Di Riccardo Percivaldi
Nel nostro articolo precedente abbiamo analizzato le motivazioni storiche e geopolitiche che rendono il possesso dell’Heartland una questione d’importanza strategica per gli Stati Uniti. Abbiamo visto che a questo scopo, il mantenimento del controllo dell’Europa, ottenuto con la Seconda guerra mondiale, svolge un ruolo decisivo. Per cingere d’assedio la Russia e per impedire che l’Europa, “testa di ponte democratica in Eurasia”, si liberi dalle catene di Bruxelles, le ONG, finanziate dal dipartimento di Stato americano e da Soros, si sono attivate per fomentare la crisi in Ucraina e l’emergenza profughi. In entrambi i casi lo scopo è duplice. Primo, quello di destabilizzare l’Europa per ricattarla ed indurla a spalleggiare qualsiasi iniziativa di Washington. Secondo, quello di indebolire un rivale geopolitico sprofondandolo nel caos e nelle rivolte interne.
Da mesi gli Stati Uniti cercano con ogni tipo di provocazione di far saltare gli accordi di Minsk. Sin dall’inizio gli strateghi di Washington miravano a far deflagrare il caos in Ucraina per indurre gli stati europei a intervenire militarmente con la scusa di proteggere i propri confini contro una fantomatica aggressione della Russia. In questo modo l’Europa sarebbe stata costretta a schierare i suoi eserciti, facendosi trascinare controvoglia nella guerra globale permanente degli USA. Se il caos in Ucraina rappresenta una spina nel fianco soprattutto per la Germania, quello suscitato in Libia mira a sollecitare l’intervento degli Stati del Mediterraneo, in primis l’Italia[1]. In entrambi i casi lo scopo è di creare un cordone sanitario attorno alla Russia, gettare nel caos gli stati cuscinetto e colpire i suoi alleati.
La priorità strategica degli USA in questo momento è obbligare l’Europa a supportare l’aggressione americana alla Siria e ad aderire al TTIP. Se Russia e Cina rappresentano i principali rivali geopolitici di Washington, l’Europa resta pur sempre una minaccia in quanto, anche se sconfitta nella Seconda guerra mondiale, potrebbe sempre risorgere e ridiventare padrona del proprio destino. Dal dopoguerra gli USA hanno tenuto sotto scacco il Vecchio Continente inscenando la farsa della guerra fredda. Ma poiché, con il crollo dell’Unione Sovietica, veniva meno teoricamente la ragion d’essere della NATO, Euro e Unione Europea hanno finora funto da surrogati economici del ricatto militare, per rinnovare e rendere irreversibile il vassallaggio europeo alle centrali atlantiste.
Tuttavia, proprio in questi ultimi tempi, il diffondersi dell’euroscetticismo, il prolungarsi e l’intensificarsi dell’eurocrisi, l’incrinarsi delle relazioni tra Germania e USA, con il Piano B architettato da Schuable per far uscire la Grecia dalla moneta unica, evitato per un pelo solo grazie al fulmineo intervento di Washington, il successo del referendum austriaco e ora anche l’ipotesi del brexit, hanno obbligato gli USA a ritornare al loro originario sistema di deterrenza, che implica la creazione di false minacce e di false emergenze che servono a mantenere in vita e ad espandere il loro apparato di protezione mafiosa nell’ottica di un dominio mondialista unipolare basato sulla gestione strategica del caos controllato. Tra queste le principali, oltre allo spauracchio della nuova guerra fredda, vi sono la minaccia del terrorismo islamico, con i vari false flags architettati dai servizi d’intelligence anglosionisti, e la crisi dei profughi, con annesso teatrino mediatico moralista inneggiante al mea culpa e appelli all’autoflagellazione di massa dei vari servi sciocchi di turno.
Finalmente però i registi occulti di questa patetica sceneggiata hanno deciso di uscire allo scoperto, dato che dichiarazioni del Capo di Stato Maggiore Martin Dempsey rispondono perfettamente alla domanda cui prodest: «Dobbiamo affrontare sia unilateralmente che con i nostri partner questa questione come un problema generazionale, e organizzarci e preparare le risorse ad un livello sostenibile per gestire (questa crisi dei migranti) per (i prossimi) 20 anni». Questo significa continuare a rafforzare l’apparato bellico e di controllo per giustificare, con la scusa dell’emergenza profughi, l’invio di contingenti militari occidentali all’estero per combattere la guerra degli USA di tutti contro tutti, come già deciso in segreto dai vertici di Bruxelles il 18 maggio scorso con l’approvazione del Piano sulla gestione della crisi fatto trapelare da Weakileaks[2]. (Ricordiamo che in questi giorni sta avendo luogo in Italia la maxi esercitazione della NATO denominata Trident Juncture[3]).
