L’insostenibilità dei costi
4) A fronte della inconsistenza delle motivazioni, vi è l’insostenibilità del costo: per la parte
comune italo-francese, che comprende il tunnel di base, il dossier presentato alla Unione Europea nel
2007, che rappresenta ancora il documento più attendibile essendo stato firmato dai due ministri
competenti, preventiva, al gennaio 2006, il costo di 13,950 miliardi di euro correnti, comprensivi
cioè degli oneri finanziari che si formano durante l’arco dei lavori, considerando che prima che
l’opera sia finita decorrono gli interessi sulle parti già costruite. L’aumento derivante è calcolato
intorno al 33% della cifra totale: il 63%, di questa cifra, che è a carico dell’Italia, corrisponde a 8,8
miliardi che, sommati ai 2 miliardi di euro di opere tecnologiche, fa un totale di 10,8 miliardi di euro.
5) Per la tratta italiana sino al raccordo con Torino, per cui non esiste il confronto con dati
ufficiali più recenti, il costo in euro correnti ricavabile dal dossier presentato alla Unione Europea è
di 5 miliardi, in valuta del gennaio 2006. A questi vanno sommati gli 0,8 miliardi di euro di opere
tecnologiche.
Il totale dei costi a carico dell’Italia per la Torino-Lione sarebbe di almeno 17 miliardi di euro. In più
ci sarebbero l’adeguamento dei prezzi, le modifiche di tracciato che hanno comportato oneri
aggiuntivi, le eventuali mitigazioni e l’allungamento del periodo di lavori per problemi tecnici. Infine
gli interventi necessari al nodo di Torino e l’acquisto del nuovo materiale rotabile, per il trasporto sia
di merci sia di passeggeri.
6) Gli adeguamenti dei prezzi possono riservare sorprese. A livello di progetto preliminare per la
tratta italiana della parte comune, presentata ad agosto 2010, viene dato un costo che è solo del 5,5%
in più rispetto alla valutazione di 4 anni e mezzo prima. Ma a livello di progetto definitivo, per lagalleria geognostica di Chiomonte, a maggio 2010, viene dato un costo che raddoppia quello del
progetto preliminare del 2005, pur affermando che si tratta di un progetto talmente simile a quello di
Venaus da poter essere riaffidato allo stesso gruppo di imprese che aveva vinto l’appalto precedente.
Si passa dai 65 milioni di euro per 7 km di galleria (+19 milioni per un eventuale prolungamento di 3
km) del 2005, ai 137 milioni di euro per 7,5 km del progetto di maggio 2010. Il solo adeguamento
dei prezzi 2004-2009 ha comportato un aumento del 30 % in 5 anni!
7) Su queste basi non sembra fuori luogo prevedere un raddoppio dei costi di tutta l’opera ed
ipotizzare per la Torino-Lione un costo per l’Italia di 35 miliardi di euro, più le voci che, come si è
detto, sono ancora da calcolare. I consuntivi per il progetto dell’Alta Velocità italiana fanno ritenere
corretta tale cifra. Le spese della Roma-Firenze sono cresciute di 6,8 volte rispetto ai preventivi,
quelle della Firenze-Bologna di 4 volte, quelle per la Milano-Torino di 5,6 volte rispetto al 1991. Il
costo ipotizzato rappresenterebbe un aumento di 6 volte rispetto ai corrispondenti preventivi di 20
anni fa e quindi rientrerebbe nella norma.
8) Il costo al km dà dei dati impressionanti: se facciamo una media della intera parte comune
italo-francese dividendo i 14 miliardi di euro della domanda di finanziamento all’Unione Europea
per gli 80 km allora previsti, arriviamo ad un costo di 175 milioni di euro per km, in euro del
gennaio 2006. Ma se dividiamo gli 8,8 miliardi che pagherà effettivamente l’Italia per i suoi 35,5 km
della parte comune si arriva a 250 milioni per km. Per la tratta esclusivamente italiana, la
valutazione è più incerta per via della mancata presentazione del tracciato preliminare, ma le notizie
di stampa fornite dagli stessi proponenti ammettono un costo storico di 120 milioni di euro per Km,
che, tradotto in euro correnti, corrisponde a 160 milioni di euro per km.
9) Le merci della nuova Torino-Lione non possono attraversare le gallerie del nodo di Torino,
perché le normative di sicurezza impediscono il passaggio contemporaneo di passeggeri e merci nelle
gallerie che passano sotto la città. Pertanto sarà necessaria la costruzione di una “Gronda merci” a
Nord e Nord-Ovest della città, i cui costi andranno ad incrementare quelli del progetto perché il
trattato vigente non riguarda il nodo di Torino. 10) Per quanto riguarda l’occupazione indotta, il progetto della tratta italiana della parte comune
italo-francese, presentato ad agosto 2010, prevede una occupazione media di 1020 unità lavorative su
una durata media di 7 anni. Rimanendo sempre all’ipotesi ottimistica di 8,8 miliardi di euro del 2006,
per le opere civili, in termini di occupazione questa cifra, tenendo conto della globalità del lavoro
indotto, corrisponde ad un preventivo di 9 milioni di euro per ogni addetto che lavori per 7 anni.
Poiché 7 anni sono un quinto di una vita lavorativa questo significa, in termini di occupazione, che
alimentare il settore delle grandi opere significa, per le risorse nazionali, investire 45-50 milioni di
euro per ogni addetto, cioè poco meno di 100 miliardi di vecchie lire. Ci si può chiedere quanti
interventi a favore dell’occupazione, della sanità o dell’istruzione pubblica si potrebbero fare
utilizzando diversamente importi di questo peso. E quanto costi allo stato alimentare questo settore
anche oltre le effettive necessità infrastrutturali.
11) Il tunnel di base avrà costi altissimi anche per la sola manutenzione ordinaria. Per questa
voce, in cui incidono fortemente le spese di raffreddamento, necessario per far scendere la
temperatura a 32°C, i proponenti preventivano 65 milioni di euro all’anno.
Remy Prud’homme, professore emerito di economia alla Università di Parigi, sulla base dei costi del
TGV France Nord, ha calcolato il costo annuale di gestione sulla base del 3,2% dell’investimento,
che significherebbe una spesa di 450 milioni di euro.
12) Ma questo sarebbe solo l’inizio: il presidente della Commissione Trasporti del Parlamento
Europeo, Paolo Costa, in una lettera del 2008 a “La Stampa”, ha scritto che dopo la Torino-Lione
bisogna trovare altri 26 miliardi (di primo preventivo) per completare il corridoio italiano sino alla
frontiera slovena. Anche qui si tratta di cifre di cui bisogna ipotizzare perlomeno il raddoppio e che,
2sommate a quelle che sarebbero necessarie per la Torino-Lione, danno l’idea di quale sia l’entità
dell’esborso che è nell’interesse di tutti fermare, prima che affondi l’economia italiana.
13) I fondi necessari per la Torino Lione sono direttamente sottratti ad altri interventi.
Già con i primissimi finanziamenti necessari al tunnel geognostico di Chiomonte si è cominciato a
prelevare dai fondi che erano già destinati ad altri capitoli di spesa: in questo caso all’ art. 6 del DL
112/2008, che assegnava risorse alla messa in sicurezza delle scuole, alle opere di risanamento
ambientale e all’innovazione tecnologica.
L’economista Marco Ponti, insieme ad altri, ha calcolato che sulla base dei soli preventivi esistenti, la
Torino-Lione costerà 1300 euro per ogni famiglia media italiana di quattro persone.
Le critiche ufficiali al progetto
14) Le due perizie più autorevoli fatte sulla Torino-Lione sono quella commissionata dal Ministro
dei Trasporti francese a Christian Brossier ed ad altri due esperti del Conseil Général des Ponts et
Chaussées, e resa pubblica a maggio 1998. Vi è poi quella del cosiddetto “audit” sui grandi progetti
ferroviari, commissionato dal Governo francese al Conseil Général des Ponts et Chaussées,
presentata a maggio del 2003: entrambe hanno stroncato decisamente il progetto. In Italia non è mai
stata fatta una analoga verifica.
15) Il rapporto Brossier dice che “occorre attendere l’evoluzione del contesto internazionale e
particolarmente in Svizzera ed Austria, prima di intraprendere un nuovo traforo sotto le Alpi”; che il
nuovo tunnel per il TGV e l’autostrada ferroviaria sulla Torino-Lione “non sono una priorità”, e che
“conviene intervenire sulla linea esistente”. 16) Nell’audit realizzato nel 2003 dal Conseil Général des Ponts et Chaussées sui progetti di
grandi infrastrutture ferroviarie, la stroncatura della Torino-Lione, sotto tutti i punti di vista, è ancora
più netta. Le proiezioni presentate da LTF vengono giudicate inattendibili. L’audit rileva che “la
capacità di trasporto dei nuovi itinerari svizzeri si collocherà tra 40 e 65 MT all’anno, e che saranno
in netta concorrenza con gli itinerari francesi”. Sviluppando diverse simulazioni, conclude che
nell’orizzonte ventennale del 2023 “al Frejus passerà un traffico nettamente inferiore (!) a quello del
recente passato e che la Lione-Torino sarà ininfluente nel rapporto gomma/rotaia ma, al massimo, si
limiterà a catturare un traffico che sarebbe transitato non per i tunnel autostradali del Frejus e del
Monte Bianco, ma per le ferrovie svizzere”.
L’audit non fu posto in votazione perché i deputati della regione Rhone Alpes minacciarono di
ritirare l’appoggio al governo.
17 ) Remy Prud’homme, economista, professore emerito di Economia all’Università di Parigi,
che si è interessato delle linee ad alta velocità francesi, ha valutato anche il progetto della LioneTorino, giungendo alla conclusione che la linea comporterebbe uno spreco di circa 19 miliardi di
euro per la tratta internazionale, anche quando si accettino il punto di vista dei proponenti sui
cosidetti benefici esterni dell’opera.
18 ) Marco Ponti, professore di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano, Marco Boitani,
professore di Economia Politica all’Università di Milano e Francesco Ramella, ingegnere di trasporti,
tutti e tre importanti articolisti su giornali economici come “Il Sole 24 Ore”, hanno pubblicato nel
2007 un lungo saggio dal titolo “Le ragioni liberali del No alla Torino-Lione”, che sottolinea “la
inesistenza di una domanda passeggeri merci tale da giustificare questa linea”. Per Marco Ponti, che
è stato il primo, nel 2005, a calcolare il preventivo per la nuova linea in 17 miliardi di euro di allora,
“questo progetto non andava neppure presentato“. Se lo si fosse ascoltato, l’Italia avrebbe già
risparmiato spese per mezzo miliardo di euro. 19) Una ricerca svolta all’Università di Siena da M. Federici e continuata da M.V. Chester e A.
Horvarth sottolinea che “Il trasporto ferroviario è peggiore del trasporto stradale per le emissioni
di CO2, particolato ed SOx, mentre sono confrontabili i valori di altre specie gassose. Il TAV mostra
valori sistematicamente peggiori del trasporto ferroviario classico e la causa è da ricercarsi nella
eccessiva infrastrutturazione del TAV e nella eccessiva potenza dei treni: un TAV emette il 26% di
CO2 in più rispetto ad un treno classico ed il 270% in più rispetto ad un camion. Quindi da un punto
di vista energetico ambientale il trasferimento delle merci dalla gomma al TAV non trova nessuna
giustificazione. Questi risultati, relativi al tratto Bologna-Firenze, sono assolutamente applicabili
anche al progetto della Val di Susa, in entrambi i casi si tratta di opere assolutamente sproporzionate
ed ingiustificate rispetto al carico di trasporto che possono avere.”
L’ampia capacità delle infrastrutture esistenti
20) Il Trattato italo-francese, firmato a Torino il 29 gennaio 2001, dice al primo articolo che la
nuova linea “dovrà entrare in servizio alla data di saturazione delle opere esistenti”, e l’avvocatura di
stato francese ha sentenziato nel 2003 che questo significa che se non c’è prospettiva di saturazione,
non c’è impegno. Da allora la saturazione dei valichi italo-francesi, sia ferroviari sia autostradali, non
solo non si è avvicinata, ma è addirittura svanita dall’orizzonte, a causa della radicale e duratura
inversione di tendenza: eppure il progetto è rimasto.
