;
h) formulare i pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni
territoriali su materie
di
interesse locale;
h) l’organizzazione degli
uffici interni, la
gestione
finanziaria e quanto sia
necessario per
l’espletamento dei
compiti di cui alla
presente legge;
f) curano
l'organizzazione degli
uffici e la gestione del
personale dipendente;
i) ogni altra funzione
attribuita ai sensi del
regolamento di cui
all’articolo 35 o
delegata
dal Consiglio nazionale.
i) svolgono le altre
funzioni previste dalla
legge.
h) svolgere ogni altra
funzione ad esso
attribuita
dall’ordinamento di
categoria o delegata dal
consiglio nazionale per
lo svolgimento dei
compiti di cui
all’articolo
18 e al presente comma.
i) svolgere ogni altra
funzione ad esso
attribuita
dall’ordinamento di
categoria o delegata dal
Consiglio nazionale per
lo svolgimento dei
compiti di cui
all’articolo
11 e al presente comma.
Inoltre, l’AC. 3 istituisce
anche (articolo 20) presso l’ordine territoriale:
- una commissione volta
alla composizione delle eventuali controversie che sorgano tra il
professionista e il
cliente;
- una commissione (con
sede nel capoluogo di regione) chiamata a giudicare sui
procedimenti
disciplinari nei confronti degli iscritti agli albi tenuti dagli Ordini
territoriali.
Tutte le proposte di
legge disciplinano il consiglio nazionale. In particolare, l’AC. 503 dispone
(articolo 62) che il
consiglio sia eletto dai consigli locali e che a sua volta esprima il
presidente ed
il comitato esecutivo
(composto da altri 4 membri) eletti a maggioranza assoluta dei voti. Sempre
a livello nazionale,
ciascun ordine costituisce, per il controllo dei bilanci, un collegio dei
revisori
dei conti.
Con riferimento, invece,
alle altre proposte di legge:
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 34 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 21 Art. 21 Art. 11
(Consiglio nazionale)
(Consiglio nazionale) (Organizzazione e compiti del
Consiglio nazionale)
1. Il Consiglio nazionale
è
articolato nel modo
seguente:
1. L’ordinamento di
categoria
disciplina
l’organizzazione del
consiglio nazionale
prevedendo
che:
1. L’ordinamento di
categoria
disciplina
l’organizzazione del
Consiglio nazionale
prevedendo
che:
a) Consiglio nazionale: è
composto da un numero di
consiglieri in rapporto
al numero
degli Ordini
territoriali, tenuto
conto della loro
organizzazione e
del numero degli iscritti
all’albo; è
eletto dai consigli degli
Ordini
territoriali ogni cinque
anni; il
mandato dei consiglieri
può
essere rinnovato per non
più di
due volte consecutive
dalla data
di entrata in vigore
della presente
legge. Il Consiglio
nazionale
nomina le cariche, elegge
il
presidente, che ha la
rappresentanza legale del
Consiglio, e può delegare
singole
funzioni a uno o più
consiglieri,
ferma restando la
responsabilità
del consiglio stesso; le
indennità
dei consiglieri sono
stabilite in
modo di assicurare lo
svolgimento del mandato
senza
pregiudizio economico;
a) il consiglio nazionale
è
composto da un numero di
consiglieri determinato
in
rapporto al numero degli
ordini
territoriali, tenuto
conto della loro
organizzazione e del
numero
degli iscritti all’albo.
Il consiglio
nazionale è eletto dai
consigli
degli ordini territoriali
ogni cinque
anni; il mandato dei
consiglieri
può essere rinnovato per
non più
di tre volte consecutive
a
decorrere dalla data di
entrata in
vigore della presente
legge. Il
consiglio nazionale
conferisce le
cariche, elegge il
proprio
presidente, che ha la
rappresentanza legale del
consiglio stesso, e può
delegare
singole funzioni a uno o
più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità del
consiglio
nazionale;
a) il Consiglio nazionale
è
composto da un numero di
consiglieri determinato
in
rapporto al numero degli
Ordini
territoriali, tenuto
conto della loro
organizzazione e del
numero
degli iscritti all’albo.
Il Consiglio
nazionale è eletto dai
consigli
degli Ordini territoriali
ogni cinque
anni; il mandato dei
consiglieri
può essere rinnovato per
non più
di tre volte consecutive
a
decorrere dalla data di
entrata in
vigore della presente
legge. Il
Consiglio nazionale
conferisce le
cariche, elegge il
proprio
presidente, che ha la
rappresentanza legale del
Consiglio stesso, e può
delegare
singole funzioni a uno o
più
consiglieri, ferma
restando la
responsabilità del
Consiglio
nazionale;
b) collegio dei revisori
dei conti: è
composto da tre membri
nominati
fra gli iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti; è nominato,
nell’ambito
di una lista indicata dal
Consiglio
nazionale e dal Ministero
della
giustizia ogni quattro
anni;
controlla la tenuta dei
conti e la
gestione del bilancio; il
mandato
dei revisori dei conti
può essere
rinnovato per non più di
due volte
consecutive.
b) il controllo della
tenuta dei
conti e della gestione
del bilancio
è affidato a un collegio
dei
revisori dei conti, composto
da tre
membri nominati tra gli
iscritti
all’elenco dei revisori
dei conti,
nominati dal Ministro
della
giustizia ogni quattro
anni. Il
mandato dei revisori dei
conti può
essere rinnovato per non
più di
due volte consecutive.
b) il controllo della tenuta
dei
conti e della gestione
del bilancio
è affidato a un collegio
dei
revisori dei conti,
composto da
due membri nominati, fra
gli
iscritti all’elenco dei
revisori dei
conti, dal Ministro della
giustizia
ogni quattro anni. Il
mandato dei
revisori dei conti può
essere
rinnovato per non più di
due volte
consecutive.
Tutte le proposte di
legge contengono un’elencazione delle funzioni affidate al Consiglio
nazionale.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 21 Art. 63 Art. 21
Art. 11
(Consiglio nazionale)
(Funzioni degli organi
statutari)
(Consiglio nazionale)
(Organizzazione e
compiti del Consiglio
nazionale)
2. Spettano al Consiglio
nazionale i seguenti
compiti:
1. Al consiglio nazionale
sono affidate le seguenti
funzioni:
2. Spettano al consiglio
nazionale i seguenti
compiti:
2. Spettano al Consiglio
nazionale i seguenti
compiti:
a) sovrintendere al
rispetto dei principi
della
presente legge;
a) vigilare sul rispetto
delle disposizioni di cui
alla presente legge;
a) vigilare sul rispetto
dei
principi della presente
legge;
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 35 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
b) svolgere i compiti ad
esso assegnati dalla
legge in attuazione di
obblighi comunitari;
b) svolgere i compiti ad
esso assegnati dalla
legge in attuazione di
obblighi comunitari;
b) svolgere i compiti ad
esso assegnati dalla
legge in attuazione di
obblighi comunitari;
c) giudicare dei ricorsi
avverso i provvedimenti
adottati dalla
commissione disciplinare
di cui all’articolo 20,
commi 4 e 5, anche in
funzione di giudice
speciale qualora
operante prima del 1o
gennaio 1948, secondo
le norme dei rispettivi
ordinamenti e nel
rispetto degli articoli
24 e
111 della Costituzione;
a) l'esercizio della
giurisdizione domestica,
nei limiti di cui alla
presente legge;
c) giudicare sui ricorsi
avverso i provvedimenti
adottati dall’ordine
territoriale, anche in
funzione di giudice
speciale qualora
operante prima del 1°
gennaio 1948, secondo
le norme dei rispettivi
ordinamenti e nel
rispetto degli articoli
24 e
111 della Costituzione;
c) giudicare sui ricorsi
avverso i provvedimenti
adottati dall’Ordine
territoriale, anche in
funzione di giudice
speciale qualora
operante prima del 1°
gennaio 1948, secondo
le norme dei rispettivi
ordinamenti e nel
rispetto degli articoli
24 e
111 della Costituzione;
d) esercitare funzioni di
raccordo degli Ordini
territoriali;
d) esercitare funzioni di
coordinamento degli
ordini territoriali;
d) esercitare funzioni di
coordinamento degli
Ordini territoriali;
e) promuovere iniziative
per lo svolgimento di
attività di interesse
generale nel settore
socio-economico della
professione sulla base
del principio di
sussidiarietà;
f) adottare il codice
deontologico;
d) la proposizione del
codice di deontologia
professionale;
g) designare i
rappresentanti della
categoria presso
commissioni ed organi di
carattere nazionale ed
internazionale;
g) la deliberazione delle
nomine e delle
designazioni in ambito
nazionale;
e) designare i
rappresentanti della
categoria presso
commissioni e organi di
carattere nazionale e
internazionale;
e) designare i
rappresentanti della
categoria presso
commissioni e organi di
carattere nazionale e
internazionale;
h) svolgere le funzioni
consultive circa
l’attività,
normativa e
amministrativa, dello
Stato e degli enti
internazionali;
f) formulare i pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni;
f) formulare pareri
richiesti dalle pubbliche
amministrazioni;
i) determinare la misura
del contributo
obbligatorio annuale per
lo svolgimento dei
compiti di cui alla
presente legge che deve
essere corrisposto
dall’Ordine territoriale
previa esazione dagli
iscritti agli albi,
nonché
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
f) la determinazione del
contributo annuale a
carico degli iscritti
agli
ordini e ai collegi
professionali
territoriali
per le spese necessarie
al proprio funzionamento
e all'esercizio delle
funzioni;
g) determinare la misura
del contributo
obbligatorio annuale per
lo svolgimento dei
compiti di cui alla
presente legge, che
deve essere corrisposto
dall’ordine territoriale,
previa esazione dei
contributi a carico degli
iscritti agli albi, e
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
g) determinare la misura
del contributo
obbligatorio annuale per
lo svolgimento dei
compiti di cui alla
presente legge che deve
essere corrisposto
dall’Ordine territoriale,
previa esazione dei
contributi a carico degli
iscritti agli albi, e
percepire il contributo
medesimo, mediante
riscossione diretta
ovvero con procedure
esattoriali;
e) la formulazione dei
criteri per la
determinazione dei
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 36 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
compensi ai
professionisti;
l) determinare gli
standard qualitativi
propri
delle prestazioni
professionali e dei
livelli
di qualificazione
adeguati per il loro
esercizio;
h) determinare gli
standard qualitativi
propri
delle prestazioni
professionali;
h) determinare gli
standard (criteri
nella pdl
2239) qualitativi propri
delle prestazioni
professionali;
m) adottare i regolamenti
ad esso demandati ai
sensi del regolamento di
cui all’articolo 35;
b) l'adozione di uno
statuto per la
definizione
della propria
organizzazione;
c) l'approvazione di
regolamenti nelle
materie di cui
all'articolo
3, comma 4;
i) adottare i regolamenti
ad esso delegati
dall’ordinamento di
categoria;
i) adottare i regolamenti
ad esso delegati
dall’ordinamento di
categoria;
n) curare e promuovere
la formazione degli
iscritti nonché
l’accreditamento dei
percorsi formativi;
h) l'emanazione di
direttive generali e la
definizione di obiettivi,
priorità e programmi
relativi all'attività di
formazione e di
aggiornamento
professionali;
l) accreditare i percorsi
formativi;
l) accreditare i percorsi
formativi anche
attraverso convenzioni
con università ed enti
pubblici o privati;
o) curare l’informativa
al
pubblico circa le regole
e
le condizioni di
esercizio
della professione;
m) assicurare la
compiuta informativa al
pubblico sulle modalità
di
esercizio della
professione;
m) assicurare la
compiuta informativa al
pubblico sulle modalità
di
esercizio della
professione;
p) provvedere
all’organizzazione degli
uffici interni, alla
gestione finanziaria e a
quanto sia necessario
per l’espletamento dei
compiti di cui alla
presente legge;
q) svolgere ogni altra
funzione attribuita ai
sensi del regolamento di
cui all’articolo 35.
i) ogni altra funzione ad
esso attribuita dalla
legge e dai regolamenti.
n) ogni altra funzione ad
esso attribuita
dall’ordinamento di
categoria per lo
svolgimento dei compiti
di cui all’articolo 18 e
al
presente comma.
n) svolgere ogni altra
funzione ad esso
attribuita
dall’ordinamento di
categoria.
3. Il Consiglio nazionale
convoca periodicamente
una Conferenza con
compiti di raccordo con
gli Ordini territoriali
nelle
materie di legislazione
concorrente e nelle
politiche professionali,
nonché di informazione e
di consultazione sulle
questioni di interesse
comune.
Le proposte di legge AAC
3, 1553, 1590 e 2239 prevedono che nel regolamento di attuazione
(AC 3, art. 22) ovvero
attraverso gli ordinamenti di categoria (AC 1553, art. 22, AAC 1590 e 2239,
art. 12) siano definite
le modalità di elezione del consiglio nazionale, sulla base dei seguenti
principi comuni:
garantire la partecipazione degli iscritti, la trasparenza delle operazioni
elettorali,
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 37 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
l’individuazione di
limitazioni all’elettorato attivo e passivo in presenza di gravi e definitivi
provvedimenti
disciplinari.
La disciplina della
professione
Tutte le proposte di
legge qualificano l’accesso alla professione come libero.
Peraltro, oltre
ad ammettere in alcune
ipotesi che il legislatore ponga vincoli di predeterminazione numerica a
coloro che possono in
concreto esercitare la professione, le proposte prevedono che per
l’esercizio di alcune
professioni sia richiesto il superamento di un esame di Stato.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 5, comma 1 Art. 2,
comma 3 Art. 4, co. 1 e 2 Art. 13, co. 1 e 2
(Esercizio della
professione).
(Attività professionali)
(Esercizio della
professione)
(Esercizio della
professione).
1. Fatto salvo quanto
previsto dall'articolo
16,
commi 1 e 2, l'accesso
alla professione è libero
e il suo esercizio è
fondato e ordinato
sull'autonomia di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista.
3. L'accesso alla
professione è libero e il
suo esercizio è fondato e
ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista. Sono
fatti
salvi i vincoli di
predeterminazione
numerica stabiliti dalle
norme vigenti in materia.
1. L'accesso alla
professione è libero e il
suo esercizio è fondato e
ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista.
1. L'accesso alla
professione è libero e il
suo esercizio è fondato e
ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di
giudizio, intellettuale e
tecnica, del
professionista.
2. L'esame di Stato per
l'esercizio di
professioni
che implicano lo
svolgimento di pubbliche
funzioni è soggetto a
predeterminazione
numerica dei posti, ai
sensi di quanto stabilito
dalla legge e tenuto
conto delle esigenze
della collettività.
2. L'esame di Stato per
l'esercizio professionale
di una professione
ordinistica non è
soggetto a
predeterminazione
numerica dei posti, salvo
eccezioni previste da
leggi statali, ed è
basato
sulla verifica
dell'effettività e
dell'utilità
del tirocinio.
Inoltre, le proposte di
legge AAC 1590 e 2239 (articolo 13, comma 3), in relazione alla
professione di notaio –
per la quale riconoscono la predeterminazione numerica – prescrivono
che comunque annualmente
debba svolgersi un concorso nel quale si rendano disponibili almeno
350 posti.
La p.d.l. AC 503,
all’articolo 2 distingue l’attività professionale dall’attività
d’impresa
stabilendone alcuni
connotati specifici - quali lo svolgimento nel rispetto delle norme
deontologiche, la
libertà dell’accesso alla professione (salvi gli eventuali vincoli di
predeterminazione
numerica) – e riserva alla legge dello Stato la determinazione delle ipotesi in
cui anche nel rapporto
di lavoro subordinato sia richiesta l’iscritti in appositi albi; le altre
proposte
di legge - dalla
struttura sul punto molto simile - dedicano un apposito articolo ai liberi
professionisti ed un altro ai professionisti
dipendenti.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 38 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 39 di 81
http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590(Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 6. Art. 5 Art. 14
(Liberi professionisti)
(Liberi professionisti) (Liberi professionisti)
1. La professione è
esercitata,
sulla base dei requisiti
stabiliti
dagli ordinamenti di
categoria, in
forma individuale nonché,
sotto la
responsabilità e la
direzione
personali del
professionista, in
forma associata o
societaria
secondo quanto previsto
al capo
III.
1. La professione è
esercitata,
sulla base dei requisiti
stabiliti
dagli ordinamenti di
categoria, in
forma individuale sotto
la
responsabilità e la
direzione
personali del
professionista,
nonché in forma associata
o
societaria ai sensi di
quanto
previsto dal capo III.
1. La professione è
esercitata,
sulla base dei requisiti
stabiliti
dagli ordinamenti di
categoria, in
forma individuale e in
forma
associata o societaria ai
sensi di
quanto previsto dal capo
VII.
2. Alla professione, in
qualunque
forma esercitata, non si
applica la
sezione I del capo I del
titolo II
del libro V del codice
civile.
2. Alla professione, in
qualunque
forma esercitata, non si
applica la
sezione I del capo I del
titolo II
del libro quinto del
codice civile.
2. Alla professione, in
qualunque
forma esercitata, non si
applicano
le disposizioni della
sezione I del
capo I del titolo II del
libro V del
codice civile.
Art. 7.
(Professionisti
dipendenti).
1. La legge stabilisce le
professioni che possono
essere
esercitate in regime di
lavoro
subordinato, anche a
tempo
parziale, salvaguardando
l'autonomia di giudizio,
intellettuale e tecnica,
del
professionista.[segue]
3. La legge stabilisce le
professioni il cui
esercizio è
compatibile con la
prestazione di
lavoro subordinato,
predisponendo apposite
garanzie
per assicurare
l'autonomia e
l'indipendenza di
giudizio,
intellettuale e tecnica,
del
professionista.
3. La legge stabilisce le
professioni il cui
esercizio è
compatibile con la
prestazione di
lavoro subordinato,
predisponendo apposite
garanzie
per assicurare
l'autonomia e
l'indipendenza di
giudizio,
intellettuale e tecnica,
del
professionista nonché
l'assenza
di conflitti di
interessi, anche in
caso di rapporti a tempo
parziale.
Art. 6 Art. 15
(Professionisti
dipendenti) (Professionisti dipendenti)
2. I professionisti
dipendenti sono
soggetti al regime delle
incompatibilità stabilito
dagli
ordinamenti di categoria
a
garanzia del corretto
esercizio
della professione.
1. I professionisti
dipendenti
esercitano la professione
in
conformità alle
disposizioni della
presente legge, fatte
salve le
incompatibilità previste
dagli
ordinamenti di categoria.
1. I professionisti
dipendenti
esercitano la professione
in
conformità alle
disposizioni della
presente legge, fatte
salve le
incompatibilità previste
dagli
ordinamenti di categoria
e dalla
legge.
3. Nel caso in cui
l'abilitazione
professionale costituisca
requisito
per l'instaurazione del
rapporto di
lavoro subordinato è
obbligatoria
l'iscrizione all'albo per
l'espletamento delle
relative
mansioni secondo quanto
previsto dagli
ordinamenti di
categoria.
2. Nel caso in cui
l'abilitazione
professionale costituisca
requisito
per l'instaurazione del
rapporto di
lavoro subordinato è
obbligatoria
l'iscrizione all'albo per
l'espletamento delle
relative
mansioni, ai sensi di
quanto
previsto dagli
ordinamenti di
categoria.
2. Nel caso in cui l'abilitazione
professionale costituisca
requisito
per l'instaurazione del
rapporto di
lavoro subordinato è
obbligatoria
l'iscrizione all'albo per
l'espletamento delle
relative
mansioni, ai sensi di
quanto
previsto dagli
ordinamenti di
categoria.
4. I professionisti
dipendenti
pubblici sono soggetti
alle
specifiche norme del
codice
deontologico, che sono
emanate
ai sensi dell'articolo 23
dai
Consigli nazionali,
tenuto conto
delle disposizioni che
regolano il
rapporto di lavoro.
3. I professionisti
dipendenti
pubblici sono soggetti
alle norme
deontologiche, stabilite
ai sensi
dell'articolo 23, nel
rispetto dei
princìpi di buon
andamento e di
imparzialità della
pubblica
amministrazione.
3. I professionisti
dipendenti
pubblici, nell'ipotesi di
cui al
comma 2, sono soggetti
alle
norme deontologiche,
stabilite ai
sensi dell'articolo 22,
nel rispetto
dei princìpi di buon
andamento e
imparzialità della
pubblica
amministrazione.
4. Ai dipendenti pubblici
si
applicano le disposizioni
stabilite
dal capo IV del titolo
III del testo
unico delle leggi
sull'ordinamento
degli enti locali, di cui
al decreto
legislativo 18 agosto
2000, n.
