mercoledì 7 settembre 2011

N.W.O. dietro gli attentati di Oslo e Utoja

www.ildemocratico.com – di Enrica Perucchietti
Esistono almeno dieci ottime ragioni per rivedere la versione ufficiale che le autorità e i Media ci hanno trasmesso del duplice attentato a Oslo e Utoja.  

Di queste, almeno sei valgono come moventi che potrebbero aver spinto coloro che sostengono un Nuovo Ordine Mondiale ad attaccare la Norvegia in modo che il sangue fungesse da monito per il futuro. Propedeutico a ciò l’entrata della Norvegia nell’Unione Europea.

In estrema sintesi: la mancata adesione all’UE; lo storico accordo di cooperazione siglato nel 2010 con la Russia e solo ora entrato in vigore; un’autonomia che si rispecchia in un Governo e un’economia forte che ha resistito alla crisi; una politica pronta a riconoscere la Palestina; le  risorse di petrolio e gas e gli appalti ventennali sui pozzi iracheni; la  decisione di ritirare le truppe dalla Libia; la spaccatura interna alla NATO facente capo a una politica filorussa; la presenza di una loggia massonica fondamentalista di culto svedese; le esercitazioni militari del governo norvegese che “avrebbero” – come nel caso dell’11/9 e di Londra 2005 - coperto l’operato dei terroristi. Infine, la testimonianza di numerosi sopravvissuti sull’isola di Utoja che ci fosse un vero e proprio commando che avrebbe affiancato Behring Brevik nella sua follia omicida.
Partiamo dall’evidenza: la mancata adesione della Norvegia all’Unione Europea. In due occasioni un referendum popolare ha bocciato l’ipotesi di entrare a far parte dei Paesi membri. Il no definitivo è arrivato nel 1994. Non solo, secondo un sondaggio il 66% della popolazione sarebbe contraria all’annessione. Su questa decisione peserebbe la crisi che hanno attraversato diversi stati membri una volta entrati nella UE.
Se da un lato pesa la recente indipendenza conquistata nel 1905 dal Paese dopo secoli di unione con Svezia e Danimarca, dall’altro il controllo delle acque territoriali con la pesca e l’accesso a risorse quali petrolio e gas votano a sfavore dell’adesione: in questo caso le loro acque potrebbero essere sfruttate anche da altri Paesi europei per la pesca, mentre dall’altro riceverebbero dure sanzioni per la caccia alle balene. Avendo sottoscritto il trattato di Schengen, la Norvegia non ha problemi con gli scambi economici, mentre un’eventuale adesione all’UE sarebbe controproducente per un Paese che ha standard ben al di sopra di quelli richiesti per l’annessione. La Norvegia si è dimostrata una Nazione autonoma, ricca, forte, che ha retto la caduta dei mercati e la conseguente crisi economica. Questa indipendenza non può che intralciare l’opera di coloro che vogliono Stati deboli per un’Europa forte che sostituisca le singole autorità nazionali.
Nel progetto di costituzione di un Nuovo Ordine Mondiale, professato non solo dalle dinastie quali Rockefeller e Rotschild, ma anche da politici e capi di Stato, la mancata adesione al primo step rappresentato dall’UE non può che essere visto come un ostacolo da eliminare. Non si può escludere che entro un anno, dopo questo duplice attentato, venga riproposto il referendum per l’adesione all’Unione Europea e che questa volta il sì “magicamente” prevalga.

Nella geostrategia disegnata dagli USA e professata dal mentore e consigliere ombra di Obama, Zbigniew Brzezinski, emerge un rigurgito di Guerra Fredda che vede l’America come pilastro politico ed economico degli equilibri mondiali a cui si contrappone l’asse costituito da Russia e Cina, le uniche antagoniste all’espansionismo imperiale americano. A questi due blocchi si aggiungono Paesi indipendenti e forti che sembravano non aver bisogno della guida e della protezione degli USA. Che credono – o meglio credevano – di essersi ritagliate un porto sicuro fuori dalla geopolitica globale. Tra questi Libia e Norvegia sono gli ultimi esempi – seppur diversi - in ordine di tempo.
La Libia di Gheddafi è stata attaccata in quella che Obama ha definito incomprensibilmente una “non guerra” per ragioni che vanno ben oltre il mancato rispetto dei diritti umani. La decisione del Colonnello di abbandonare il dollaro per riprezzare petrolio, gas e altre materie prime e di adottare così una nuova valuta, il dinaro oro, può gettare una nuova luce sulle reali motivazioni che hanno portato a questo nuovo conflitto. Soprattutto a scaricare quello che per molti Paesi, Francia e Italia in primis, era considerato un valido alleato.