21) La Valle di Susa ospita già la linea ferroviaria internazionale del Frejus il cui binario di
salita è stato terminato solo nel 1984 e su cui, da sempre, si susseguono lavori di ampliamento ed
ammodernamento, per mantenerla ai massimi livelli di efficienza. Sino al 2000 è stata la seconda
ferrovia come volume di traffico con l’estero, poi ha cominciato a calare ed a perdere posizioni. I
lavori effettuati tra il 2002 ed il dicembre 2010 l’hanno riportata ai migliori livelli di funzionalità tra i
tunnel ferroviari esistenti, ma nella tratta alpina è stata utilizzata negli ultimi tre anni
mediamente per meno di un quarto della sua capacità. Sembra ovvio che prima di costruire
nuove infrastrutture si debba dimostrare di saper sfruttare quelle esistenti. 22) Il tunnel della attuale ferrovia del Frejus è stato rifatto per permettere il transito dei container
su camion sino alla sagoma di 4,05 metri, ed è agibile da dicembre 2010: i lavori hanno restituito
un’opera grandiosa e modernissima. La questione della differenza di sagoma con i 4,20 del nuovo
progetto è peregrina, perché anche i più grandi container passano senza problemi, se non sono
caricati su di un camion ed un pianale alto tipo Modalhor: pertanto il nuovo progetto è del tutto
inutile.
23) In Val di Susa tra il 1973 ed il 1994 sono stati costruiti anche il tunnel autostradale e
l’autostrada del Frejus. La loro realizzazione ha causato irreparabili ferite al territorio: un loro
ragionevole utilizzo ai livelli attuali evita che i danni sopportati si trasformino in una beffa. Anche
perché l’efficienza energetica e l’abbattimento delle emissioni dei camion attuali ribaltano il
vantaggio ambientale delle ferrovie dal punto di vista delle emissioni e del rendimento energetico.
24) Il Piemonte ha già una sufficiente rete di collegamenti: ad Ovest un tunnel autostradale ed un
tunnel ferroviario transalpini, a Nord può sfruttare in modo quasi esclusivo i due della Valle d’Aosta.
A Sud è a ridosso dei tre grandi porti della Liguria a cui è collegato da 3 autostrade, e ad Est è
collegato con la pianura Padana da tre ferrovie e due autostrade.
25) Non è vero che le infrastrutture creino un vantaggio in un territorio già ben servito. Le
imprese emigrano verso paesi stranieri che hanno strutture per i trasporti decisamente inferiori alle
nostre, perché là il costo del lavoro è minore e perché l’ Italia non ha risorse per ridare competitività
e per incentivare ricerca ed innovazione. Pertanto i miliardi destinati alla Torino-Lione, che vengono
sottratti a questi capitoli di spesa, penalizzano l’Italia. 26) L’insieme delle nostre infrastrutture transalpine è utilizzato al 30% della sua capacità, in un
quadro in cui anche la domanda globale di trasporto attraverso le Alpi ha cominciato a scendere
ovunque. Le situazioni di collasso e di ingolfamento sono tutte nei nodi urbani, ed è lì che bisogna
intervenire: la Torino-Lione affronta il problema dei trasporti dal verso sbagliato, dilatando la
capienza ai valichi dove essa è sovrabbondante anche negli scenari futuri e sottraendo risorse che
sarebbero necessarie a risolvere il congestionamento delle strutture urbane.
La caduta del traffico merci su questa direttrice alpina
27) Anche escludendo l’anno di crisi del 2009, dal 2005 al 2008 il traffico delle merci al traforo
autostradale del Frejus è calato del 12%, che equivarrebbe, tra 20 anni, ad avere una ulteriore
riduzione del 60% dei TIR rispetto ad oggi, anche in assenza di qualsiasi intervento.
Le previsioni di alluvioni di TIR attraverso le nostre Alpi si rivelano del tutto false.
28) La perdita di traffico mercantile da parte dei tunnel alpini italo-francesi, sia ferroviario sia
stradale, è dovuta al fatto che Italia e Francia sono due economie mature che scambiano meno che in
passato perché il mercato globale ha sostituito quello reciproco. I traffici transalpini hanno avuto un
incremento solo per la crescita di quegli stati che hanno avuto un rapido sviluppo economico dopo la
loro adesione all’Unione Europea: il primo era stato la Spagna, a seguito della quale il valico di
Ventimiglia decrebbe fortemente tra il 1994 e 2004. Ma da 6 anni anche questo è rimasto stabile
come prevede la curva matematica che descrive tutti fenomeni di saturazione, compresi quelli dei
mercati dei beni di consumo.
29) I soli valichi alpini che hanno avuto una crescita in periodi recenti sono quelli della
direttrice Nord-Sud, per il collegamento con le economie dell’ex blocco sovietico che si sono unite
alla Unione Europea, ma la Torino-Lione è inequivocabilmente una direttrice Est - Ovest, sul
margine occidentale della penisola e non può intercettare nulla. Il valico del Brennero è arrivato
quasi a 50 MT tra strada e ferrovia: ma dal 2008 sono comparsi i segni del consueto termine della
crescita e nel 2009 è sceso a 39 MT (ha perso cioè il 22% in due anni). 30) La caduta dei traffici ha spinto l’Austria a mettere una moratoria di cinque anni sul
progetto del traforo ferroviario del Brennero i cui lavori dovevano iniziare nel 2011. E’ la
premessa ad una sua definitiva cancellazione, perché negli ambienti governativi non ci si fa illusione
su un miglioramento della situazione e gli investimenti sono stati indirizzati su opere minori. Se ci si
è fermati sulla direttrice del Brennero dove, all’interno del traffico totale, il transito internazionale è
di 39 MT, come si può continuare su quella del Frejus, dove il transito è di soli 2.5 MT?
31) Le cose non vanno meglio per il traffico passeggeri internazionale. Nel 1993, alla
presentazione del progetto, i passeggeri erano 1,5 milioni e si prevedeva che salissero ad 8,5 milioni
nel 2002, invece sono scesi a 750.000!
Dati reali contro false previsioni
32) Le previsioni di traffici sono l’elemento fondamentale per la decisione su di una grande
infrastruttura di trasporto perché è da esse che si deve capire se l’intervento avrà una sua utilità o
peserà con un gigantesco buco finanziario.
Per convenzione, la fonte dei dati storici transalpini sono le statistiche ALPINFO elaborate
annualmente presso il Dipartimento Federale dei Trasporti svizzero, che armonizza le diverse
rilevazioni nazionali per quantificare con precisione i flussi di merci passanti attraverso i 17 più
importanti valichi dell’arco alpino. Ma i proponenti della Torino-Lione, pur riconoscendole, non hanno mai accettato di confrontarsi con
esse; manca quindi loro l’elemento essenziale per convalidare il progetto.
33) Tutto il progetto della Torino-Lione si basa su un modello di previsioni creato da LTF, con
condizioni particolarissime, che non tiene conto delle rilevazioni dei transiti come quelle di
Alpinfo e non ha mai accettato di discutere la propria validità o la propria taratura, anche quando si è
visto che, dal 2002, i suoi dati mostravano una tendenza opposta all’andamento effettivo della
ferrovia attuale. Il primo criterio per convalidare un modello è quello di poter descrivere l’andamento
dei dati esistenti; eppure, anche se ad oggi lo scostamento tra dati reali e dati previsti è del 500%,
cioè 2,2 MT reali contro i 10 MT previsti da LTF per il 2009, e la curva di discesa dei dati reali è
convalidata da un andamento omogeneo dal 2000 al 2009, LTF non ha mai operato alcun
ripensamento.
Ma anche l’ Osservatorio, nonostante la discordanza dei dati non ha mai messo in discussione il
modello proposto da LTF.
34 ) Le previsioni di traffici merci della Torino-Lione sono state calcolate anche dalla SBB che
si occupa del progetto di traforo ferroviario del Brennero. Il loro modello, applicato ai dati Alpinfo,
prevede che il nostro asse ferroviario, fatti gli opportuni interventi, possa stabilizzarsi appena sopra
10 MT, ed all’orizzonte del 2025, le loro previsioni danno un traffico di 11 MT che è circa un quarto
di quello di 40 MT “previsto” da LTF per il 2030 ! Ma anche di fronte a questo dato l’ Osservatorio e
LTF non hanno fatto alcuna verifica ed hanno sentenziato che è SBB a dover cambiare i propri
metodi di calcolo .
35) Una delle più gravi omissioni delle previsioni di LTF è la mancata valutazione dell’impatto sui
trasporti transalpini che sarà creata dalla messa in esercizio delle due direttrici ferroviarie che la
Svizzera ha concordato con l’Unione Europea, per accettare il traffico merci in attraversamento
lungo il suo territorio. L’ampliamento del Lötschberg-Sempione (già in esercizio) per ulteriori 20 MT
e soprattutto il Gottardo (in esercizio dal 2017) per 40 MT, creeranno una forte capacità di traffico,
mettendo insieme la tradizionale efficienza ferroviaria svizzera con la necessità di utilizzare a fondo
le strutture costruite per compensare i costi di realizzazione. Questo provocherà una nuova
concorrenza che renderà ancor più labili le prospettive di utilizzo dei nostri valichi occidentali.
36) L’indifferenza verso la fornitura di dati scorretti e tendenziosi, a puro scopo di propaganda,
si è resa evidente anche nel grande stand che fu allestito dalla Regione nell’atrio di Porta Nuova tra il
gennaio 2006 ed il 2007. Val la pena di ricordare alcuni dei grandi slogan che campeggiavano dietro
le pareti di cristallo: “Il traffico commerciale delle Alpi è cresciuto di 11 volte in 25 anni”, “La
attuale linea ferroviaria Torino-Lione non può più far fronte al sempre maggiore aumento di scambi
commerciali (!)”, “In assenza della nuova linea ferroviaria la ferrovia raggiungerà il suo limite di
capacità tra il 2015 ed il 2017 (!)”. Queste affermazioni erano irrealistiche allora e lo sono in modo
ancor più evidente oggi, ma val la pena di sottolineare la prima perché evidenzia bene il modo in cui
procedevano i promotori: il tabulato 1980-2004 di Alpinfo, l’ultimo ad essere disponibile in quel
momento, dava una crescita sull’arco alpino del 117%. Quindi LTF e la Regione avevano addirittura
omesso una virgola, ma non hanno corretto il dato neppure di fronte ad un esposto per propaganda
scorretta e tendenziosa.
37) Va anche sottolineato che l’Osservatorio ha capovolto la questione: il trattato di Torino
motiva il tunnel di base con l’ipotesi della saturazione dei valichi. Ma l’Osservatorio, visto che non
c’è questa prospettiva, ha lavorato per dimostrare la presunta saturazione della linea di pianura, “se si
fa il tunnel di base”!
Per la Valle di Susa vi è anche un’altra una questione di fondo: è inaccettabile sviluppare iniziative
che dirottino artificialmente i traffici su una sola direttrice, anche a scapito delle strade naturali,
perché nessun territorio può essere sacrificato a corridoio di traffico a vantaggio di altri.
6Il flop dell’Autostrada Ferroviaria e del trasferimento modale
38) L’Autostrada Ferroviaria Alpina era lo strumento con cui si doveva realizzare l ‘ Alta
Capacità ed il trasferimento modale. Secondo il Rapporto Finale di Alpetunnel, che è alla base del
Trattato di Torino del 2001, l’Autostrada Ferroviaria della nuova linea (A. F. A.) sarebbe stata
costituita da vagoni di nuovo tipo, i Modalohr, per formare treni tre volte più lunghi e più pesanti dei
merci attuali, che potevano arrivare a 1500 metri di lunghezza. Ogni convoglio sarebbe stato formato
da 70 vagoni che caricavano un TIR completo, motrice compresa. E’ stata l’ipotesi di questi treni,
che impone le pendenze inferiori al 15‰, ad aver imposto la scelta del tunnel di base e le sagome.
Ma, dopo 7 anni di sperimentazione, i risultati di questo sistema sono stati disastrosi, mancando tutti
gli obiettivi, e l’ultimo progetto relega l’uso dei Modalohr ad un misero 15% del totale.
39) Il servizio sperimentale era iniziato a novembre 2003 sulla linea attuale. Era nato con 4
coppie di treni da 17 carri al giorno, che presto sarebbero dovute salire ad 8 coppie. Le coppie sono
rimaste 4, ma ogni treno, dal 2006, è stato ridotto ad 11 carri: il motivo della riduzione è stato
l’insuccesso tecnico ed economico della sperimentazione, nonostante l’impegno ed i finanziamenti
spesi dai due governi che l’avevano indicata come elemento esclusivo e qualificante della nuova
linea.
40) L’ Autostrada ferroviaria con i Modalohr è stata un completo fallimento: i TIR completi, per
cui è stata costruita, sono solo una piccola quota dei ridottissimi traffici che riesce a catturare. Il resto
sono semirimorchi di merci pericolose che viaggiavano sulla ferrovia già da prima, con due treni che
sono stati soppressi per darle spazio. Tutto compreso, l’A.F.A. ha trasportato 15- 17.000 mezzi
all’anno: contro gli 800.000 che passavano nel tunnel autostradale del Frejus. Il che vuol dire che è
riuscita ad assorbire solo il 2% del traffico su strada anche nelle condizioni più agevolate.
