venerdì 8 novembre 2019

E’ vietato nutrire i gatti randagi ?


E’ vietato nutrire i gatti randagi ?


E’ LECITO NUTRIRE I GATTI IN LIBERTA’ (RANDAGI) IN LUOGHI PUBBLICI ?
E’ LECITO NUTRIRE I GATTI IN LIBERTA’ (RANDAGI) IN LUOGHI PRIVATI ?
SONO VALIDE LE ORDINANZE COMUNALI CHE VIETANO DI NUTRIRE I RANDAGI ?

1) Gatti randagi: prendersene cura in condominio è possibile

I gatti fanno tenerezza anche ai cuori più duri. E lo fanno ancor di più quando non hanno la fortuna di avere un tetto sulla testa, ma sono esposti al freddo e alle intemperie. I gatti randagi attirano le attenzioni di molte persone, sia padroni di altri gatti che non, tanto che a molti viene naturale tentare di accudirli. Portarli in casa è quasi impossibile, un gatto nato libero non si adatterà mai in casa, ma c’è la possibilità di prendersene cura in altri modi. Per esempio mettendogli a disposizione del cibo o fornendo delle coperte per tenerli al caldo. Se vivete in una casa indipendente non ci sono problemi. Ma può capitare che qualche inquilino in un condominio si opponga a questa scelta. Cosa dice la legge al riguardo?
La legge sui gatti randagi
La legge italiana è piuttosto complessa al riguardo. Se sugli animali domestici non c’è modo di opporsi (nessun inquilino può opporsi all’adozione di cani e gatti), è diverso per quanto riguarda i gatti randagi. In questo caso infatti la legge permette l’opposizione quando ne risente il decoro dello stabile. Piatti sporchi sul marciapiede, colonie feline rumorose, gatti malati e altri disagi potrebbero far insorgere gli inquilini.
La legge infatti consente agli inquilini di un condominio di vietare di accudire dei gatti randagi adducendo a motivi igienici e/o estetici. Per essere precisi non c’è una legge che vieta ai condomini di accudire i gatti randagi. Però nel caso in cui questa pratica impedisse agli altri inquilini di utilizzare gli spazi comuni, a causa della sporcizia e dell’incuria, la pratica deve cessare. Inoltre la legge prevede che gli spazi comuni non possano cambiare destinazione d’uso. Dunque se prima c’era un giardino condominiale e ora è “occupato” da una colonia felina, tanto da non poter più essere utilizzato dai condomini, questa situazione deve cessare.
Dunque cosa fare con la colonia felina?
Secondo la legge quadro 281/91 la colonia felina si forma quando almeno 2 gatti stabiliscono un habitat nello stesso luogo, pur vivendo in libertà. Le colonie feline sono “indisponibili”, cioè non possono essere spostate né i gatti randagi possono essere cacciati da quel luogo, anche se arrecano i disagi sopra esposti. Pertanto anche se per legge un inquilino dovesse lamentarsi con l’amministratore della pratica di accudire i gatti randagi, l’amministratore di condominio non può fare altro che vietare alle persone che lo fanno di prendersi cura della colonia, ma non potrà rimuovere i gatti. L’unica cosa che si può fare è tenere sotto controllo la colonia per evitare che proliferi eccessivamente. In questo caso possono intervenire le associazioni animaliste sterilizzando i componenti.
L’unico caso in cui una colonia felina può essere allontanata è per comprovato motivo di sicurezza pubblica. In questo caso l’assemblea condominiale dovrà approvare la richiesta e la ASL dovrà accertarsi che vi sia davvero una compromissione della sicurezza pubblica. Solo in quel caso le associazioni animaliste potranno occuparsi di allontanare i gatti randagi.
È previsto infine un ultimo cavillo che permetterebbe all’inquilino “gattaro” di continuare a prendersi cura della colonia. Solitamente, una volta che viene riconosciuta una colonia felina, deve essere tenuta sotto controllo (non solo dal punto di vista del numero, ma anche della salute della colonia stessa) dalle associazioni animaliste. Alcuni Comuni permettono di derogare questo compito ad una singola persona. Pertanto l’inquilino che si vuole prendere cura dei gatti randagi può farlo chiedendo l’autorizzazione al proprio Comune. Se la domanda venisse accettata, riceverebbe un tesserino di riconoscimento con il quale si attesta che è autorizzato a prendersi cura dei gatti randagi (alcuni Comuni richiedono un corso di formazione). Da quel momento sarà responsabile della colonia, potrà dar da mangiare ai gatti e dovrà tenere puliti gli spazi comuni. Nessun inquilino potrebbe più opporsi.

2) Gatti randagi in condominio: il giudice dice sì

Spesso nei condomini ci sono lamentele da parte di alcuni residenti, soprattutto di quelli che abitano ai piani più bassi circa la presenza dei mici in parti comuni come giardini e cortili. I gatti però essendo animali sociali quasi sempre vivono in colonie e scelgono come punto di appoggio quei luoghi in cui qualcuno lascia loro da mangiare e da bere.
Che fare allora? Il tribunale di Milano con la sentenza n. 23693 del 30/09/2009 ha dato ragione ad una gattara. “I gatti sono animali sociali e quindi il loro aggirarsi liberamente per gli stabili condominiali non è contrario alle regole, anzi, è in qualche modo un loro diritto”, questo il dispositivo.
La donna si era vista citare in causa da una coppia che viveva nel suo stesso palazzo e che chiedeva la rimozione delle ciotole di cibo, l’allontanamento degli animali e il risarcimento danni per i cattivi odori .
Il giudice civile, invece ha richiamato per la prima volta le normative della Legge 281, riconoscendo che i gatti sono animali sociali che si muovono liberamente e che quindi “i gatti che stazionano e vengono alimentati nelle zone condominiali non possono essere allontanati o catturati per nessun motivo”.

