giovedì 12 aprile 2012

La crisi è una truffa.

La Crisi? una truffa decisa da banche e governi
Articoli, Economia, Parliamone insieme
di Gianluca Palmara, RETE DEI CITTADINI
Titoli tossici, divenuti carta straccia una volta scoppiata la bolla immobiliare; il bluff di mutui senza copertura, di quote azionarie senza capitali e senza più valore commerciale né relazioni con l’economia reale.
Grande crisi? No, grande truffa. Organizzata dagli Stati, con la complicità delle banche centrali. Obiettivo: derubare i cittadini. Letteralmente: espropriarli dei loro risparmi, per alimentare il grande flusso del capitalismo finanziario globale: hi-tech e spese militari in primis. Tutto legale, naturalmente. Perché sono stati gli stessi “truffatori” a manipolare le leggi per agevolare il grande saccheggio.
Lo afferma un importante economista, Bruno Amoroso, docente all’università danese di Roskilde. Allievo del professor Federico Caffè, grande economista italiano critico nei confronti del neoliberismo e scomparso nel nulla il 15 aprile 1987, Amoroso è reduce da conferenze e incontri pubblici nei quali non ha esitato a denunciare il capitalismo finanziario che sta scatenando la più grave crisi sociale nella storia delle democrazie occidentali.
«Alla parola crisi, generalmente, diamo questo significato: la crisi è qualcosa di difettoso, legato al non-funzionamento dei meccanismi dell’economia o dei sistemi politici. Qualcosa di non voluto, qualcosa che è sfuggito di mano», premette Amoroso, in una video-intervista girata da “Radio dal basso” e collocata su YouTube.
Secondo l’economista non è così; egli afferma che quella che viene chiamata crisi finanziaria non è una crisi: è il risultato di politiche programmate per realizzare l’esproprio dei risparmi di milioni di persone, sia nei paesi europei ma anche a livello mondiale. Quindi, aggiunge l’economista, più che di crisi parlerei appunto di truffa, nel senso dell’esproprio: però non un esproprio fatto da truffatori, cioè in modo illegale, ma di un esproprio organizzato dai sistemi finanziari accompagnati da misure legislative tutte funzionali a questo esproprio.
Quindi siamo di fronte ad un paradosso: quella che chiamiamo crisi è in realtà una politica che ha avuto un grande successo. La soluzione del paradosso è il lato dal quale si guarda la “crisi”: dal lato di chi la ha organizzata preparandone non solo il terreno economico e finanziario, ma anche i presupposti legali, le possibilità e le libertà permesse e ampliate per le banche, in tutti i paesi e da tutti governi, per agire in modo da scaricare massimizzare i profitti, drenare risorse dalle attività commerciali, ricattare i governi e scaricare le responsabilità delle loro politiche sulla popolazione.
La crisi, lungi dall’essere il risultato di errori, è un meccanismo ben congegnato costruito nel corso degli ultimi 10 anni. Non sono “errori”, niente che sia sfuggito di mano a nessuno. Sono stati il risultato, anzi il successo, di una certa forma di industrializzazione, – finanziaria, aggiungiamo noi – di considerare il mercato capitalistico e l’economia per realizzare determinati interessi. Quindi: «Non crisi finanziaria, ma anzi: successo della finanza e della globalizzazione nell’espropriare milioni di cittadini che avevano dei risparmi accumulati. E la soluzione finale alla fine di un percorso iniziato con le politiche neoliberiste degli anni 90, con la deregulation, con l’attacco ai diritti dei lavoratori, con la sconfitta del movimento dei movimenti che si opponeva in ogni parte del mondo alle riunioni dei cosiddetti “grandi della terra”. Tutto ciò ormai è legato al passato, oggi le decisioni avvengono in poco pubblicizzate riunioni dei veri depositari del potere globale: i banchieri. E visto che ormai sul piano dei salari c’è molto poco da espropriare», ecco che è il risparmio ad essere colpito, «laddove esistono spazi per continuare l’arricchimento e l’esproprio capitalistico.
Vie d’uscita? Secondo l’economiste ci sono a patto che i consumatori, che sono le vittime, decidessero di «abolire quei sistemi bancari e finanziari, sostituendoli e dando fiducia al sistema della finanza etica e delle banche popolari, legate all’economia reale dei territori.
Certo la finanza “di territorio” è un passo avanti, ma può bastare? E poi ci dice che i grandi gruppi non acquistino le banche popolari, cosa che in effetti è avvenuta? Solo l’impulso dei comuni e l’autorganizzazione dei cittadini su forme altre di economia locale possono fermare i finanzieri globali. Per esempio utilizzando monete alternative e complementari all’euro, reddito di cittadinanza, prestiti sociali, a tante altre idee che stanno crescendo giorno dopo giorno in tante città del mondo come naturale autodifesa dei cittadini.
Ma Amoroso ci stupisce anche per altre sue affermazioni. Infatti se fino a qualche decennio anch’egli, come noi, sosteneva che è necessario ristabilire il controllo dello Stato, o della Banca centrale, sulla finanza. Questo oggi non ha più senso, perché lo Stato e la banca nazionale sono esattamente espressione di quegli interessi, negli Stati Uniti ma anche nella maggioranza dei paesi europei, cioè sono i centri del potere finanziario cioè sono proprio i rappresentanti di quegli interessi, quelli che hanno fatto le leggi e i regolamenti.
Quello che è successo, continua l’economista, basta e avanza per mettere sotto inchiesta la banca nazionale e il comitato di controllo del credito. I dispositivi di controllo esistono, ma hanno ignorato l’allarme. Erano distratti? Non se ne sono accorti?
Al contrario: hanno finto di non vederli, i rischi per i risparmiatori, perché il loro vero obiettivo, non dichiarato, era espropriarli. Cioè: espropriare risparmi accantonati per la vita familiare, per riportarli dentro il flusso dell’economia mondiale della globalizzazione che certamente ha bisogno di grandi investimenti. Nei campi hi-tech e dell’industria militare servono grandi soldi. Siccome i cittadini non sono disposti a metterli a disposizione di avventure di quel tipo, allora gli si tolgono. E gli si tolgono in maniera legale: è questo aspetto che ci convince della tesi dell’economista Bruno Amoroso che questa è una truffa organizzata, dagli Stati e dai poteri politici e finanziari.


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