267, e successive
modificazioni.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 40 di 81
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Per le professioni di
interesse generale, l’AC. 3 affida agli ordinamenti di categoria il
compito
di determinare le caratteristiche
della professione e i requisiti per l’accesso alla stessa
(articolo 15). In
particolare, spetta all’ordinamento di categoria individuare:
- le competenze
professionali sulla base del titolo di studio universitario e dell'esame di
Stato per l'abilitazione
all'esercizio professionale, con la puntuale identificazione delle
prestazioni riservate,
se del caso in esclusiva;
- il titolo professionale;
- i requisiti formativi
per l'esercizio professionale;
- il tirocinio per
l'ammissione all'esame di Stato;
- il regime delle
incompatibilità;
- gli ulteriori requisiti
per l'esercizio professionale a tutela degli interessi generali ad esso
connessi.
Il superamento
dell’esame di Stato è richiesto quando (articolo 16):
_ la professione incide su interessi generali;
_ sussiste un'esigenza di tutela dell'affidamento della clientela o
della collettività;
_ emerge una rilevanza sociale dei costi derivanti dall'esercizio
non corretto della professione.
In relazione ai medesimi
temi, la proposta AC 503 prescrive invece l’esame di Stato (articolo
5) per l'abilitazione
all'esercizio di una professione che comprende lo svolgimento di attività
riservate in esclusiva;
a tale esame si può accedere dopo un corso di formazione istituito e
disciplinato dagli
ordini e dai collegi professionali d'intesa con le università. Laddove sia
predeterminato il numero
di quanti possono accedere alla professione la selezione dovrà
svolgersi attraverso procedure
di evidenza pubblica.
L’articolo 15 dell’AC.
1553 stabilisce che le condizioni e i presupposti per
l’esercizio delle
professioni di interesse
generale - per le quali è previsto il superamento di un esame di Stato e
l’iscrizione in un albo
(articolo 16) - siano disciplinate con i decreti legislativi adottati
nell’esercizio
della più generale
delega contemplata dall’articolo 37. I decreti dovranno essere adottati nel
rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
_ incidenza della attività professionale sugli interessi generali
meritevoli di specifica tutela;
_ esigenza di tutela dell’affidamento;
_ rilievo sociale dei costi derivanti dall’esercizio non corretto
delle attività professionali;
Spetta agli ordinamenti
di categoria (analogamente a quanto previsto dall’AC. 3) definire le
competenze professionali
degli appartenenti all’Ordine e le prestazioni riservate, il titolo
professionale, i
requisiti formativi, le modalità del tirocinio, le incompatibilità e gli
ulteriori requisiti
nell’interesse generale.
Gli AAC. 1590 e 2239
prevedono invece che si possa accedere alle professioni intellettuali
organizzate in ordini
professionali previo superamento di un esame di Stato (articolo 13); spetterà
all’ordinamento
professionale definire il percorso formativo e le modalità del tirocinio
che
costituiranno condizioni
e requisiti per la partecipazione all’esame (articolo 16).
La formazione del
professionista e il tirocinio
Tutte le proposte di
legge demandano a decreti ministeriali l’individuazione dei titoli
universitari richiesti
per l’accesso alle professioni; le proposte di legge AAC 3, 1553, 1590 e
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07/12/2010
2239 prevedono inoltre
l’istituzione di apposite scuole di formazione e delineano un processo
di
aggiornamento continuo
dei professionisti.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 29. Art. 5 Art. 28
Art. 17
(Scuole di formazione e
corsi di aggiornamento
professionale).
(Accesso alle professioni
regolamentate)
(Scuole di formazione e
corsi di aggiornamento
professionale)
(Scuole di formazione e
corsi di aggiornamento
professionale).
1. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35 sono
istituite apposite scuole
e
sono previsti i criteri
sulla
base dei quali l'Ordine
può, nel rispetto delle
direttive del Consiglio
nazionale, istituire,
anche mediante
convenzioni e
partecipazioni di
amministrazioni
pubbliche, istituti di
formazione, casse di
previdenza, sindacati e
associazioni di
professionisti, scuole di
alta formazione per i
professionisti e i
tirocinanti.
1. Gli ordinamenti di
categoria possono
istituire apposite scuole
ovvero possono
prevedere i criteri sulla
base dei quali l'ordine
professionale può, nel
rispetto delle direttive
del
consiglio nazionale,
istituire, anche mediante
convenzioni e con la
partecipazione di
amministrazioni
pubbliche, istituti di
formazione, casse di
previdenza, sindacati e
associazioni di
professionisti, scuole di
alta formazione per i
professionisti e i
tirocinanti.
1. Gli ordinamenti di
categoria possono
istituire apposite scuole
di alta formazione per i
professionisti e i
tirocinanti, ovvero
possono prevedere i
criteri sulla base dei
quali l'Ordine
territoriale,
nel rispetto delle
direttive
del Consiglio nazionale,
può istituire tali
scuole,
anche mediante
convenzioni e con la
partecipazione di
amministrazioni
pubbliche, istituti di
formazione, casse di
previdenza, sindacati e
associazioni di
professionisti.
2. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, il
Ministro
dell'università e della
ricerca, di concerto con
i
Ministri competenti,
stabilisce i requisiti
per il
riconoscimento dei titoli
rilasciati dalle scuole
ai
fini della formazione e
dell'ammissione
all'esame di Stato per
l'esercizio della
professione.
5. Entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore
della presente legge, al
fine di assicurare
requisiti uniformi per
l'accesso al sistema
degli ordini e dei
collegi
professionali, in
conformità a quanto
disposto dalla presente
legge, con uno o più
decreti del Ministro
dell'università e della
ricerca, sentiti il
Consiglio universitario
nazionale e i consigli
nazionali degli ordini e
dei collegi professionali,
sono stabilite le
corrispondenze tra titoli
universitari ai fini
dell'accesso alle
professioni
intellettuali.
2. Il Ministro
dell'istruzione,
dell'università e della
ricerca, di concerto il
Ministro della giustizia,
riconosce con decreto i
titoli rilasciati dalle
scuole ai fini della
formazione e
dell'ammissione
all'esame di Stato per
l'esercizio della
professione e vigila
sull'esercizio delle
funzioni in materia di
formazione da parte
degli ordini
professionali.
2. Il Ministro
dell'istruzione,
dell'università e della
ricerca, di concerto con
il
Ministro della giustizia,
riconosce con decreto i
titoli rilasciati dalle
scuole di cui al comma 1
ai fini della formazione
e
dell'ammissione
all'esame di Stato per
l'esercizio della
professione e vigila
sull'esercizio delle
funzioni in materia di
formazione da parte
degli Ordini
territoriali.
3. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, il
Ministro
della giustizia, di
concerto con il Ministro
dell'università e della
ricerca, definisce le
condizioni e i criteri
per
la formazione ai fini del
tirocinio e per
l'aggiornamento
professionale degli
iscritti, sulla base dei
quali possono essere
3. Gli ordinamenti di
categoria stabiliscono i
criteri per la formazione
ai fini del tirocinio e
per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti. Sulla
base
di tali criteri e nel
rispetto
del principio di libera
concorrenza, da parte di
ordini professionali,
associazioni e sindacati
dei professionisti e
casse
di previdenza, possono
3. Gli ordinamenti di
categoria stabiliscono i
criteri per la formazione
ai fini del tirocinio e
per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti. Sulla
base
di tali criteri e nel
rispetto
del principio di libera
concorrenza, Ordini
(territoriali nella pdl
2239), associazioni e
sindacati dei
professionisti e casse di
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
organizzati, anche ad
opera di Ordini,
università, associazioni
e
sindacati dei
professionisti e casse di
previdenza, i relativi
corsi.
essere promossi e
organizzati, mediante
adeguate strutture,
seminari e corsi di
formazione. I seminari e
i
corsi di formazione per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti sono
altresì
promossi e organizzati
da soggetti privati.
previdenza possono
promuovere e
organizzare, mediante
adeguate strutture,
seminari e corsi di
formazione. I seminari e
i
corsi di formazione per
l'aggiornamento
professionale periodico
degli iscritti sono
altresì
promossi e organizzati
da soggetti privati,
previa
approvazione dell'Ordine
(territoriali nella pdl
2239) cui sono rivolti.
4. Le università e gli
istituti del secondo
ciclo
di istruzione, d'intesa
con
gli ordini professionali,
possono istituire corsi
per la preparazione
all'esame di Stato e per
l'aggiornamento
professionale.
4. Le università e gli
istituti del secondo
ciclo
di istruzione, di intesa
con gli Ordini
territoriali,
possono istituire corsi
per la preparazione
all'esame di Stato, per
l'aggiornamento
professionale e per
l'anticipazione del
tirocinio nell'ultimo
anno
di istruzione.
Tutte le proposte di
legge prevedono il tirocinio per l’accesso alle professioni regolamentare
demandandone la compiuta
disciplina al regolamento governativo (AC 3) ovvero all’ordinamento
di categoria (AAC. 503,
1553, 1590 e 2239). Tutte le proposte convergono sulla necessità di
stabilire un equo
compenso per il tirocinante mentre divergono sulla durata del periodo
formativo (tre o due
anni) e sulla possibilità di svolgere lo stesso in concomitanza con gli
studi
universitari.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 17. Art. 5 Art. 16
Art. 16
(Tirocinio, esame di
Stato e concorso).
(Accesso alle professioni
regolamentate)
(Tirocinio ed esame di
Stato)
(Tirocinio ed esame di
Stato)
1. Il tirocinio per
l'ammissione all'esame
di Stato è disciplinato,
ai
sensi del regolamento di
cui all'articolo 35,
sulla
base dei seguenti criteri
e princìpi:
1. L'ordinamento di
categoria stabilisce le
condizioni e i requisiti
del
tirocinio professionale
per l'ammissione
all'esame di Stato, sulla
base dei seguenti
princìpi e criteri
direttivi:
1. Nell'ordinamento
professionale approvato
ai sensi dell'articolo 4
sono stabiliti le
condizioni e i requisiti
del
tirocinio professionale
per l'ammissione
all'esame di Stato, sulla
base dei seguenti
princìpi e criteri
direttivi:
a) il tirocinio è volto
all'acquisizione dei
fondamenti teorici,
pratici
e deontologici della
professione;
3. La disciplina del
tirocinio, ove previsto,
si
conforma a criteri che
garantiscono
l'effettività
dell'attività formativa e
il
suo adeguamento
costante all'esigenza di
assicurare il miglior
esercizio della
professione. […]
a) il tirocinio è volto
all'acquisizione dei
fondamenti teorici,
pratici
e deontologici della
professione;
a) il tirocinio è volto
all'acquisizione dei
fondamenti teorici,
pratici
e deontologici della
professione;
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
b) la durata del
tirocinio
non può essere
superiore a tre anni e
tiene conto della
specificità della
professione;
[…] La durata del
tirocinio non può essere
superiore a tre anni. […]
b) la durata del
tirocinio
non può essere
superiore a tre anni;
b) la durata del
tirocinio
non può essere
superiore a due anni,
salvo casi speciali;
c) il tirocinio è svolto
sotto la responsabilità
di
un professionista, con
adeguata anzianità di
iscrizione all'albo,
anche
se effettuato presso
amministrazioni o
imprese che svolgono
attività nel settore di
riferimento della
professione;
[…] Il tirocinio può
essere svolto, secondo
quanto previsto da
ciascun ordinamento e
comunque sempre sotto
la responsabilità di un
professionista, anche
presso amministrazioni e
società che svolgono
attività nel settore di
riferimento della
professione. Il
professionista che
accoglie presso il suo
studio il tirocinante
deve
essere iscritto all'albo
e
avere un'adeguata
anzianità di iscrizione.
c) il tirocinio è svolto
sotto la responsabilità
di
un professionista
iscritto
all'albo, con adeguata
anzianità di iscrizione,
anche se effettuato
presso amministrazioni,
società e aziende che
svolgono attività nel
settore di riferimento
della professione;
c) il tirocinio è svolto
sotto la responsabilità
di
un professionista
iscritto
all'albo, con adeguata
anzianità di iscrizione,
anche se effettuato
presso amministrazioni,
società e aziende che
svolgono attività nel
settore di riferimento
della professione;
d) il tirocinio può anche
essere svolto
parzialmente, mediante
la partecipazione a corsi
di formazione per la
preparazione agli esami
di Stato o all'estero nel
rispetto di quanto
previsto dalla lettera
c);
[…] Secondo quanto
previsto da ciascun
ordinamento, esso può
essere svolto, sotto il
controllo degli ordini e
dei collegi
professionali,
in concomitanza al corso
di studio necessario per
il conseguimento
dell'abilitazione
professionale, ovvero
mediante la
partecipazione a corsi di
formazione per la
preparazione degli esami
di Stato o all'estero,
sotto
la responsabilità di un
professionista […].
d) il tirocinio può anche
essere svolto
parzialmente, mediante
la partecipazione a corsi
di formazione per la
preparazione agli esami
di Stato, in Paesi membri
dell'Unione europea o in
altri Paesi esteri, ai
sensi
della lettera c);
d) il tirocinio può anche
essere svolto
parzialmente, mediante
la partecipazione a corsi
di formazione per la
preparazione agli esami
di Stato, in Paesi
dell'Unione europea o in
altri Paesi esteri, fermo
restando quanto previsto
dalla lettera c);
e) deve essere stabilito
un equo compenso a
favore di chi svolge il
tirocinio, tenendo conto
dell'effettivo apporto
del
tirocinante e con
riferimento, ove
previsto,
al regime tariffario
delle
prestazioni rese;
[…] È previsto un equo
compenso del
tirocinante, commisurato
al suo concreto apporto,
fiscalmente detraibile
dal
professionista. […]
e) deve essere stabilito
un equo compenso in
favore di chi svolge il
tirocinio, tenendo conto
dell'effettivo apporto
del
tirocinante, con
riferimento al regime
tariffario delle
prestazioni
rese.
e) deve essere stabilito
un equo compenso in
favore di chi svolge il
tirocinio, tenendo conto
dell'effettivo apporto
del
tirocinante, con
riferimento al regime
tariffario delle
prestazioni
rese. La retribuzione
economica non può
comunque essere
inferiore del 20 per cento
del trattamento
contrattuale più
favorevole previsto per
gli apprendisti negli
studi
professionali, anche se
erogata con riferimento
alle vigenti tariffe
professionali.
f) il tirocinio può
essere
svolto anche durante il
corso di studi secondo le
modalità convenute tra
gli Ordini e le
università
[…] Secondo quanto
previsto da ciascun
ordinamento, esso può
essere svolto, sotto il
controllo degli ordini e
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
o gli altri istituti che
svolgono attività di
formazione professionale
o tecnica superiore.
dei collegi
professionali,
in concomitanza al corso
di studio necessario per
il conseguimento
dell'abilitazione
professionale, ovvero
mediante la
partecipazione a corsi di
formazione per la
preparazione degli esami
di Stato o all'estero,
sotto
la responsabilità di un
professionista […].
[…] Al tirocinante non si
applicano le norme sul
contratto di lavoro per i
dipendenti di studi
professionali. […]
2. Al tirocinante non si
applicano le norme sul
contratto di lavoro
previste per i dipendenti
di studi professionali.
2. Al tirocinante non si
applicano le norme sui
contratto di lavoro per i
dipendenti di studi
professionali.
L’esame di Stato
Tre delle proposte di
legge in esame demandano al Governo (attraverso il regolamento di
attuazione nell’AC 3, la
modifica del regolamento n. 328 del 2001 nell’AC 503, ovvero
nell’esercizio della più
generale delega prevista dall’art. 37 nell’AC 1553) la nuova disciplina
dell’esame di Stato,
mentre, in base agli AC 1590 e 2239, tale disciplina deve essere introdotta
nell’ordinamento
professionale. Tutte le proposte di legge dettano comunque principi e criteri
direttivi per la
definizione di tale nuova disciplina.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 17. Art. 5 Art. 16
Art. 16 Art. 16
(Tirocinio, esame
di Stato e
concorso).
(Accesso alle
professioni
regolamentate)
(Tirocinio ed
esame di Stato)
(Tirocinio ed esame
di Stato)
(Tirocinio ed esame
di Stato)
2. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35,
l'esame di Stato,
anche in forma
concorsuale, è
disciplinato sulla
base dei seguenti
criteri e princìpi:
4. Entro sei mesi
dalla data di
entrata in vigore
della presente
legge, il Governo
apporta al
regolamento di cui
al decreto del
Presidente della
Repubblica 5
giugno 2001, n.
328, le modifiche
necessarie al fine
di disciplinare, in
conformità a
quanto previsto
dalla presente
legge, i requisiti per
l'ammissione
all'esame di Stato, i
percorsi formativi,
le relative classi di
laurea e di laurea
magistrale, nonché
le modalità per il
suo svolgimento
garantendo
3. Nell'ambito della
delega prevista
dall'articolo 37, il
Governo provvede
a disciplinare
l'esame di Stato
sulla base dei
seguenti princìpi e
criteri direttivi:
3. Nell'ordinamento
professionale
approvato ai sensi
dell'articolo 4 si
provvede a
disciplinare l'esame
di Stato sulla base
dei seguenti princìpi
e criteri direttivi:
3. Nell'ordinamento
di categoria,
approvato ai sensi
dell'articolo 4,
commi 2 e 3, si
provvede a
disciplinare l'esame
di Stato sulla base
dei seguenti princìpi
e criteri:
a) l'esame di Stato
deve garantire
l'uniforme
valutazione dei
candidati e la
verifica oggettiva
del possesso delle
conoscenze e delle
attitudini
necessarie per lo
svolgimento
dell'attività
professionale;
a) l'esame deve
garantire
l'uniforme
valutazione dei
candidati e la
verifica oggettiva
del possesso delle
conoscenze e
dell'attitudine
necessarie per lo
svolgimento
dell'attività
professionale;
a) l'esame deve
garantire la seria
valutazione del
merito dei candidati
e la verifica
oggettiva del
possesso delle
conoscenze e delle
attitudini necessarie
per lo svolgimento
dell'attività
professionale;
a) l'esame deve
garantire la seria
valutazione del
merito dei candidati
e la verifica
oggettiva del
possesso delle
conoscenze e delle
attitudini necessarie
per lo svolgimento
dell'attività
professionale;
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AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
b) l'esame deve
prevalentemente
basarsi su una
verifica periodica
dell'effettività del
tirocinio, soggetta a
valutazione anche
tramite un sistema
di crediti;
b) l'esame deve
essere basato
prevalentemente su
una verifica
periodica
dell'effettività del
tirocinio, soggetta a
valutazione anche
tramite un sistema
di crediti;
b) nelle
commissioni
giudicatrici non più
della metà dei
commissari, tra cui
il presidente, sono
scelti dal Ministro
competente
nell'ambito di una
rosa di candidati
designati
dall'Ordine
territoriale tra gli
iscritti agli albi.
[…] Nelle
commissioni
giudicatrici non più
della metà dei
commissari, tra cui
il presidente, è
designata
dall'ordine o
collegio territoriale
tra gli iscritti agli
albi con adeguata
anzianità.
b) nelle
commissioni
giudicatrici non più
della metà dei
commissari, tra cui
il presidente, sono
designati
dall'Ordine
territoriale tra gli
iscritti agli albi.
c) nelle commissioni
giudicatrici, non più
della metà dei
commissari, tra cui il
presidente, è
designata
dall'Ordine tra gli
iscritti allo stesso
Ordine
territorialmente
competente per
l'esame
c) nelle commissioni
giudicatrici non oltre
la metà dei
commissari, tra cui il
presidente, sono
designati dal
Consiglio nazionale
tra gli iscritti allo
stesso ordine
territoriale
competente per
l'esame.
(segue). In ogni
caso, almeno la
metà dei
commissari è
designata con
sorteggio tra i
professionisti iscritti
all'albo da almeno
dieci anni.
4. In ogni caso,
almeno la metà dei
commissari è
designata con
sorteggio tra i
professionisti iscritti
all'albo da almeno
dieci anni.
Il codice deontologico e
la responsabilità disciplinare
Tutte le proposte di
legge prevedono che il codice deontologico per l’esercizio della
professione sia adottato
dal Consiglio nazionale. In particolare, la p.d.l. 503 (Siliquini e
altri), che
non dedica uno specifico
articolo al codice, afferma (art. 64) che il codice è deliberato dal
Congresso nazionale, su
proposta del Consiglio nazionale.
Per quanto invece
riguarda le altre tre proposte di legge:
AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
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07/12/2010
Art. 23. Art. 23 Art. 22
(Codice deontologico).