41) Ma il fallimento è soprattutto nel deficit di gestione: nei primi sei anni, i due stati hanno
versato 45,5 milioni di euro ciascuno. Questo importo, sommato al deficit di bilancio e diviso per
15.000 - 17.000 viaggi all’anno, dà un deficit di 1.000 euro a carico delle finanze pubbliche per
ogni viaggio di camion sulla Autostrada Ferroviaria, in aggiunta ai circa 300 euro che paga
l’autista.
42) Il presidente dell’Autostrada Ferroviaria Alpina nel 1° “Quaderno” dell’ Osservatorio,
ammette che i ricavi rappresentano solo il 33% dei puri costi ed pagina 152 afferma: “Da questa
analisi economica e finanziaria del progetto risulta che non c’è speranza di poter rendere redditizio
il traffico accompagnato (cioè il TIR + autista, che è la chiave del progetto) che pesa fortemente sul
bilancio, occupando inutilmente la capacità sui vagoni ed imponendo spese. Ci si deve chiedere se
c’è interesse a mantenere un traffico accompagnato al di là del 2008”. Anche la Hupac, il principale
operatore del trasporto combinato in Europa, in una audizione nello stesso dossier ha affermato che
“il servizio, che costituisce solo il 3,5% del totale, è svolto per mandato governativo ed ha carattere
residuale in quanto è poco conveniente economicamente e poco efficiente sotto il profilo
ferroviario”.
43) L’autostrada ferroviaria è un sistema sbagliato anche dal punto di vista energetico: caricare
la motrice vuol dire trasportare come peso morto la parte più importante del camion. Il rapporto
COWI commissionato dalla Direzione Trasporti della Unione Europea nel 2006 calcola che, in un
anno, un convoglio merci ordinario trasporta 175.000 tonnellate di merci mentre, a parità di peso dei
treni, un convoglio della autostrada ferroviaria trasporta solo 75.000 tonnellate, cioè meno della
metà. In pratica, l’Autostrada Ferroviaria dimezza la capacità della linea in tonnellaggio di
merci trasportate e di conseguenza raddoppia il consumo energetico!
44) L’ autostrada ferroviaria dimezza le capacità di una linea, raddoppia il consumo energetico
7ed è economicamente disastrosa.
Per trasportare le merci è decisamente preferibile e meno costoso caricare in ferrovia solo il
semirimorchio ed avere solo a destinazione la motrice che lo porta al destinatario in un breve raggio.
Meglio ancora conviene trasportare sulla ferrovia il solo container, soprattutto quelli che arrivano via
mare. Non ha senso né da un punto di vista energetico né da quello economico sbarcare il container
dalla nave, caricarlo su un camion e poi caricare il camion sulla ferrovia!
Le favole del corridoio 5, della sicurezza, del risparmio energetico e del
trasferimento modale
45) La favola più citata è quella di un corridoio di traffico esteso tra Lisbona e Kiev. Il
cosiddetto Corridoio 5 non è che una linea geografica che ha prolungato artificiosamente, da una
parte e dall’altra, il tratto tra Lione e la pianura Padana. Si può definire “corridoio” una direttrice di
traffico che è percorsa in modo uniforme per gran parte del suo sviluppo, ed in questo caso merita
una infrastrutturazione uniforme; ma se si tratta solo di segmenti, alcuni dei quali insignificanti dal
punto di vista del traffico, darle una strutturazione uniforme significa solo un immenso ed
ingiustificato spreco. Si è già visto che il traffico tra Lione e la pianura Padana è scarso, ed in
diminuzione da un decennio, figuriamoci quello tra aree che hanno caratteristiche enormemente
inferiori!
Il traffico merci che entra in Italia dalla Penisola iberica sceglie l’itinerario costiero, senza “risalire” a
Lione, e l’Unione Europea stessa lo ha già scorporato dall’itinerario 5. Ad Ovest, a parte il
pochissimo traffico di prossimità con la Slovenia e l’Ungheria, tutto il traffico di questo asse che si
sviluppi su tratte di sufficiente lunghezza, e su volumi sufficientemente importanti da render
conveniente il treno, ha più convenienza a prendere l’itinerario via mare, dalla costa del
Mediterraneo a quella del Mar Nero, che gli è parallelo.
46) Infatti le rilevazioni dei transiti indicano che non esiste un vero corridoio merci neppure tra
Lione e Torino, perché la linea ferroviaria merci francese che dovrebbe immettersi nel nostro tunnel
di base proviene da Digione, dove si concentra il traffico proveniente da Nord - Ovest, che è quello
maggioritario, mentre quello proveniente dalla Francia del Nord e dalla Gran Bretagna va su Milano
attraverso il Sempione, che è il suo asse naturale. Il traffico su strada che attraversa il tunnel
autostradale del Frejus è invece per due terzi un traffico di prossimità tra le regioni Piemonte e
Lombardia e le omologhe francesi.
47) Un’ altra favola è quella della maggior sicurezza della nuova linea. La LTF, che progetta la
ferrovia Lione-Torino, prevede nel modello di esercizio 250 treni al giorno, che nelle ore di punta, si
susseguano, per ogni senso di marcia, in sequenze composte ciascuna da un treno TGV a 220 km/h,
tre treni di autostrada ferroviaria a 120 km/h e due treni merci a 100 km/h.
Proviamo a vedere come si svolgerebbe questo traffico dove per almeno 84 km non vi siano
possibilità di sorpasso. Prima entrerebbe nel tunnel un TGV poi, subito dopo, i 5 merci, a circa 5
minuti di distanza l’uno dall’altro: 3 minuti dei quali dovuti alla distanza di sicurezza. Poi, ci
dovrebbe essere una pausa di 20 minuti, più le distanze di sicurezza, perchè altrimenti il TGV
dell’ora successiva, con una differenza di velocità di almeno 120 km/h rispetto all’ultimo merci, lo
raggiungerebbe e lo investirebbe. Sulla linea attuale questo rischio è quasi inesistente perché le
differenze di velocità sono minori e ci sono diversi punti di scartamento per far sorpassare i treni
lenti.
48) Nella nuova linea ogni treno potrebbe tardare od accelerare solo di due minuti e, tutti
insieme, avrebbero solo un margine di 5 minuti ogni ora: se l’errore fosse superiore, scatterebbero
blocchi del traffico oppure tamponamenti nel tunnel a velocità elevatissima, perché questo modello
di esercizio di 250 treni al giorno con TGV/TAV a 220 km/h, funziona solo se i treni merci e
passeggeri convenzionali entrano nel tunnel alla massima velocità consentita e la mantengono
8sempre, anche prima di scartarsi su di un altro binario e di reimmettersi in linea, altrimenti le distanze
diventano rapidamente insufficienti. Il problema è irrisolvibile a meno di far viaggiare i TAV alla
velocità dei merci, ma questo diminuirebbe l’interesse per il tunnel di base.
49) Se si parla di sicurezza del sistema bisogna immaginare lo stato d’animo dei macchinisti che
dovrebbero viaggiare dentro al tunnel alla massima velocità, senza sforare dai due minuti loro
concessi, sperando che i colleghi davanti e dietro facciano lo stesso; quello degli autisti, che
dovrebbero prendere i treni con i loro camion ed il loro carico in quelle condizioni ed infine quello
dei passeggeri dei TGV che viaggerebbero a 220 km/h nel tunnel di base, sapendo di avere davanti a
sé treni merci e carichi di TIR, molto più lenti, che devono scartarsi e reimmettersi con margini
temporali da brivido.
50) La nuova linea, volendo ospitare i due tipi di traffico, avrebbe una capacità appena del
10% superiore rispetto a quella attuale, quindi soli 250 treni contro i 225 di cui si è detto che è
capace la linea attuale (cfr. 61), e non i 350-400 che si favoleggiano per la cosiddetta Alta Capacità.
51) Anche il risparmio energetico del tunnel di base è una favola. Nella realtà il progetto e
l’esercizio della nuova linea comporterebbe uno spreco di energia nettamente maggiore di qualunque
risparmio, anche nelle ipotetiche migliori condizioni. Come si è già detto al punto 43, un treno della
autostrada ferroviaria trasporta un peso utile che è solo il 42% di quello di un treno merci ordinario,
di conseguenza il consumo energetico è di oltre due volte a parità di peso netto trasportato. In più, la
ricerca già citata condotta da M. Federici ed altri all’Università di Siena, a partire dal 2006 ha
dimostrato che “il TAV mostra valori sistematicamente peggiori del trasporto ferroviario classico e
la causa è da ricercarsi nella eccessiva infrastrutturazione del TAV e nella eccessiva potenza dei
treni. Un TAV emette un 26% di CO2 in più rispetto ad un treno classico e il 270% in più rispetto ad
un camion”.
52) In più va ancora calcolato l’enorme consumo energetico richiesto dal raffreddamento del
tunnel per portare a 32°C l’ambiente caldo di roccia profonda che arriva a superare i 60°C. I 20 MW
termici necessari secondo il progetto preliminare, presentato ad agosto 2010, corrispondono al
consumo annuo di 175 milioni di kW/h. Sommati ai 12-15 milioni di kW/h necessari alla
ventilazione dei 120 km di gallerie, questi bastano a rendere passivo il bilancio energetico del tunnel
di base, anche nelle ipotetiche condizioni di pieno utilizzo.
53) Un cenno a parte merita l’insistenza sulla parola “strategico” data come una parola magica
che giustifica tutto e sulla asserzione che l’investimento in una opera pubblica possa essere una
scommessa.
Nessuna strategia può prescindere dalla conoscenza dei fatti, e se i fatti non si conoscono, nessuna
azione può essere di per sé strategica. Un investimento non può mai essere una scommessa perché le
scommesse si affidano alla dea Fortuna; e questo non può essere il comportamento per cui un
amministratore viene scelto dagli elettori.
La favola della piattaforma logistica e della concorrenza al traffico
marittimo
54) L’ultimo slogan inventato per sostenere la Torino-Lione è che l’Italia, e Genova in particolare,
sarebbe il posto ideale per intercettare le navi porta containers che arrivano da Suez con destinazione
i porti del Nord Europa, per portare loro le merci su ferrovia attraverso i tunnel transalpini. Ma
probabilmente nessuno ha fatto i conti.
Una nave porta containers, una volta arrivata nel canale di Sicilia, se invece di “risalire” a Genova
prosegue per Amsterdam-Rotterdam, impiega 4 giorni di più. Poiché il costo di nolo, carburante ed
assicurazione di una nave di tale tipo è di circa 100.000 dollari Usa al giorno, spenderebbe 400.000
9dollari in più che, divisi per un carico di poco meno di 4.000 containers, danno un costo di poco
superiore ai 100 dollari per container. Come si può pensare di fare concorrenza scaricando il
container a Genova, metterlo su un camion, mettere il camion su un treno e pagare il nolo della
nuova ferrovia e del tunnel di base, per portarlo nel cuore dell’Europa?
55) Spostare le merci via mare costa molto meno che spostarle per terra: conviene quindi
arrivare ai porti più vicini. Così ogni stato si è organizzato con i propri: Genova ed i porti liguri per
l’area padana, Gioia Tauro per l’ Italia centro-meridionale, Trieste e Rijeka (Fiume) per l’Austria e
l’area balcanica, Marsiglia-Fos per la Francia, Valencia per la Spagna, il Pireo per il resto dei
Balcani, Tunisi ed Alessandria per la sponda africana, Odessa per l’Ucraina e naturalmente
Amsterdam e Rotterdam per la fetta più grossa, che comprende Germania e l’Europa centrale. Perché
dovrebbero rinunciare alle loro strutture per prendere una ferrovia tra Lione e Torino?
56) I porti possono anche alleggerire direttamente il traffico di origine terrestre con le
cosiddette autostrade del mare, che sono un programma prioritario dell’Unione Europea. Si tratta di
navi traghetto che imbarcano i mezzi pesanti evitando loro di percorrere le congestionate vie terrestri.
Ne sono già in funzione alcuni servizi tra Barcellona, Marsiglia e Genova. Recentemente la UE ha
finanziato quello tra il porto atlantico francese di Nantes Saint-Nazaire e l’analogo spagnolo.
Toglierà dalla strada il 5% del traffico corrispondente attraverso ai Pirenei e tra 5 anni se ne attende
un raddoppio. Si tratta di trasferimenti modali comparabili con quelli che i progettisti hanno
immaginato per la Torino-Lione, ma con costi di installazione irrilevanti perché i porti ci sono già.
Un motivo di più per rilevare che le immense risorse destinate alla Torino-Lione sarebbero
completamente sprecate.