Trent’anni fa in un intervista rilasciata alla Principessa giapponese Nakamaru, Gheddafi aveva previsto l’intervento della CIA sul territorio libico e nel Medio Oriente per militarizzare l’area e impadronirsi delle materie prime. La decisione di riprezzare petrolio e gas – proprio come aveva fatto Saddam Hussein nel 2001 riprezzando il petrolio sull’euro - avrebbe ovviamente condotto a una svalutazione del dollaro che avrebbe messo in serio pericolo l’economia statunitense già sul baratro della bancarotta. Similmente la Norvegia si stava dimostrando troppo indipendente per gli interessi globali delle stesse elite che hanno appoggiato l’intervento in Libia. La decisione di ritirare la propria partecipazione sul territorio libico a partire dal 1 agosto di quest’anno ha portato il Ministro della Difesa britannico ad accusare il Governo norvegese – così come quello olandese- “di non fornire sufficienti forze aeree per la campagna in corso”.
A ciò si aggiunge l’accordo storico stipulato con la Russia, destinato a riscrivere gli equilibri economici mondiali. Il Trattato, firmato a Murmansk il 15 settembre scorso dal Primo ministro norvegese Jens Stoltemberg e dal Presidente russo Dimitri Medvedev, definisce la linea di demarcazione delle zone di influenza economica nel Mare di Barents, secondo un criterio che assegna, alle due nazioni, parti ritenute uguali, per regolare attività che vanno dalla pesca del merluzzo allo sfruttamento dei ricchissimi giacimenti petroliferi e di gas naturale in un bacino di 175 mila chilometri quadrati. Si può capire come tale asse strategico metta a rischio gli interessi e il controllo americano sul nostro continente. Anche in questo senso il duplice attentato può essere letto come un “avvertimento” a non procedere oltre…
Oltre ai giacimenti di gas e petrolio, Norvegia e Russia si sono aggiudicate tramite la Statoil Hydro e la Lukoil, l’assegnazione degli appalti ventennali su uno dei maggiori giacimenti petroliferi nel Sud dell’Iraq: una riserva di 13 miliardi di barili di petrolio. La Statoil aveva già fatto tremare le lobby americane dopo essere entrata in un partneriato con la Gazprom per il maxi giacimento di gas a Shtokman… Inoltre la Norvegia si sarebbe macchiata, secondo fonte di Ha’aretz – di aver escluso per ragioni etiche quasi un anno fa due imprese israeliane dalla partecipazione dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio nel Mare del Nord (http://www.haaretz.com/print-edition/business/norway-government-run-pension-fund-drops-africa-israel-group-shares-1.309874).
Veniamo ora alla politica estera. La Norvegia non si è solo “macchiata” della colpa di voler ritirare le sue forze aeree dalla Libia, ma si è contraddistinta per una politica giudicata da alcuni “anti NATO”. Come riportato da Gianluca Freda
(http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=8665) secondo il Cablegate di Wikileaks, il governo norvegese sarebbe stato accusato di far parte della cosiddetta “banda dei cinque” insieme a Francia, Germania, Olanda e Spagna. Le cinque nazioni avrebbero adottato una politica filorussa, creando così una frattura interna alla NATO.
Il secondo peccato della Norvegia in politica estera sarebbe l’appoggio alla causa palestinese. Qui si possono comprendere meglio le voci che hanno parlato anche in questo caso, come nell’11/9, del coinvolgimento del Mossad nel duplice attentato. Ci torneremo più avanti. Il Ministro degli Esteri norvegese, Jonas Gahr Stoere, ha dichiarato in una conferenza stampa tenutasi a Ramallah, che il suo Paese era pronto a riconoscere il futuro Stato palestinese. Non solo. Il Partito Socialista di Sinistra di Kristin Halvorsen si è spinto oltre fino a chiedere di far votare una mozione in cui si chiederebbe un’azione militare contro Israele nel caso di un’azione violenta contro Hamas a Gaza. Il che è davvero troppo anche per un Paese come la Norvegia!
A ciò si aggiunge l’esclusione delle due imprese israeliane dalla partecipazione dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio e l’accusa che il Ministro degli Esteri israeliano Avigdor Liebermann mosse alla Norvegia di adottare politiche di antisemitismo. Allora Liebermann durante una riunione ONU a New York puntò il dito proprio contro il Ministro norvegese Jonas Gahr Store parlando di una sua connivenza con Hamas.
Per chi fosse ancora scettico in merito, basti pensare alla casualità del Fato (sic!) che ha visto il paladino dello causa palestinese, il Ministro Gahr Store, chiedere la fine dell’occupazione israeliana proprio giovedì scorso… a Utoja, presso il campo estivo della gioventù laburista! Che coincidenza davvero! Si capisce che l’avvertimento di Liebermann non gli era bastato…