(Codice deontologico) (Codice deontologico).
1. Il codice
deontologico, ai
sensi dell'articolo 2,
comma 3,
assicura il corretto
esercizio
della professione a
tutela degli
interessi collettivi e
generali ad
esso connessi nonché a
presidio del decoro della
professione medesima.
1. Il codice deontologico
per
l'esercizio professionale
assicura il corretto
esercizio
della professione nonché
il
decoro e il prestigio
della
professione medesima.
1. Il codice deontologico
per
l'esercizio professionale
assicura il
corretto esercizio della
professione
nonché il decoro e il prestigio
della
professione medesima e
garantisce i
diritti dei cittadini
utenti delle
prestazioni
professionali. Il codice
deontologico afferma i
princìpi della
responsabilità
professionale, della
qualità, della
sussidiarietà e della
leale concorrenza.
2. Il codice deontologico
è
adottato dal Consiglio
nazionale previa
consultazione
degli Ordini
territoriali.
2. Il codice deontologico
è
adottato e periodicamente
aggiornato dal consiglio
nazionale, previa
consultazione degli
ordini
territoriali.
2. Il codice deontologico
è adottato e
periodicamente aggiornato
dal
Consiglio nazionale,
previa
consultazione degli
Ordini territoriali.
3. Il codice deontologico
è
pubblicato nei siti
internet
dell'Ordine
professionale.
3. Il codice deontologico
è
pubblicato e reso
accessibile ai
terzi in modo adeguato da
parte dell'ordine
professionale.
3. Il codice deontologico
è pubblicato
e reso accessibile ai
terzi da parte
dell'Ordine
professionale.
Tutte le proposte di
legge delineano il quadro delle sanzioni disciplinari applicabili e
disciplinano seppure
sommariamente le caratteristiche del relativo procedimento.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
Art. 26. Art. 25 Art. 23
Art. 23
(Responsabilità
disciplinare).
(Responsabilità
disciplinare)
(Responsabilità
disciplinare).
(Responsabilità
disciplinare).
1. Il professionista
deve:
1. Il professionista
deve:
1. Il professionista
deve:
1. Il professionista
deve:
a) rispettare la
legge e il codice
deontologico;
a) rispettare le
leggi e il codice
deontologico;
a) rispettare le
leggi e il codice
deontologico;
a) rispettare le
leggi e il codice
deontologico;
b) comportarsi in
modo conforme al
decoro
professionale;
b) comportarsi in
modo conforme
alla dignità e al
decoro
professionali;
b) comportarsi in
modo conforme
alla dignità e al
decoro
professionale, alla
qualità
professionale, al
rispetto dell'utente
e al principio di
leale concorrenza;
b) comportarsi in
modo conforme
alla dignità e al
decoro
professionali, alla
qualità
professionale, al
rispetto dell'utente
e al principio di
leale concorrenza;
c) curare
l'aggiornamento
della formazione
professionale.
c) curare
l'aggiornamento
della propria
formazione
professionale.
c) provvedere
all'aggiornamento
della propria
formazione
professionale
secondo quanto
previsto
dall'ordinamento di
categoria.
c) provvedere
all'aggiornamento
della propria
formazione
professionale
secondo quanto
previsto
dall'ordinamento di
categoria.
2. Il professionista
che non ottempera
ai doveri di
aggiornamento
professionale e che
interrompe
l'esercizio
2. Il professionista
che non ottempera
ai doveri di
aggiornamento
professionale e che
interrompe
l'esercizio
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07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590
(Vitali)
AC. 2239
(Mantini)
professionale per
un periodo
prolungato,
secondo i criteri
stabiliti
dall'ordinamento di
categoria, è radiato
dall'albo.
professionale per
un periodo
prolungato,
secondo i criteri
stabiliti dai rispettivi
ordinamenti di
categoria e codice
deontologico, è
sospeso o radiato
dall'albo di
appartenenza.
Con specifico
riferimento alle sanzioni e al procedimento:
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 27. Art. 66 Art. 26
Art. 24
(Sanzioni disciplinari).
(Funzione disciplinare
e consigli di disciplina)
(Sanzioni disciplinari)
(Sanzioni disciplinari).
1. In caso di violazione
delle disposizioni di cui
all'articolo 26 sono
irrogate le sanzioni
disciplinari previste dal
presente articolo.
1. La violazione delle
disposizioni di cui
all'articolo 25 comporta
l'irrogazione di sanzioni
disciplinari.
1. La violazione delle
disposizioni di cui all'articolo
25 (articolo 23
nell’AC
2239) comporta
l'irrogazione delle
sanzioni
disciplinari stabilite
dall'ordinamento di
categoria nel rispetto di
quanto previsto dal
presente articolo.
2. Le sanzioni
disciplinari sono
proporzionali alla
gravità della
violazione.
2. Le sanzioni
disciplinari sono
proporzionali alla
gravità della
violazione.
2. Le sanzioni
disciplinari
sono proporzionali alla
gravità della violazione.
3. Le sanzioni
disciplinari sono:
3. Non sono
ammesse sanzioni
diverse dalle seguenti:
3. Le sanzioni
disciplinari sono le
seguenti:
3. Le sanzioni
disciplinari
sono le seguenti:
a) l'avvertimento:
consiste in un richiamo
scritto comunicato
all'interessato;
a) l'ammonizione, che
consiste in un
richiamo scritto
comunicato
all'interessato;
a) l'avvertimento, che
consiste in un richiamo
scritto comunicato
all'interessato;
a) l'avvertimento, che
consiste in un richiamo
scritto comunicato
all'interessato;
b) la censura: consiste
in una dichiarazione di
biasimo resa pubblica;
b) la censura, che
consiste in una nota di
biasimo resa pubblica;
b) la censura, che
consiste in una
dichiarazione di
biasimo resa pubblica;
b) la censura, che
consiste
in una dichiarazione di
biasimo resa pubblica;
c) la sospensione:
consiste nell'inibizione
all'esercizio della
professione per un
massimo di due anni;
c) la sospensione, che
consiste nell'inibizione
dall'esercizio della
professione per un
periodo massimo di
diciotto mesi;
c) la sospensione, che
consiste nell'inibizione
all'esercizio della
professione da un
minimo di un mese a
un massimo di due
anni;
c) la sospensione, che
consiste nell'inibizione
all'esercizio della
professione da un minimo
di
un mese a un massimo di
due anni;
d) la destituzione;
e) la radiazione:
consiste nella
cancellazione
dall'albo.
d) la radiazione, che
consiste nella
cancellazione
dall'albo.
d) la radiazione, che
consiste nella
cancellazione dall'albo.
d) la radiazione, che
consiste nella
cancellazione
dall'albo.
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07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
4. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, sono
determinate le
condizioni e le
procedure per le quali
l'iscritto può essere
eccezionalmente
sospeso in via
cautelare dall'esercizio
della professione; in
ogni caso la
sospensione non può
avere durata superiore
a dodici mesi.
4. L'ordinamento di
categoria determina le
condizioni e le
procedure con le quali
l'iscritto può essere
eccezionalmente
sospeso in via
cautelare dall'esercizio
della professione; in
ogni caso la
sospensione cautelare
non può avere durata
superiore a un anno.
4. L'ordinamento di
categoria determina le
condizioni e le procedure
con le quali l'iscritto può
essere eccezionalmente
sospeso in via cautelare
dall'esercizio della
professione; in ogni caso
la
sospensione cautelare non
può avere durata
superiore
a un anno.
5. Il professionista
radiato può chiedere di
essere reiscritto
all'albo, sussistendone
i presupposti, non
prima di cinque anni
dalla data di efficacia
del provvedimento di
radiazione.
5. Il professionista
radiato può chiedere di
essere reiscritto
all'albo, sussistendone
i presupposti, non
prima di cinque anni
dalla data di efficacia
del provvedimento di
radiazione.
5. Il professionista
radiato
può chiedere di essere
reiscritto all'albo,
sussistendone i
presupposti, non prima di
cinque anni dalla data di
efficacia del
provvedimento
di radiazione.
6. Nel caso di società
costituita da
professionisti iscritti
all'albo la
responsabilità
disciplinare del socio
concorre con quella
della società se la
violazione commessa
è ricollegabile a
direttive impartite dalla
società.
6. Nel caso di società
tra professionisti
iscritti
all'albo, la
responsabilità
disciplinare del socio
concorre con quella
della società se la
violazione commessa
è ricollegabile a
direttive impartite dalla
società.
6. Nel caso di società
tra
professionisti iscritti
all'albo,
la responsabilità
disciplinare
del socio concorre con
quella della società se
la
violazione commessa è
riconducibile a direttive
impartite dalla società.
7. Nel caso di società
costituita da
professionisti
appartenenti a
categorie diverse, la
cancellazione da uno
degli albi ai quali la
società è iscritta è
causa legittima di
esclusione dei soci
iscritti al medesimo
albo.
7. Nel caso di società
interprofessionale, la
cancellazione da uno
degli albi nei quali la
società è iscritta è
causa legittima di
esclusione dei soci
iscritti al medesimo
albo.
7. Nel caso di società
interprofessionale, la
cancellazione da uno
degli
albi nei quali la società
è
iscritta è causa
legittima di
esclusione dei soci
iscritti al
medesimo albo.
Art. 28. Art. 66 Art. 27
Art. 25
(Procedimento
disciplinare).
(Funzione disciplinare
e consigli di disciplina)
(Procedimento
disciplinare)
(Procedimento
disciplinare).
1. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35 è
disciplinato, sulla base
dei princìpi del codice
di procedura civile, in
quanto compatibili, e
dei princìpi di cui al
comma 2, il
procedimento
disciplinare, che ha
inizio d'ufficio o su
1. Gli ordinamenti di
categoria disciplinano,
nel rispetto dei princìpi
del codice di procedura
civile, in quanto
compatibili, il
procedimento
disciplinare, che ha
inizio d'ufficio, su
segnalazione del
cliente o di chiunque vi
abbia interesse.
1. Gli ordinamenti di
categoria disciplinano,
nel
rispetto dei princìpi del
codice di procedura
civile,
in quanto compatibili, il
procedimento
disciplinare,
che ha inizio d'ufficio,
su
segnalazione del cliente
o
di chiunque vi abbia
interesse ovvero,
nell'esercizio dei suoi
poteri
di vigilanza, su
richiesta del
Ministro della giustizia.
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07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
istanza di chiunque vi
abbia interesse.
1. Gli statuti degli
ordini e dei collegi
professionali
prevedono l'istituzione
di organi territoriali,
diversi da quelli aventi
funzioni
amministrative, ai
quali sono
specificamente
affidate l'istruzione e
la decisione delle
questioni disciplinari.
2. Gli ordinamenti di
categoria prevedono e
disciplinano
l'affidamento
dell'esercizio delle
funzioni
disciplinari a uno
specifico
organo, distinto dal
consiglio dell'Ordine
territoriale e presieduto
da
un magistrato.
2. Il procedimento è
ordinato nel rispetto
dei seguenti princìpi:
2. Il procedimento
disciplinare si svolge
secondo le norme
stabilite dai
regolamenti di cui
all'articolo 3, comma
4, le quali devono
assicurare il diritto
dell'incolpato a
conoscere le
violazioni che gli sono
contestate, a
prendere cognizione
ed estrarre copia dei
documenti che
formano il fascicolo, a
nominare come
difensore un avvocato
ovvero un collega del
proprio ordine o
collegio professionale,
a presentare memorie
a discolpa, ad essere
personalmente sentito
durante l'udienza
della commissione.
2. Il procedimento
disciplinare si svolge
nel rispetto dei
seguenti princìpi:
3. Il procedimento
disciplinare è svolto
assicurando:
a) contestazione degli
addebiti;
a) contestazione degli
addebiti;
a) la contestazione degli
addebiti;
b) diritto di difesa; b)
diritto di difesa; b) il diritto di difesa;
c) distinzione fra le
funzioni istruttorie e
giudicanti;
c) distinzione tra le
funzioni istruttorie e
quelle giudicanti;
c) la distinzione tra le
funzioni istruttorie e
quelle
giudicanti;
d) motivazione delle
decisioni e pubblicità
del provvedimento;
d) motivazione delle
decisioni e pubblicità
del provvedimento;
d) la motivazione delle
decisioni e la pubblicità
del
provvedimento;
e) facoltà
dell'esponente con
esclusione del potere
di impugnativa.
e) facoltà
dell'esponente con
esclusione del potere
di impugnativa.
e) le facoltà
dell'esponente
(nella pdl 2239, soggetto
che ha presentato la
segnalazione), con
esclusione del potere di
impugnativa, salvo quanto
previsto dal comma 6.
3. L'azione disciplinare
si prescrive in tre anni
dalla data di
commissione
dell'illecito e il
procedimento deve
concludersi, a pena di
decadenza, entro
ventiquattro mesi dalla
sua apertura, fatte
salve le ipotesi di
sospensione e di
interruzione del
procedimento.
3. L'azione disciplinare
si prescrive in cinque
anni dalla data di
commissione
dell'illecito e il
procedimento deve
concludersi, a pena di
decadenza, entro
ventiquattro mesi dalla
sua apertura, fatte
salve le ipotesi di
sospensione e di
interruzione del
procedimento stesso.
4. L'azione disciplinare
si
prescrive in cinque anni
dalla data della presunta
violazione e il
procedimento
deve concludersi, a pena
di
decadenza, entro
ventiquattro mesi dalla
sua
apertura, fatte salve le
ipotesi di sospensione e
di
interruzione del
procedimento stesso.
4. Al procedimento
non si applica la legge
7 agosto 1990, n. 241,
e successive
modificazioni.
4. Al procedimento
disciplinare di cui al
presente articolo non si
applica la legge 7
agosto 1990, n. 241, e
successive
modificazioni.
5. Al procedimento
disciplinare di cui al
presente articolo non si
applica la legge 7 agosto
1990, n. 241.
5. Avverso i
provvedimenti
disciplinari emanati
dalla commissione
disciplinare è
4. I ricorsi avverso le
decisioni del consiglio
di disciplina rientrano
nella giurisdizione del
consiglio nazionale.
5. Avverso i
provvedimenti
disciplinari emanati
dall'ordine territoriale
è
ammesso ricorso al
6. Avverso i
provvedimenti
disciplinari emanati
dall'Ordine territoriale
è
ammesso ricorso al
Consiglio nazionale,
salvo
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07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
ammesso ricorso al
Consiglio nazionale,
salvo che sia prevista
impugnazione innanzi
a diversa autorità.
consiglio nazionale,
salvo che
l'ordinamento non
preveda impugnazione
davanti a un'autorità
diversa.
che l'ordinamento non
preveda la possibilità di
impugnazione davanti a
un'autorità diversa.
6. Sono fatte salve le
disposizioni legislative
vigenti che regolano i
procedimenti
disciplinari delle
professioni istituite
prima dell'entrata in
vigore della
Costituzione.
7. Sono fatte salve le
disposizioni legislative
vigenti che regolano i
procedimenti disciplinari
delle professioni
istituite
prima del 1° gennaio 1948
(nella pdl 2239, prima
della
data di entrata in vigore
della Costituzione).
Tariffe
Come evidenziato dal
seguente raffronto, le proposte di legge divergono sul punto del regime
tariffario. In taluni
casi alle tariffe predeterminate viene attribuito carattere inderogabile, in
altri
casi, viene affermato il
carattere recessivo rispetto all’accordo delle parti.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 25. Art. 6 Art. 30
Art. 20
(Regime tariffario)
(Tariffe) (Regime tariffario) (Regime tariffario)
1. Il professionista è
tenuto a rendere noto al
cliente il livello della
complessità
dell'incarico,
fornendo le informazioni
utili circa gli oneri
ipotizzabili al momento
del conferimento.
2. Il compenso spettante
al professionista è
fissato previa
determinazione
consensuale tra le parti,
fatto salvo il rispetto
delle tariffe minime
stabilite con decreto del
Ministro della giustizia
nell'interesse generale.
1. Ai sensi del
regolamento di cui
all'articolo 35, il
Ministro
competente, su proposta
dei rispettivi Consigli
nazionali, stabilisce,
sentito il Consiglio di
Stato, le tariffe
relative
alle prestazioni
riservate.
2. Le tariffe sono
inderogabili a pena di
nullità e sono definite
avendo riguardo agli
standard qualitativi
delle
prestazioni e tenendo
conto dell'interesse
3. Le tariffe
professionali
sono stabilite ogni
triennio, su proposta dei
rispettivi consigli
nazionali, sentito il
Consiglio di Stato, e
indicano i livelli minimi
inderogabili, nonché i
livelli massimi, non
vincolanti in caso di
determinazione
consensuale.
1. Nel rispetto del
principio di libera
determinazione del
compenso tra le parti di
cui all'articolo 2233 del
codice civile, le
tariffe,
previa istruttoria con i
soggetti interessati,
sono
stabilite, nell'interesse
generale, con decreto
del Ministro competente,
su proposta dei
rispettivi
consigli nazionali,
sentito
il Consiglio di Stato.
1. Nel rispetto del
principio di libera
determinazione del
compenso tra le parti di
cui all'articolo 2233 del
codice civile, le
tariffe,
previa istruttoria con i
soggetti interessati,
sono
stabilite, per le sole
attività riservate rese
nell'interesse generale,
con decreto del Ministro
della giustizia, di
concerto con il Ministro
competente sul settore
economico di riferimento
della professione, su
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http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/GI0159.htm
07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
generale, con particolare
riferimento a quanto
previsto all'articolo 2,
comma 2, previa
istruttoria con i
soggetti
interessati.
proposta del rispettivo
Consiglio nazionale,
sentiti il Consiglio di
Stato, le associazioni
dei
consumatori e degli
utenti iscritte
all'elenco
previsto dall'articolo
137
del codice del consumo,
di cui al decreto
legislativo 6 settembre
2005, n. 206, e
l'Autorità
garante della
concorrenza e del
mercato.
2. Le tariffe prevedono
livelli massimi e minimi,
inderogabili, per le
prestazioni che incidono
su interessi generali.
Sono nulli i patti difformi
qualora prevedano una
riduzione superiore al 20
per cento del compenso
minimo stabilito sulla
base dei livelli
tariffari.
2. Le tariffe prevedono
livelli massimi
inderogabili e minimi,
negoziabili dal cliente
in
relazione alle modalità,
al tempo e ai risultati
delle prestazioni. Non
sono comunque previsti
livelli minimi per le
prestazioni professionali
rese in favore delle
attività di volontariato
definite ai sensi della
legislazione vigente.
3. Nelle controversie
legali gli onorari degli
avvocati non possono
comunque superare il 10
per cento del valore
della
causa o dell'affare.
4. Nello svolgimento dei
concorsi e delle gare per
le attività di
progettazione delle
opere pubbliche i criteri
di selezione devono
privilegiare la qualità e
le
prestazioni professionali
non possono essere
remunerate con uno
sconto inferiore a un
terzo dei minimi
tariffari
previsti.
4. In caso di mancata
determinazione
consensuale del
compenso, ovvero in
caso di liquidazione
giudiziale dei compensi,
si applicano le tariffe
professionali stabilite
con
decreto del Ministro
della
giustizia.
5. In caso di
controversia
sull'applicazione delle
tariffe, il consiglio
dell'Ordine territoriale
competente garantisce al
soggetto che contesta la
parcella professionale il
diritto al contraddittorio
e
l'assistenza da parte di
un rappresentante di
un'organizzazione
sindacale o di tutela dei
consumatori di sua
fiducia.
5. Per le professioni
organizzate in
associazioni, o che non
hanno una tariffa
stabilita
dalla legge, il compenso
per la prestazione deve
6. In sede di revisione
delle tariffe deve essere
privilegiata la struttura
che consente di definire
il costo forfetario delle
prestazioni.
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07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
essere stabilito su
accordo delle parti o, in
difetto, dal giudice,
anche arbitrale.
6. Sono fatte salve le
disposizioni vigenti che
stabiliscono tariffe,
aliquote, tabelle di
compensi e corrispettivi
per attività
professionali
per settori ovvero per
materie determinati.
3. Sono fatte salve le
disposizioni vigenti che
stabiliscono tariffe,
aliquote, tabelle di
compensi e corrispettivi
per attività professionali,
settori ovvero materie
determinati.
3. A tutela
dell'affidamento della
clientela possono essere
predisposte dai Consigli
nazionali tariffe
orientative circa le
prestazioni non
riservate,
avendo riguardo agli
standard qualitativi
delle
prestazioni medesime.