57) E’ impossibile che la ferrovia strappi dei movimenti di merci al traffico marittimo, e ci sono
solidi motivi per cui il 90% del traffico internazionale mondiale viaggia via mare. Il mezzo marittimo
offre unità di trasporto con enormi capacità di carico, e quindi un altrettanto enorme abbattimento dei
costi. Una nave che porti 4.000 container - che non è certo tra le più grosse-Trasporta quanto 50-80
treni.
Le favole aggiunte dai “Quaderni” dell’Osservatorio
58) Stabilito che la linea da Bussoleno a Modane non corre pericoli di saturazione, si è lavorato
a dimostrare la possibilità di saturazione di quella tra Bussoleno e Torino.
59) Si è raddoppiato il numero dei treni merci necessari a trasportare lo stesso quantitativo di
merci prevedendo che l’Autostrada Ferroviaria utilizzasse solo carri Modalohr che, trasportando
anche la motrice, dimezzano il carico utile e raddoppiano il numero dei treni necessari.
60) Si è accettato che quasi metà della capacità della linea esistente venga “sequestrata” dalla
Agenzia di Mobilità Metropolitana che ha immaginato di mettervi sopra 80 treni merci al giorno in
concorrenza con la metropolitana. A parte che si tratta di un progetto che in 10 anni non ha raccolto
alcuna fattibilità finanziaria, si è arrivati all’assurdo che diventa necessario costruire una nuova linea
internazionale ed un tunnel di base perché la parte intorno a Torino della linea esistente viene
occupata da un progetto cittadino, anziché essere quest’ultimo ad aggiungere un eventuale binario.
L’Osservatorio ha scritto nei “Quaderni” che quello della Agenzia di Mobilità Metropolitana non è
un “progetto”, ma un “desiderio di utilizzo”; intanto però è passato il principio assurdo per cui debba
essere la linea internazionale esistente a doversi riprogettare in funzione di esso.
61) Tutte le tesi sono piene dei modi con cui RFI e LTF hanno cercato di confondere la realtà.
Nei “Quaderni” dell’Osservatorio, RFI ha accettato per la linea attuale una potenzialità di soli 152
treni al giorno, ma il suo capo compartimento, in un convegno tenutosi all’Unione Industriale di
10Torino l’anno precedente, aveva ammesso la capacità di 230 treni al giorno, cosa del tutto verosimile,
considerando che la linea del Gottardo ha una capacità “commerciale” di 220 treni. RFI e
l’Osservatorio hanno mirato solo a far risultare che la linea attuale non raggiunga la potenzialità di
trasporto di 20 MT, che però è sempre stata ammessa nei precedenti documenti ufficiali, per poterla
dichiarare insufficiente di fronte all’obiettivo politico dei 20 MT nel successivo decennio.
62) I “Quaderni” non hanno fatto un confronto critico con i limiti e le capacità di altre tratte
ferroviarie analoghe, gestite da altri soggetti, come il Lötschberg ed il Gottardo. Si scrive che i
vincoli di utilizzo del corridoio del Frejus sono legati alla insufficienza della sagoma, ma non si dice
che questo vincolo è legato all'utilizzo dei carri Modalohr.
La inaffidabilità di LTF
63) Per comprendere il modo di lavorare di LTF val la pena di guardare alla struttura del suo
modello di previsione. Non è partito da rilevazioni statistiche, ma da una inchiesta di origine e
destinazione su un campione di TIR corrispondente circa allo 0,5% dei transiti dell’area. Poi ha
creato una rete di tutte le direttici di traffico esistenti per poter permettere al suo modello di spostare
tranquillamente i traffici da qualsiasi parte, ed ha posto dei vincoli assolutamente di fantasia sulla
capacità futura degli altri valichi alpini. Infine ha posto sulla Torino-Lione la condizione di
preferenza grazie all’uso esclusivo dei carri Modalohr. Così facendo ha potuto immaginare che
l’'aumento del traffico ferroviario previsto tra 2020 e 2050 su TUTTO l'arco alpino, corrispondente
per lei a (132 MT – 85 MT) = 47 MT, si trasferisca sulla Val di Susa per 37,5 MT, cioè per l’ 80%: il
che è un assurdo in tutti i sensi!
64) LTF si è dimostrata priva di affidabilità tecnica: le tre opere di scavo che ha gestito, si sono
dimostrate un clamoroso fallimento. Per la discenderia di Modane, lunga 4.000 m, ha impiegato 5
anni, corrispondenti in media a 2 metri di scavo al giorno. Per quella di La Praz, di 2.400 m, ha
impiegato 5 anni, corrispondenti a 1,3 metri al giorno. Per quella di St Martin La Porte di 2.400 m, 7
anni, corrispondenti a meno di un metro al giorno. I costi di queste piccole opere hanno più che
raddoppiato i preventivi: in più i lavori sono stati oggetto di gravi superficialità circa la vendita di
cemento contaminato da gessi, che ha determinato l’abbattimento di numerose opere pubbliche ed
edifici privati. Per il tunnel geognostico di Venaus-Chiomonte, pur mantenendone inalterate le
caratteristiche, LTF ha raddoppiato il preventivo in cinque anni, ancor prima di cominciarlo. Che
attendibilità di tempi e costi può avere nel progettare un tunnel di 58 km?
65) LTF ha mostrato di non aver alcuna preoccupazione di controllare la spesa. La Torino Lione
potrebbe rivelarsi non il progetto di un’opera ma il progetto di una spesa fine a se stessa. I maggiori
costi delle tre discenderie francesi hanno prosciugato le risorse stanziate nel 2005 per il tunnel di
Venaus, e il nuovo appalto di Chiomonte ha raddoppiato il costo di cinque anni prima; tutto ciò pone
inquietanti interrogativi. Clamoroso il pagamento di 162.000 euro alla società che gestisce
l’autoporto di Susa, per l’occupazione per pochi giorni del posto necessario a fare tre trivellazioni
geognostiche di 10 centimetri di diametro.
66) Gli impegni di LTF e dell’Osservatorio potrebbero rivelarsi promesse al vento. Per esempio
il Piano di Sicurezza e coordinamento del tunnel geognostico di Chiomonte ricorda che “secondo il
riferimento normativo, i cantieri per opere in sotterraneo devono essere provvisti di alloggiamenti per
i lavoratori” per evidenti motivi logistici trattandosi di avvicendamenti notturni e per la necessità di
avere squadre immediatamente mobilitabili in caso di emergenze; eppure si continua a promettere
che i lavoratori saranno ospitati localmente e che i movimenti di terra avranno soluzioni a bassissimo
impatto. A parte le delusioni che crea, un progetto che non rispetta gli impegni è destinato a bloccarsi
nei contenziosi di ogni genere ed a non avere più fine.
11Il progetto del tunnel geognostico di Chiomonte
67) Il tunnel geognostico di Chiomonte è un controsenso: queste opere vengono realizzate il più
vicino possibile al tunnel di progetto per conoscere la situazione geologica puntuale. Qui 3.500 metri
su 7.000 saranno scavati in rocce assolutamente prive di interesse, lontane dal tunnel in progetto. In
seguito il tunnel geognostico incontrerà e seguirà il tracciato del tunnel di base, ma solo per 3
chilometri e mezzo: il tutto al costo di 165 milioni di euro! In compenso il sondaggio si lascerebbe
alle spalle gli 8 km iniziali, che sono quelli dove tra il 1995 ed il 2005 la A.E.M. ha raddoppiato i
tempi ed i costi della costruzione della centrale di Pont Ventoux a causa della pessima qualità della
roccia e delle venute d’acqua che hanno inchiodato la talpa TBM ed hanno imposto di cambiare la
localizzazione della centrale.
68) La collocazione di 225.000 m
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di smarino (materiale di scavo) del tunnel di Chiomonte in
un sito assolutamente inadatto, che richiede 153.000 metri di fondazioni in getto di cemento da un
metro e mezzo di diametro, pare mostrare indifferenza verso l’incremento del costo dei lavori.
Si tratta di un deposito risibile alla luce dei 15 milioni di metri cubi di smarino da gestire in seguito.
L’intervento pare discutibile anche perché questa struttura non poggia su formazioni rocciose ed
andrà molto probabilmente a compromettere i tre piloni alti sino a 47 metri del viadotto autostradale
che quasi lo sovrasta, imprimendo spinte improprie al terreno su cui sono fondati.
69) Nella delibera della Regione Piemonte il progetto del tunnel di Chiomonte ha avuto un
centinaio di prescrizioni e rilievi. Purtroppo, ogni osservazione, anche quella espressa dai valsusini,
circa il fatto che che non si può considerare come definitivo un elaborato con tante sostanziali
carenze, si è scontrato con la decisione politica di farlo approvare dal CIPE in tempi stretti. C’è da
dubitare che un progetto così inadempiente possa trasformarsi in lavori gestibili e capaci di dare le
minime garanzie.
70) Nella VIA per il cunicolo di Venaus del 2007 si criticava duramente l’ipotesi di Chiomonte.
Per l’esattezza si scriveva che la scelta di Venaus era dovuta al fatto che due alternative proposte
(quella di Chiomonte ed una gemella) erano “penalizzate entrambe dallo scavo in discesa con rischi
tecnici e costi maggiori, compresi quelli della sicurezza, e dalla mancanza di fornitura di dati per il
primo tratto di galleria dopo l’imbocco”.
Nonostante questa stroncatura, ed i rischi che presuppone, si è scelto di fare il tunnel di Chiomonte,
ma la coscienza di fare una scelta sbagliata doveva essere presente nella mente dei progettisti perché
nella comparazione delle possibili alternative a Chiomonte è stata tolta l’ipotesi di Venaus per evitare
di fare un confronto.
Il progetto della tratta italiana della parte comune
71) Il progetto preliminare presentato a maggio 2010 consiste in 57,2 km della galleria
internazionale a doppia canna, sino all’ imbocco nella periferia a valle di Susa, dove verrà installato il
grande cantiere che servirà, sia la parte di galleria internazionale, che la galleria di 21 km che passerà
sotto il massiccio dell’Orsiera. All’uscita presso il comune di Chiusa di San Michele è prevista la
connessione con la linea storica. Questa connessione è un’opera gigantesca che porta le linee ad
interrarsi per chilometri in aree abitate nel tratto tra Avigliana e Chiusa, ma il cui sviluppo
complessivo ed il cui utilizzo per il momento sono solo da immaginare, dal momento che non è stata
presentata la parte successiva tra Chiusa ed il nodo di Torino.
72) L’Osservatorio, su mandato della Regione, ha imposto una soluzione per cui, all’altezza di
Rosta, la linea del TAV, invece che proseguire per Venaria, fa una ampia curva sino all’interporto di
Orbassano, che raddoppia il percorso. Stante che Orbassano ha perduto la sua funzione con la
ristrutturazione aziendale della FIAT, passando dallo smistamento di 3000 vagoni a 300 e dallo
12sdoganamento di 500 camion a meno di 50, pare assurda la deviazione che allunga il percorso di 10
km, quando si spendono 17 (e forse 35) miliardi di euro per ridurre il percorso del TAV tra Modane e
Torino di 20 km. Questo può spiegare la mancata presentazione del progetto da parte di RFI, che non
ha mai voluto questa soluzione, e suggerisce che le sorprese non sono ancora finite.
73) La soluzione in destra di Dora non è meno impattante di quella in sinistra: vi sono effetti
diversi, un minor impatto per le rocce amiantifere e per la piana di Bruzolo, contro un maggior
impatto rispetto a zone densamente abitate come il tratto tra Avigliana e Chiusa. La decisione è stata
politica: il progetto era quello ma si doveva far vedere che si cambiava per poter convincere l’Unione
Europea che le situazioni di conflitto che avevano portato agli scontri del 2005 erano state superate.
74) Il progetto presentato da LTF nel 2010 non teme di contraddirsi con quello precedente. Nel
2003 lo studio per la VIA diceva che i progettisti avevano escluso di passare sotto il Cenischia “per
fortissimi rischi idrogeologici, quali l’ effetto diga sulla falda superficiale“. Anche qui sarebbe stato
doveroso che, facendo nel 2010 invece proprio questa scelta, si discutesse il rischio prospettato nel
progetto precedente. La sensazione di queste ed altre omissioni è che il progetto sia stato tracciato da
una mano politica più che da una mano tecnica.
75) Che ci siano parti del progetto gravemente lacunose è stato evidenziato anche dal pool di
esperti che ha lavorato per la Comunità Montana delle valli di Susa e del Sangone esprimendo
108 pagine di rilievi, sui costi e benefici, sui flussi di traffico, sul progetto, sulla sicurezza delle
gallerie, sull’impatto sull’ambiente e sulla salute.
