Piano migranti, l'Onu tira il freno: "È sbagliato colpire i barconi"
Il segretario generale chiede di agire sulle cause: "Non esiste una soluzione militare. Anche il diritto all'asilo è una sfida"
Il segretario generale chiede di agire sulle cause: "Non esiste una soluzione militare. Anche il diritto all'asilo è una sfida"
Un'azione collettiva europea è la strada giusta da seguire, ma colpire i barconi in Libia no. È questo l'avvertimento che arriva dalle Nazioni Unite, il cui segretario generale, Ban Ki-moon, ha rilasciato un'intervista alla Stampa.
"Non esiste una soluzione militare alla tragedia umana". Il numero uno dell'Onu ne è convinto e spinge piuttosto perché si creino "canali legali e regolari di immigrazione", ricordando come l'organizzazione che presiede abbia il suo focus principale nella "sicurezza e nella protezione dei diritti umani".
Ban Ki-moon elenca una serie di sfide di cui la comunità europea dovrebbe farsi carico. E pur apprezzando le prime decisioni che arrivano da Bruxelles e vanno verso "un'azione collettiva", chiede però di pensare "al miglioramento dei soccorsi e dell'accesso alla protezione" e allo stesso tempo "ad assicurare il diritto all'asilo".
L'approccio che l'Onu sembra indicare va verso l'eliminazione delle cause del problema, ma evitanto di colpire i barconi in procinto di staccarsi dalle coste libiche. "Non ci sono alternative al dialogo" in Libia, mette in chiaro Ban Ki-moon, preoccupato dalla perdurante situazione di insicurezza, ma sicuro che non si possa prescindere da una pacificazione del Paese, se si vuole risolvere anche il problema dei flussi migratori.
Ban Ki-moon è diretto in Italia, dove vedrà le istituzioni, ma incontrerà anche il Papa.
Chi e cosa di cela dietro l'immigrazione
Di Giuli Valli, da: «Il vero volto dell’immigrazione: la grande congiura contro l’Europa», 1993
Di Giuli Valli, da: «Il vero volto dell’immigrazione: la grande congiura contro l’Europa», 1993
Un primo consistente indizio per sapere dove andassero cercati i meno occulti promotori di questo grandioso fenomeno ci fu offerto da un articolo apparso sul quotidiano «Alto Adige» del 10 agosto 1989, dal titolo: «Ondata di immigrati africani». Vi si riferiva l’intervista col presidente degli ambulanti trentini aderenti alla «Confesercenti», il quale, tra l’altro, dichiarava: «si calcola che nei prossimi anni, 30-40 milioni di africani verranno in Europa, e i governi centrali, su direttive dell’ONU, (il corsivo è nostro), hanno affidato a Italia, Spagna e Grecia il peso maggiore.
Sembra che l’Italia, nella spartizione internazionale, debba farsi carico dell’immigrazione senegalese, e si stima in 5 milioni la dimensione numerica: quasi una persona ogni dieci italiani»
Dunque l’ONU veniva indicata come la centrale da cui è partito l’ordine che è alle origini di questa vicenda e le si attribuiva un preciso programma che non potrà non incidere in maniera sconvolgente sul prossimo avvenire del popolo italiano, i cui destini, al di là dell’amena tavoletta della sovranità popolare, evidentemente sono in mano di lontani e sconosciuti padroni. Successive ricerche confermano che la pista era quella giusta: l’Italia, con la legge 10 aprile 1981 n.158, ha ratificato la convenzione n.143 del 1975 della Organizzazione Internazionale del Lavoro (uno degli organi dell’ONU), recante il titolo: «sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti». Da qui si vede che già almeno dall’ormai remoto 1975 si venivano addensando sul capo degli ignari italiani fosche nubi foriere di tempesta. In obbedienza a quei patti, il Governo nazionale proponeva e il Parlamento approvava la legge 30.XII.1986 n.943 che sin da allora garantiva (art.1) «a tutti i lavoratori extracomunitari parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani», nonché il godimento “dei servizi sociali e sanitari” e il diritto “al mantenimento dell’identità culturale, alla scuola e alla disponibilità dell’abitazione”. E all’art.2 prevedeva, proprio come riferito dal citato articolo dell’”Alto Adige”, “accordi bilaterali e multilaterali previsti dalla convenzione dell’OIL n.143 del 24 giugno 1975…per disciplinare i flussi migratori» Si aprivano, insomma, fin da allora – in nome di una convenzione dell’OIL, e cioè di un istituto specializzato dell’ONU, le porte dell’immigrazione, nonostante che ancora, malgrado le statistiche del CENSIS, il fenomeno non fosse neppur lontanamente così evidente, come è diventato oggi. E, in realtà, l’Italia non era affatto allora, così come non lo è a tutt’oggi, un paese che possa ragionevolmente attirare un consistente flusso immigratorio: di modesta estensione, montagnosa, povera d’acqua e di materie prime, densamente popolata, con grave penuria di alloggi già per i suoi abitanti, grazie anche a mille pastoie burocratiche che ostacolano le nuove costruzioni e persino il restauro di quelle già esistenti, con ancora molti suoi figli emigrati all’estero e una lieve disoccupazione e sotto-occupazione interna, con servizi pubblici e sanitari largamente e spesso drammaticamente inefficienti, e insufficienti anche per la sola sua popolazione, davvero non si vede come potrà fronteggiare i mille problemi posti dalla valanga extracomunitaria.