Assicurazione per la
responsabilità professionale
Tutte le proposte di
legge prevedono che il professionista debba assicurarsi per la
responsabilità
professionale e rendere noti al cliente gli estremi della polizza e il relativo
massimale.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 9. Art. 8 Art. 13
Art. 18
(Assicurazione per la
responsabilità
professionale).
(Assicurazione
obbligatoria)
(Assicurazione per la
responsabilità
professionale).
(Assicurazione per la
responsabilità
professionale).
1. Il professionista è
tenuto a stipulare
un’idonea assicurazione
per i rischi derivanti
dall’esercizio
dell’attività
professionale.
1. Il professionista, ove
richiesto, rende noto al
cliente, al momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli
estremi
della polizza
assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il
relativo
massimale.
2. Il professionista deve
rendere noti al cliente,
al
momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli
estremi
della polizza
assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il
relativo
massimale.
1. Il professionista deve
rendere noti al cliente,
al
momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli
estremi
della polizza
assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il
relativo
massimale.
1. Il professionista deve
rendere noti al cliente,
al
momento
dell’assunzione
dell’incarico, gli
estremi
della polizza
assicurativa
stipulata per la
responsabilità
professionale e il
relativo
massimale.
3. I codici deontologici
degli ordini e dei
collegi
professionali di
appartenenza prevedono
le conseguenze
disciplinari della
violazione dell’obbligo
di
cui al comma 1.
2. I codici deontologici
di
cui all’articolo 23 e i
codici etici di cui
all’articolo 35, comma 2,
lettera b), prevedono le
conseguenze disciplinari
della violazione
dell’obbligo stabilito
dal
2. I codici deontologici
prevedono le
conseguenze disciplinari
della violazione
dell’obbligo stabilito
dal
comma 1.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 53 di 81
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07/12/2010
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
comma 1 del presente
articolo.
3. Gli ordinamenti di
categoria e gli statuti
delle associazioni di cui
al titolo III
stabiliscono i
termini di copertura e le
caratteristiche
essenziali
delle polizze
assicurative
per la responsabilità
professionale.
3. Gli ordinamenti di
categoria e gli statuti
delle società e delle
associazioni di cui al
capo VII (capo VI
nella
pdl 2239) stabiliscono i
termini di copertura e le
caratteristiche
essenziali
delle polizze
assicurative
per la responsabilità
professionale.
2. Le condizioni generali
delle polizze
assicurative
possono essere
negoziate, per i propri
iscritti, da Ordini,
associazioni ed enti
previdenziali privati
che,
in caso di mancato
accordo con le
compagnie assicurative,
possono rivolgersi
all’Istituto per la
vigilanza
sulle assicurazioni
private e di interesse
collettivo, che in
particolare accerta la
correttezza del
comportamento degli
operatori.
4. Le condizioni generali
delle polizze
assicurative
di cui al presente
articolo
possono essere
negoziate, in
convenzione per i propri
iscritti, dagli ordini e
dai
collegi professionali di
appartenenza, dalle
associazioni e da enti
previdenziali.
4. Le condizioni generali
delle polizze
assicurative
possono essere
negoziate, per i propri
iscritti, da ordini
professionali,
associazioni ed enti
previdenziali privati
che,
in caso di mancato
accordo con le
compagnie assicurative,
possono rivolgersi
all’Istituto per la
vigilanza
sulle assicurazioni
private e di interesse
collettivo (ISVAP).
4. Le condizioni generali
delle polizze
assicurative
possono essere
negoziate, per i propri
iscritti, da Ordini,
associazioni ed enti
previdenziali privati
che,
in caso di mancato
accordo con le
compagnie assicurative,
possono rivolgersi
all’Istituto per la
vigilanza
sulle assicurazioni
private e di interesse
collettivo.
Pubblicità
Tutte le proposte di
legge prevedono che l’esercizio professionale possa formare oggetto di
pubblicità informativa.
AC. 3
(Popolare)
AC. 503
(Siliquini e al.)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 24. Art. 7 Art. 24
Art. 19
(Pubblicità).
(Informazione all’utenza) (Pubblicità) (Pubblicità).
1. L'esercizio
professionale, in
qualunque modo svolto,
può essere oggetto di
pubblicità informativa.
1. Il professionista può
pubblicizzare il proprio
nome e cognome, titolo
e albo di appartenenza,
le eventuali
specializzazioni
conseguite nonché la
ragione sociale della
società tra
professionisti
di cui fa parte. È
vietata
ogni forma pubblicitaria
comparativa o non
adeguata al decoro e al
prestigio professionali.
1. L'esercizio
professionale, in
qualunque modo
esercitato, può essere
oggetto di pubblicità
informativa.
1. L'esercizio
professionale, in
qualunque modo
esercitato, può essere
oggetto di pubblicità
informativa, con
esclusione di metodi di
pubblicità comparativa e
negativa.
2. Il codice deontologico
stabilisce le modalità
con
cui tale pubblicità può
essere resa, nel rispetto
del decoro della
2. I regolamenti di cui
all'articolo 3, comma 4,
possono prevedere i
limiti necessari per
assicurare la correttezza
2. Il codice deontologico
stabilisce le modalità
con
cui la pubblicità
prevista
dal comma 1 può essere
resa dagli iscritti.
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professione, dagli
iscritti,
contemperando
l'esigenza di potenziarne
la competitività sul
mercato con la tutela
dell'affidamento della
clientela.
dell'informazione
pubblicitaria.
2. La pubblicità
informativa può avere
per oggetto le
caratteristiche
soggettive
dell'organizzazione
professionale, i
contenuti, la qualità, le
modalità e, unitamente a
tali elementi, i costi
delle
prestazioni
professionali.
3. Nelle professioni
sanitarie e veterinarie
le
informazioni
pubblicitarie
si adeguano ai modelli
stabiliti dai codici
deontologici e dagli
ordinamenti di categoria.
Le associazioni degli
iscritti agli albi
Gli AAC 1553, 1590 e
2239 prevedono la possibilità per gli iscritti agli albi di costituire
associazioni volte a
favorire l'identificazione di specifici profili professionali.
In particolare,
l’articolo 29 dell’AC 1553 prevede che i professionisti iscritti agli
albi possano
costituire associazioni
e pubblicizzare, nelle forme previste dal codice deontologico, la
partecipazione a scuole
e corsi nonché l’appartenenza alle associazioni stesse. Entrambe le
proposte di legge (cfr.
articolo 34 dell’AC 1590 e art. 30 dell’AC 2239) prevedono che le
associazioni fra
iscritti agli albi siano costituite tra coloro che esercitano la medesima
professione, garantendo
adeguata diffusione territoriale, e sono finalizzate alla promozione del
profilo professionale ed alla formazione e
all'aggiornamento degli iscritti. Nello statuto va
comunque escluso il
rilascio di attestati di competenza professionale mentre va garantita una
disciplina su base
democratica. L'associazione deve dotarsi di strutture organizzative e tecniche
idonee ad assicurare la
determinazione dei livelli di qualificazione professionale ed è tenuta a
comunicare al Ministero
della giustizia il possesso di tali requisiti, pena l’inibizione della facoltà
dell'associato di
pubblicizzare la propria appartenenza all'associazione.
Disposizioni
previdenziali
Tanto l’AC 1553 (articolo
11) quanto gli AAC 1590 e 2239 (articolo 21) dispongono che gli enti
che gestiscono forme di
previdenza obbligatorie per i liberi professionisti esercitino le attività
previdenziali e assistenziali
in posizione di indipendenza e autonomia, senza finanziamenti diretti
o indiretti da parte
dello Stato. Le loro risorse patrimoniali sono quindi private e devono
garantire
l’erogazione delle
prestazioni a favore dei beneficiari; sono assoggettati a contribuzione
obbligatoria a favore
dell’ente previdenziale, oltre a quelli indicati dall’ordinamento di categoria,
anche i redditi
derivanti dalle cariche di amministratore, revisore e sindaco in società ed
enti.
Analogamente, sono
assoggettati a contribuzione obbligatoria i redditi prodotti nell’esercizio
dell’attività
professionale in forma associativa o societaria: tale contributo va versato
pro-quota
agli enti previdenziali.
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L’AC 1553,
inoltre, delega il Governo ad adottare decreti legislativi volti a definire
condizioni e
limiti per l’istituzione
di enti previdenziali e assistenziali con riguardo alle professioni che hanno
ottenuto il
riconoscimento pubblico. La stessa proposta di legge, all’articolo 12, delega
il Governo
a riformare il
trattamento fiscale dei redditi fondiari e dei redditi da capitali prodotti
dagli
enti previdenziali
privati, escludendo ogni forma di doppia imposizione ed eliminando il
prelievo
sulle pensioni erogate
dagli enti.
Incentivi ai
professionisti
L’AC 503 (articolo
9) e gli AAC 1590 (articolo 35) e 2239 (articolo 31) dispongono
che laddove
siano adottati
provvedimenti che introducono agevolazioni o incentivi diretti a favorire lo
sviluppo
dell’occupazione, da
tali misure non debbano essere esclusi coloro che esercitano attività
professionali.
Analogamente, nel
delegare il Governo, l’AC 3 stabilisce che debba essere riformata la
legislazione che dispone
finanziamenti, agevolazioni e incentivi, di qualunque natura, per le
imprese al fine di
estenderla, per quanto compatibile, ai professionisti, con particolare
riferimento
ai giovani (articolo 8,
lett. g).
In particolare, gli AC
1590 e 2239 aggiungono che dovranno essere privilegiate le società tra
professionisti e
interprofessionali costituite da giovani e quelle che costituiscono sedi
operative in
Cina e nei principali
mercati emergenti. Tale proposta riconosce inoltre ai professionisti un
credito di imposta per documentate attività
di ricerca di elevato contenuto scientifico, tecnico e
disciplinare e invita il
Governo a consultare le associazioni rappresentative delle professioni
intellettuali in occasione di scelte
economiche di carattere generale e in sede di predisposizione
del disegno di legge
finanziaria (articolo 36).
L’esercizio della professione in forma
societaria e associata
Tutte le proposte di
legge all’esame delle commissioni prevedono che l’attività professionale
possa essere svolta sia
in forma societaria che in forma associata.
Le forme societarie
nell’AC. 3
L’articolo 10 dell’AC. 3
(di iniziativa popolare) stabilisce che la società tra professionisti
(STP) sia strutturata in
base al modello già previsto per la società tra avvocati dal decreto
legislativo n. 96 del
2001 (Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio
permanente della
professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata
acquisita la qualifica
professionale)[22] e precisa la non assoggettabilità di tali società alle
procedure concorsuali.
Il successivo articolo
11 disciplina la società tra professionisti interdisciplinare (STPI),
consentendo dunque a
professionisti appartenenti a categorie diverse di legarsi per svolgere le
rispettive professioni
in forma societaria. In tal caso spetta agli ordinamenti di categoria stabilire
il
regime delle
incompatibilità e disciplinare lo svolgimento dell’incarico professionale (da
parte dei
soci in possesso degli
specifici requisiti professionali richiesti per l’esercizio della prestazione).
Il comma 4 dell’articolo
11 disciplina anche la società di servizi professionali (SSP), ossia la
società alla quale
partecipano anche soci non professionisti - siano essi di capitale o di opera -
la
quale viene ammessa pur
nel rispetto delle seguenti condizioni:
_ l’oggetto sociale deve essere limitato alla professione;
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_ nelle società semplici, in nome collettivo e in accomandita
semplice, la maggioranza
numerica e per quote dei
soci deve essere costituita da coloro che esercitano la professione di
cui all'oggetto sociale;
_ nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a
responsabilità limitata, la maggioranza
dei diritti di voto
nell'assemblea ordinaria deve spettare a coloro che esercitano la professione
di cui all'oggetto
sociale;
_ l'amministrazione della società deve essere affidata ai soci
professionisti.
Infine, l’articolo 12
salvaguarda i tipi societari già previsti dall’ordinamento delegando
comunque il Governo ad
intervenire per adeguarne la disciplina ai princìpi della legge di riforma.
La disciplina analitica
delle società tra professionisti contenuta nell’AC. 503
La proposta di legge AC
503 (Siliquini e altri) disciplina in modo analitico l’esercizio della
professione attraverso
società tra professionisti.
Di tali società il Capo
II (artt. 10-15) della proposta di legge delinea i principi generali
consentendo, in
particolare (articolo 10) ai professionisti di costituire società o
associazioni
temporanee per lo
svolgimento in comune dell’attività professionale, anche qualora si tratti di
professionisti iscritti
a Ordini o collegi professionali diversi ed escludendo comunque che la
società tra
professionisti possa essere assoggettata a procedure concorsuali.
L’articolo 11 della
proposta prevede la creazione presso ogni ordine e collegio professionale di
un registro delle
società professionali, e chiarisce il contenuto della domanda di
iscrizione e la
procedura di esame della
stessa da parte del consiglio dell’ordine o del collegio.
L’articolo 12 stabilisce
alcune limitazioni all’esercizio dell’attività professionale in
forma
societaria. In
particolare l’esercizio in forma individuale dell’attività professionale è
incompatibile
con la partecipazione ad
una società tra professionisti così come non è consentito l’esercizio
della professione in
forma societaria in più società. Tuttavia, più società tra professionisti
possono riunirsi in associazione
temporanea per il compimento di incarichi determinati.
Vengono inoltre
considerate incompatibili con il mantenimento della qualità di socio o
associato la
cancellazione o radiazione dall’albo, mentre la sospensione da quest’ultimo è
causa
legittima di esclusione
dalla società o dall’associazione temporanea.
In materia di responsabilità
disciplinare l’articolo 13 sottopone la società tra professionisti
alla vigilanza
disciplinare e deontologica degli ordini e dei collegi professionali cui è
iscritta, che
determinano le sanzioni
applicabili alle condotte censurabili. Viene poi sancita la concorrenza
della responsabilità
disciplinare del professionista con quella degli amministratori della società
qualora la violazione
commessa dal singolo sia ricollegabile a direttive impartite dalla società
medesima. Gli articoli
14 e 15, infine, dispongono rispettivamente in tema di limitazioni per le
elezioni dei consigli
locali e nazionali e di norme previdenziali e fiscali.
Alla disciplina degli
specifici tipi societari consentiti per l’esercizio delle libere professioni
sono
dedicati i Capi IV e V.
La società semplice
tra professionisti è disciplinata dal Capo IV (artt. 19-27) della proposta
di legge AC 503. In
particolare, l’articolo 19 dispone in tema di ragione sociale,
introducendo la
regola della
modificabilità dell’atto costitutivo con deliberazione unanime, a meno che lo
stesso
atto costitutivo non
preveda la deliberazione a maggioranza. Ai sensi dell’articolo 20 la pronuncia
della nullità della
società per vizi di costituzione è consentita negli stessi casi previsti per la
nullità
dei contratti. In ogni
caso la pronuncia di nullità o annullamento della società non pregiudica
l’efficacia degli atti
compiuti dai soci in nome della società e non esclude la responsabilità dei
soci.
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Per quanto attiene ai requisiti
soggettivi dei soci, è richiesta la loro iscrizione in albi
professionali (articolo
21), mentre la cessione dei diritti di partecipazione alla società è
subordinata al consenso
di tutti i soci (salva diversa disposizione dell’atto costitutivo); l’articolo
22
dispone inoltre che in
caso di morte di uno dei soci, si aprono tre possibilità: liquidazione agli
eredi della quota;
scioglimento della società; continuazione della società con gli eredi, purché
questi abbiano i
requisiti professionali richiesti.
L’articolo 23 esclude
che l’amministrazione della società possa essere affidata a terzi mentre
l’articolo 24 stabilisce
alcune regole in tema di incarico professionale: fermo restando
il principio
dell’esecuzione
dell’incarico solo da parte dei soci in possesso dei necessari requisiti,
spetta in
linea di massima alla
società la scelta del socio o dei soci cui affidare l’incarico (salvo l’onere
di
informativa al cliente),
a meno che non sia il cliente a chiedere, con particolari modalità,
l’affidamento
dell’incarico ad uno o più soci da lui scelti.
L’articolo 25 qualifica
come crediti della società i compensi derivanti dall’attività professionale
dei soci mentre, in tema
di partecipazione dei soci agli utili, l’articolo 26 rimette la disciplina allo
statuto pur affermando
il principio che, se lo statuto non dispone diversamente, si presume che la
divisione degli utili
debba essere effettuata in parti uguali.
Infine, in tema di responsabilità,
l’articolo 27 stabilisce il principio secondo il quale, accanto
alla responsabilità
della società (che risponde con il suo patrimonio), sono personalmente e
illimitatamente
responsabili nei confronti del committente i soci ai quali è stata affidata
l’esecuzione
dell’incarico; se non è stato comunicato al cliente il nominativo del socio
incaricato,
la responsabilità si
estende a tutti i soci. Sono egualmente responsabili tutti i soci -
personalmente e
illimitatamente - per le obbligazioni non derivanti dall’attività
professionale.
Una disciplina piuttosto
ampia ed articolata viene poi dettata dal Capo V (artt. 28-61) per la
società professionale a
responsabilità limitata.
In particolare, la
sezione I (artt. 28-29) detta le disposizioni generali:
- in tema di responsabilità
il principio fondamentale, stabilito dall’articolo 28, è quello
secondo il quale per le
obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio,
salva la responsabilità
extracontrattuale dei professionisti, anche non soci, verso il committente
per gli atti compiuti
nell’esecuzione dell’incarico. Viene inoltre prescritto l’obbligo per la
società di
assicurarsi contro la
responsabilità derivante dall’esecuzione delle prestazioni professionali per
un massimale non
inferiore a 500.000 euro;
- in base all’articolo
29, la società può essere costituita con contratto o atto unilaterale
redatto nella forma
dell’atto pubblico, contenete una serie di indicazioni
specificamente stabilite.
È inoltre richiesta
l’intera sottoscrizione del capitale sociale, il rispetto delle previsioni
relative ai
conferimenti (Sezione
II), il possesso delle necessarie abilitazioni, nonché il rispetto dell’obbligo
assicurativo. L’atto
costitutivo va depositato, corredato della necessaria documentazione, presso
il competente registro
delle società professionali: con l’iscrizione nel registro la società acquista
personalità giuridica.
La Sezione II (artt.
30-48) dispone in materia di conferimenti e quote. Per i conferimenti,
l’articolo 30 stabilisce
che devono essere effettuati in denaro (salva diversa disposizione dell’atto
costitutivo); il loro
valore non può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del
capitale sociale. Regole
particolari sono poi stabilite in relazione al versamento presso un istituto
bancario dei
conferimenti, e in ordine alla possibilità di effettuare il conferimento
mediante la
prestazione di una
polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria. Vengono inoltre
precisamente definite le
modalità di stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti (articolo
31) e viene delineata
una particolare procedura nel caso di mancata esecuzione dei conferimenti
(articolo 32).
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L’articolo 33 prevede
che il capitale sociale debba essere suddiviso in quote, che
rappresentano la
partecipazione di ciascun socio; le partecipazioni non possono dunque essere
rappresentate da azioni
né costituire oggetto di sollecitazione all’investimento. Disposizioni
specifiche vengono
dettate in ordine alla determinazione dei diritti sociali e alla spettanza di
diritti
di voto o di opzione nel
caso di pegno o sequestro delle partecipazioni.
In tema di trasferimento
delle partecipazioni, l’articolo 34 afferma il principio della libera
trasmissibilità delle
stesse per atto tra vivi e per successione a causa di morte, tra professionisti
iscritti agli albi in
cui è registrata la società. Se l’atto costitutivo vieta o limita in qualsiasi
modo la
trasferibilità delle
partecipazioni, i soci o loro eredi possono esercitare il diritto di recesso. I
successivi articoli (da
35 a 38) completano questa disciplina per quanto riguarda l’efficacia e la
pubblicità dell’atto di
trasferimento, sia nei confronti della società che nei confronti dei terzi;
l’espropriazione, il
pegno e il sequestro della partecipazione; la responsabilità solidale
dell’alienante con
l’acquirente per i versamenti ancora dovuti, limitata ad un certo periodo di
tempo, nel caso di
cessione della partecipazione.
L’articolo 39 rimette
all’atto costitutivo la determinazione dei casi e delle modalità in cui è
consentito il recesso
del socio. Ad ogni modo, la proposta di legge afferma che il diritto di
recesso è consentito in
tutti i casi in cui venga operata una trasformazione rilevante della società
alla quale il socio non
abbia consentito o, nel caso di società a tempo indeterminato, con un
congruo preavviso. In
caso di recesso, la disposizione riconosce ai soci il diritto ad ottenere il
rimborso della propria
partecipazione. Specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio
possono essere previste,
ai sensi dell’articolo 40, dall’atto costitutivo, mentre l’articolo 41 esclude
che la società possa
compiere operazioni (accettare o fornire in garanzia, accordare prestiti) sulle
proprie partecipazioni.
