martedì 18 febbraio 2014

De benedetti pronto a battere cassa al governo Renzi

Ultimo aggiornamento

Sorgenia lotta contro il tempo per salvarsi. E la famiglia De Benedetti potrebbe battere cassa al governo Renzi.

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La crisi di Sorgenia, unitamente a quella del resto delle attività editoriali e delle altre partecipazioni della Cir, rischia di travolgere l’impero finanziario del gruppo De Benedetti. Cir controlla il 52% della centrale elettrica, la quale è gravata da 1,86 miliardi di euro di debiti, di cui 60,7 milioni già scaduti e non pagati a gennaio.
A dicembre, l’ad Andrea Mangoni ha presentato un piano di ristrutturazione, che prevede il taglio del debito per 600 milioni di euro e una moratoria (“standstill”) fino al luglio del 2014, assicurando al contempo alla società piena operatività.

Niente accordo con le banche

L’incontro tenutosi giovedì sera a Milano presso la sede di Monte Paschi di Siena tra le banche creditrici (MPS, Banco IMI, Unicredit, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm, solo le principali) e i vertici della Cir (presidente Rodolfo De Benedetti e ad Monica Mondardini) non avrebbe esitato alcuna soluzione definitiva sul caso. Le banche chiedono che la famiglia De Benedetti partecipi alla ristrutturazione per la metà, ossia per 300 milioni, restando gli altri 300 a loro carico. Ma la Cir non sarebbe disposta ad andare oltre i 100 milioni, sempre che le banche concedano la moratoria e assicurino il raggiungimento degli obiettivi del Piano Industriale, si legge in una nota. L’impegno non necessariamente avverrebbe tramite un aumento di capitale, in quanto si valutano anche le ipotesi di emettere un prestito convertendo o un finanziamento soci.
Gli istituti non intendono cedere più di tanto, sia perché non potrebbero accampare grosse giustificazioni, qualora si caricassero di perdite, a fronte di alcun passo in avanti da parte del debitore, in una fase nella quale non concedono prestiti alle imprese e alle famiglie; sia anche in vista degli “asset quality review” e degli stress-test. E come fidarsi, se il socio austriaco Verbund (46%) ha azzerato la sua partecipazione, non volendone più sapere? La più esposta risulta MPS con 600 milioni, che già di suo ha una situazione finanziaria difficilissima.
Stando a una clausola di cosiddetto “cross default”, il mancato pagamento del bond Sorgenia 2024 di 259 milioni di euro darebbe il diritto agli azionisti della controllante (Cir) di chiedere il rimborso anticipato del finanziamento. Ma Rodolfo De Benedetti assicura che ci sarebbe in cassa la liquidità sufficiente per il rimborso, anche se – calcoli alla mano – senza una moratoria, Sorgenia avrebbe risorse appena per tirare a campare un altro mese.
Ai guai di Sorgenia per la Cir si aggiungono anche quelli di Tirreno Power, controllata al 39%, oberata da 875 milioni di debiti e per i quali ancora non è stata trovata una soluzione con Unicredit.

L’ipotesi bad company

Ma ecco uscire dal cilindro del capitalismo creativo italiano la soluzione al problema: battere cassa alla stato. Come? Si parla di creare una “bad company” che metta insieme diverse centrali elettrice e a gas, come Sorgenia, E.ON ed Edipower. Quest’ultima è controllata da A2A, società partecipata dal Comune di Milano e dal Comune di Brescia, entrambi a guida PD.
L’idea sarebbe di ritirare dal mercato una capacità produttiva di 12.500 MegaWatt (Sorgenia 3.200, E.ON 3.300, A2A 6000), da mettere a disposizione del sistema energetico nazionale, per quando le energie rinnovabili non dovessero più bastare. In questo modo, la “bad company” potrebbe attingere a sovvenzioni pubbliche per 250 milioni di euro, ma che arriverebbero a 700-800 milioni, includendo gli altri 25 mila MegaWatt di Enel, Edison, Iren, Gdf).
E così, non sono bastati i 494 milioni di euro (350 post-tasse) sborsati dalla famiglia Berlusconi in favore della Cir, in seguito alla richiesta di risarcimento chiesta dalla famiglia De Benedetti sul caso “lodo Mondadori” e accolta dal giudice . Pare che la famiglia dell’Ingegnere ora debba sperare nel governo Renzi per salvare il suo impero.

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