Dubbio e scelta: le radici dell'Europa sono
laiche
DOC-1533. ROMA-ADISTA. Riferimento ai valori religiosi sì, alle
radici cristiane no. Così è passato nella Carta costituzionale europea uno dei
più controversi argomenti del dibattito che ha preceduto l'approvazione (v.
Adista n. 49/04). È soddisfatta Maria Mantello, presidente dell'Associazione
nazionale di libero pensiero "Giordano Bruno" (aderente alla Union Mondiale des
Libres Penseurs), perché le vere radici dell'Europa - sostiene - non sono nella
cristianità, ma nella laicità che ha origine nel pensiero dell'antica Grecia. Di
seguito la sua riflessione.
Ma quali radici cristiane! di
Maria Mantello
La Costituzione Europea è stata approvata senza nessun riferimento
alle "radici cristiane"! Ha vinto il libero pensiero e all'Europa sono state
risparmiate cristallizzazioni giuridiche, paventato omaggio ai nostalgici della
Restaurazione, che, non a caso, continuano a ravvisare nel Sacro romano impero
medievale di Carlo Magno i presupposti storici dell'identità europea. Per
buona memoria, ricordiamo che Carlo Magno, non potendo vantare una discendenza
regale, aveva usufruito della "sacralizzazione" datagli in quella famosa notte
di Natale dell'800 da papa Leone III. Un favore, che il re franco
contraccambiava con l'imperiale imposizione del cattolicesimo. Nel XII sec., la
Chiesa romana "canonizzava" l'imperatore difensore della fede. Poco importava,
che in questa santa opera d'evangelizzazione, i Sassoni, ad esempio, colpevoli
di non volersi battezzare, avessero rischiato l'estinzione: soltanto a Werden,
ne furono decapitati in un giorno 4.500. Solo il cattolico aveva diritto
alla cittadinanza, tutti gli altri potevano, e dovevano essere perseguitati. Era
il trionfo della teocrazia, che l'editto di Teodosio aveva legittimato fin dal
380: "Vogliamo che tutti i popoli a noi soggetti seguano la religione che
l'apostolo Pietro ha insegnato ai romani - recitava l'editto - … si creda
nell'unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone
uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri
invece saranno stolti eretici, né le loro riunioni potranno essere considerate
vere Chiese; essi incorreranno nei castighi divini ed anche in quelle punizioni
che noi riterremo di infliggere loro". Ma torniamo alla Carta europea.
Il tentativo delle nuove Sante Alleanze per arruolare ogni europeo sul carro
della Chiesa cattolica non è passato. La cattiva coscienza di chi si è affannato
ad accollare al cristianesimo meriti che mai ha avuto, allo scopo di occultarne
le responsabilità per i milioni di morti ammazzati (pagani - come i Sassoni -,
ebrei, omosessuali, donne accusate di stregoneria, eretici…), è apparsa
addirittura grottesca, di fronte all'ennesima richiesta di perdono per le colpe
della Santa Inquisizione, che il papa reiterava a ridosso dell'approvazione di
questa Costituzione. E neppure hanno avuto troppa eco le esternazioni di
coloro che, pur di riaffermare la superiorità "incontaminata" del cristianesimo,
hanno auspicato una mobilitazione dell'Europa in chiave antimusulmana, giocando
sull'indignazione che il terrorismo islamico con i suoi brutali omicidi di
innocenti (gli infedeli) sta diffusamente suscitando. Delle disquisizioni
filologiche di quanti si sono improvvisati maestri di laicità contro il
"degenere" laicismo non varrebbe neppure la pena di parlare. Costoro, infatti,
vorrebbero una laicità ancella della religione, una sorta di contenitore espanso
che tutte le fedi accolga; insomma un passivo accumulatore di "sacralità". E
guai a ricordare a costoro, che la fede costituisce il condizionamento
formidabile delle coscienze, che essa può ostacolare la necessaria apertura
mentale, presupposto per liberare il pensiero, e quindi essere laici.