3) Questioni feline: gatti, condominio e colonie feline

Come convivere, pacificamente, con i vicini e tutelare i felini “urbani”
tre gatti curiosi in cortile
Avv. Claudia Taccani – Talvolta i nostri animali sono fonte di liti e dissidi con il vicinato che si trasformano in vere e proprie guerre quando il pomo della discordia è una colonia felina. Ma la legge cosa prevede al riguardo? Vediamo insieme.

Cosa si intende per colonia felina?

Un gruppo di gatti che si sono spontaneamente stanziati in un determinato luogo.
In Italia vi sono diverse disposizioni normative sulla tutela dei gatti che vivono in libertà: in primis la legge nazionale n.28191 (legge prevenzione randagismo e tutela degli animali d’affezione), che prevede “Il divieto, per chiunque, di maltrattare i gatti che vivono in libertà, che questi siano sterilizzati dall’autorità sanitaria competente e riammessi nel loro gruppo. I gatti in libertà possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili. Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d’intesa con le autorità sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza”.
 Sulla base di questa legge quadro, quindi, viene riconosciuta la tutela dei gatti liberi nonché la relativa sterilizzazione, affinché si possa tenere sotto controllo il fenomeno del randagismo. La legge nazionale viene a sua volta applicata da ogni singola Regione mediante proprie disposizioni che disciplinano il fenomeno del randagismo e la relativa gestione delle colonie: per esempio in Toscana la legge regionale n. 59 del 2009 sulla tutela degli animali, prevede, oltre a quanto citato sopra che “le colonie feline possono essere spostate dalla zona abitualmente frequentata ad altra zona preventivamente individuata solo per gravi necessità delle colonie stesse. Lo spostamento è autorizzato dal sindaco, previo parere dell’azienda USLL competente e sentita l’associazione incaricata alla tutela e alla cura della colonia.” 
Anche molti Regolamenti Comunali per il benessere degli animali disciplinano espressamente regole per la tutela della colonia felina prevedendo sanzioni pecuniarie in caso di violazione: la città di Roma, per esempio, dove sono presenti i famosi gatti romani, vero e proprio orgoglio per la Capitale, prevede “il riconoscimento dell’attività benemerita dei cittadini che come gattari/e si adoperano per la cura e il sostentamento dei gatti liberi e promuove periodici corsi di informazione in collaborazione con il servizio veterinario USL competente per territorio e le associazioni di volontariato animalista.”

Come far riconoscere una colonia felina?

Per registrare una colonia e provvedere alla sterilizzazione, oltre alle cure necessarie dei gatti, ci si può rivolgere, con specifica domanda, al Sindaco e al dipartimento veterinario pubblico.

Casi di convivenza che finiscono in Tribunale

Anche la giurisprudenza si è espressa sul tema: un giudice milanese ha riconosciuto il diritto di stabilimento di una colonia felina anche all’interno di un condominio ritenendo che i gatti sono animali sociali che si muovono liberamente su un determinato territorio e, pur vivendo in libertà, sono stanziali e frequentano abitualmente lo stesso luogo pubblico o privato. La sentenza conferma, pertanto, che non vi è distinzione di zona, sia essa pubblica o privata, per lo stanziamento di una colonia, sempre garantendo anche gli interessi degli abitanti.
Su quest’ultimo punto si è espressa nel 2013 la Corte di Appello di Roma, sezione civile, per una questione sorta all’interno di un edificio della capitale, dovuta al posizionamento, all’interno di garage, di alcune ciotole per somministrare cibo ai randagi, ritenendo che attirare gatti randagi con ciotole di cibo può costituire molestia se i gatti, vagando per il condominio, si introducono negli appartamenti e relative pertinenze degli altri condomini limitandone il possesso.
I giudici hanno riconosciuto l’attività lecita ed etica nel dare da mangiare ai randagi, ma, contestualmente, anche il dovere di non violare il possesso altrui, prevedendo soluzioni alternative come, per esempio, il posizionamento di ciotole con il cibo lontano dalle case.

E i gatti di proprietà?

Il Codice Civile prevede espressamente il divieto per un regolamento condominiale di escludere il possesso o la detenzione animali domestici.
È bene però prestare attenzione alle parti comuni: non lasciare il gatto incustodito per evitare che possa cagionare qualche danno in proprietà altrui.
Su questo punto si è risolta positivamente una lite condominiale nella provincia di Brescia, dove un condomino ha chiesto all’amministratore di sanzionare il vicino colpevole, a suo dire, di lasciar vagare, e defecare, il proprio gatto nel giardino condominiale. La questione è stata discussa in assemblea con vittoria del proprietario del felino per assenza totale di prove che confermassero che le feci appartenevano al suo gatto di proprietà, anzichè a un randagio – visto che nella zona vi erano diversi selvatici – e per l’assenza di uno specifico divieto, nel regolamento condominiale, di tenere animali nelle parti comuni, se non un generico riferimento alla disposizione di transitare con il cane tenuto al guinzaglio.

E’ obbligatorio il microchip per un gatto di proprietà?

Il gatto di proprietà, attualmente, non è soggetto a identificazione obbligatoria tramite microchip, salvo se si voglia partire per un viaggio all’estero.
E’ comunque consigliabile l’utilizzo dell’anagrafe felina per identificare il nostro animale, soprattutto, in caso di perdita o di contesa sulla relativa proprietà.
Avv. Claudia Taccani
Responsabile Sportello Legale Oipa Italia
www.oipa.org
https://www.studiocataldi.it/articoli/30254-questioni-feline-gatti-condominio-e-colonie-feline.asp

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