Il 9 ottobre scorso, dal Consiglio dei Ministri esce il testo della nuova Legge di Stabilità: Monti alza l'Iva di 1 punto. Però si compiace di avere contenuto l'aumento programmato in precedenza, che era di 2 punti e che i media attribuiscono a una vecchia legge del Governo Berlusconi. Un po' come dire: "Noi non c'entriamo. Anzi, abbiamo limitato i danni fatti dal precedente Governo". Ora, a parte il fatto che nessuna legge è per sempre, e lo si capisce bene proprio continuando a leggere questo post, il fatto è che l'aumento dell'Iva non era affatto stato deciso dal Governo Berlusconi: i media cercano solo un capro espiatorio per coprire, con la classica foglia di fico, le reali responsabilità.
Ma andiamo con ordine. La legge cui Monti fa riferimento, quella che prescrive un aumento dell'Iva di 2 punti dal 1 ottobre 2012, è effettivamente un decreto legge di Berlusconi: il Decreto-Legge 6 luglio 2011, n.98. Tuttavia nell'articolo incriminato, che è il numero 40, non si fa accenno alcuno all'aumento dell'Iva. Tutto quello che si dice è contenuti nei commi 1-ter (dove si tagliano i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale) e 1-quater, dove si dice testualmente:
In sostanza, il Decreto Legge di Berlusconi si limita a dire che bisogna fare una decurtazione delle esenzioni, delle esclusioni e del favore fiscale (come da allegato), ma che se al 30 settembre 2013 si saranno fatte riforme adeguate, capaci di far risparmiare 4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi l'anno dal 2014 in poi, non ce ne sarà bisogno. Tutto qui. Di Iva non c'è traccia.1-quater. La disposizione di cui al comma 1-ter non si applica qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonche' la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, tali da determinare effetti positivi, ai fini dell'indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro per l'anno 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014)).
Ma allora, da dove arriva la storia dell'obbligo dell'aumento di 2 punti di Iva dal 1 ottobre 2012? Dal Decreto-Legge 6 dicembre 2011 , n.201 recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici". Uno dei primi Decreti Salva-Tutto di Monti, insomma, che all'Articolo 18 recita così:
Tutto chiaro? Monti prende la legge di Berlusconi, stralcia il comma 1-ter (quello che deliberava il taglio di esenzioni, agevolazioni fiscali e così via, ma solo in maniera condizionata al non raggiungimento degli obiettivi di bilancio da attuarsi con riforme di varia natura) e lo sostituisce ex-novo con un comma 1-ter che togli ogni "se" e ogni "ma", stabilmente di forza che dall'1 ottobre 2012 ci sarà un aumento di Iva di 2 punti percentuali, e che addirittura dal 2014 tale aumento arriverà a 2,5 punti percentuali, portando l'imposta sul valore aggiunto stabilmente al 23,5%. Ne dà notizia, il sito del Governo, così: "L’aumento dell’IVA è deliberato in 2 punti percentuali a decorrere dal primo settembre 2012, a copertura della clausola di salvaguardia e da attuare solo nel caso in cui sia necessario". In realtà sbagliano clamorosamente anche la data di entrata in vigore del provvedimento, ma sfido chiunque, in quei giorni di frenetico "Fate Presto", a badare alla redazione dei testi.Art. 18
Clausola di salvaguardia1. All'articolo 40 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1-ter e' sostituito dal seguente: "1-ter. A decorrere dal 1° ottobre 2012 fino al 31 dicembre 2012 le aliquote Iva del 10 e del 21 per cento sono incrementate di 2 punti percentuali. A decorrere dal 1° gennaio 2013 continua ad applicarsi il predetto aumento. A decorrere dal 1° gennaio 2014 le predette aliquote sono ulteriormente incrementate di 0,5 punti percentuali.".
Perché, allora, i media attribuiscono la responsabilità di questa tagliola al Governo di Silvio Berlusconi? Perché Monti inserisce la norma come modificazione del Decreto Legge di Berlusconi, che dunque nominalmente ne porta le generalità. Poteva fare diversamente? Forse avrebbe potuto semplicemente stralciare l'Articolo 40 della legge di Berlusconi e attribuirsi la paternità diretta (senza equivoci mediatici) dell'aumento di Iva. Sta di fatto che è dal Consiglio dei Ministri n.5 del 4/12/2011 che sulla testa degli italiani pende la spada di Damocle dell'aumento dell'Iva di 2 punti. Non da prima.