Ma il Ministro degli Esteri non è il solo ad aver rischiato la pelle nel duplice attentato. Si pensi che il Primo Ministro Jens Stoltenberg aveva mandato i propri figli a prender parte proprio al campo di Utoja. I ragazzi e Gahr Store si sono salvati. 

Ma costoro avranno capito il monito?
La lettura “alternativa” degli eventi ci spinge a constatare come ci sia stata un’accelerazione negli attentati “simbolici”, che dovrebbero fungere da avvertimento o da causa per una reazione da parte dei Governi. Quest’ultimo fu il caso dell’11/9 che condusse il Governo a rispolverare il Patriot Act che stava ammuffendo sulla scrivania di Bush jr. in attesa che un evento straordinario – “una nuova Pearl Harbour” come l’aveva evocata Brzezinski nel 1997 – sconvolgesse a tal punto l’opinione pubblica da poter stringere il cappio della sicurezza e trovare un movente per l’occupazione dell’Afghanistan e poi dell’Iraq, i cui piani di evasione ammuffivano insieme alla bozza del Patriot Act. Le conseguenze sono storia. La Pearl Harbour auspicata da Brzezinki avvenne puntualmente l’11/9. Ma un punto su cui si è troppo poco discusso è l’esercitazione condotta dal NORAD e dal Consiglio di Stato Maggiore riguardo alla simulazioni di un ipotetico attentato aereo. Il caso volle che l’attento avvenisse poco dopo l’esercitazione, senza che NORAD, FBI e CIA riuscissero a far abbattere gli aerei che ebbero il tempo di virare verso i loro obiettivi con tutta calma sorvolando diverse basi militari… anzi! Numerosi caccia vennero mandati fuori rotta sull’Oceano Atlantico nell’ambito della fantomatica simulazione.
Ora, si vede che quando un inganno funziona coloro che si nascondono “dietro il trono”, hanno deciso di esportare le modalità dei false flagcambiando solo – su necessità – il capro espiatorio. Nel caso di Oslo – proprio come già avvenuto anche a Londra per gli attentati del 2005 – la polizia anti terrorismo norvegese stava eseguendo la tipica esercitazione con tanto di scoppio di esplosivi, all’insaputa degli ignari cittadini. 

Ora, non essendo capitato solo una volta, la coazione a ripetere della modalità dei servizi segreti supportati dal Mossad potrebbe aver firmato anche questa pagliacciata. 

La fantomatica esercitazione potrebbe essere servita - come nel caso dell’11 settembre e di Londra - a far agire indisturbati i veri responsabili degli attentati, in modo che potessero piazzare gli esplosivi. Così avvenne a New York, poi a Londra, ora a Oslo. Sono note le centinaia di testimonianze di cittadini americani che l’11/9 sentirono e videro esplodere delle cariche all’interno del World Trade Center. Basti pensare all’edificio numero 7 che crollò su se stesso in pochi secondo come in una demolizione controllata SENZA neppure essere stato colpito!
Ora, senza tornare sulle anomalie dell’11/9, la stessa cosa sembra sia accaduta anche a Oslo. L’esercitazione militare che si è tenuta 48 ore prima in prossimità del teatro dell’Opera, può aver benissimo coperto e permesso il piazzamento dell’esplosivo che non si è ridotto soltanto a un’autobomba ma ha colpito diversi edifici governativi.