Griderebbero subito che si vuole attentare alla libertà di religione, fingendo
d'ignorare che essa è conquista del mondo laico, e che si è realizzata
nonostante i "bravi fedeli", nell'esaltazione missionaria imperiale, imponessero
all'Europa gli atti di fede, torturando e bruciando vivi i martiri del libero
pensiero; nonostante i "bravi fedeli" scannassero (e in Rwanda hanno continuato
a farlo anche in tempi assai recenti), nella convinzione fanatica di
guadagnarsi, con tanto di benedizione ecclesiastica, il celeste paradiso;
nonostante alcuni "bravi fedeli", ancora ai nostri giorni, si mobilitino perché
la scuola e la ricerca scientifica siano strumenti propagatori delle loro
dottrine; nonostante la Chiesa di Roma escluda ogni possibilità di dissenso al
suo interno, con la sospensione a divinis, e nelle sue innumerevoli aziende, con
il licenziamento. Ma, in tutta quest'ossessiva pressione per riportare
l'Europa sotto la cappa dell'universalismo cattolico, la menzogna che più
sconcerta è quella di un cristianesimo portatore di libertà. Una ben strana
libertà, visto che dovrebbe coincidere con la morale cattolica, come continua ad
affermare l'attuale "vicario di Cristo" in terra. Wojtyla scrive nelle sue
encicliche, che "non si dà morale senza libertà". Bene! Potrebbe sembrare che la
Chiesa romana si sia convertita all'etica laica, riconoscendo l'autonomia di
ognuno contro l'eteronomia del confessionalismo religioso. Potrebbe sembrare un
richiamo a scegliere e a progettarsi autonomamente al di fuori del presunto
programma divino. Peccato però, che Wojtyla, si affretti ad aggiungere: "viene
per tutti il momento in cui, lo si ammetta o no, si ha bisogno di ancorare la
propria esistenza ad una verità riconosciuta come definitiva [quella
ecclesiastica, ndr] che dia certezza non più sottoposta al dubbio". (cfr.
Veritatis splendor e Fides et ratio). Strana libertà, allora, quella che si
dovrebbe coniugare con l'obbedienza ad una verità sacralizzata e non con
l'esercizio del dubbio! Finché non si risolve questa contraddizione del
voler assoggettare la libertà alla fede, resta l'inconciliabilità tra credente e
laico. Per il fedele, la verità è già tutta data e rivelata, perché è la persona
a rappresentare la "maschera" del disegno divino, che il Dio Creatore e
Salvatore ha già predisposto, mentre per il laico non c'è nessun disegno
dogmaticamente preordinato, perché egli sa che ciascun individuo si struttura
attraverso le proprie azioni, che liberamente sceglie nell'assunzione di
responsabilità, per le conseguenze che le sue azioni hanno… non per il cielo, ma
per la terra. Il laico sa bene, che esseri umani si diventa agendo. Sa bene
che suo compito è di sostituire all'obbedienza alla norma, la progettualità
della norma. Si capisce, allora, come la libertà passi per strade ben
diverse da quelle religiose. Si capisce perché scelta e dubbio siano da sempre
contrastati dai chierici. Scelta e dubbio. Eccole dunque le radici
dell'Europa. E sono radici laiche! Radici che derivano storicamente da quel
grande patrimonio di idee, che dalla Grecia si è propagato in tutto l'Occidente,
e continua a propagarsi nel mondo intero, portatore di un insopprimibile anelito
alla libertà. È con la filosofia greca - che ci ha insegnato a farci guidare
dalla biologica ragione - che le scienze naturali sono nate e che si è
sviluppata la scienza politica, per il conseguimento del bene individuale e
sociale. Il demone socratico del dubbio è sopravvissuto, nonostante i
sistematici sforzi teocratici per estirparlo. Da quel demone, si sono sviluppati
i valori di libertà, uguaglianza, fratellanza. Valori laici, lo ripetiamo, che
sono alla base delle moderne rivoluzioni libertarie. Ad essi, promessa di
serena convivenza civile, si richiama oggi il Preambolo della Costituzione
europea, quando afferma: l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali
di dignità umana, di libertà di uguaglianza e di solidarietà; l'Unione si basa
sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al
centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno
spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Testo contenuto in Adista n° 52 del 10 luglio 2004 |
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