La Sezione III (artt.
42-48) contiene la disciplina dell’amministrazione della società e dei
controlli. In
particolare, l’articolo 42 afferma il principio secondo il quale, salvo diversa
disposizione dell’atto
costitutivo, l’amministrazione della società è affidata ai soci.
In caso di
deroga a questo
principio è richiesto comunque che gli amministratori siano professionisti
iscritti
negli albi in cui è
iscritta la società. Vengono poi stabilite le regole per l’iscrizione della
nomina
degli amministratori nel
registro delle società; iscrizione che determina anche l’inopponibilità ai
terzi della cause di
nullità e annullabilità della nomina. Quando l’amministrazione è affidata a più
persone queste
costituiscono il consiglio di amministrazione e l’atto costitutivo può
prevedere che
l’amministrazione sia
affidata ad esse congiuntamente o disgiuntamente. È in ogni caso di
competenza del consiglio
di amministrazione la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di
fusione e scissione.
Agli amministratori
spetta la rappresentanza generale della società (articolo 43). I
conflitti di
interessi tra gli
amministratori e la società sono disciplinati dall’articolo 44, mentre
l’articolo 45
disciplina la
responsabilità solidale degli amministratori verso la società per i danni
derivanti
dall’inosservanza dei
doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo (salva la
possibilità
di dimostrare di essere
esenti da colpa avendo fatto constare previamente il proprio dissenso).
Viene poi disciplinata
l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori; tale azione può
essere oggetto di
rinuncia o transazione da parte della società purché vi consenta una certa
maggioranza dei soci e
non vi sia opposizione da parte di una specifica percentuale dei soci
stessi, salvo il diritto
al risarcimento del danno del socio o terzo che siano stati direttamente
danneggiati da atti
dolosi o colposi degli amministratori.
L’articolo 46 considera
facoltativa la previsione nell’atto costitutivo di un collegio sindacale o di
un revisore, salvi
alcuni casi espressamente previsti.
La tenuta e la
definizione dei libri sociali obbligatori è disciplinata dall’articolo 47,
mentre le
disposizioni essenziali
in tema di bilancio e distribuzione degli utili ai soci sono dettate
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dall’articolo 48. Dopo
aver richiamato le disposizioni di cui agli articoli 2423 e seguenti del codice
civile vengono dettate
norme precise in tema di termini di presentazione del bilancio ai soci e di
deposito del bilancio
medesimo e dei documenti correlati. La decisione dei soci che approva il
bilancio decide poi
sulla distribuzione degli utili.
La Sezione IV (artt.
49-51) detta disposizioni in tema di decisioni dei soci.
In particolare,
l’articolo 49 prevede che, salvo alcune materie riservate in ogni caso alla
competenza dei soci,
questi ultimi decidono sulle materie stabilite dall’atto costitutivo nonché
sugli argomenti ad essi
sottoposti dagli amministratori o da una certa percentuale dei soci
medesimi. L’atto
costitutivo può prevedere la possibilità che le decisioni dei soci siano
adottate
mediante consultazione
scritta o sulla base del consenso per iscritto; se tale previsione manca e,
in ogni caso, con
riferimento a determinate materie o in presenza di specifica richiesta degli
amministratori o di un
numero di soci che rappresentino una certa quota del capitale sociale, le
decisioni sono assunte
mediante deliberazione assembleare ai sensi dell’articolo 50. Regola
generale è poi che le
decisioni dei soci siano prese con il voto favorevole dei soci che
rappresentano almeno la
metà del capitale sociale.
Sui modi di convocazione
e di riunione dell’assemblea, sulla presidenza della stessa e sulle
condizioni di adozione
della deliberazione assembleare dispone l’articolo 50, mentre l’articolo 51
disciplina l’impugnativa
delle decisioni dei soci non conformi alla legge o all’atto costitutivo, di
quelle che possono recar
danno alla società, di quelle aventi oggetto illecito o impossibile, di
quelle prese in assenza
assoluta di informazione e di quelle che modificano l’oggetto sociale
prevedendo attività
impossibili o illecite. Vengono richiamati, nei limiti della compatibilità, gli
articoli 2377 e s.s. del
codice civile.
Infine, la Sezione V
(artt. 52-61) si occupa delle modificazioni dell’atto costitutivo,
la cui
deliberazione è
riservata dall’articolo 52 all’assemblea dei soci. Agli amministratori
(articolo 53)
può essere conferita
dall’atto costitutivo la facoltà di aumentare il capitale sociale, formalizzata
secondo modalità definite:
tale decisione non può tuttavia essere attuata fino a quando i
conferimenti
precedentemente dovuti non siano stati integralmente attuati.
L’articolo 54 disciplina
l’aumento di capitale mediante nuovi conferimenti, riservando ai soci il
diritto di sottoscriverlo
salva la previsione, da parte dell’atto costitutivo, che l’aumento di capitale
possa essere attuato
anche mediante l’offerta a terzi di quote di nuova emissione. In tal caso ai
soci che non hanno
consentito alla decisione spetta il diritto di recesso.
Vengono poi dettate
particolari disposizioni in ordine alle modalità di sottoscrizione
dell’aumento di capitale
ed alle modalità dei conferimenti.
La facoltà della società
di aumentare il capitale sociale imputando ad esso le riserve e gli altri
fondi iscritti in
bilancio è disciplinata dall’articolo 55. I successivi articoli (da 56 a 59)
trattano
invece delle ulteriori
vicende modificative del capitale sociale: riduzione in conseguenza di una
decisione dei soci
(salvo il rispetto di determinate prescrizioni); riduzione in conseguenza di
perdite escludendo, in
questo ultimo caso, ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei
diritti spettanti ai
soci.
Ai sensi dell’articolo
60 è consentita alla società l’emissione di titoli di debito in misura non
superiore ad una certa
percentuale del capitale effettivamente versato. La sottoscrizione viene
riservata a fondi
gestiti da casse previdenziali dei professionisti e sono stabilite regole
particolari
per la successiva
circolazione dei titoli e in ordine al contenuto della decisione di emissione
dei
titoli ed alla sua
iscrizione nel registro delle società professionali. Infine, per lo
scioglimento e
liquidazione della
società l’articolo 61 richiama le norme del capo VIII del titolo V del libro V
del
codice civile (artt.
2484-2496) in quanto compatibili con la naturaprofessionale della società, che
– come detto - non è
soggetta alle procedure concorsuali.
Camera dei deputati Dossier GI0159 Pagina 60 di 81
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Le società tra
professionisti nell’AC. 1553
La proposta di legge AC
1553 (Vietti) agli articoli da 7 a 9 disciplina la società tra
professionisti.
In particolare,
l’articolo 7 disciplina la società tra professionisti (STP)
richiamando quanto
già previsto dal decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 (v. sopra). Viene peraltro consentita la
costituzione di società
tra professionisti in forma di società cooperativa a mutualità prevalente
purché vengano
rispettate alcune specifiche condizioni.
In base all’art. 2512
del codice civile, sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione
del
tipo di scambio
mutualistico, quelle che:
1) svolgono la loro
attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o
servizi;
2) si avvalgono
prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni
lavorative dei
soci;
3) si avvalgono
prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o
servizi da
parte dei soci.
Le società cooperative a
mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale
depositano annualmente i
propri bilanci. Il codice civile prevede criteri oggettivi per il calcolo della
prevalenza e fissa i
vincoli statutari da adottare per le cooperative a mutualità prevalente (art.
2513 e
2514).
Le disposizioni fiscali
di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali si applicano soltanto
alle
cooperative a mutualità
prevalente; inoltre queste ultime non possono trasformarsi in società a scopo
di
lucro, mentre
l'eventuale passaggio da cooperativa a mutualità prevalente a cooperativa a
mutualità non
prevalente è
disciplinato dall'art. 2545-octies.
Società aventi ad
oggetto l’esercizio di più professioni di interesse generale (c.d. società
interprofessionali) sono previste
dall’articolo 8 della proposta di legge AC 1553, che richiede
come presupposto che
tale tipo societario sia consentito dagli ordinamenti di categoria. Se
costituite, le società
interprofessionali sono iscritte nella sezione speciale dei rispettivi albi e
regolamentate dagli
ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci. È comunque consentito
a tali ordinamenti
prevedere, per motivate ragioni, regimi di incompatibilità circa la
partecipazione
dei professionisti
iscritti ad albi diversi. Per tali società, la prestazione può essere eseguita
solo
dai soci in possesso dei
necessari requisiti; viene inoltre ribadito il principio secondo cui le
prestazioni riservate
dalla legge ad una o più categorie possono costituire oggetto unicamente
delle società che
annoverano, tra i propri soci, appartenenti alla medesima categoria.
L’articolo 9 della
proposta di legge (di contenuto analogo all’articolo 12 dell’AC 3) fa salve le
disposizioni legislative
vigenti che disciplinano società di diritto speciale,
caratterizzate dalla
presenza negli organi
sociali di professionisti iscritti agli albi o che si avvalgono di
professionisti
per l’espletamento delle
relative attività. Peraltro, il Governo potrà, nell’esercizio della delega di
cui all’articolo 37 (v. infra),
riformare le disposizioni in vigore al fine di assicurare, nel rispetto del
modello organizzativo,
il necessario coordinamento con le norme della legge. Vengono infine
estese anche alle
società fra professionisti le riserve attualmente già stabilite dalla
legislazione
speciale.
La delega al Governo
prevista dall’AC. 1590 e dall’AC 2239
L’articolo 32 della
proposta di legge AC. 1590 (Vitali) e l’articolo 28 dell’AC 2239 (Mantini), con
norme sostanzialmente
analoghe, consentono l’esercizio della professione in forma societaria,
senza disciplinare un
nuovo modello ma richiamando le tipologie già previste dal codice civile e
dalla legislazione
speciale.
In particolare, le
proposte di legge prevedono che oltre a società tra professionisti (STP)
possano essere
costituite anche società interdisciplinari (comma 4) e che comunque spetti al
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Governo emanare decreti
legislativi di riforma di questo settore nel rispetto di alcuni specifici
principi e criteri
direttivi (comma 5). Fra questi si ricorda l’obbligo di prevedere:
_ che le professioni strutturate in ordini professionali possano
essere esercitate in forma
societaria o cooperativa
avente ad oggetto esclusivo l'esercizio in comune da parte dei soci;
_ per tali società un modello nuovo, distinto da quelli attualmente
previsti dal codice civile;
_ che le professioni strutturate in ordini professionali possano
essere esercitate anche
mediante strumenti
societari o cooperativi temporanei (in relazione a uno scopo determinato);
_ che alla società possano partecipare soltanto professionisti
iscritti a Ordini, albi o collegi,
nonché cittadini
comunitari in possesso del titolo di studio abilitante ovvero soggetti non
professionisti soltanto
per prestazioni tecniche o con una partecipazione minoritaria, fermo
restando il divieto per
tali soci di partecipare alle attività riservate e agli organi di
amministrazione della
società;
_ l'iscrizione della società agli albi professionali;
_ che l'incarico professionale conferito alla società possa essere
eseguito solo dai soci in
possesso dei requisiti
per l'esercizio della prestazione professionale richiesta;
_ che ciascun professionista possa partecipare ad una sola società
tra professionisti;
_ che non solo i singoli professionisti, ma anche la società, sia
soggetta al regime disciplinare
dell'Ordine al quale è
iscritta.
L’esercizio della
professione in forma associata
Le proposte AAC 3, 1553,
1590 e 2239 consentono e disciplinano l’esercizio in forma
associata delle
professioni, prevedendo una specifica denominazione dello studio professionale
e
intervenendo sulla
normativa attualmente in vigore (legge n. 1815 del 1939, Disciplina giuridica
degli studi di
assistenza e consulenza).
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AC. 3
(Popolare)
AC. 1553
(Vietti)
AC. 1590 (Vitali)
AC 2239 (Mantini)
Art. 13. Art. 10 Art. 33
(Associazioni tra
professionisti). (Associazioni professionali) (Esercizio della professione in
forma associata)
1. Le disposizioni degli
articoli 10
e 11 si applicano, in
quanto
compatibili, alle
associazioni
costituite dai
professionisti per
l'esercizio delle
rispettive attività.
Le associazioni assumono
la
denominazione di «studio
professionale associato»
e in tutti
gli atti e i documenti
dell'associazione sono
indicati i
nomi dei professionisti
che
aderiscono alla medesima.
1. L'esercizio in forma
associata
delle professioni è
regolato
dall'articolo 1 della
legge 23
novembre 1939, n. 1815,
e, in
quanto compatibili, dalle
disposizioni del presente
capo.
1. È consentito
l'esercizio in
forma associata delle
professioni
da parte delle persone
che,
munite dei necessari
titoli di
studio e di abilitazione
professionale, ovvero
autorizzate
all'esercizio di
specifiche attività
in forza di particolari
disposizioni
di legge, si associano
per
l'esercizio delle
professioni o
delle altre attività per
cui sono
abilitate o autorizzate.
2. Nel caso di esercizio
in forma
associata delle
professioni di cui
al comma 1, nella
denominazione
dello studio e nei
rapporti con i
terzi deve essere
obbligatoriamente
utilizzata la
dizione «associazione tra
professionisti», seguita
dal nome
e cognome, con i relativi
titoli o
qualifiche professionali,
dei
singoli associati.
3. L'esercizio associato
delle
professioni o delle altre
attività, ai
sensi del comma 2, deve
essere
notificato agli Ordini
professionali
e alle associazioni di
categoria da
cui sono rappresentati i
singoli
associati.
2. La legge 23 novembre
1939,
n. 1815, e successive
modificazioni, l'articolo
24 della
legge 7 agosto 1997, n.
266, e
l'articolo 2 del
decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223,
convertito,
con modificazioni, dalla
legge 4
agosto 2006, n. 248, sono
abrogati.
2. Gli articoli 3, 6, 7 e
8 della
legge 23 novembre 1939,
n.
1815, e successive
modificazioni,
e il comma 2
dell'articolo 24 della
legge 7 agosto 1997, n.
266,
sono abrogati.
4. La legge 23 novembre
1939,
n. 1815, è abrogata.
Il Capo III della proposta
di legge AC 503 (artt. 16-18) detta invece alcune disposizioni in
tema di associazione
temporanea tra professionisti: elemento qualificante di questa
associazione è la
decisione di uno o più professionisti di riunirsi per eseguire in comune
un’opera o un mandato
professionale determinati; i rapporti interni sono precisamente definiti
e disciplinati con atto
scritto antecedente all’assunzione dell’incarico. L’associazione non
comporta la costituzione
di un fondo o patrimonio comune essendo basata sulla responsabilità
personale di ciascun
associato (art. 16). Obblighi e poteri di rappresentanza e di direzione e
coordinamento dei lavori
sono conferiti al professionista mandatario (art. 17), ferma restando la
responsabilità personale
e illimitata di tutti i professionisti associati nei confronti del committente
per l’attività
professionale svolta (art. 18).
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Le deleghe al Governo
L’articolo 8 dell’AC
3 delega il Governo – nel rispetto della procedura delineata dall’articolo
34
- ad emanare decreti
legislativi attraverso i quali riformare le seguenti discipline:
_ dei contratti che hanno ad oggetto le prestazioni professionali,
consentendo forme, anche
temporanee, di accordo
tra professionisti per lo svolgimento di specifici incarichi o l'accesso a
determinati mercati,
interni e internazionali;
_ delle sanzioni civili e degli illeciti, amministrativi e penali, a
presidio del titolo professionale e
delle attività
riservate;
_ del diritto d'autore, per assicurare la protezione delle opere
intellettuali rese dal
professionista;
_ dei segni distintivi dello studio professionale, che ne assicuri
la protezione e l'utilizzazione,
anche economica;
_ dei rapporti di collaborazione nell'ambito dell'organizzazione
interna dello studio
professionale;
Il Governo dovrà inoltre
dettare condizioni e limiti per il trasferimento – sia per atto tra vivi che
a causa di morte -
dell'insieme dei rapporti che sono comunemente denominati «studio
professionale».
L’articolo 35 prevede
che il Governo provveda all’attuazione della legge attraverso un proprio
regolamento.
Infine, il successivo
articolo 36 prevede che attraverso testi unici si provveda al riordino
delle
professioni elencate
nell’allegato A della proposta di legge, eventualmente anche attraverso
accorpamento di ordini
esistenti; la proposta disciplina analiticamente il procedimento per
l’emanazione dei testi
unici, che dovranno essere redatti da apposite commissioni paritetiche
composte da
rappresentanti del Ministero della giustizia e delle categorie interessate.
L’articolo 32 dell’AC
1553 interviene sugli ordinamenti di categoria prevedendo
che,
nell’esercizio della
delega prevista all’articolo 37 e con i regolamenti di cui all’articolo 38 (v. infra),
il Governo adegui alle
disposizioni della legge di riforma l’ordinamento di categoria delle
professioni indicate
nell’allegato A del progetto di legge, anche al fine di procedere
all’unificazione tra
Ordini professionali relativi ad uno stesso settore economico o sociale nonché
al riordino degli albi,
inserendovi, qualora venga accertata l’omogeneità dei percorsi formativi, le
professioni di cui all’allegato
B. Con la stessa procedura si dovrà provvedere, altresì, alle
modificazioni e
integrazioni degli ordinamenti di categoria, con cadenza almeno decennale,
anche al fine di
verificarne la rispondenza all’interesse generale di cui all’articolo 15.
L’articolo 37 della proposta
di legge contiene una delega al Governo per l’adozione di uno o
più decreti legislativi,
nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati dal progetto di legge e
delinea il procedimento
che il Governo dovrà seguire (comprensivo dei tradizionali pareri
parlamentari), indicando
di volta in volta, a seconda dell’oggetto della riforma, l’eventuale parere
obbligatorio della
Conferenza Stato-Regioni, dei consigli nazionali delle professioni interessate
o
del CNEL.
Premesso che l’oggetto
della delega viene determinato attraverso il rinvio a singole
disposizioni del
provvedimento, occorre valutare se, in tali disposizioni, sono sufficientemente
determinati principi e
criteri direttivi della delega.
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Il successivo articolo
38 demanda al Governo l’adozione di regolamenti attuativi.
In considerazione della
previsione contenuta nel comma 3 (dell’abrogazione, con effetto dalla
data di entrata in
vigore dei regolamenti, degli atti normativi che disciplinano le relative
materie) –
dalla quale sembrerebbe
evincersi la natura dei suddetti regolamenti quali regolamenti di
delegificazione –
occorre valutare la possibilità di chiarire che la potestà regolamentare del
Governo viene esercitata
ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della l. n. 400 del 1988.
Infine, l’articolo 39
prevede l’istituzione di una Commissione di studio per la
predisposizione
dei decreti legislativi
di cui all’articolo 37 e dei regolamenti di cui all’articolo 38.
Gli AAC. 1590 e 2239
(rispettivamente agli articoli 32 e 28) contengono una delega al
Governo per la
disciplina della società tra professionisti nel rispetto di alcuni
principi e criteri
direttivi. Per quanto
riguarda invece gli ordinamenti di categoria delle professioni
ordinistiche,
l’articolo 4 di entrambe
le proposte di legge demanda ai Consigli nazionali attualmente in carica
l’adozione di nuove
regole che saranno poi emanante nella forma del regolamento governativo.
Peraltro, nell’istituire
l’Ordine dei tecnici laureati per l’ingegneria (Ordine dei tecnici nella
pdl 2239) – che unifica
le categorie professionali dei geometri, dei periti agrari e dei periti
industriali – l’articolo
5 delle due proposte di legge delega il Governo a disciplinare le
caratteristiche della
nuova professione, definendo distinti settori di competenza nell’albo in
relazione ai differenti
profili professionali.
Si segnala, inoltre, che
l’articolo 6 delle due proposte di legge interviene in materia di Ordini delle
professioni sanitarie e
infermieristiche.
Le disposizioni transitorie
L’articolo 37 della
proposta AC 3, al pari dell’articolo 31 dell’AC 1553, contiene
specifiche
norme transitorie: in sede di prima
applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in
vigore della legge
risultano iscritti agli albi non è richiesto il possesso del titolo di studio
universitario, o
equipollente, ai fini del mantenimento dell’iscrizione stessa. Inoltre, i
Consigli in
carica alla data di
entrata in vigore della legge sono prorogati fino a sei mesi dopo l’entrata in
vigore dei provvedimenti
con i quali il rispettivo ordinamento di categoria è adeguato alla legge di
riforma.