Per chi si chiede che cosa c’entri il Mossad anche in questo caso, eccovi soddisfatti: come ha spiegato Gianluca Freda, «il Mossad opera in Norvegia in cooperazione con i servizi segreti locali, sotto la copertura del cosiddetto “Kilowatt Group”, una rete d’intelligence che vede la partecipazione, oltre che di Israele e Norvegia, anche di altri paesi quali Svizzera, Svezia e Sudafrica e che si maschera – manco a dirlo – sotto la finalità di facciata della “lotta al terrorismo”». Sul Kilowatt Group quel poco che si sa è emerso da alcuni documenti della CIA: è stato fondato nel 1977 ed opera a stretto contatto con il Mossad, «The group is dominated by Israel because of its strong position in the information exchange on Arab based terror group in Europe and the Middle East».
Infine, è evidente che il duplice attentato non possa essere stato commesso da un’unica persona. Non solo perché non ci sarebbe mai riuscita, sebbene Hollywood ci abbia abituato a credere a tutto. Ora, neppure Bruce Willis avrebbe potuto farcela da solo. Che un 32enne emotivamente fragile, mitomane e bugiardo, con il pallino della politica, cristiano e razzista possa essersi trasformato nella nemesi di Jason Bourne è semplicemente ridicolo. Che fosse un massone – del terzo grado! – non cambia le cose. Costui è stato evidentemente aiutato da qualcuno. I testimoni dell’isola di Utoja hanno infatti raccontato di aver sentito gli spari provenire da diverse parti, avvalorando la pista di un commando. Neppure un esaltato può agire indisturbato per un’ora e mezza con un fucile automatico! Che poi sia stato libero di agire per tutto questo tempo è un’altra questione che coinvolge la responsabilità della autorità.
Ora, che a nessuno sia venuto in mente il precedente del pluriomicida australiano Martin Byrant è sintomo della superficialità con la quale vengono affrontate e trattate le notizie. Anche Bryant – fisicamente simile a Behring, biondo, carnagione chiara, occhi chiari, sguardo spiritato – è stato accusato di aver ucciso da solo il 28 aprile 1996, 35 persone nella strage tristemente più nota della storia australiana. Emotivamente fragile, narcisista, violento, all’età di 31 anni è stato fermato come unico colpevole della strage di Port Arthur. Che abbia agito da solo, anche in questo caso, è improbabile. Bryant, inoltre, era stato sottoposto da adolescente a cure psichiatriche da uno dei responsabili del progetto Tavistock in Tasmania, una sorta di MK-ULTRA inglese. 
Il Tavistock avrebbe agito da copertura per esperimenti sulla psiche di giovani malati così come a partire dagli anni ’50 il progetto Monarch MK-ULTRA, portato avanti dalla CIA, sperimentò come gli abusi possono creare personalità multiple su cavie umane così da dar vita a super soldati o semplici sicari mentalmente manipolabili e all’oscuro di tale controllo mentale ma attivabili sulla base di semplici ordini vocali o visivi. 

L’MK-ULTRA ha avuto un suo “braccio” anche in Norvergia, così come il Tavistock in Australia. Il 4 settembre 2000 il Norway Post ha rivelato come il governo norvegese iniettò LSD e altre droghe a bambini e pazienti adulti in cura psichiatrica. Alla somministrazione di sostanze psicotrope si alternavano tecniche di privazione del sonno, della fame, elettroshock, radiazioni, ipnosi e abusi fisici per creare traumi ai pazienti.
Tali tecniche sono state utilizzate anche da logge deviate della Massoneria: in tali casi si parla di Masonic mind control. 

La loggia a cui apparteneva Behring Breivik è la famigerata St Johannes Logen St Olaus di rito svedese. 

L’ex Illuminato Leo Lyon Zagami che ha messo a repentaglio la sua vita per denunciare gli abusi e le pratiche occulte e sataniche di questa frangia deviata della Massoneria, è stato costretto a riparare all’estero dopo essere stato arrestato per spionaggio dalle autorità norvegesi. Egli aveva fondato nel 2006 il progetto AKER LUX e il CLUB of NOW, con lo scopo di opporsi allo strapotere di questa frangia fondamentalista della Massoneria di rito svedese. In questo senso Zagami porta avanti da anni la denuncia del Rito Svedese e del suo legame con l’O.T.O. e il satanismo in generale.

La possibilità che Behring Breivik, che era soltanto un iniziato al terzo grado, possa essere stato plagiato e manipolato dalla Loggia a cui apparteneva è evidente. Come spiegato da Zagami, il Rito Svedese della Loggia deriverebbe dal Rito della Stretta Osservanza Templare, fondato nel 1756 dal barone Karl Gotthelf von Hund, la cui frangia tedesca influì, secondo Zagami, nel retroterra esoterico che diede vita al nazismo.
È altrettanto evidente che il duplice attentato, che ha ora come unico capro espiatorio un giovane uomo trentaduenne, è stato un monito per la politica del Governo norvegese. 

Un avvertimento a cambiare rotta, a sottostare alla creazione di un nuovo ordine mondiale e a sottrarsi alla cooperazione con la Russia. Un modo per far capire che l’indipendenza non è concessa.

Sarà servito?

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