La stazione di Susa
77) La stazione internazionale di Susa è un esempio delle assurdità di questo progetto: avremo a
Susa una stazione sulla nuova linea, ma senza connessione con la linea attuale, ed a Chiusa di San
Michele, 20 km più a valle, una interconnessione tra le due linee, ma senza stazione. Ovviamente, a
Saint-Jean-de-Maurienne, sul lato francese, la stazione coincide con l’interconnessione per
consentire un proseguimento dei treni o l’immediato passaggio da uno all’altro.
Senza la connessione con la linea attuale, la nuova stazione di Susa non può instradare direttamente i
passeggeri destinati alle località sciistiche od ad una qualsiasi altra località: può farlo solo tramite
due successivi cambiamenti di mezzo e con le relative attese che, ovviamente, penalizzerebbero
l’offerta del servizio rispetto ad altre opzioni. Di fatto è un bluff, perché sarà più conveniente servirsi
di Saint-Jean anche per i cosidetti “treni della neve”!
78) La stazione internazionale di Susa è nel solco di un inganno che sfrutta l’ambizione del
capoluogo a riappropriarsi di un ruolo più forte. Susa non è nuova a farsi illudere: il centro doganale
dell’autoporto fu inaugurato nel 1985 ma chiuso nel 1992 per la eliminazione delle dogane
intercomunitarie. Il progetto “Annibale 2000” prevedeva un grandioso centro alberghiero e
commerciale, promosso dalla società autostradale come compenso per la perdita dell’attraversamento
turistico obbligato della città, ma era così poco realistico che non si arrivò neppure alla progettazione
preliminare. Lo stand permanente della “Porta d’Italia” fu inaugurato nel 2001, era un’altra promessa
per dirottare su Susa una parte del traffico passeggeri autostradale, ma fu chiuso l’anno stesso…
Quindi anche i precedenti fanno dubitare di questo progetto
Si tratterà di un enorme spreco di soldi e di territorio fatto solo per soddisfare una ambizione
momentanea.
79) Il futuro turistico di Susa non è legato al turismo ferroviario, perchè nessuno può pensare che
da Parigi o da Milano si prenda un treno veloce per fare una tappa a Susa. Oppure che chi è arrivato
in valle per la settimana bianca, con gli sci in spalla, decida di farvi una sosta. Il turismo di Susa è
legato agli spostamenti con autobus o auto. Ma l’attrazione della città verrà compromessa se nella
13immediata periferia si impianterà l’enorme cantiere di 3 km di lunghezza (!) a servizio del tunnel di
base, con tutti gli impatti ed i problemi che comporta per l‘immagine, il traffico e le polveri. Tale
cantiere sarà destinato a costituire, per almeno 20 anni, il vero “ accesso turistico” della città, senza
potersi illudere che l’aspetto cambierà dopo.
E’ credibile questa Valutazione di Impatto Ambientale?
80) Anche questa volta, per l’ennesima volta, non è stata una presa in considerazione l’opzione
zero, cioè della utilità di sfruttare le strutture esistenti anzichè costruirne delle nuove. Il progetto non
si riaggiorna mai e non fa alcuna verifica del pregresso. Come è possibile pensare che con tali
paraocchi si possa guardare al futuro?
81) Se nel progetto 2010 il numero di treni Modalohr diminuisce a soli 9 su 63 invece di
costituire il 100 per cento, occorre rivedere anche il modello di previsione di LTF che assegnavano
proprio ai Modalohr la capacità di attirare traffici merci. Ed anche l’utilità o meno di mantenere la
sagoma del tunnel che era richiesta dal loro esercizio. Il tutto potrebbe ridursi a rendere pienamente
sufficiente il rinnovato tunnel della linea attuale.
82) La procedura di VIA è stata snaturata sopprimendo il decreto di compatibilità ambientale
da parte del Ministero dell’ Ambiente e del Ministero dei Beni Culturali ed affidando la istruttoria
al Ministero delle Infrastrutture. Si tratta di procedure illegittime che violano le disposizioni di legge
nazionali e le direttive comunitarie, perché il CIPE, che ora decide la compatibilità ambientale, è un
organo tecnico economico molto allargato che decide a maggioranza e che, in campo ambientale, non
ha né prevalenti interessi né prevalenti competenze. Non c’è più corrispondenza tra la legge applicata
e quella che ha recepito le direttive dell’Unione Europea: di fatto non c’è più la garanzia di tutela
ambientale tutelata dall’Unione Europea.
83) Anche la pubblicazione dell’ avviso di apertura della VIA non avviene più con i riferimenti
agli articoli delle leggi e dei decreti che avevano recepito le direttive comunitarie, come era
sempre avvenuto sino a due anni fa, ma con il riferimento ad articoli del codice degli appalti.
84) Per potere presentare il progetto, LTF ha scritto che, secondo il trattato di Torino, essa ha
competenza sino a Chiusa: ma non è vero! Il trattato, ratificato dai parlamenti italiano e francese,
dice chiaramente che il termine della parte comune è tra Bussoleno e Bruzolo, ed a valle di questo la
competenza è di RFI. Di conseguenza LTF non ha titolo per progettare il tratto di 15 km a monte di
Chiusa, e neanche di ricevere i relativi contributi. Si tratta di un grosso illecito verso l’Unione
Europea, che ha inteso finanziare solo la parte comune e con una aliquota speciale, ma anche di un
esempio di una sfrontatezza che non rispetta alcuna verità, neppure la più forte ed evidente.
85) Il progetto della Torino Lione è stato reinserito nella Legge Obiettivo, eppure nella domanda
di contributo all’Unione Europea presentata a luglio 2007, che ha dato origine al contributo, si era
scritto che “la procedura seguita nel 2005 è variata a seguito del cambiamento della legge di
riferimento, e cioè il passaggio dalla Legge Obiettivo alla procedura ordinaria a seguito della
decisione del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2006”. I contenuti della domanda di
finanziamento sono sostanzialmente vincolanti e dopo le vicende del 2005, di cui il governo europeo
era pienamente cosciente, rassicuravano l’Unione Europea che il nuovo progetto non si bloccasse di
nuovo per gli stessi motivi. Per l’Italia, tornare indietro e sopprimere le garanzie promesse mette in
forse uno dei pilastri del contributo.
86) Il progetto della Torino-Lione è stato presentato a pezzi e per la procedura di VIA questo è
illegittimo, perché impedisce di valutare l’insieme degli impatti dell’opera finale. A maggio 2010 è
stato presentato il tunnel geognostico, che poi si è ammesso che sarà parte dell’opera principale;
14successivamente, ad agosto 2010, è stato presentato il progetto della tratta italiana della parte
italofrancese, ma senza informazioni su quella francese, anche se si prevede in portare lo smarino in
Francia. Ancora dopo, anche se non si sa bene quando, verrà presentato il progetto della parte italiana
da La Chiusa sino al nodo di Torino ed infine sarà la volta del tratto compreso nel nodo di Torino.
87) Eppure nel 2003 la presentazione delle due parti era stata contemporanea, e nel 2007 il
governo aveva garantito una “governance unitaria” sul tutto attraverso l’Osservatorio; il
documento di Pra Catinat titola al punto 2 che: “Una regia unitaria è indispensabile”. Anche perché
la Valutazione di Impatto Ambientale prescrive che i progetti siano presentati come opere
complessive per evitare che i frazionamenti facciano perdere la veduta dell’insieme e che le
approvazioni parziali condizionino poi come “decisioni già prese” le parti da valutare
successivamente.
Gli impatti dei cantieri
88) I cantieri producono inevitabilmente rumori, polveri, disturbo, inquinamento e
stravolgimento dell’ambiente: l’esperienza della autostrada sembrava aver mostrato tutto quello
che non si doveva fare. Per il cantiere della centrale idroelettrica tra Pont Ventoux e Susa fu creata
una Commissione Paritetica con i comuni interessati, che si doveva riunire una volta al mese, ed una
Alta Sorveglianza dei lavori con poteri di intervento diretto. Ma nella realtà ci vollero tre anni dopo
l’inizio dei lavori prima che la Provincia nominasse il suo rappresentante e si potessero fare le prime
riunioni, sull’onda del problema della presenza di rocce uranifere che era stato sollevato dagli
ambientalisti. Però subito dopo tornò il silenzio, e le proteste degli abitanti di Susa per i camion che
attraversavano il centro abitato trovarono il vuoto. Gli organi di controllo servono a poco se gli enti
che li sovrintendono sono pregiudizialmente dalla parte di chi fa i lavori.
89) La presenza dei cantieri provoca anche problemi di ingestibilità, perché le amministrazioni
locali si trovano nella impossibilità pratica di far rispettare le norme ed i vincoli di legge che
dovrebbero assicurare un minimo di tutela agli abitanti. Le imprese di grandi opere pubbliche, ed i
loro appaltatori si comportano da padroni e, grazie alla particolare importanza che ha una grande
opera, compiono tutte le operazioni che ritengono utili per le loro necessità, anche al di là degli
impegni e delle autorizzazioni.
90) Val la pena di rileggere l’esperienza dei sindaci del Mugello in un’intervista pubblicata a
marzo 2010: “La prima lezione del Mugello è stata che in una grande opera ti dicono che faranno
tutto per bene, che hanno pensato a tutto e che instaureranno un rapporto di piena collaborazione
con il territorio: invece sono stati 14 anni di scontri”. “Abbiamo sempre trovato tecnici arroganti,
ed anche se avevamo firmato tutti gli atti possibili, ci hanno sempre trattato come dei rompiscatole.
Ogni contatto ed ogni rimostranza sono stati per noi un problema. Non abbiamo mai visto azioni
preventive, ma abbiamo sempre dovuto rincorrere le emergenze. Si erano fatti una specie di lavaggio
del cervello per convincersi che loro, gli ingegneri della grande opera, non potevano sbagliare, e
soprattutto non potevamo essere noi a costringerli a riconoscere i loro errori”. “Poi, c’era il
problema che ogni cantiere aveva un suo direttore, mentre, per i problemi più ampi, dovevamo
mandare le pratiche all’Osservatorio nazionale dove non si sapeva più nulla per mesi e qualche
volta non si è più saputo niente”. “Ci trovavamo di fronte a documenti difficili da decifrare e non
siamo mai stati supportati: l’Osservatorio presso il ministero ha avuto un ruolo più di calmieratore
che di organismo che volesse risolvere i problemi, ed alla fine non è più stato nemmeno nominato”.
91) Uguale impressione si era avuta da un incontro con i sindaci svizzeri dei paesi intorno al
tunnel del Gottardo. Nel corso di una visita degli amministratori valsusini insieme a funzionari
della regione Piemonte, la delegazione italiana aveva raccolto dai sindaci dei dintorni del cantiere di
Bodio uguali amarezze sull’ingestibilità dei cantieri, l’impossibilità di evitare le polveri e l’assoluta
15mancanza di un loro apporto ai paesi che li ospitano.
92) I cantieri fanno scendere o crollare il valore abitativo delle case dell’intero territorio. La Val
di Susa, per via della sua posizione periferica all’area metropolitana gode anche del sostegno della
richiesta di chi esce dall’area metropolitana stessa per cercare un ambiente meno congestionato. Ed è
l’immagine di tutta la valle che viene danneggiata dal legame con la presenza dei cantieri, anche al di
là dei comuni direttamente interessati, e subisce una caduta dei prezzi.
I danni rimangono anche dopo: come ricorda l’esperienza del Mugello, “le ditte che lavoravano
sono sparite ed hanno lasciato i cantieri dov’erano. Nel 2010 ci sono ancora le aree di cantiere con
baracche, materiali edili, ferro vecchio, discariche”. E’ immediato il pensiero a come resterà tutta la
zona Est di Susa dove i cantieri previsti dovranno occupare un’area lunga tre chilometri e larga
almeno 300 metri.
93) La valle di Susa è stata per 40 anni oggetto di cantieri per grandi opere: la diga
internazionale del Moncenisio, il raddoppio della ferrovia e dei tunnel ferroviari, il tunnel
autostradale e l’autostrada del Frejus, poi l’impianto e la centrale idroelettrica di Pont Ventoux, una
delle più grandi d’Italia, senza contare le opere minori, quelle in atto e quelle da cui ci siamo difesi,
come il raddoppio del maxi elettrodotto; ma questo non può essere una giustificazione per
continuare: ora il volume delle grandi opere si avvia esponenzialmente a pregiudicare la vivibilità del
territorio.
Il sovraccarico di opere di attraversamento e di cantieri in aree residenziali produce il cosiddetto
“effetto Bronx”, dal nome del noto quartiere di New York che, tra le due guerre, è passato da zona
urbana con i più ampi parchi della città a luogo simbolo del degrado. Quando rumori e disturbo
superano una certa soglia, la popolazione originaria non accetta più il costo dell’affitto e si sposta,
facendosi sostituire da una che accetta il disturbo perché può pagare di meno. Questo si riflette nella
manutenzione ed innesca una spirale che riduce sempre di più la qualità abitativa. Un effetto del
genere potrebbe verificarsi nella fascia abitata più prossima alla linea, sia che gli immobili vengano
espropriati sia che restino ai loro proprietari.