Il Capo IX (artt. 69-70)
dell’AC 503 contiene disposizioni transitorie. In particolare,
l’articolo 69
rimette agli iscritti
agli ordini e collegi, riuniti in un’assemblea congressuale, l’approvazione,
entro
un anno dalla data di
entrata in vigore della legge, dello statuto degli Ordini professionali; lo
statuto, dopo
l’approvazione, è trasmesso al Ministro della giustizia che lo emana con
proprio
decreto. Inoltre, entro
un anno dalla entrata in vigore degli statuti, i consigli nazionali degli
ordini e
dei collegi esistenti
provvedono a indire le elezioni dei nuovi consigli nazionali, degli organi di
disciplina e dei collegi
dei revisori dei conti.
Viene poi disposta
(articolo 70) l’applicazione delle nuove disposizioni a tutti gli ordini e
collegi
professionali istituiti
alla data di entrata in vigore della legge e viene rimessa ad uno o più
regolamenti esecutivi,
da adottare entro un anno dalla entrata in vigore della legge (sentiti i
consigli nazionali degli
ordini professionali), la definizione delle disposizioni di attuazione.
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Le professioni non regolamentate
Accanto alle professioni
“protette” si sono sviluppate, anche nel nostro Paese e con intensità
crescente nel corso
degli ultimi anni, numerose professioni che non hanno ottenuto il
riconoscimento
legislativo e che nella quasi totalità dei casi hanno dato vita ad autonome
associazioni
professionali rappresentative di tipo privatistico. Si tratta delle cosiddette
professioni
non regolamentate o “non
protette”, diffuse in particolare nel settore dei servizi, che non
necessitano di alcuna
iscrizione ad un ordine o ad collegio professionale per poter essere
esercitate.
Sulla consistenza delle
professioni non regolamentate nel nostro Paese la relazione che
accompagna le proposte
di legge AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano), citando
l’ultimo rapporto del
Censis, parla di 3,5 milioni di lavoratori - autonomi e dipendenti – che
attualmente esercitano
attività professionali senza essere iscritti in ordini o albi professionali.
Al mondo delle professioni
non regolamentate
[23]
, si è interessato fin
dal 1992 anche il
CNEL che, al fine di
approfondire la tematica delle professioni tradizionali ed emergenti, ha
avviato un filone di
attività relativo alle suddette professioni, istituendo dapprima la Commissione
per le nuove
rappresentanze, e successivamente la Consulta e l’Osservatorio sulle nuove
professioni.
I risultati
dell’attività svolta dal CNEL si sono tradotti nella predisposizione di
Rapporti di
monitoraggio che hanno
evidenziato l’evoluzione economica e sociale dei professionisti,
suggerendo anche
l’opportunità di giungere ad una regolamentazione strutturata sul sistema di
Ordini e Associazioni;
inoltre è stata costituita ed aggiornata la Banca dati sulle associazioni
professionali. Si tratta di una lista
delle associazioni nella quale sono iscritte quelle che
presentano presso il
CNEL la documentazione minima richiesta (questionario elaborato dal
CNEL, atto costitutivo e
statuto). Le associazioni che posseggono requisiti ulteriori previsti da un
regolamento approvato
dal CNEL il 17 luglio 2003 sono iscritte nell’Elenco delle associazioni
delle professioni non
regolamentate. Mentre la banca dati consente di descrivere il fenomeno,
con l’elenco il CNEL
mira all’individuazione di buone pratiche che le associazioni dovrebbero
perseguire
(democraticità interna dell’associazione, approvazione di un codice
deontologico,
previsione di forme di
assicurazione per gli iscritti e di un aggiornamento professionale periodico).
Dal V Rapporto di
monitoraggio predisposto dal CNEL nell’aprile del 2005 (l’ultimo in
materia), risulta che
nella banca dati citata sono censite 196 associazioni delle professioni
non
regolamentate: 25 nel
campo delle arti, scienze e tecniche, 18 nella comunicazione d’impresa, 52
nei servizi all’impresa,
42 nella medicina non convenzionale, 19 nel settore sanitario, 16 nel
campo della cura
psichica e 24 nei rimanenti settori (dati al 31 dicembre 2004).
Nell’elenco le
associazioni censite risultano, invece, 155: 20 nel campo delle arti, scienze e
tecniche, 10 nella
comunicazione d’impresa, 51 nei servizi all’impresa, 35 nella medicina non
convenzionale 16 nel
settore sanitario, 11 nel campo della cura psichica e 12 negli altri settori.
Le disposizioni
all’esame in materia di professioni non regolamentate, di seguito
illustrate,
sono contenute
principalmente nelle proposte di legge AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077
(Formisano).
Le due proposte,
sostanzialmente identiche, sono volte all’istituzione di un sistema di regole
in
materia in grado di
garantire un doppio livello di tutela a vantaggio sia delle professioni, che
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attraverso il
riconoscimento statale potranno operare come soggetti giuridici e garantire
standard
qualitativi migliori,
che dei consumatori[24].
Ulteriori disposizioni relative alle
professioni non regolamentate sono contenute:
_ nella proposta AC 1590 (Vitali) e precisamente nel capo
VI (artt. 26-31), disciplinante il
riconoscimento delle
associazioni delle suddette professioni;
_ nelle proposte AC 3 (d’iniziativa popolare) e AC 1553
(Vietti), recanti disposizioni sul
riconoscimento delle
nuove professioni nonché sulle associazioni delle professioni
riconosciute (con
particolare riferimento all’iscrizione nel relativo registro);
_ nella proposta AC 2239 (Mantini), che interviene solamente
su specifici profili delle
associazioni
professionali.
Di seguito si illustrerà
in primo luogo il contenuto delle pdl AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077
(Formisano), ma si darà
conto anche del contenuto della pdl AC 1590 (Vitali) evidenziandone le
differenze rispetto alle
pdl 1934 e 2077.
Inoltre, nella parte
relativa alle associazioni professionali, si farà riferimento anche alle norme
in materia contenute
nelle pdl AC 3 (d’iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti), nonché nella pdl AC
2239 (Mantini).
Oggetto delle proposte
(art. 1)
L’articolo 1 definisce
l’oggetto delle pdl 1934 e 2077 che attraverso un criterio
“residuale”,è
costituito da tutte le professioni,
sia intellettuali che non, per le quali non sia stata prevista
espressamente la riserva
di legge a favore delle professioni intellettuali ai sensi dell’art. 2229 c.c.,
con esclusione delle
attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio
disciplinati da leggi in
vigore
La disciplina introdotta
dai provvedimenti in esame si applica, pertanto, alle cosiddette attività
professionali non
regolamentate.
Inoltre, viene precisato
che ai fini delle pdl in esame, per professione si intende l’attività
economica, anche
organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere in favore di terzi,
esercitata abitualmente
e prevalentemente mediante lavoro intellettuale o comunque con il suo
concorso, sulla base dei
principi deontologici e delle tecniche proprie della medesima attività
professionale.
Pertanto nell’ambito
delle pdl in esame rientrano non solamente le prestazioni professionali
prevalentemente
intellettuali, ma anche quelle realizzate in prevalenza con lavoro manuale
purché concorra alla
prestazione anche il lavoro intellettuale.
L’oggetto delle proposte
viene definito in attuazione dell’art. 17, terzo comma[25], della
Costituzione,
salvaguardando in tal modo la potestà legislativa ivi riconosciuta alle Regioni
e nel
rispetto dei principi di
concorrenza e di libertà di circolazione.
A tale proposito si
ricorda che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, riserva alla
potestà
legislativa concorrente la materia delle "professioni”,
intesa in senso ampio, ovvero comprensiva delle
attività professionali.
Con riferimento all’articolo
2229 c.c. si ricorda che si limita a prescrivere che la legge determina le
professioni
intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi
albi, attribuendo alle
associazioni
professionali taluni poteri in merito. Infatti il comma 2 del medesimo articolo
demanda alle
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associazioni
professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l’accertamento dei requisiti per
l’iscrizione negli
albi o negli elenchi, la
loro tenuta e il potere disciplinare sugli iscritti.
La disciplina di alcune
attività professionali (c.d. professioni regolamentate o “protette”) è pertanto
fondata su una
particolare organizzazione dei rispettivi professionisti, che, sul piano
ordinamentale, si
risolve nella
istituzione di figure organizzatorie dei relativi gruppi, ossia degli Ordini e dei
Collegi
professionali.
Caratteristica comune
delle c.d. professioni “protette” è sia la particolare formazione culturale,
scientifica o tecnica
richiesta, sia la prevista necessaria autonomia decisionale del
professionista circa la
scelta degli strumenti e
delle modalità di perseguimento dei risultati.
Quanto, invece, alle
attività commerciali e ai pubblici esercizi si ricorda che a livello nazionale
sono
disciplinate,
rispettivamente, dalla legge n. 443/85, dal D.Lgs. 114/1998 e dalla legge n.
287/91.
Esercizio della
professione (art. 2)
L’articolo 2 delle
pdl 1934 e 2077introduce il principio del libero esercizio della professione
fondato sull’autonomia,
sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica del
professionista (comma
1).
Il comma 2 consente
al professionista di scegliere la forma in cui esercitare la propria
professione, riconoscendo
l’esercizio di questa sia in forma individuale sia in forma associata
o societaria.
L’esercizio della
professione può altresì prefigurarsi come lavoro dipendente. In questo
caso
la legge predispone
apposite garanzie volte ad assicurare l’autonomia e l’indipendenza di
giudizio nonché
l’assenza di conflitto di interessi anche in caso di lavoro a tempo parziale.
Riconoscimento delle
professioni non regolamentate (art. 3)
L’articolo 3 delle
pdl 1934 e 2077disciplina la procedura di riconoscimento delle
professioni non
regolamentate spettante al Ministro della giustizia.
Il Ministro vi provvede
con uno o più decreti, su proposta del Consiglio nazionale
dell'economia e del
lavoro (CNEL), previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano e di concerto con i Ministri
competenti per materia.
Il riconoscimento
riguarda le professioni aventi connotazione tipica di interesse diffuso, che
dovrà risultare da uno
specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nell’ambito del
mercato nazionale e
dalla rilevanza di carattere economica e sociale.
Nella relazione
illustrativa si sottolinea come la disciplina delle professioni introdotta
dalle
proposte tenga conto
della ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia di professioni
(competenza
concorrente). La competenza statale nel riconoscimento e nell’individuazione
delle
professioni non
regolamentate e il rinvio alle regioni per l’emanazione di norme di dettaglio
(cfr.
infra) si pone in linea
con il riparto di competenze previsto dalla Costituzione.
Nella relazione si
ricorda inoltre che i principi fondamentali in materia di professione sono
stati
dettati con il D.Lgs. 2
febbraio 2006 n. 30 recante Ricognizione dei principi fondamentali materia
di professioni, ai sensi
dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
Ai sensi del comma 2 l’atto
di riconoscimento delle professioni non regolamentate deve
essere sempre motivato
in maniera analitica e deve indicare espressamente le ragioni e gli
interessi la cui
valutazione sta alla base della decisione.
L’atto deve, altresì, stabilire
i requisiti necessari per l'esercizio della professione dopo avere
sentito le forme
aggregative delle associazioni, la cui disciplina è contenuta nell’articolo 7
delle
due proposte in esame.
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Il comma 3 chiarisce
che il suddetto riconoscimento non costituisce motivo di riserva della
professione, mentre il comma
4, da ultimo, per il riconoscimento della professione rinvia anche
alle modalità
individuate dai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 5 (cfr. infra).
Associazioni
professionali (art. 4 )
L’articolo 4 delle
pdl 1934 e 2077disciplina le associazioni professionali garantendone la
libertà di costituzione e individuandole quali soggetti
giuridici di diritto privato, fondati su
base volontaria, senza vincolo di
esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza (comma 1).
Ai sensi del comma 2 gli
statuti e le clausole associative delle associazioni sono tenuti a
garantire la trasparenza
delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra
gli
associati e l'osservanza
dei principi deontologici.
Le associazioni sono
inoltre tenute a garantire la formazione permanente, l’adozione di un
codice deontologico, la
vigilanza sul comportamento degli associati e la definizione di sanzioni
disciplinari nei
confronti degli associati per le violazioni del codice deontologico. A tale
fine la
norma impone a ciascuna
associazione l’attivazione di uno sportello di riferimento per i
consumatori, che vi
possono ricorrere in caso di contenzioso con i professionisti (comma
3).
Disposizioni di analogo
tenore sono contenute anche all’articolo 26 della pdl 1590 che a
differenza delle pdl
1934 e 2077 non contiene alcuna previsione di attivazione del suddetto
sportello di riferimento
per i consumatori.
Riconoscimento delle
associazioni (art. 5)
L’articolo 5 delle
pdl 1934 e 2077al comma 1 definisce i requisiti necessari per il
riconoscimento delle associazioni, di
seguito elencati:
a) costituzione da almeno
quattro anni per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o
per scrittura privata
registrata presso l'ufficio del registro, ovvero per altra idonea
documentazione
ufficiale;
b) adozione di uno statuto che sancisca un
ordinamento democratico, l’assenza dello scopo
di lucro, la rappresentatività
elettiva delle cariche interne e l’assenza di situazioni di conflitto di
interessi o di
incompatibilità, la trasparenza degli assetti organizzativi e dell'attività dei
relativi
organi, nonché
l’esistenza di una struttura organizzativa e tecnico-scientifica che consenta
l'effettivo
raggiungimento delle finalità dell'associazione;
c) tenuta di un elenco
degli iscritti, da aggiornarsi con cadenza annuale e contenente
l'indicazione delle
quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;
d) individuazione di elementi
di deontologia;
e) precisa identificazione
delle attività professionali caratterizzanti la professione di
riferimento
dell'associazione, nonché dei titoli di studio e delle esperienze
formative necessari
al relativo esercizio;
f) previsione dell'obbligo
della formazione permanente;
g) ampia diffusione sul
territorio nazionale, con sedi in almeno dieci regioni;
h) mancata pronuncia di
condanna,
passata in giudicato, nei confronti dei suoi legali
rappresentanti, in relazione ad attività
professionali o riferibili all'associazione medesima.
Ai sensi del comma 2 il
riconoscimento delle associazioni in possesso dei requisiti
suindicati spetta al
Ministro della giustizia che vi provvede con proprio decreto, sentito
il CNEL
e previo parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
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autonome di Trento e di
Bolzano. E’ richiesto inoltre il concerto con il Ministro per le politiche
europee e con il
Ministro competente per materia o settore prevalente di attività.
I successivi commi
3-5 disciplinano la procedura di riconoscimento delle associazioni cui
non corrisponde alcuna
professione già riconosciuta secondo le modalità stabilite dal
precedente articolo 3,
al comma 1.
Il comma 3 in tal
caso stabilisce che la richiesta di riconoscimento dell'associazione
costituisce anche
richiesta di riconoscimento della professione di riferimento, mentre
il
comma 4 rinvia al decreto di
riconoscimento, di cui al precedente comma 2, per l’indicazione
delle connotazioni
tipiche che costituiscono l'ambito professionale oggetto della
rappresentanza
da parte delle
associazioni, nonché per l’effettuazione del riconoscimento della professione
stessa: lo scopo è
quello di evitare la parziale sovrapposizione tra le attività rappresentate
dalle
associazioni richiedenti
e l'eccessiva frammentazione delle professioni.
A completamento della
procedura di riconoscimento delle associazioni richiedenti, il comma 5
impone alle medesime l’adeguamento
dei relativi statuti alle disposizioni del suindicato
decreto (relative alle
connotazioni tipiche della professione riconosciuta) entro sei mesi dalla
data di emanazione del
decreto stesso. A tale proposito si segnala che la sola pdl 1934 prevede
l’inefficacia del
riconoscimento in caso di mancato adeguamento.
Spetta al Ministro della
giustizia procedere con proprio decreto, ogni due anni, alla
ricognizione delle
professioni allo scopo di favorire l'aggiornamento di quelle esistenti,
promuovere il
riconoscimento di nuove professioni e procedere a eventuali accorpamenti
(comma 6). Il
decreto sarà adottato con le modalità dettate dal comma 2.
Infine il comma 7 fa
divieto alle associazioni di adottare e usare denominazioni
professionali
relative a professioni
organizzate in ordini o collegi.
Disposizioni analoghe a
quelle di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077 sono
contenute anche nell’articolo
27 della pdl 1590.
I requisiti richiesti
per il riconoscimentodelle associazioni, individuati dal comma 1
dell’articolo, coincidono
sostanzialmente con quelli indicati dalle pdl 1934 e 2077; l’unica
differenza è costituita
dalla mancata previsione del requisito della precisa identificazione delle
attività professionali
caratterizzanti la professione di riferimento dell'associazione, nonché dei
titoli
di studio e delle
esperienze formative necessari al relativo esercizio.
Inoltre, per quanto
riguarda l’adozione del decreto del Ministero della giustizia di
riconoscimento delle
professioni, la pdl 1590 non richiede il previo parere della Conferenza
Stato
-regioni (art. 27, comma
2).
Il comma 3 dell’art. 27
consente, inoltre, alle associazioni riconosciute ai sensi del comma 2, di
rilasciare agli iscritti
un attestato di competenza, la cui disciplina è contenuta più
diffusamente
nell’art. 29 (cfr.
infra).
La pdl 1590, con
una norma analoga al comma 7 dell’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077, reca
inoltre espressamente il
divieto, per i professionisti iscritti alle associazioni professionali, sia di
svolgere le attività
professionali riservate dalla legislazione vigente a specifiche categorie sia
comunque di adottare ed
utilizzare denominazioni professionali relative a professioni organizzate
in ordini o collegi
professionali (articolo 30).
Analogamente, la pdl
2239 dispone che i professionisti iscritti alle associazioni riconosciute
ai
sensi del D.Lgs.
206/2007 e del decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008 non possono
esercitare attività
professionali riservate dalla legislazione vigente a specifiche categorie o
comunque adottare ed
utilizzare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in
ordini o collegi
professionali (articolo 26, commi 1 e 2).
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Si ricorda che il D.Lgs.
9 novembre 2007, n. 206 ha dato attuazione alla direttiva 2005/36/CE relativa
al
riconoscimento delle
qualifiche professionali (cfr. infra).
In particolare, l’art.
26 del decreto legislativo dispone che, al fine di elaborare proposte in
materia di
piattaforme comuni[26] da sottoporre alla
Commissione europea, vengano sentiti, se si tratta di professioni
regolamentate, gli
ordini, i collegi o gli albi, ove esistenti, e, in mancanza, le associazioni
rappresentative
sul territorio
nazionale, se si tratta di professioni non regolamentate, le associazioni
rappresentative sul
territorio nazionale e,
se si tratta di attività nell'area dei servizi non intellettuali e non
regolamentate, le
associazioni di
categoria rappresentative a livello nazionale. Analogamente, tali soggetti sono
sentiti anche
ai fini
dell'elaborazione di piattaforme comuni proposte da altri Stati membri e in
ogni altro caso in cui a
livello europeo deve
essere espressa la posizione italiana in materia di piattaforma comune.
Sono quindi indicati una
serie di requisiti, per le associazioni, da prendere in considerazione al fine
della
valutazione in ordine alla
rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate. Le
associazioni in possesso
dei prescritti requisiti sono individuate, previo parere del CNEL, con decreto
del
Ministro della
giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee e del Ministro
competente per
materia.
In attuazione dell’art.
26 del D.Lgs. 206/2007 è stato adottato il D.M. 28 aprile 2008[27].
Articolazione
territoriale delle associazioni (art. 6)
L’articolo 6 delle
pdl 1934 e 2077al comma 1 demanda alle regioni, sentite le
associazioni
professionali o le
aggregazioni di associazioni professionali riconosciute e presenti a livello
regionale, la definizione
delle modalità di organizzazione territoriale delle associazioni
riconosciute. Consente,
inoltre, alle regioni di stabilire per le attività professionali requisiti
aggiuntivi rispetto a quelli
indicati dai decreti di riconoscimento di cui all’art. 5, in relazione alle
caratteristiche del
proprio territorio.
Compete sempre alle
regioni definire i percorsi di formazione necessari per conseguire i
requisiti aggiuntivi di
cui al secondo periodo del precedente comma 1 e per l'aggiornamento delle
competenze già acquisite
dagli associati.
Forme aggregative delle
associazioni (art. 7)
L’articolo 7 delle
pdl 1934 e 2077consente la costituzione, da parte delle associazioni, di
forme di aggregazione,
con una consistenza di almeno 10 associazioni, aventi funzioni di
rappresentanza e di
controllo delle associazioni medesime (comma 1).