Invero, come si è visto e si ribadisce, per uno straniero senza arte né parte, le principali offerte di lavoro provengono dalla malavita organizzata, sempre bisognosa di manovalanza a buon mercato, e dall’ambiente dello sfruttamento della prostituzione, a meno di non volersi accontentare di un lavoro nero senza garanzie, della mendicità o di un misero commercio ambulante che, dalla mendicità vera e propria ben poco si distingue. Ma è facile capire come anche queste vie siano anch’esse facile anticamera al delitto!
Cosa, dunque, era necessario fare per mettere in moto verso l’Italia l’immensa ondata di spiantati che la sta sommergendo? Occorreva una duplice disinformazione: una internazionale, volta ad ingannare gente ignorante o, comunque, non al corrente della nostra realtà sociale, presentando, con capillare propaganda, l’immensa menzogna di un’Italia simile a un nuovo Eldorado, un vero e proprio paese di Bengodi; e una all’interno dell’Italia stessa, tendente a fare apparire come un frutto ineluttabile della storia quello che, invece, è l’effetto della cinica e meditata orchestrazione.
A tal fine, con ammirevole improntitudine, si osa parlare di imprescindibili esigenze di mano d’opera nel nostro mercato e di carenza delle nostre forze lavorative, ma su ciò rimandiamo al lettore a quanto si è già detto al capitolo VIII della prima parte di questo studio.
(…)
In tutto questo piano, la parte dell’ONU è primaria ed evidente.
Infatti, la legge Martelli esordisce (art.1 comma 1) presentandosi come emanata in attuazione della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che fu appunto promossa dall’ONU, e prosegue riconoscendo a un ufficio della stessa ONU – l’ACNUR, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – importanti poteri di ingerenza sulla immigrazione extraeuropea in Italia.
Che poi si tratti di un piano su scala soprannazionale, preciso e programmato, lo si ricava anche dal fatto che da più parti si specificano i numeri e i tempi dell’invasione, così come abbiamo visto fare sulle colonne dell’«Alto Adige» del 10 agosto 1989. Ad esempio anche su un articolo de «Il Giornale» del 9 novembre 1989, intitolato: «L’Italia deve affrontare la mina vagante degli immigrati di colore», si legge che, entro 20 anni, gli immigrati dovrebbero essere 5 o 6 milioni. Ci si domanda come sarebbe possibile formulare previsioni del genere se si trattasse di un fenomeno spontaneo, imprevisto e imprevedibile, e non di un piano controllato, studiato a tavolino.