Appurato che Berlusconi non c'entra, facciamo avanzare velocemente il nastro fino al luglio di quest'anno. Siamo in epoca di Spending Review e il Governo annuncia pomposamente che, siccome siamo stati bravi e i tagli hanno avuto effetto, di alzare l'Iva dal 1 di ottobre non c'è più bisogno. Così arriva il Decreto-Legge 6 luglio 2012, n.95, dove, al Titolo V, con l'Articolo 21 si rimanda l'aumento dell'Iva di quasi un anno, posticipandolo al luglio 2013 e lasciando l'Iva al 23% anche per gli anni successivi. Ovviamente, nonostante il fatto che si intervenga ancora sull'Articolo 40 della famigerata legge di Berlusconi, questa volta la responsabilità della modifica non viene attribuita mediaticamente al Cavaliere, ma al Governo Monti. Sono le asimmetrie della nostra informazione. In ogni caso, con viva e vibrante soddisfazione il Presidente della Repubblica promulga e tutti i parlamentari in coro, il 7 agosto scorso, fanno seguito convertendo in legge il Decreto. Le dichiarazioni assembleari, per l'occasione, sono di plauso e di sollievo, perché è pacifico che alzare l'Iva in un paese già martoriato dall'austerità non può che portare catastrofi e sciagure.
Ma attenzione, qui arriva il colpo di scena: il 9 ottobre 2012, quattro giorni fa, dal Consiglio dei Ministri esce la bozza del testo della Legge di Stabilità 2013, nella quale, all'articolo 12, si modifica ancora una volta il famigerato Art. 40 della martoriatissima legge di Berlusconi e si porta l'Iva stabilmente all'11% e al 22%, dal 1 luglio 2013 in poi. Fino a due mesi fa andava tutto bene, ma così bene che potevamo rinunciare all'aumento dell'Iva, e lo spread questa volta non c'entra, perché è in caduta libera. Eppure ora, con un rapido e inatteso capologimento di fronte, l'Iva torna imperiosamente alla ribalta e il suo ritocco viene giudicato imprescindibile. Come è possibile?
Il voltafaccia sarebbe del tutto inesplicabile, se qualcuno (Monia Benini su Teste Libere) non ci ricordasse che a luglio di quest'anno il dottor Vieri Ceriani fa richiesta di assistenza tecnica al Fondo Monetario Internazionale, con preciso riguardo alla nostra politica di tassazione. Vieri Ceriani è sottosegretario di stato del ministero dell'economia e delle finanze. Così, il Dipartimento Affari Fiscali del FMI sbarca in Italia dal 12 al 27 luglio, proprio mentre il Governo si compiaceva del mancato aumento dell'Iva e il Parlamento convertiva in legge felice. Incontra Mario Monti, Vittorio Grilli, il Vieri Ceriani stesso che li aveva chiamati e la professoressa Fabrizia La Pecorella, direttore generale del Dipartimento delle Finanze (oltre all'Abi, alla Banca d'Italia e a una quantità di altri soggetti). Tutto tace fino a poco tempo fa quando, nel tardo settembre, esce finalmente il report con le analisi sulle nostre politiche di tassazione scaturite dagli incontri di luglio. Nel report si dice chiaramente che l'aumento di 1 punto percentuale sull'Iva (questo sì voluto dal Governo Berlusconi con il Decreto-Legge 138/2011) è ampiamento insufficiente, e che abbiamo un sistema di raccolta dell'Imposta del Valore Aggiunto che rende gli introiti da essa derivanti talmente inefficienti da collocarci alle ultime posizioni in Europa. Dopo pochi giorni, il Governo Monti aumenta l'Iva portandola al 22%.
Una coincidenza? Forse, come una coincidenza può essere il fatto che sempre il Fondo Monetario Internazionale sia stato il primo a parlare di Pareggio di Bilancio, in un incontro tenutosi a Londra nel settembre 2011 nel quale - testualmente - si impartivano "lezioni agli Stati Membri" dell'Unione Europea. Curioso notare che la UE stessa, che avrebbe poi fatto propri questi principi inserendoli nel cosiddetto Fiscal Compact, non se ne sarebbe occupata fino all'8/9 dicembre del 2011, mentre già dal 30 novembre passava alla Camera dei Deputati la prima lettura del disegno di legge che avrebbe poi inserito il Pareggio di Bilancio addirittura nella Costituzione.
Delle due l'una: o siamo un popolo di preveggenti, costantemente all'avanguardia rispetto alle tendenze in materia di economia (ma a giudicare dalla nostra classe politica attuale è difficile propendere per questa tesi), oppure questo Fondo Monetario Internazionale ha in qualche modo la maggioranza dei seggi nel Parlamento italiano. Magari a sua insaputa.
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