Le forme aggregative,
soggetti autonomi rispetto alle associazioni aderenti che
rappresentano, si
caratterizzano per l’indipendenza e l’imparzialità di azione. Vi possono
partecipare anche le
associazioni dei consumatori riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2005
(Codice del consumo)
(comma 2).
Le norme in materia di associazioni
dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale sono
contenute nella Parte
V (artt.136-141) del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice
del consumo.
In particolare l'articolo
137 prevede l’istituzione presso il MAP (ora Ministero dello sviluppo
economico), di
un elenco delle
associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello
nazionale,
fissandone i relativi
requisiti di iscrizione. L’elenco viene aggiornato annualmente e trasmesso alla
Commissione UE da parte
del Ministro.
Tra le funzioni esercitate
dalle forme aggregative rientrano:
_ la promozione e qualificazione delle attività professionali
rappresentate;
_ la divulgazione di informazioni e di conoscenze connesse
alle suddette attività;
_ la rappresentanza delle istanze comuni alle associazioni
aderenti nelle sedi politiche e
istituzionali;
_ il controllo sulle associazioni aderenti, con particolare
riguardo alla verifica della congruità
degli standard
professionali e qualitativi e dei codici deontologici adottati;
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_ il richiamo all’associazione in caso di gravi inadempienze
o irregolarità nell’esercizio delle
funzioni proprie fino
all’espulsione dell’associazione in caso di persistente inadempienza e
irregolarità.
Registro delle
associazioni professionali (art. 8 )
L’articolo 8 delle
pdl 1934 e 2077istituisce il Registro delle associazioni professionali
presso il Ministero
della giustizia, cui spetta fissare forme e modalità per renderlo ampiamente
consultabile,
trattandosi di un registro pubblico (comma 1).
Nel Registro sono automaticamente
iscritte, all'atto dell'emanazione del relativo decreto di
riconoscimento, le
associazioni professionali (comma 2), mentre le forme aggregative
sono
iscritte su richiesta (comma 3).
L’istituzione del
registro è prevista anche dalla pdl 1590 (articolo 28) che si
limita a
consentirne l’iscrizione
alle associazioni riconosciute ai sensi dell’art. 27, comma 2 (cfr. infra).
Le proposte AC 3 (di
iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti) hanno contenuto analogo e
disciplinano al Titolo
III (articoli da 30 a 33 dell’AC 3; articoli da 33 a 36 dell’AC 1553) le
associazioni delle
professioni riconosciute.
In primo luogo, le
proposte prevedono che presso il Ministero della giustizia sia tenuto il
registro delle associazioni delle
professioni riconosciute. Tale registro contiene i dati identificativi
dell’associazione, lo
statuto, il codice etico e le generalità dei componenti degli organi
amministrativi. Con il
regolamento di attuazione il Governo dovrà stabilire le modalità di tenuta
del registro, anche ai
fini dell’organizzazione del Ministero della giustizia.
L’AC 3 individua
direttamente i requisiti delle associazioni al fine dell’iscrizione nel
registro;
l’AC 1553 demanda la
loro individuazione ai decreti legislativi di cui all’articolo 37. I requisiti
sono
analoghi:
_ l’associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la
medesima professione
riconosciuta e deve
avere una dimensione adeguata;
_ lo statuto deve espressamente prevedere come scopo la promozione
del profilo
professionale degli
iscritti e il loro aggiornamento, stabilendo le necessarie verifiche, anche in
ordine al rispetto del
codice etico;
_ lo statuto deve anche indicare se l’associazione rilascia agli
iscritti attestati in ordine alla
formazione e
qualificazione professionale ovvero tecnico-scientifica, nonché al possesso
degli
altri requisiti
stabiliti per l’iscrizione;
_ lo statuto deve prevedere una disciplina degli organi associativi
su base democratica.
Ai fini dell’iscrizione
nel registro è altresì necessario il possesso di ulteriori requisiti, quali: la
dotazione da parte
dell’associazione di idonee strutture, organizzative e tecnico-scientifiche;
l’adozione di un codice
etico; l’obbligo per gli iscritti di assicurarsi per la responsabilità civile.
Il
rispetto dei menzionati
requisiti costituisce condizione per il mantenimento dell’iscrizione nel
registro.
Infine, le proposte di
legge AC 3 e AC 1553 individuano alcune norme transitorie. In
particolare la l’AC 3
dispone che, in sede di prima attuazione, sono iscritte nel registro le
associazioni presenti
(alla data di entrata in vigore della legge) nella relativa banca dati del
CNEL, che riguardano
professioni che hanno ottenuto il riconoscimento ai sensi dell’articolo 14.
Invece l’AC 1553 prevede
che sia previsto un regime agevolato in ordine ai requisiti associativi a
favore delle menzionate
associazioni presenti nella banca dati del CNEL.
Si segnala che, all’art.
36, comma 1, dell’AC 1553, il riferimento normativo richiamato a
proposito
dell’istituzione della banca dati del CNEL (art. 17 della legge 30 dicembre
1986, n. 936)
in realtà riguarda la
banca dati sul mercato del lavoro, sui costi e sulle condizioni di lavoro.
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In ogni caso, le
associazioni in questione sono tenute ad adeguarsi ai requisiti stabiliti dalla
legge entro un termine
fissato in due anni dall’AC 3 e in cinque anni dall’AC 1553 dall’entrata in
vigore della legge.
L’articolo 4dell’AC
503 (Siliquini e altri) consente la costituzione di associazioni
professionali, ai professionisti che
esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge
dello Stato, subordinandone
l’iscrizione in un apposito registro istituito presso il
Ministero della
giustizia a determinati
criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Attestato di competenza
(art. 9)
L’articolo 9 delle
pdl 1934 e 2077istituisce l’attestato di competenza, comprovante :
_ il possesso dei requisiti professionali richiesti;
_ l’esercizio abituale della professione;
_ il costante aggiornamento professionale;
_ la conformità del comportamento alle norme di corretto
svolgimento della professione.
L’attestato è istituito
conformemente alla direttiva 2005/36/CE, allo scopo di garantire la tutela
dei consumatori.
La direttiva
2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005,
relativa al
riconoscimento delle
qualifiche professionali, ha riformato il regime precedentemente in vigore al fine
di contribuire alla
flessibilità dei mercati del lavoro, di realizzare una maggior liberalizzazione
delle
prestazioni di servizi,
di favorire un maggiore automatismo nel riconoscimento delle qualifiche, nonché
di
semplificare le
procedure amministrative. In questa prospettiva, la direttiva, che consolida
in un unico
testo molteplici
direttive adottate nel corso degli ultimi decenni, pur mantenendo le
garanzie inerenti ad
ogni sistema di
riconoscimento esistente, ha istituito un quadro giuridico unico e coerente,
che poggia
su una liberalizzazione
più estesa della prestazione di servizi, una maggiore automaticità nel
riconoscimento delle
qualifiche e una maggiore flessibilità delle procedure di aggiornamento della
direttiva
medesima.
Il regime di
riconoscimento delle qualifiche professionale maggiormente uniforme,
trasparente e
flessibile introdotto
dalla direttiva è volto a conferire, a coloro che hanno acquisito una qualifica
professionale in uno
Stato membro, la garanzia di accedere alla stessa professione e di
poterla
esercitare in un altro Stato membro
alle stesse condizioni dei cittadini di quest’ultimo. Tuttavia, come si
precisa nel
“Considerando” n. 3, la suddetta garanzia non esonera il professionista
migrante dal rispetto di
eventuali condizioni
di esercizio che potrebbero essere imposte dallo Stato ospitante,
purché siano
giustificate,
proporzionate e non risultino discriminatorie.
Ladirettiva 2005/36/CE
ha consolidato in un unico testo e semplificato:
_ le direttive settoriali
[28]
, relative a varie
professioni (infermiere responsabile dell'assistenza generale,
dentista, veterinario,
ostetrica, architetto, farmacista e medico);
_ le direttive relative al sistema generale di riconoscimento delle
qualifiche professionali
[29]
;
_ la direttiva 1999/42/CE, che istituisce un meccanismo di
riconoscimento delle qualifiche per talune
attività professionali e
che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche
[30]
.
La direttiva definisce “professione
regolamentata”’ l’attività o l’insieme di attività professionali l’accesso
alle quali e il cui
esercizio sono subordinati - in forza di norme legislative, regolamentari o
amministrative -
al possesso di
determinate qualifiche professionali. Alle professioni regolamentate sono
state assimilate
le professioni
esercitate da membri di associazioni o di organismi elencati nella allegato
I del
provvedimento, cui viene
riconosciuta la finalità di promuovere e di mantenere un elevato livello
professionale. A tal
fine dette associazioni e organismi sono oggetto di riconoscimento da parte dei
singoli
Stati che rilasciano ai
loro membri un titolo di formazione, esigendo da parte di costoro il
rispetto delle
regole di condotta
professionale prescritte dalle associazioni, e conferiscono ai medesimi il
diritto di usare
un titolo o
un'abbreviazione o di beneficiare di uno status corrispondente a tale titolo di
formazione. Del
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riconoscimento di una
associazione o di un organismo da parte di uno Stato membro deve essere
informata la
Commissione, che pubblica un'adeguata comunicazione nella Gazzetta ufficiale
dell'Unione
europea.
La direttiva 2005/36/CE
è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 9 novembre 2007, n.
206, Attuazione della
direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali,
nonchè
della direttiva
2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle
persone a
seguito dell'adesione di
Bulgaria e Romania.
L’attestato - che
non è requisito vincolante ai fini dell’esercizio della professione -
può
essere rilasciato sia
dalle singole associazioni professionali, sia dalle forme aggregative oltre
che dagli organismi
di certificazione delle persone, accreditati dal sistema nazionale per
l’accreditamento degli
organismi di certificazione e ispezione SINCERT (comma 2).
Gli organismi di
certificazione, che agiscono sempre quale terza parte, attestano che un
prodotto, un
processo o un servizio è
conforme ad una specifica norma o documento normativo. In seguito alla
avvenuta certificazione,
viene rilasciato un certificato ed il diritto d'uso di un marchio.
Affinché la
certificazione abbia una validità ampiamente riconosciuta è necessario che gli
organismi di
certificazione e i
laboratori siano accreditati presso un ente riconosciuto a livello nazionale
L’accreditamento degli
Organismi di certificazione e ispezione è finalizzato a garantire la competenza
di
questi Operatori e
quindi il valore e la credibilità dei risultati delle valutazioni di conformità
da essi
effettuate. In Italia
l’UNI e il CEI hanno costituito, in forma associativa, il SINAL (Sistema
nazionale di
accreditamento
laboratori), con il compito di accreditare a livello nazionale laboratori
italiani ed esteri per
garantire l’affidabilità
delle verifiche di conformità dei prodotti alle norme e alle regole tecniche
nazionali,
comunitarie e
internazionale, ed il SINCERT (Sistema nazionale di accreditamento di
organismi di
certificazione), con il compito di
accreditare a livello nazionale organismi di certificazione italiani ed esteri
per garantire
l’affidabilità delle verifiche di conformità.
Il SINCERT è
stato costituito nel 1991, in forma di Associazione senza scopo di lucro,
legalmente
riconosciuta dallo Stato
italiano con decreto ministeriale del 16 giugno 1995.
La compagine associativa
di SINCERT comprende attualmente 49 associati, fra cui rientrano i principali
soggetti istituzionali,
scientifici e tecnici, economici e sociali aventi interesse diretto e indiretto
nelle attività
di accreditamento e
certificazione.
L’Associazione ha come
finalità l’accreditamento di organismi di:
- certificazione di
sistemi di gestione aziendale, quali sistemi di gestione per la qualità,
sistemi di
gestione ambientale,
sistemi di gestione per la sicurezza e salute sul lavoro, sistemi di gestione
per
la sicurezza delle
informazioni, sistemi di gestione per la sicurezza alimentare;
- certificazione di
prodotti/servizi;
- certificazione di
personale;
- di ispezione.
Spetta alle
associazioni definire i requisiti per il rilascio dell'attestato di
competenza, tra i
quali rientrano, in
particolare:
_ l'individuazione di livelli di qualificazione professionale,
dimostrabili tramite il conseguimento
di titoli di studio o di
specifici percorsi formativi;
_ la definizione dell'oggetto della professione e dei relativi
profili professionali;
_ la determinazione di standard qualitativi da rispettare
nell'esercizio della professione
(comma 3).
Ai fini del rilascio
dell'attestato di competenza è inoltre richiesto agli associati il possesso
della
polizza assicurativa per
la responsabilità professionale (comma 4 della pdl 1934 e comma
6 della pdl 2077).
I soggetti abilitati al
rilascio dell’attestato di competenza devono essere accreditati presso il
SINCERT. Lo scopo è
quello di evitare il condizionamento, in fase di rilascio, da parte di
situazioni di conflitto
di interessi e di garantirne il riconoscimento nei Paesi UE.
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L'attestato di
competenza ha validità triennale; esso non è requisito vincolante
per
l'esercizio delle
professioni di cui alle pdl in esame ed è rilasciato a tutti gli iscritti alle
associazioni che ne
fanno richiesta e che dimostrano di essere in possesso dei requisiti su
illustrati.
Qualora non venga
rinnovata l'iscrizione all'associazione l'attestato di competenza perdita di
validità (comma 7).
In caso di richiesta da
parte degli utenti l'iscritto all'associazione è tenuto a fornire il proprio
numero di iscrizione
all'associazione e gli estremi dell'iscrizione dell'associazione stessa nel
Registro delle
associazioni professionali di cui all’art. 8 delle pdl in esame.
Disposizioni analoghe
relative all’attestato di competenza sono contenute anche nell’articolo
29 della pdl 1590,
che però attribuisce la competenza del suo rilascio esclusivamente alle
associazioni
professionali e non reca la previsione relativa all’accreditamento presso il
SINCERT
dei soggetti abilitati
al rilascio.
Una norma relativa
all’attestato di competenza, seppur molto più succinta, è contenuta anche
nella pdl 2239,
con la previsione che le associazioni riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2007
e
del decreto del Ministro
della giustizia 28 aprile 2008 (cfr. supra) rilasciano ai professionisti
iscritti
gli attestati di
competenza che pongono in rilievo “le specifiche qualità professionali degli
utenti”.
Si osserva che, sul
piano della corretta formulazione, occorrerebbe sostituire le parole “degli
utenti” con le seguenti
“degli iscritti”.
Norme previdenziali
(art. 10)
Entrambi gli articoli
10 delle pdl 1934 e 2077 recano, sebbene con differenti principi e criteri
direttivi, deleghe per
la disciplina delle forme di tutela previdenziale delle professioni oggetto
dalle stesse pdl.
In particolare, entrambe
le pdl prevedono lo “scorporo” della tutela previdenziale dei
soggetti professionali
in questione dalla Gestione separata INPS, di cui all'articolo 2, comma
26, della L. 8 agosto
1995, n. 335, dove sono iscritti ai sensi della normativa vigente, ma mentre
la pdl 1934 dispone
la costituzione di un’apposita gestione autonoma (presso l’INPS) delle
professioni riconosciute
ai
sensi delle medesime pdl, la pdl 2077 prevede due canali
alternativi consistenti,
rispettivamente, nella confluenza nelle casse previdenziali delle
professioni
ordinistiche, già esistenti, corrispondenti per materia e contenuti professionali o
nell’istituzione di
una o più casse previdenziali autonome.
Più specificamente, la pdl
1934 prevede la delega al Governo ad adottare, entro sei mesi
dalla data di entrata in
vigore del provvedimento, previo parere delle competenti Commissioni
parlamentari, uno o più
decreti legislativi al fine di istituire specifiche forme di tutela
previdenziale dei soggetti che
esercitano le professioni oggetto del provvedimento in esame,
appunto scorporando
questi ultimi dalla gestione separata INPS.
Ai fini dell’esercizio
della delega, il Governo dovrà attenersi ai seguenti principi e criteri
direttivi:
_ costituzione, presso l'INPS, di una gestione autonoma esclusivamente
destinata alle
professioni riconosciute
secondo
le procedure di cui alle pdl in esame (comma 1, lettera
a));
_ carattere interprofessionale della gestione (comma 1, lettera b));
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_ determinazione della contribuzione previdenziale, tale da rispettare la stabilità
della
gestione, nonché il
riconoscimento (sembrerebbe in riferimento all’idoneità del meccanismo di
contribuzione
attualmente esistente per le varie professioni) della peculiarità
della
contribuzione propria di
attività abitualmente remunerate attraverso parcelle professionali
(comma 1, lettera c)).
Anche la pdl 2077 prevede
una delega al Governo da esercitare negli stessi termini temporali,
istituendo specifiche
forme di tutela previdenziale dei soggetti che esercitano professioni non
regolamentate mediante
scorporo dalla gestione separata INPS, ma sulla base dei seguenti
principi e criteri
direttivi, in alternativa tra loro:
_ possibilità, per i soggetti richiamati, di confluire nelle
casse di previdenza delle
professioni di cui all'articolo 2229
c.c.[31] corrispondenti per
materia e per contenuti
professionali (comma 1, lettera a));
_ possibilità di istituire una o più casse previdenziali autonome,
destinate alle professioni
disciplinate dal
provvedimento in esame (comma 1, lettera b)).
Al riguardo, si segnala che
la prevista facoltà di confluenza delle professioni in esame nelle
Casse previdenziali
esistenti, sembrerebbe non coordinata con il principio di autonomia affermato
in seguito alla
privatizzazione delle casse stesse, stabilita dal D.Lgs. 509/1994 (vedi infra)..
Gli esercenti libere
professioni intesi in senso generale, quindi non solo gli operatori delle
tradizionali
professioni liberali, ma
anche coloro che svolgono in modo autonomo attività di lavoro in conseguenza
dell'iscrizione ad albi
o elenchi, fruiscono di tutela previdenziale per effetto della costituzione di
enti
previdenziali in
seguito, nella maggior parte dei casi, all'iniziativa del gruppo
professionalmente
organizzato.
Gli enti previdenziali
preposti alla tutela degli esercenti libere professioni per cosi dire
“storiche” (ad es.
avvocati, medici,
ingegneri e architetti, geometri, notai), sono stati affiancati, negli ultimi
più recenti, da
gruppi professionali
organizzati con albi o elenchi per la tutela di interessi di categorie
emergenti nel
tessuto produttivo (es.
consulenti del lavoro, psicologi).
In particolare, con
riguardo alla tutela previdenziale dei liberi professionisti occorre
distinguere tra
"professionisti
privi di cassa", ossia soggetti che, benché iscritti ad un albo, non sono
dotati di Cassa
previdenziale di
categoria, ovvero soggetti privi sia di albo che di cassa (per i quali si
rinvia alla specifica
trattazione svolta con
riferimento ai lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS), e
"professionisti con
albo e cassa", ossia
soggetti per i quali è istituita una Cassa nazionale di previdenza ed
assistenza, alla
quale gli iscritti
versano i contributi e che eroga le prestazioni previdenziali al raggiungimento
dei requisiti
prescritti.
Casse professionali
Per questi ultimi il
relativo regime di tutela previdenziale ha disposto la privatizzazione delle
rispettive
Casse professionali.
Il D.Lgs. 30 giugno
1994, n. 509[32], ha infatti individuato
gli Enti gestori di forme di previdenza e
assistenza obbligatorie
da trasformare in persone giuridiche private (in associazioni o in fondazioni),
a
decorrere dal 1° gennaio
1995, tra i quali rientran o:
_ Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori
legali;
_ Cassa di previdenza tra dottori commercialisti (CNPADC);
_ Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;
_ Cassa nazionale previdenza e assistenza ingegneri e architetti
liberi professionisti (INARCASSA);
_ Cassa nazionale del notariato;
_ Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti
commerciali (CNPR);
_ Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro
(ENPACL);
_ Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);
_ Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);
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_ Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV).
_ A questi Enti ne sono succeduti altri, i c.d. enti privati di
previdenza obbligatoria dei liberi professionisti,
fra i quali:
_ Ente Nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei biologi
(ENPAB);
_ -Ente nazionale di previdenza e assistenza della professione
infermieristica (ENPAPI);
_ Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi
(ENPAP);
_ Ente di previdenza ed assistenza pluricategoriale (dottori
agronomi e dottori forestali, attuari, chimici e
geologi (EPAP);
_ Ente di previdenza dei periti industriali (EPPI).
Il D.Lgs. 10 febbraio
1996, n. 103[33], in materia di tutela
previdenziale obbligatoria dei liberi
professionisti, ha
rappresentato la fonte di riferimento primario cui è seguito il riconoscimento
dell'autonomia per
numerose Casse previdenziali.