94) In territorio francese, si è sempre previsto di indennizzare gli immobili entro 150 metri da
una parte e dall’altra della linea, e di comprarli al prezzo di mercato, riconoscendo il disturbo
creato dall’ Alta Velocità. In territorio italiano gli acquisti sono limitati agli edifici da abbattere od
immediatamente contigui. Si creerà certamente un fortissimo contenzioso sul diverso riconoscimento
del disturbo della stessa opera nei due stati comunitari.
I problemi per la salute
95) I cantieri danneggiano gravemente la salute degli abitanti: lo stesso studio di VIA
presentato da LTF calcola un incremento del 10% nell’incidenza di malattie respiratorie e
cardiovascolari a causa dei livelli di polveri sottili prodotte dai cantieri. In base alle statistiche
attuali questo aumento corrisponde a 20 morti in più all’anno. Le polveri sottili PM 10, non erano
neppure rilevate dai laboratori mobili provinciali alla metà degli anni ’90, poi progressivamente si
sono imposte all’attenzione e, recentemente, gli si sono aggiunte le polveri sottilissime PM 5 e PM
2,5. Insieme fanno parte dell’aerosol che respiriamo e che colpisce soprattutto le fasce più deboli
della popolazione come gli anziani, i malati di patologie cardiache o respiratorie ed i bambini, che
sono particolarmente sensibili perché le capacità di difesa dalle aggressioni ambientali sono ancora
parzialmente immature. Gli effetti delle polveri sottili o sottilissime possono favorire la comparsa o
riacutizzazione di patologie respiratorie croniche e di quelle cardiovascolari, come infarti e trombosi,
e sono una novità nella valutazione dei danni per la salute e la vita provocati dai cantieri.
96) Sarebbe comunque sbagliato stimare i danni solo in base all’incremento delle malattie e
della mortalità: la loro presenza indica uno stato di deficit di salute che colpisce tutta la
16popolazione, anche quella che non si ammala. Bisogna poi considerare l’effetto di somma degli
effetti delle polveri, dell’inquinamento, del rumore: ognuno incide per la propria parte sulla salute
dell’individuo e tutti insieme creando un effetto di indebolimento che lo rende più esposto anche a
malattie non direttamente collegabili con questi fattori. Porre un grande cantiere a carico di un
territorio non è una decisione da prendere alla leggera, soprattutto se, come nel nostro caso, si tratta
di una valle, cioè un ambito dove gli inquinamenti dell’aria si disperdono di meno, tranne che nei
giorni di vento, quando creano un altro problema.
97) L’esperienza del cantiere di base del San Gottardo a Bodio, che abbiamo raccolto nel corso
del sopralluogo fatto nel 2003 con Regione e Provincia, testimonia che in ambiente di valle, soggetto
a forti venti, il problema delle polveri è irrisolvibile. Tutti gli accorgimenti adottabili non reggono ad
un forte vento, e tantomeno ad un Föhn alpino. La parte meno controllabile è rappresentata proprio
dalle polveri sottili che vengono poi depositate dal vento sul terreno e sugli alberi nelle immediate
vicinanze, da cui sono sollevate ad ogni soffio.
98) Nel 2006, 103 medici della valle di Susa hanno pubblicato un appello in cui si esprimono le
forti preoccupazioni per la salute della popolazione connesse con l’apertura di grandi cantieri. Il
gruppo ha continuato a mantenere la sua preoccupazione e ad aggiornarla sui progetti che sono stati
presentati.
99) Un problema a parte è costituito dagli inquinanti di cantiere. Il Mugello ha mostrato la
vastità del problema delle terre contaminate da idrocarburi, i lavori autostradali in valle di Susa,
quello degli sversamenti accidentali degli additivi liquidi del cemento, che sono mortali per la fauna
ittica. A Chiomonte nel 1992 era esploso il problema dell’alta concentrazione di piombo presente nel
vino locale. Ad essere accusata fu la polvere di cemento del cantiere della autostrada; c’era
preoccupazione per il vino che non era più commerciabile, ma anche per la salute delle persone,
perché prima di andare nel vino il veleno era andato nell’aria! In uno degli articoli si citava un
convegno su “I bambini e l’inquinamento”, tenutosi a Torino due mesi prima, dove un certo dr.
Richard Jacklons, dell’ospedale californiano di Berkeley, affermava che “la polvere di cemento è una
importante causa di inquinamento da piombo”. Tutto questo va rapportato al fatto che il cantiere
autostradale di Chiomonte era durato solo 5 anni, ed al momento delle analisi era chiuso da due.
100) Il problema dell’amianto è stato accantonato e minimizzato: si ammette la presenza di
amianto solo per i primi 500 metri. Si tratta della zona di Mompantero, dove per anni LTF ha negato
che si potessero trovare rocce amiantifere. Ma anche se la sua presenza è particolarmente massiccia
in bassa valle, è errato ignorare la sua sporadica presenza anche in alta valle. Basti ricordare che fu a
causa della presenza di rocce amiantifere che l’impianto olimpico di bob fu spostato da Sauze d’Oulx
a Cesana, e che la presenza di queste rocce sta bloccando e ritardando da anni i lavori della
circonvallazione di Claviere.
101) Le misure di cautela e di smaltimento per l’amianto proposte da LTF mostrano un
problema ancora irrisolto. Dire che lo si chiuderà in sacchi per spedirlo in Germania significa non
rendersi conto che anche solo 500 metri di tunnel di base corrispondono a 170.000 mc, pari al carico
di 17.000 TIR. I trattamento con l’acqua, lega solo momentaneamente proprio la parte più fine, delle
polveri, ma poi la libera o la deposita con sorprendente facilità, soprattutto nella percolazione alla
base dei mucchi: da qui il vento la sposta ovunque.
102) Le mineralizzazioni di urario ( Pechblenda ) sono una realtà: il problema era stato rivelato
nel 1998 dalle associazioni ambientaliste, ma LTF ed i suoi consulenti lo avevano lungamente
negato. Nell’attuale studio di VIA per il tunnel di base non se ne parla nemmeno. Eppure il gruppo
dell’Ambin che sarà attraversato dalle gallerie è stato oggetto di fruttuose ricerche da parte francese
nel 1980 con la Minatome, e da parte italiana nel 1959 con la Somiren e, nel 1977, l’ Agip Mineraria;
e su entrambi i versanti si è ipotizzato un suo sfruttamento. Nel libro su “ I giacimenti uraniferi
17italiani e i loro minerali” D. Ravagnati, un esperto del settore, pubblica gli schizzi delle gallerie di
esplorazione e giudica i campioni che ha raccolto “ Molto ricchi ed anche molto belli a vedersi,
perché il minerale forma delle distinte vene nere “. Le due località in cui si sono raccolti campioni
(su 23 segnalate), sono a 1000 metri di quota, non abbastanza in alto per escludere che all’interno
della montagna le vene arrivino 3- 400 metri più in basso, alla quota del tunnel di base.
103) La particolare pericolosità di questi minerali è che emettono raggi alfa e beta, poco
penetranti e quindi poco rilevabili, ma molto più distruttivi quando, con la polvere, arrivano a
contatto con la pelle e le mucose .
104) Il rumore è stato il primo grande problema di questa linea affrontato dalla popolazione
della valle sin dai primi anni ’90. Perché quella che viene progettata non è una ferrovia ordinaria,
ma una superferrovia su cui viaggiano dei TGV e dei convogli merci particolarmente pesanti. Il TGV
emette, al di sopra dei 220 KM/ h, un fischio aerodinamico che crea disturbo, in particolare nelle ore
notturne. Purtroppo i sistemi di valutazione del rumore fanno la media del rumore emesso e quindi l’
acutezza del sibilo si perde nel calcolo totale. Il disturbo sarà particolarmente grave nella bassa valle
e nella cintura di Torino dove passa all’internodi zone fortemente abitate.
La perdita e la compromissione di risorse idriche
105) L’esperienza del Mugello ha lasciato dietro di sé 57 Km di torrenti che in estate sono un
deserto di sassi, 73 sorgenti e 45 pozzi prosciugati, cinque acquedotti oggi riforniti con un
costosissimo sistema di ripompaggio a monte. Una galleria ha fatto persino scomparire un fiume.
106) Il Consorzio di ditte è stato condannato in primo grado per aver disseminato la valle del
Mugello di discariche di smarino e fanghi contaminati da idrocarburi che venivano utilizzati per non
far attaccare il cemento alle centine. Su altri reati è intervenuta la prescrizione, ma la Corte dei Conti
ha ipotizzato 740 milioni di danni all’erario per aver usato senza autorizzazioni acque pubbliche per
gli impianti di betonaggio, il lavaggio dei mezzi e le attività di cantiere. Per i danni connessi ha
chiamato a risponderne anche gli amministratori regionali che approvarono un progetto giudicato
dalla Corte dei Conti privo di adeguati Studi di Impatto Ambientale e che non avrebbero vigilato a
sufficienza sui lavori in galleria.
107) A distanza di 10 anni dal prosciugamento dei torrenti è in atto un sistema di ripompaggio
costosissimo che rimanda a monte un po’ dell’acqua drenata dalle gallerie, per alimentare acquedotti,
oppure per diluire gli scarichi fognari che si gettano nei torrenti asciutti. Dalle gallerie escono 500
litri al secondo che non si sa neppure come utilizzare
108) Il futuro della valle di Susa sarà certamente peggiore. In primo luogo per motivi tecnici: nel
Mugello la galleria è più grande, ma unica; da noi saranno due, una per ogni senso di marcia, e
questo raddoppia il fronte di drenaggio. Inoltre perché da noi le montagne sono più alte, con cumuli e
pressioni maggiori, poi ancora perché il Piccolo ed il Grande Moncenisio sono costituiti
prevalentemente da gessi che hanno creato enormi inghiottitoi carsici. Tutta la montagna ospita
“ laghi fossili sotterranei”, il più superficiale dei quali, di 16 milioni di m
3
, fu intercettato a Venaus
dai lavori della centrale di Pont Ventoux, che penetrarono nella montagna per meno di un chilometro.
Ora la galleria di accesso devia parallelamente alla valle dopo circa 600 metri.
109) La rete idrica del gruppo del Moncenisio è estesissima e connessa. I traccianti gettati nel
1970 nella grotta del Giasset, uscirono pressoché dovunque solo dopo due settimane, a conferma che
avevano attraversato grandi laghi sotterranei; l’ultimo uscì addirittura dopo un mese e 1000 metri più
in basso. Altre prove non ufficiali hanno dato risultati ancora più impressionanti.
18110) I precedenti grandi lavori hanno già inciso pesantemente sulle sorgenti della Valle di Susa:
il raddoppio della ferrovia Torino Modane, ha provocato la scomparsa di 13 sorgenti nel territorio di
Gravere e di 11 nella zona di Mattie, per restare ai casi più significativi. Le gallerie dell’autostrada
tra Exilles e la val Cenischia hanno fatto scomparire 16 sorgenti delle frazioni di Exilles, oltre ad
alcune altre in altre località. I lavori della centrale di Pont Ventoux, per una galleria di soli due metri
di diametro, hanno prosciugato il rio Pontet, 2 sorgenti a Venaus, 2 a Giaglione, una decina in
territorio di Salbertrand, tra cui quella che alimentava l’acquedotto di Eclause.
111) Che la nostra situazione a seguito della Torino-Lione debba far impallidire ogni
precedente, è ammesso anche dal cosiddetto rapporto COWI redatto per conto della Commissaria
europea De Palacio. Nonostante che la committente fosse la stessa Commissaria europea per la
costruzione di questa linea, gli esperti da lei interpellati non hanno potuto fare a meno di segnalare
che il solo tunnel di base drenerà da 60 a 125 milioni di mc di acqua all’anno, che corrisponde
al fabbisogno idrico di una città con un milione di abitanti. Non è esclusa la cattura delle acque
della Durance e della Clarea.
112) La gravità della sottrazione di risorse idriche è proporzionale alla quota bassa a cui si
effettua l’opera: sotto questo aspetto la nostra situazione è nettamente peggiore che nel Mugello. Là
furono riscontrati dissesti sino a 3300 metri per lato (erano previsti solo per 3-400 metri a lato) qui,
l’imponenza dello scavo fa presumere un impatto di dimensioni ora non prevedibili.
113) Gli esperti europei segnalano anche un aspetto che rende la nostra situazione
enormemente più critica di quella del Mugello: le risorse idriche catturate all’interno della
montagna ed emunte direttamente all’esterno, saranno calde e con concentrazioni di solfati ben oltre i
limiti accettabili per essere immessi nei corsi d’acqua. Si tratta di un problema grave, perché, a
differenza di quanto avviene nel Mugello, le nostre acque di fuoruscita ucciderebbero i fiumi e
perché il problema dovrà essere gestito in perpetuo, cioè ben oltre lla durata e la responsabilità dei
cantieri.
