giovedì 1 novembre 2012

le radici dell'Europa sono laiche

Dubbio e scelta: le radici dell'Europa sono laiche
DOC-1533. ROMA-ADISTA. Riferimento ai valori religiosi sì, alle radici cristiane no. Così è passato nella Carta costituzionale europea uno dei più controversi argomenti del dibattito che ha preceduto l'approvazione (v. Adista n. 49/04). È soddisfatta Maria Mantello, presidente dell'Associazione nazionale di libero pensiero "Giordano Bruno" (aderente alla Union Mondiale des Libres Penseurs), perché le vere radici dell'Europa - sostiene - non sono nella cristianità, ma nella laicità che ha origine nel pensiero dell'antica Grecia. Di seguito la sua riflessione.
Ma quali radici cristiane!
di Maria Mantello
La Costituzione Europea è stata approvata senza nessun riferimento alle "radici cristiane"! Ha vinto il libero pensiero e all'Europa sono state risparmiate cristallizzazioni giuridiche, paventato omaggio ai nostalgici della Restaurazione, che, non a caso, continuano a ravvisare nel Sacro romano impero medievale di Carlo Magno i presupposti storici dell'identità europea.
Per buona memoria, ricordiamo che Carlo Magno, non potendo vantare una discendenza regale, aveva usufruito della "sacralizzazione" datagli in quella famosa notte di Natale dell'800 da papa Leone III. Un favore, che il re franco contraccambiava con l'imperiale imposizione del cattolicesimo. Nel XII sec., la Chiesa romana "canonizzava" l'imperatore difensore della fede. Poco importava, che in questa santa opera d'evangelizzazione, i Sassoni, ad esempio, colpevoli di non volersi battezzare, avessero rischiato l'estinzione: soltanto a Werden, ne furono decapitati in un giorno 4.500.
Solo il cattolico aveva diritto alla cittadinanza, tutti gli altri potevano, e dovevano essere perseguitati. Era il trionfo della teocrazia, che l'editto di Teodosio aveva legittimato fin dal 380: "Vogliamo che tutti i popoli a noi soggetti seguano la religione che l'apostolo Pietro ha insegnato ai romani - recitava l'editto - … si creda nell'unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno stolti eretici, né le loro riunioni potranno essere considerate vere Chiese; essi incorreranno nei castighi divini ed anche in quelle punizioni che noi riterremo di infliggere loro".
Ma torniamo alla Carta europea.
Il tentativo delle nuove Sante Alleanze per arruolare ogni europeo sul carro della Chiesa cattolica non è passato. La cattiva coscienza di chi si è affannato ad accollare al cristianesimo meriti che mai ha avuto, allo scopo di occultarne le responsabilità per i milioni di morti ammazzati (pagani - come i Sassoni -, ebrei, omosessuali, donne accusate di stregoneria, eretici…), è apparsa addirittura grottesca, di fronte all'ennesima richiesta di perdono per le colpe della Santa Inquisizione, che il papa reiterava a ridosso dell'approvazione di questa Costituzione.
E neppure hanno avuto troppa eco le esternazioni di coloro che, pur di riaffermare la superiorità "incontaminata" del cristianesimo, hanno auspicato una mobilitazione dell'Europa in chiave antimusulmana, giocando sull'indignazione che il terrorismo islamico con i suoi brutali omicidi di innocenti (gli infedeli) sta diffusamente suscitando.
Delle disquisizioni filologiche di quanti si sono improvvisati maestri di laicità contro il "degenere" laicismo non varrebbe neppure la pena di parlare. Costoro, infatti, vorrebbero una laicità ancella della religione, una sorta di contenitore espanso che tutte le fedi accolga; insomma un passivo accumulatore di "sacralità". E guai a ricordare a costoro, che la fede costituisce il condizionamento formidabile delle coscienze, che essa può ostacolare la necessaria apertura mentale, presupposto per liberare il pensiero, e quindi essere laici. Griderebbero subito che si vuole attentare alla libertà di religione, fingendo d'ignorare che essa è conquista del mondo laico, e che si è realizzata nonostante i "bravi fedeli", nell'esaltazione