In particolare,
l’articolo 3 ha demandato agli enti esponenziali degli enti abilitati alla
tenuta di albi od
elenchi la facoltà di
scegliere, alternativamente, a quali tipologie di forme gestorie partecipare
(tre le quali
rientravano le Casse
professionali già previste dal D.Lgs. 509/1994, oppure in una categoria
professionale
similare o ancora nella
gestione separata I.N.P.S.)
Presso il Ministero del
lavoro è stato istituito l'Albo delle associazioni e delle fondazioni che
gestiscono
attività di previdenza
ed assistenza.
I professionisti
iscritti agli Ordini/Albi, che esercitano attività autonoma di libera
professione senza
vincolo di
subordinazione, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa
ancorché
svolgano
contemporaneamente attività di lavoro subordinato, sono obbligatoriamente
iscritti alla Cassa
previdenziale di
categoria.
Il contributo posto a
carico di ciascun iscritto alla Cassa previdenziale, di norma, è composto da un
contributo soggettivo,
da un contributo integrativo e dal contributo di maternità. Il contributo di
maternità è
in genere determinato in
misura fissa. Il contributo soggettivo può essere stabilito in misura fissa o
in
percentuale
sull'ammontare del reddito professionale netto conseguito ai fini IRPEF.
Nel caso di contributo
determinato in misura percentuale, i professionisti devono comunicare alla
Cassa
previdenziale, secondo
le modalità stabilite dalla medesima, l'ammontare del reddito professionale
imponibile netto
conseguito ai fini IRPEF per l'anno precedente.
Alcune Casse prevedono
la possibilità di versare un contributo ridotto o un contributo di solidarietà.
Sono previsti minimali e
massimali imponibili di reddito ai fini della determinazione del contributo
dovuto.
Il ritardo nel
versamento dei contributi comporta l'obbligo di pagamento degli interessi e
delle sanzioni
previste dai regolamenti
delle singole Casse di previdenza.
La prescrizione è quella
generale stabilita dalla L. 8 agosto 1995, n. 335.
La Gestione separata
presso l'INPS
Per le altre categorie
di professionisti,. l'articolo 2, commi 26-33, della richiamata L. 335/1995, ha
previsto l'estensione
dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti ad
alcune categorie di
lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da
assicurazione
previdenziale.
E' stata così istituita
presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1996, una apposita Gestione separata,
cui sono tenute ad
iscriversi le categorie di lavoratori appresso indicati, con conseguente
obbligo di
versamento contributivo;
la contribuzione è dovuta anche all'INAIL per effetto dell'entrata in vigore
del
D.Lgs. n. 38/2000, che
all'articolo 5 che ha sancito l'obbligo assicurativo presso detto Istituto
anche per i
lavoratori in questione.
L'organizzazione della
gestione è stata ridisegnata dal comma 158 dell'articolo 1 della richiamata L.
311/2204, la quale ha
altresì stabilito, al precedente comma 157, l'iscrizione alla stessa Gestione
degli
associati in
partecipazione. Successivamente, la materia è stata rivisitata dall’articolo 1,
comma 771, della
L. 296/2006 (legge
finanziaria per il 2007).
L’I.N.P.S. distingue i
lavoratori iscritti in tre gruppi. I due principali sono quello denominato dei
“Collaboratori”, in cui,
tra gli altri, sono inclusi i parasubordinati, e quello denominato dei
“Professionisti”,
che comprende i
lavoratori autonomi che esercitano la professione e hanno una partita IVA. Vi è
poi una
categoria mista di
“Collaboratori-Professionisti”, che rappresenta circa il 2% del totale degli
iscritti, in cui si
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trovano i professionisti
con partita IVA che abbiano un contratto di collaborazione coordinata e
continuativa.
Sono obbligati
all'iscrizione alla Gestione separata, sulla base di disposizioni di carattere
generale o
particolare:
_ professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che
derivano, come disposto dall'articolo
53, comma 1, del D.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), dall'esercizio per professione abituale,
anche se non esclusiva,
di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque,
essere condotta in forma
di impresa commerciale. Rientrano, in tale categoria:
_ professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma
titolari di partita IVA;
_ professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non
iscritti a quest'ultima;
_ professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in
relazione ai redditi professionali non
assoggettati a
contribuzione presso la cassa stessa;
_ professionisti senza albo e senza cassa (ad es. consulente di
informatica, esperto in marketing,
traduttori o interpreti,
ecc.);
_ collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto
disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato
D.P.R. 917/1986, si
considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti
aventi
per oggetto la
prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della
professione esercitata
dal contribuente ai
sensi del comma 1 dello stesso articolo 53, che, pur avendo contenuto
intrinsecamente
artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza
vincolo di
subordinazione, e sono
inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica
prestabilita. Rientrano,
ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:
_ amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed
altri enti;
_ membri di commissione e collegi;
_ soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e
simili, tranne i casi in cui si rientri nel
diritto d'autore;
_ amministratori di condominio;
_ venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a
domicilio (come definiti dall'articolo
36 della L. 11 giugno
1971, n. 426, recante la Disciplina del commercio); per effetto dell'articolo
44,
comma 2, del D.L. 30
settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla
Gestione
separata, come pure gli
esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito
annuo
sia superiore a € 5.000;
_ titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di
ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315,
articolo 1); per il
sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività
di tutorato o
didattico-integrative,
propedeutiche o di recupero (DL 105/2003 convertito dalla L. 177/2003);
_ pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività
sopradescritte; sono tenuti alla
contribuzione alla
Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio
di dette
attività.
Nei confronti dei
soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra
quelle per
le quali è previsto il
versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di
versamento. L'obbligo
sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i
quali possono, comunque,
chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65°
anno di età, non abbiano
maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica;
_ medici in formazione specialistica, di cui all'art. 2,
comma 26 della L. 335/1995: a decorrere
dall'anno accademico
2006-2007 e per la durata della formazione;
_ lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione
in questione anche i lavoratori
dipendenti, sia privati
che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a
contribuzione
previdenziale obbligatoria.
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Va sottolineato che la
nuova definizione dei redditi da collaborazione coordinata e continuativa
contenuta nel comma 1,
lettera c-bis, dell'articolo 50 del D.P.R. 917/1986, non considerando
più tra i
caratteri essenziali
della collaborazione la natura intrinsecamente artistica o professionale della
prestazione, chiarisce
definitivamente che possono rientrare nell'ambito delle collaborazioni
coordinate
e continuative anche
attività manuali ed operative, in presenza, ovviamente, di tutti gli altri
presupposti
per il riconoscimento di
un'attività di collaborazione;
_ associati in partecipazione: dal 1° gennaio 2005, per effetto del comma 157
de ll'articolo 1 della L.
311/2004 (legge
finanziaria per il 2005).
La generalità dei
lavoratori interessati dall’obbligo di iscrizione alla Gestione separata
risulta distinta in
due principali
categorie: da un lato i lavoratori non iscritti ad alcuna altra forma di
previdenza obbligatoria,
e, dall’altro, i
lavoratori già iscritti a un’altra forma di previdenza obbligatoria, o che
siano già titolari di una
pensione. Le due categorie
di lavoratori sono facilmente riconoscibili in funzione delle diverse aliquote
con
cui è previsto il
versamento dei contributi previdenziali alla gestione.
Al riguardo, si ricorda
che da ultimo, la L. 24 dicembre 2007, n. 247, all’articolo 1, comma 79, ha
fissato
la richiamata aliquota
contributiva per gli iscritti alla Gestione separata che non risultino
assicurati presso
altre forme obbligatorie
nella misura del 24% per il 2008, del 25% per il 2009 e del 26% a decorrere dal
2010.
Per gli iscritti ad altra
forma di previdenza obbligatoria, invece, l'aliquota è fissata al 17%.
Si ricorda, infine, che
presso la XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati sono
attualmente in esame le
proposte di legge AC 2312 (Saglia ed altri) e AC 2345 (Narducci ed
altri), di contenuto in
parte simile, recanti disposizioni in materia previdenziale per i lavoratori
autonomi esercenti
professioni non regolamentate[34]
In particolare, entrambe
le pdl prevedono l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2010,
un’apposita gestione a
contabilità separata presso l’INPS, cui sono tenuti ad iscriversi i soggetti
che esercitano
abitualmente un’attività di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53, comma 1,
del
T.U.I.R., non iscritti a
casse previdenziali private afferenti ad ordini o albi professionali.
Vigilanza (art. 11)
L’articolo 11 delle
pdl 1934 e 2077attribuisce al Ministero della giustizia la vigilanza
sull'operato delle
associazioni professionali, svolta di concerto con il Ministero dello sviluppo
economico, per
verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti previsti dalle pdl in
esame. In
caso di mancata
ottemperanza alle disposizioni delle stesse pdl viene disposta la cancellazione
dal Registro delle
associazioni professionali.
Disposizioni analoghe
sono contenute anche nell’articolo 31 della pdl 1590 e nell’articolo
27 della pdl 2239, in cui si precisa
altresì che la cancellazione dal Registro – disposta allorché si
ravvisino irregolarità
nell’operato delle stesse associazioni, la perdita dei requisiti necessari o
protratta inattività -
comporta la revoca dell’autorizzazione a rilasciare attestati di competenza.
Entrata in vigore (art.
12)
L’articolo 12delle
pdl 1934 e 2077dispone in merito all’entrata in vigore del provvedimento,
prevista per il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione.
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[1] Tra queste si richiamano
il D.lgs. Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, sulla ricostituzione su basi democratiche
dei
consigli degli ordini e
collegi; la L. 25 aprile 1938, n. 897, sull'obbligatorietà delle iscrizioni
negli albi professionali e
sulle funzioni relative
alla loro custodia; la L. 8 dicembre 1956, n. 1378, sugli esami di Stato per
l'abilitazione
all'esercizio delle
professioni
[2] Recante: Ricognizione
dei principi fondamentali in materia di professioni.
[3] Il provvedimento
rappresenta il primo caso di attuazione, nel nostro ordinamento, della delega
contenuta
nell’articolo 1, comma 4,
della Legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), volta ad adeguare
l’assetto
ordinamentale all’ampia
riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla Legge cost. n. 3/2001
[4] L’articolo 2229 c.c., nel
riservare alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per il
cui esercizio è
richiesta l'iscrizione in
albi o elenchi, demanda alle associazioni professionali, sotto la vigilanza
dello Stato,
l'accertamento dei
requisiti per l'iscrizione, la tenuta degli albi e il potere disciplinare.
[5] Si tratta delle
disposizioni che stabiliscono l’incompatibilità con il mercato comune: a) degli
accordi di imprese e
associazioni di imprese
che abbiano lo scopo di impedire, limitare o falsare le regole della
concorrenza all’interno
dell’Unione; tali accordi
sono nulli di pieno diritto (art. 81); b) dello sfruttamento abusivo di
posizione dominante (art.
82). È’ poi sancita la
sottoposizione delle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse
economico
generale o aventi
carattere di monopolio fiscale alle generali regole di concorrenza, nei limiti
in cui l'applicazione di
tali norme non osti
all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro
affidata (art. 86).
[6] Legge 15 maggio 1997, n.
127, Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei
procedimenti di
decisione e di controllo.
[7] D.M. 3 novembre 1999, n.
509, Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli
atenei.
[8] D.M. 22 ottobre 2004, n.
270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia
didattica degli
atenei, approvato con
D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e
tecnologica.
[9] L’art. 1, c. 18, della l.
n. 4 del 1999, come modificato dall’art. 6 della l. 370/99, ha disposto che uno
o più
regolamenti di
delegificazione, risultanti dal concerto dei Ministri dell’Università e della
ricerca scientifica e di Grazia
e giustizia, provvedono a
modificare la disciplina dell’accesso agli albi, ordini e collegi professionali,
nonché del
relativo esame di Stato,
adeguando l’accesso al nuovo sistema degli studi universitari delineato
dall’art. 17, c. 95,
della l. 127 del 1997 e
dai successivi decreti di attuazione.
[10] “Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica.
[11] Recante Disposizioni
urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.
[12] In materia di tariffe
professionali, v. la nota sentenza della Corte di giustizia delle
comunità europee del 18
giugno 1998 (causa C-35/1996) sulle
tariffe obbligatorie per gli spedizionieri doganali. Secondo la
decisione,
l’Italia ha violato le
regole comunitarie sulla concorrenza, in quanto la legge professionale (L. 22
dicembre 1960, n.
1612) impone ad
un'organizzazione professionale (il CNSD, Consiglio nazionale spedizionieri
doganali) l'adozione
di una decisione tipica
di un’associazione di imprese, in contrasto con l'art. 85 del Trattato CE (ora
art. 81),
consistente nel fissare
una tariffa obbligatoria per tutti gli spedizionieri doganali.
In particolare, sulla
compatibilità delle tariffe forensi italiane con la regole comunitarie
sulla concorrenza, v.
Corte di giustizia,
sentenza 19 febbraio 2002 (causa Arduino, C-35/1999) e Corte di Giustizia,
sentenza 5
dicembre 2006; in particolare, in tale
ultima decisione la Corte di giustizia intervenendo sulla normativa
anteriore
all'entrata in vigore
della legge Bersani, ha confermato l'orientamento comunitario secondo cui il
"divieto italiano
assoluto di derogare ai
minimi tariffari stabiliti per gli avvocati costituiva una restrizione della
libera prestazione di
servizi". Secondo la
Corte: "Gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano in linea di principio
all’adozione, da parte di
uno Stato membro, di un
provvedimento normativo che approvi, anche sulla base di un progetto elaborato
da un
ordine professionale, una
tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari e a cui, in linea di
principio, non sia
possibile derogare né per
le prestazioni riservate né per quelle che possono essere svolte anche da
qualsiasi altro
operatore economico non
vincolato da tale tariffa. Tuttavia, una normativa che vieti in maniera
assoluta di derogare
convenzionalmente agli
onorari minimi determinati da una tariffa professionale costituisce una
restrizione della
libera prestazione dei
servizi prevista dall’art. 49 CE. Spetterà in concreto al giudice di merito
verificare se tale
normativa, alla luce
delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi
della tutela dei
consumatori e della buona
amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni
che essa
impone non appaiano
sproporzionate rispetto a tali obiettivi".
[13] In merito all'estensione
di tale divieto, la Suprema Corte aveva osservato che "È nullo il patto
di quota lite
stipulato da un
ragioniere con il proprio cliente poiché il termine "patrocinatori"
contenuto nel comma 3 dell'art. 2033
c.c. individua una
categoria generale cui appartengono tutti quei professionisti che, pur non
essendo né avvocati né
procuratori, sono oggi
abilitati alla difesa in sede di controversie giudiziali" (Cass. 23 giugno
1998, n. 6203).
[14] Il relativo schema è
stato, in più occasioni, ritenuto illegittimo da parte del Consiglio di Stato;
Con mozione
approvata il 23 giugno
1998, il Senato impegnava il Governo a non procedere all’emanazione del
regolamento
[15] Legge 21 dicembre 1999,
n. 526, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità
europee”.
[16] “Attuazione della
direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione
di avvocato in uno
Stato membro diverso da
quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale”.
[17] La nuova direttiva
europea 2005/36/CE, recepita in Italia con il citato decreto legislativo n. 206
del 2007
sostituisce tutte le
quindici direttive che dagli anni '70 al 20 ottobre 2007 hanno disciplinato il
riconoscimento delle
qualifiche professionali:
le direttive Sistemi generali (89/48/CEE, 92/51/CEE, 99/42/CE) e le direttive
settoriali
(77/452/CEE, 77/453/CEE,
78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE,
85/384/CEE, 85/432/CEE,
85/433/CEE e 93/16/CEE) riguardanti le professioni d'infermiere professionale,
odontoiatra, veterinario,
ostetrica, architetto, farmacista e medico.
[18] L’Indagine conoscitiva
nel settore degli Ordini e Collegi professionali e delle professioni dagli
stessi regolamentate
è stata deliberata
dall'Autorità ai sensi dell'art. 12, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n.
287 e si è conclusa
nell'ottobre del 1997.
[19] Nel parere al Ministro
della giustizia AS 163 del 5 febbraio 1999 in merito al disegno di legge della
XIII legislatura
n. 5092 recante
"Delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali",
l'Autorità ha ribadito che "la
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previsione di una
regolamentazione per le attività riservate, diretta a controllare le modalità
di erogazione delle
prestazioni, nonché il
comportamento dei professionisti, dovrebbe essere principalmente finalizzata
alla correzione
delle asimmetrie
informative presenti nei mercati in questione". I medesimi concetti si ritrovano
espressi nella
segnalazione AS298 del 27
aprile 2005, nonché nella segnalazione AS306 del 14 luglio 2005. L'Autorità ha
più
volte giustificato la
necessità di riforme nel settore delle professioni anche alla luce delle
lettere di messa in mora
inviate allo Stato
italiano nel luglio 2005 dalla Direzione mercato interno della Commissione
Europea in merito
all'idoneità delle
tariffe di avvocati, architetti e ingegneri a pregiudicare il commercio
intracomunitario e dagli stimoli
in tal senso provenienti
da OCSE e Fondo Monetario Internazionale.
[20] Si osserva che la
proposta di legge AC. 3, di iniziativa popolare, definisce la professione
all’articolo 14, relativo al
riconoscimento delle
nuove professioni e – apparentemente – con un’efficacia limitata alla procedura
delineata
dall’articolo stesso.
[21] L’AC 1553, nella
relazione illustrativa, afferma che «L’associazione si costituisce al fine di
dare evidenza ai
requisiti professionali
dei propri iscritti nei confronti della collettività».
[22] In particolare, si
richiamano le disposizioni del Titolo II del decreto legislativo, relative all’esercizio
della
professione di avvocato
in forma societaria.
[23] Per "professionisti
non regolamentati" si intendono i lavoratori autonomi che svolgono una
professione non
protetta da Albi od
Ordini specifici. Lo svolgimento di libere professioni non regolamentate non è
subordinato dalla
legge al possesso di
titoli di studio specifici o al superamento di esami particolari.
[24] Come si ricorda nelle
relazioni illustrative che accompagnano le due proposte di legge, il tentativo
di fornire una
disciplina organica delle
attività professionali non regolamentate, nell’ambito di una riforma più
generale delle
professioni, risale alla
XIII legislatura, ma non è fino ad oggi giunto ad un esito concreto sul piano
legislativo.
[25] Il comma 3 dell’art. 117
contiene un secondo elenco di materie – che la stessa norma costituzionale
definisce “di
legislazione concorrente” – in cui “spetta alle
regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei
princìpi fondamentali,
riservata alla legislazione dello Stato”.
[26] Per «piattaforma comune»
si intende l'insieme dei criteri delle qualifiche professionali in grado di
colmare le
differenze sostanziali
individuate tra i requisiti in materia di formazione esistenti nei vari Stati
membri per una
determinata professione.
Queste differenze sostanziali sono individuate tramite il confronto tra la
durata ed i
contenuti della
formazione in almeno due terzi degli Stati membri, inclusi tutti gli Stati
membri che regolamentano la
professione in questione.
Le differenze nei contenuti della formazione possono risultare dalle differenze
sostanziali
nel campo di applicazione
delle attività professionali.
[27] Requisiti per la
individuazione e l'annotazione degli enti di cui all'articolo 26 del decreto
legislativo 9 novembre
2007, n. 206, nell'elenco
delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni
regolamentate per
le quali non esistono
ordini, albi o collegi, nonché dei servizi non intellettuali e delle
professioni non regolamentate.
Procedimento per la
valutazione delle istanze e per la annotazione nell'elenco. Procedimento per la
revisione e
gestione dell'elenco.
[28] Direttive 77/452/CEE,
77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE,
80/154/CEE, 80/155/CEE,
85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE.
[29] Direttive 89/48/CEE e
92/51/CEE.
[30] Si ricorda che tale
direttiva ha avuto origine dalla proposta di direttiva (COM(1996)22),
presentata il 9
febbraio 1996 dalla
Commissione europea.
[31] Il richiamato articolo ha
disposto che la legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio
delle quali è
necessaria l'iscrizione
in appositi albi o elenchi.
[32] “Attuazione della delega
conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in
materia di
trasformazione in persone
giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e
assistenza”.
[33] “Attuazione della delega
conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia
di tutela
previdenziale
obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera
professione.”.
[34] Per una disamina più
puntuale si rimanda al dossier del Servizio Studi n. 163 del 12 maggio 2009.
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