Similmente il Cardinale Carlo Maria Martini, dando prova di sorprendenti carismi profetici, intervenendo nel corso di una mattinata di «studio e riflessione» sul tema: «Per una società dell’accoglienza verso un’Europa multirazziale», tenuta in preparazione della IX giornata della solidarietà, proclama nella sua diocesi, preconizza, a quanto riferisce Daniela Bozzoli sulle colonne di «Avvenire», che il fenomeno toccherà la sua punta massima nei prossimi vent’anni. (…)
Sembra che l’Italia, nella spartizione internazionale, debba farsi carico dell’immigrazione senegalese, e si stima in 5 milioni la dimensione numerica: quasi una persona ogni dieci italiani»
Dunque l’ONU veniva indicata come la centrale da cui è partito l’ordine che è alle origini di questa vicenda e le si attribuiva un preciso programma che non potrà non incidere in maniera sconvolgente sul prossimo avvenire del popolo italiano, i cui destini, al di là dell’amena tavoletta della sovranità popolare, evidentemente sono in mano di lontani e sconosciuti padroni.
Invero, come si è visto e si ribadisce, per uno straniero senza arte né parte, le principali offerte di lavoro provengono dalla malavita organizzata, sempre bisognosa di manovalanza a buon mercato, e dall’ambiente dello sfruttamento della prostituzione, a meno di non volersi accontentare di un lavoro nero senza garanzie, della mendicità o di un misero commercio ambulante che, dalla mendicità vera e propria ben poco si distingue. Ma è facile capire come anche queste vie siano anch’esse facile anticamera al delitto!
Cosa, dunque, era necessario fare per mettere in moto verso l’Italia l’immensa ondata di spiantati che la sta sommergendo? Occorreva una duplice disinformazione: una internazionale, volta ad ingannare gente ignorante o, comunque, non al corrente della nostra realtà sociale, presentando, con capillare propaganda, l’immensa menzogna di un’Italia simile a un nuovo Eldorado, un vero e proprio paese di Bengodi; e una all’interno dell’Italia stessa, tendente a fare apparire come un frutto ineluttabile della storia quello che, invece, è l’effetto della cinica e meditata orchestrazione.
A tal fine, con ammirevole improntitudine, si osa parlare di imprescindibili esigenze di mano d’opera nel nostro mercato e di carenza delle nostre forze lavorative, ma su ciò rimandiamo al lettore a quanto si è già detto al capitolo VIII della prima parte di questo studio.
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In tutto questo piano, la parte dell’ONU è primaria ed evidente.
Infatti, la legge Martelli esordisce (art.1 comma 1) presentandosi come emanata in attuazione della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che fu appunto promossa dall’ONU, e prosegue riconoscendo a un ufficio della stessa ONU – l’ACNUR, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – importanti poteri di ingerenza sulla immigrazione extraeuropea in Italia.
Che poi si tratti di un piano su scala soprannazionale, preciso e programmato, lo si ricava anche dal fatto che da più parti si specificano i numeri e i tempi dell’invasione, così come abbiamo visto fare sulle colonne dell’«Alto Adige» del 10 agosto 1989. Ad esempio anche su un articolo de «Il Giornale» del 9 novembre 1989, intitolato: «L’Italia deve affrontare la mina vagante degli immigrati di colore», si legge che, entro 20 anni, gli immigrati dovrebbero essere 5 o 6 milioni. Ci si domanda come sarebbe possibile formulare previsioni del genere se si trattasse di un fenomeno spontaneo, imprevisto e imprevedibile, e non di un piano controllato, studiato a tavolino.
Similmente il Cardinale Carlo Maria Martini, dando prova di sorprendenti carismi profetici, intervenendo nel corso di una mattinata di «studio e riflessione» sul tema: «Per una società dell’accoglienza verso un’Europa multirazziale», tenuta in preparazione della IX giornata della solidarietà, proclama nella sua diocesi, preconizza, a quanto riferisce Daniela Bozzoli sulle colonne di «Avvenire», che il fenomeno toccherà la sua punta massima nei prossimi vent’anni.
Dal libro: «Il vero volto dell’immigrazione: la grande congiura contro l’Europa», Editrice Civiltà, 1993
Nel 2050 ci saranno 230 milioni di migranti.
E' il dato che emerge dal Rapporto 2003 dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
I migranti regolari nel mondo sono 175 milioni, un 3 per cento della popolazione mondiale. Di questi 56 milioni vivono in Europa, 49,7 in Asia e 40,8 in America del nord, le zone del mondo con il più alto numero di persone immigrate solo nel 2000.
Fonte: "Il Nuovo", 1 luglio 2003
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