114) La sottrazione di enormi quantitativi di acqua al gruppo del Moncenisio e dell’ Ambin
avrà inevitabili effetti anche sull’alimentazione del lago del Moncenisio. Il lago attuale alimenta
una centrale da 360 MW in Francia e da 240 MW in Italia. Se il deficit indotto fosse di 25 milioni di
metri cubi, in termini energetici questi significherebbero la perdita di circa 150 milioni di Kwh di
energia di punta che andrebbero messi anch’essi tra i danni causati dal progetto.
115) Tra le caratteristiche che rendono temibili le sorprese idrogeologiche dello scavo del tunnel
di base, oltre alla temperatura e composizione chimica delle acque ci sono anche le alte pressioni.
LTF ha ammesso che le elevate coperture di roccia rendono prevedibili pressioni idrostatiche sino a
150 atmosfere. Sono valori vicini a quelli di una esplosione ed infatti fanno letteralmente esplodere
la roccia con rischi altissimi e notevoli difficoltà di contenimento.
116) La galleria dell’ Orsiera drenerà le acque da un versante che è ancora intensamente
coltivato perché è coperto da un esteso castagneto da frutto che ha appena avuto la IGP
(Indicazione Geografica Protetta). Sotto questo aspetto il progetto avrà ripercussioni economiche più
gravi rispetto ad una ordinaria fascia montana.
117) La interconnessione in sotterraneo tra le due linee, estesa per diversi chilometri tra il
comune di Chiusa San Michele e quello di Avigliana costituirà una barriera al deflusso delle
acque di falda, alzandola a monte ed abbassandola a valle, con conseguenze sensibili sulle case dei
paesi interessati.
19Lo smarino
118) I volumi totali scavati sono 18,4 milioni di metri cubi (10,7 per la tratta dal confine a Chiusa
San Michele) e 7,7 da Chiusa a Settimo. Il progetto prevede un riutilizzo di 8,7 milioni di metri cubi,
pari al 47% ma, in mancanza di giustificazioni, tale percentuale appare troppo alta considerando che
nei progetti precedenti la quota di riutilizzo era intorno al 27%. Tenendo buona questa percentuale il
riutilizzo è di 5 milioni di metri cubi.
Il progetto prevede anche la vendita di 4,7 milioni di metri cubi. Anche qui si tratta di una ipotesi che
non era mai emersa nei precedenti 10 anni di progettazione e che pare figlia di un progetto analogo
effettivamente esistente per il tunnel del Brennero, ma in quel caso si tratta di graniti il cui interesse
commerciale è completamente diverso da queste rocce. In mancanza di spiegazioni l’ipotesi è da
rigettare, perché, se si potessero vendere, ci sarebbe mercato anche per i 225.000 metri cubi della
galleria di Chiomonte per cui si spendono 9 milioni di euro solo in fondazioni. Si devono poi
aggiungere circa 2 milioni di metri cubi provenienti dal tratto italiano della galleria di base: non è
credibile che da Susa vengano scavati solo 8,5 Km e da Modane 18,5, considerando che Modane
deve affrontare anche i 4 km della discenderia prima di poter portare lo smarino in superficie.
Probabilmente è l’inverso e l’inversione serve per nascondere ai calcoli una parte del materiale.
Ipotizzando che Modane e Susa si dividano a metà lo scavo del tratto intermedio, ci sarebbero da
aggiungere ai calcoli altri 2 milioni di metri cubi.
119) Il totale di queste correzioni darebbe un volume da mettere a discarica sul lato italiano di
15 milioni di metri cubi, pari al volume di 6 piramidi di Cheope, il triplo di quanto dichiarato
dal progetto. E quindi per 2/3 senza alcuna ipotesi di collocazione a discarica.
120) Non c’è neppure certezza sull’utilizzo della cava del Paradis (presso il Moncenisio) che
rappresenta il solo sito di deposito delle rocce di scavo. L’ipotesi di ridurre i volumi tramite il
compattamento non tiene conto che i volumi ammessi sono già quelli massimi sopportabili dalla
sponda sud della cava che ha solo un sottile diaframma di roccia a separarla dalla valletta in cui, 100
metri più in basso, scorre la Strada del Moncenisio. Compattando si riduce il volume ma non il peso,
che è il vero fattore limitante del deposito ammesso.
121) LTF ed Osservatorio hanno dichiarato, dopo il termine previsto per le osservazioni, che
tutto il piano di smarino sarà cambiato. Poi però, questa idea progettuale maturata in tre giorni, a
fronte dei timori sollevati dal piano di messa in discarica, pare invece ancora bisognosa di molti
controlli. Che credibilità si può dare ad un progetto che fa apparire e sparire le idee progettuali come
nel gioco dei bussolotti, ignorando le procedure di VIA ?
122) Il riutilizzo di 8,7 milioni di metri cubi di smarino non è comunque un dato
tranquillizzante perché il riutilizzo significa, per la maggior parte, la frantumazione per farne
cemento, con quello che ne consegue in inquinamento di polveri e sonoro. Non si hanno ancora i dati
completi ma la ipotesi della frantumazione di 4,5 milioni di metri cubi, pari a tre piramidi di Cheope,
pare un dato realistico. Il procedimento sarà particolarmente impattante nella collina morenica perché
si tratta di depositi sedimentari che devono essere grigliati prima di poter essere utilizzati, con
conseguente maggior emissione di polveri.
La mancanza di un vero confronto tecnico locale
123) E’ emblematico il così detto Accordo di Pra Catinat, che non é un accordo politico, come lo
si è simulato, ma una autocertificazione del presidente insieme con un accordo tra i tecnici per la
presentazione di una relazione di maggioranza e di minoranza, che nessun sindaco ha sottoscritto e
nessun consiglio comunale ha ratificato.
20124) Nonostante le decine di incontri è mancato un autentico confronto tecnico con i
rappresentanti del territorio, e gli oltre cento incontri avvenuti all’interno dell’ Osservatorio, che però
è un tavolo tecnico chiuso, a regia obbligata. Non c’è mai stato quel dibattito tra tesi e repliche, fino
all’esaurimento degli argomenti, che permette di andare a fondo di una questione. Tutt’al più, dopo
una lunga attesa, il territorio ha avuto un documento di integrazione. Ma senza possibilità di
controdedurlo, con la scusa che bisognava andare avanti con il programma. Nella sostanza, i
promotori di questo progetto non hanno mai accettato di impegnarsi in un vero confronto pubblico e
tecnico e si son limitati ad enunciare le loro tesi. Questo ha permesso di escludere tutti gli argomenti
scottanti, a cominciare dalla valutazione della reale necessità di costruire la linea in presenza di un
crollo dei traffici e degli insuccessi di tutte le sperimentazioni.
125) La Torino Lione si è basata su slogan immaginifici, privi di concretezza, che non hanno
nulla da vedere con la realtà dei fatti. Di conseguenza tutto il dibattito con le realtà locali è sempre
stato impostato a prescindere dalla decisione di costruire l’opera. E’ per questo che gli abitanti della
valle di Susa si sono sentiti ignorati. Anche nell’ultimo progetto l’analisi della opzione zero è stata
liquidata con una riga di dichiarazione miracolistica.
126) Il presidente dell’ Osservatorio è anche Commissario straordinario del Governo per la
realizzazione della Torino Lione e quest’organo è stato solo una macchina nelle mani del presidente,
che ha pilotato a suo insindacabile giudizio il programma, le audizioni ed i testi delle pubblicazioni.
Lo spazio riservato ai due tecnici della Val di Susa, gli unici rappresentanti di una voce di
opposizione, nei 7 “Quaderni” è stato circa l’1 % del contenuto totale. Ed in quasi cinque anni di
attività, il presidente non ha mai affrontato un dibattito pubblico in cui la popolazione potesse
rivolgergli direttamente le domande.
127) L’ Osservatorio per i decreti costitutivi ha un incarico ristretto “ad approfondire le
tematiche sanitarie, ambientali ed economiche per rispondere alle preoccupazioni delle popolazioni
interessate”. Ma sin dal giugno 2007 ha fatto circolare proposte di tracciati, accompagnandoli di
etichette come “suggestioni” e “scenari”.
La popolazione e le amministrazioni interessate si sono trovate davanti ad un organo che sembrava
progettare senza averne titolo e che garantiva il consenso senza aver dato spazio alle domande di
fondo.
128) I “Quaderni” dell’ Osservatorio hanno ammesso qualcosa di quello che era impossibile
nascondere, ma poi i modelli usati, le audizioni e le relazioni hanno manipolato l’inimmaginabile
per validare la tesi del tunnel di base. Qualche volta è sembrato che i quaderni dessero ragione a chi
sosteneva la sufficienza della linea attuale, ma in realtà è stato fatto il possibile e l’impossibile pur di
darci torto, solo che, in qualche caso, non ci sono proprio riusciti. Piuttosto che i contenuti del
dibattito, che son restati inutilizzati, quello che è stato usato e strumentalizzato, a tutti i livelli, è stata
l’esistenza stessa dell’ Osservatorio, utilizzato per propagandare la tesi di un confronto costruttivo
con il territorio che è stato invece inesistente.
129) E’ stato ignorato il vasto movimento di amministratori che ha chiesto la fine dell’
Osservatorio e che, nel 2009, aveva coinvolto la metà degli amministratori della Bassa Valle.
Tuttora partecipano all’Osservatorio solo due dei comuni effettivamente coinvolti, mentre 24 della
Bassa Val di Susa hanno fatto un fronte comune contro.
130) L’Osservatorio si è svolto come un teatro dove si rappresentava una condivisione dei
progetti che non è mai esistita, perché la progettazione non è mai uscita dalle mani di chi l’aveva. A
gennaio 2010 l’ultimo opuscolo aveva per titolo “Le alternative di corridoio (sic) da approfondire e
valutare”, facendo intendere di essere ancora nella fase di più corridoi entro cui si va poi ad
individuare il tracciato. Ma ad agosto 2010 è stato presentato il progetto completo già corredato con
lo studio di VIA: questo significa che tutte le decisioni erano già prese mentre si fingeva di metterle
21in discussione, altrimenti non vi sarebbe stato tempo di preparare i 70 dossier che sono stati
presentati.
Il problema del lavoro
131) La Torino-Lione non incrementerà l’occupazione: le imprese dei grandi cantieri si
impiantano come un paese autonomo in tutto e per tutte le forniture dipendono da grandi contratti.
Ai locali restano pochissimi posti e pochi lavori marginali. Nel cantiere del San Gottardo a Bodio su
700 persone solo una ventina erano del Canton Ticino, e, sulla testimonianza dei sindaci interessati,
le altre ricadute sul territorio sono state inesistenti. Nel Mugello l’unica ricaduta occupazionale è
stata quella di un gruppo di donne che si è consorziata per i lavori di pulizia dei locali, delle camere e
della cucina.
Non è possibile porre condizioni di assunzione di mano d’opera locale, perchè gli appalti sono
europei e le imprese non licenziano operai che si son fatta esperienza ed affidabilità in un posto per
assumerne altri che sono da formare e da seguire.
132) La “torta” della Grande opera si stratifica in parecchi livelli e chi prende l’ultimo può
appena sopravvivere: sopra c’è la società appaltante che è creata su istruzione dei due governi. La
società appaltante affida l’opera ad un General Contractor che teoricamente garantisce il rispetto dei
prezzi e dei tempi e che, a sua volta, affida l’opera, tutta intera oppure una grande tratta, ad un
consorzio di grandi imprese che garantiscono l’esecuzione dei lavori e la progettazione esecutiva. A
questo punto la tratta viene spezzettata in lotti e per ognuno di esso si formano consorzi ad hoc di
imprese di costruzioni, ognuna delle quali è specializzata nel particolare tipo di lavori richiesto in
quel lotto: cioè gallerie, viadotti, oppure opere scavi a cielo aperto. Qui, al quarto livello c’è, per la
prima volta, qualcuno che lavora effettivamente alla costruzione, ma intanto nei precedenti livelli se
ne è andato dal 10 al 15% dei costi ad ogni passaggio senza toccare neppure un sasso. Il quarto
livello li tocca, ma con operai specializzati capaci di operare in situazioni e con macchinari che
richiedono grande esperienza, e quindi personale proprio assunto precedentemente che si sposta con i
cantieri e le macchine.. Ma ovviamente ci sono lavori di più basso livello: il quinto, per cui non
occorre essere specialisti, come per i trasporti delle rocce scavate, il cosidetto smarino. Qui le
imprese sanno che l’offerta è grande e si rifanno economicamente rispetto ai lavori da cui possono
ricavare di meno indicendo subappalti vinti da chi assicura il servizio al minor costo. Oltre un certo
punto il minor costo si ottiene solo facendo qualcosa di più di quel che è lecito fare, cioè
sovraccaricando quando si riesce, facendo più viaggi andando più veloci, usando camion più vecchi
ed autisti precari. In questo che sarebbe il livello delle ditte locali, queste non riescono ad assicurarsi
il lavoro perché hanno un handicap. Per loro tutte le infrazioni vengono inesorabilmente recapitate,
mentre le ditte che vengono da lontano riescono più facilmente a sfuggire e possono operare senza
dover troppo preoccuparsi delle sanzioni. In realtà la cosa non è così semplice perché può esserci
ancora un livello intermedio tra chi prende nominalmente i lavori come, per esempio i trasporti o
certi servizi, e chi li affida materialmente: sarebbero il quinto ed e sesto livello. Il quinto garantisce la
correttezza delle procedura, il sesto non è più in grado di garantire niente… Immaginiamo la trafila
che deve fare un sindaco che riscontra un grave impatto ambientale e si rivolge al sesto livello…
133) Anche se portasse lavoro non è vero che il saldo di lavoro dell’opera sarebbe positivo,
perchè bisogna calcolare i posti che vengono persi per l’ incompatibilità con altre attività che
potrebbe ospitare il territorio.