missionaria imperiale, imponessero all'Europa gli atti di fede, torturando e bruciando vivi i martiri del libero pensiero; nonostante i "bravi fedeli" scannassero (e in Rwanda hanno continuato a farlo anche in tempi assai recenti), nella convinzione fanatica di guadagnarsi, con tanto di benedizione ecclesiastica, il celeste paradiso; nonostante alcuni "bravi fedeli", ancora ai nostri giorni, si mobilitino perché la scuola e la ricerca scientifica siano strumenti propagatori delle loro dottrine; nonostante la Chiesa di Roma escluda ogni possibilità di dissenso al suo interno, con la sospensione a divinis, e nelle sue innumerevoli aziende, con il licenziamento.
Ma, in tutta quest'ossessiva pressione per riportare l'Europa sotto la cappa dell'universalismo cattolico, la menzogna che più sconcerta è quella di un cristianesimo portatore di libertà. Una ben strana libertà, visto che dovrebbe coincidere con la morale cattolica, come continua ad affermare l'attuale "vicario di Cristo" in terra.
Wojtyla scrive nelle sue encicliche, che "non si dà morale senza libertà". Bene! Potrebbe sembrare che la Chiesa romana si sia convertita all'etica laica, riconoscendo l'autonomia di ognuno contro l'eteronomia del confessionalismo religioso. Potrebbe sembrare un richiamo a scegliere e a progettarsi autonomamente al di fuori del presunto programma divino. Peccato però, che Wojtyla, si affretti ad aggiungere: "viene per tutti il momento in cui, lo si ammetta o no, si ha bisogno di ancorare la propria esistenza ad una verità riconosciuta come definitiva [quella ecclesiastica, ndr] che dia certezza non più sottoposta al dubbio". (cfr. Veritatis splendor e Fides et ratio).
Strana libertà, allora, quella che si dovrebbe coniugare con l'obbedienza ad una verità sacralizzata e non con l'esercizio del dubbio!
Finché non si risolve questa contraddizione del voler assoggettare la libertà alla fede, resta l'inconciliabilità tra credente e laico. Per il fedele, la verità è già tutta data e rivelata, perché è la persona a rappresentare la "maschera" del disegno divino, che il Dio Creatore e Salvatore ha già predisposto, mentre per il laico non c'è nessun disegno dogmaticamente preordinato, perché egli sa che ciascun individuo si struttura attraverso le proprie azioni, che liberamente sceglie nell'assunzione di responsabilità, per le conseguenze che le sue azioni hanno… non per il cielo, ma per la terra.
Il laico sa bene, che esseri umani si diventa agendo. Sa bene che suo compito è di sostituire all'obbedienza alla norma, la progettualità della norma.
Si capisce, allora, come la libertà passi per strade ben diverse da quelle religiose. Si capisce perché scelta e dubbio siano da sempre contrastati dai chierici.
Scelta e dubbio. Eccole dunque le radici dell'Europa. E sono radici laiche!
Radici che derivano storicamente da quel grande patrimonio di idee, che dalla Grecia si è propagato in tutto l'Occidente, e continua a propagarsi nel mondo intero, portatore di un insopprimibile anelito alla libertà. È con la filosofia greca - che ci ha insegnato a farci guidare dalla biologica ragione - che le scienze naturali sono nate e che si è sviluppata la scienza politica, per il conseguimento del bene individuale e sociale.
Il demone socratico del dubbio è sopravvissuto, nonostante i sistematici sforzi teocratici per estirparlo. Da quel demone, si sono sviluppati i valori di libertà, uguaglianza, fratellanza. Valori laici, lo ripetiamo, che sono alla base delle moderne rivoluzioni libertarie.
Ad essi, promessa di serena convivenza civile, si richiama oggi il Preambolo della Costituzione europea, quando afferma: l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà di uguaglianza e di solidarietà; l'Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Testo contenuto in Adista n° 52 del 10 luglio 2004

Pagina contenuta nel sito www.polesine.com

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