134) La assoluta incertezza del piano dei finanziamenti si ribalta nella incertezza della
continuità dell’occupazione, sia pure già prevista per un periodo limitato. Le grandi opere che
vivono alla giornata, di fronte ad incognite tecniche ed economiche terribili sono soggette a
abbandoni, scioglimento dei consorzi, blocco dei lavori per mancati stanziamenti governativi ecc.. In
questo quadro rischiano di offrire posti privi di garanzia per quanto riguarda la effettiva durata.
22Le altre fantasie messe in campo per ingannare la popolazione
135) Il cosidetto PIANO STRATEGICO, uscito nel 2009, indica un documento privo di
qualsiasi impegno. E’ solo un gioco di illusionismo amministrativo per raccogliere delle adesioni da
spendere su altri tavoli. Infatti è stato redatto dalla Provincia, che non può decidere gli indirizzi e non
può definire risorse economiche. E si chiedeva ai sindaci di firmare un documento senza impegni
prima di sapere l’entità e la qualità dei danni.
136) Il Piano non stanzia fondi e non prevede alcuna risorsa proveniente dalla costruzione della
Torino Lione. Nella realtà si limita solo a suggerire la gestione di risorse derivanti da progetti
settoriali, dai vari piani di sviluppo e da quanto Regione e comuni reperiscono con richieste
ordinarie. Poiché il 60 per cento dei progetti riguarda Torino, consentirebbe, quando il governo darà
un contributo per la linea metropolitana, di dire che sta finanziando il piano strategico della Torino
Lione, e di alimentare le speranze! Per contro è significativo per la valle di Susa che manchino
interventi forti e veramente strategici come poteva essere la riconversione industriale della acciaieria,
che ha inciso negativamente sulla salubrità del territorio e su altre attività produttive.
137) L’esperienza legata alle promesse dell’autostrada e delle Olimpiadi alimenta oggi una
ampia disillusione sui benefici che potrebbe portare un’opera i cui contorni restano molto lacunosi.
138) Il Disegno di Legge regionale sulla “procedura per i grandi cantieri”, presentato a fine
2010, si è rivelata una “procedura per le grandi poltrone “, infatti non stanzia un euro per il
territorio e neppure dice se e da dove potranno arrivare dei finanziamenti, ma stanzia i fondi per un
Comitato di pilotaggio di 4 persone, che avrà il potere di assegnarli anche al di fuori dell’area di
progetto. In pratica chi sopporta l’opera non avrà più la certezza che arrivi qualcosa: se mai dovesse
arrivare un finanziamento non potrà neppure accedere al livello di decisione, perché si è stabilito che,
nell’organo di gestione, sieda un rappresentante di chi costruisce, ma non di chi subisce!
139) Sulle compensazioni val la pena di sentire l’esperienza dei sindaci del Mugello nell’
inchiesta della primavera del 2010: “Dalla progettazione alla realizzazione i costi possono crescere
anche del 400 per cento e se questi soldi non vengono coperti dallo Stato, capita che dei 53 milioni
di euro previsti per riparare con urgenza i primi danni ambientali, a dieci anni di distanza dai lavori
ne manchino ancora 15… Eppure ci dicevano che le compensazioni le avremmo avute e quindi non
dovevamo lamentarci”
“Mancano i soldi per risanare i danni ambientai e mancano ancora molte delle opere promesse: ed i
sindaci, che ci avevano messo la faccia con i cittadini, non possono nemmeno dire di aver portato a
casa la palestra o l’asilo che erano stati promessi”
L’opposizione in Val di Susa
140) I NO TAV, criticando il progetto, non hanno mai inteso farne una questione localistica ed
hanno espresso questo concetto con lo slogan: “né qui né altrove “. Per questo non è stato possibile
circuirli con i giri di valzer che spostavano il tracciato da una parte all’altra. La forza del Movimento
è proprio nella coscienza di battersi per una causa comune: anche per quelli di altri territori che, per
la disinformazione dei quotidiani, di televisioni e radio non hanno avuto modo di rendersene conto.
I politici hanno accusato i NO TAV di essere persone che si oppongono all’interesse nazionale.
La verità è l’opposto: i NO TAV difendono l’interesse nazionale dagli inganni e dagli sperperi che si
camuffano sotto la copertura delle Grandi Opere.
23141) La valle resiste da oltre 20 anni perché vi è una opposizione consapevole: perché ha
esperienza di cosa significhino grandi opere e perché da sempre vive accanto ai trasporti e ne
conosce i problemi reali. Infine perchè si è formata una diffusa conoscenza dei progetti che vengono
presentati. Negli ultimi 10 anni ci sono state una decina di grandi manifestazioni con la
partecipazione, ogni volta, di almeno 30.000 persone ed una raccolta di 32.000 firme realizzata in
poco più di un mese. Nell’anno 2010 si può fare il confronto tra le 30.000 persone che a gennaio
hanno sfilato a 3 gradi sotto zero, ed i 320 voti presi dal candidato Si Tav alle elezioni regionali dello
stesso anno.
142) Non si può negare il valore di una opposizione democratica che si è sempre svolta
correttamente, gestendo in modo impeccabile la presenza di decine di migliaia di manifestanti di
diverse provenienze in tante grandi manifestazioni. La “riconquista” del cantiere di Venaus dell’8
dicembre 2005, avvenuta dopo che le forze di polizia avevano fatto una violenta irruzione notturna
nel presidio pacifico, colpendo violentemente le persone con manganelli e calci, distruggendo ogni
cosa ed organizzando un esproprio farsa dei terreni alla luce delle torce non fa eccezione, perché in
ultima istanza, di fronte all’arroganza del potere, anche la disobbedienza civile è un diritto.
143) E’ scandaloso che dopo ogni grande manifestazione pacifica gli amministratori regionali
ed i vertici politici abbiano ribadito la loro assoluta chiusura all’ipotesi di un dibattito sulla
necessità della linea. Ed è scandaloso si siano umiliate, passandole sotto silenzio, manifestazioni di
civiltà amministrativa che avrebbero dovuto far inorgoglire una nazione, come la convocazione,
nell’anno 2007, di 31 consigli comunali in piazza Castello a Torino, dove, sotto un sole bellissimo, si
è avuta una spettacolare sincronizzazione di procedure amministrative per deliberare l’opposizione
alla nuova linea. Anche le 32.000 firme raccolte in meno di due mesi intorno ad agosto, hanno solo
avuto una immediata chiusura politica ad ogni discussione.
144) Questa opposizione si è dovuta anche confrontare con l’accanimento nei suoi confronti di
tutti i mezzi di informazione. Nei fatti la grande stampa, la radio, le televisioni sono state solo un
organo di propaganda per diffondere tesi e falsità dei promotori ed ignorare le nostre ragioni. Ma
forse è stata proprio la rabbia contro questa ingiusta manipolazione quella che ha fatto uscire dalle
proprie case decine di migliaia di cittadini convincendoli che, poiché era loro negata la voce, non
restava che testimoniare con la presenza.
145) Il piano sondaggi del 2010 prevedeva 91 carotaggi quasi tutti in località in cui, secondo gli
stessi documenti di presentazione, erano disponibili alcuni o, addirittura, decine di sondaggi
precedenti. Ne sono stati fatti 23: la quasi totalità nella cintura torinese e quindi neppure nel tratto di
competenza della Torino-Lione, che non comprende il nodo di Torino. Non è stato toccato alcun
punto dove si sarebbe dovuto abbandonare la prossimità dell’autostrada ed avventurarsi in montagna.
Per ogni sondaggio è stata necessaria la mobilitazione giornaliera di mille uomini delle forze
dell’ordine, avvicendati in 5 turni di 200 uomini. Queste condizioni rendono molto difficile l’ipotesi
che si possa imporre con la forza la presenza di veri cantieri.
146) Al di là dell’opposizione degli abitanti vi è anche uno scontro meno visibile, ma radicale
tra le Ferrovie (favorevoli al tracciato diretto in sinistra) da una parte e la Regione e il Comune
di Torino, dall’altra, che chiedono invece il tracciato in destra per poter avere il passaggio attraverso
l’interporto di Orbassano.
147) Per tutto questo il Governo ha ordinato all’Osservatorio di far melina, fingendo una intesa
qualsiasi, pur di restare in corsa per i finanziamenti europei. Questi non servono tanto per il loro
ammontare, quanto per costituire una pressione sui parlamentari dei vari collegi italiani che dovranno
trovare il restante 95% dei finanziamenti per realizzare l’opera.
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I nodi finanziari irrisolti del progetto
148) Questa è un’opera al buio, anche dal punto di vista dei finanziamenti: l’impegno di
contributo dell’Unione Europea è del 2008, ed è vincolato ad un contestuale messa a disposizione dei
due Governi degli altri due terzi, circa 1000 milioni di euro da parte dell’Italia e circa 550 milioni da
parte della Francia. Ma in due anni dalla decisione comunitaria il Governo italiano ha trovato solo in
extremis 12 milioni per iniziare la galleria di Chiomonte: resta scoperto il restante 85% della quota
italiana e l’intera quota francese sul contributo europeo. Come possono pensare di reperire i 17 (o 34)
miliardi di euro ancora necessari considerando che l’Unione Europea ha impiegato 14 anni, dal
vertice di Essen del 1994 al 2008, per dare questo contributo di 670 milioni su un totale di soli 5,3
miliardi per 92 progetti, ed è ben difficile che possa fare ancora qualcosa stando il peggioramento del
quadro generale dell’ economia ?
149) Nella domanda di contributo presentata all’Unione Europea si scrive che l’aiuto
finanziario dell’Unione Europea sarà “determinante“ alla realizzazione dell’opera: che è come
dire che, se non ci sarà nella misura attesa, l’opera rischia di non venire completata. Nel Dossier si
attende un contributo europeo per il tunnel di base di 4.070 milioni di euro sui 13.950 milioni
preventivati. Facendo bene i calcoli, ammesso che vada a buon fine lo stanziamento attuale, l’Unione
Europea, che sarebbe riuscita a stanziare complessivamente 750 milioni di euro in 20 anni, dal 1994
al 2013, dovrebbe riuscire a trovarne quattro volte tanto in un terzo del tempo, dal 2013 al 2020.
Quest’opera non ha alle spalle le risorse necessarie a realizzarla, una volta cominciata è destinata a
bloccarsi.
Raccomandazione finale
150) Queste note non esauriscono certamente i motivi dell’opposizione al progetto della Torino
Lione: a parte la enorme documentazione disponibile sui siti che riporta articoli e studi scientifici che
ne dimostrano l’inutilità, un capitolo recente ed obbligatorio è quello delle Osservazioni al progetto
redatte in occasione della procedura di VIA dalla Comunità Montana e dalle 4 associazioni
ambientaliste storiche (Italia Nostra, Legambiente, Pro Natura e WWF).
Si tratta di un complesso di circa 250 pagine redatte da tecnici qualificati per ogni settore che
smontano minuziosamente il dossier progettuale presentato dalla Lyon Turin Ferroviaire,
dimostrandone la incompletezza sostanziale, gli errori macroscopici e le gravissime omissioni.
Questi argomenti, essendo strettamente riferiti al progetto, non fanno parte di queste “ Altre 150
ragioni” ma se ne raccomanda caldamente la lettura.
Pro Natura Piemonte, via Pastrengo 13, 10128 Torino
Tel. 011.50966
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