Si tratta infatti della strategia del creare problemi e poi offrire le soluzioni, chiamata anche “problema-reazione-soluzione” e che di fatto coincide con la dottrina della Shock Terapy. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, per poi proporre come unica alternativa ad essa la soluzione desiderata. Infatti scriveva Milton Friedman: «Soltanto una crisi – reale o percepita – produce vero cambiamento. Quando la crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile». Lezione che a Washington e a Bruxelles hanno imparato bene.
Anche se ormai tutti sanno che dietro all’emergenza profughi si nasconde lo zampino degli americani – come emerge anche dalle rivelazioni dei servizi segreti austriaci, per i quali «organizzazioni provenienti dagli Stati Uniti hanno creato un modello di co-finanziamento e contribuiscono a gran parte dei costi dei trafficanti», attraverso società come la “ORS Service AG”, di proprietà della Barclays Bank, di cui i Rothschild sono i principali azionisti – la manovra del Pentagono sembra aver avuto successo. La prima a cedere al ricatto è stata la Francia. Il presidente Hollande ha annunciato all’Eliseo: «Ho chiesto al ministro della Difesa di organizzare da domani voli di ricognizione sulla Siria, in vista di eventuali raid contro lo Stato islamico». Per ora ha escluso un intervento di terra, ma non si sa mai, magari domani gli USA ordineranno ai combattenti taqfiriti giunti assieme ai profughi siriani di attivarsi e dare inizio a un’ondata di attentati suicidi.
Infatti «tali ‘profughi’ non sono altro che i terroristi taqfiriti e familiari al seguito di cui le petromonarchie si sono sbarazzate in questi anni, arruolandoli, anche in cambio dell’amnistia, nella guerra contro Siria e Iraq. Turchia e Giordania ospitano campi di addestramento dei terroristi, mentre i Paesi del GCC non li vogliono semplicemente. Nel caso delle proteste alla stazione di Budapest da parte dei “rifugiati siriani”, appare evidente che si tratta di militanti e non d’immigrati».
«In questo video appare chiaramente una folla organizzata e diretta da dei capi. Non si tratta d’immigrati che fuggono dalla fame, ma di combattenti taqfiriti, sconfitti dagli eserciti siriano ed iracheno e future truppe della destabilizzazione in Europa»[4]:
L’emergenza profughi serve dunque come cavallo di Troia per inviare un esercito di occupazione dietro le linee nemiche, in attesa del momento più opportuno per attivare le cellule dormienti da impiegare in atti di sabotaggio, omicidi mirati e terrorismo, su ordine dei tecnocrati di Bruxelles asserviti agli USA, per liquidare ogni possibile oppositore della dittatura finanziaria della BCE. Proprio per impedire agli italiani di difendersi quando verrà il momento decisivo, Renzi ha in questi giorni dichiarato: «abbiamo pronta una legge, non passata ancora alla prima lettura alla camera, per rendere più difficile possedere armi da tenere in casa». Gli italiani devono infatti lasciarsi sgozzare come agnellini, col beneplacito del governo e delle istituzioni, come accaduto agli anziani coniugi di Palagonia. Guai a reagire.
Sarebbe dunque sbagliato credere che l’emergenza profughi sia solo una tragica conseguenza delle guerre imperialiste dell’Occidente, come ci racconta certa propaganda liberale e cattocomunista, volta a instillare i sensi di colpa negli europei per fomentare la passività di fronte all’invasione che avanza, dato che non c’è nessun rapporto di causa-effetto tra l’aggressione ad esempio alla Siria, iniziata nel 2011 e “l’emergenza dei profughi siriani” che improvvisamente compaiono solo ora, dopo che la Turchia, per ordine degli USA, li ha sfrattati dai campi in cui sono rimasti per ben quattro anni. E sempre la Turchia, che sottobanco addestra e arma i mercenari dell’ISIS contro Assad, ha anche provocato l’esodo delle turbe islamiche che hanno messo a ferro e fuoco l’isola di Kos, dopo averli riforniti di tutto punto, gommoni e giubbotti di salvataggio compresi[5]. Similmente in Africa sono i banditi legati all’Organisation internationale pour les migrations a gestire il traffico, in combutta con i mercenari dell’ISIS, a rapire i negri da luoghi dove non esistono guerre, come la Nigeria, la Somalia e il Senegal, all’unico scopo di spedirceli[6].
Siamo dunque di fronte non ad un’emergenza umanitaria o ad una spontanea migrazione di popoli in fuga da una guerra, ma ad una precisa strategia di destabilizzazione che mira, oltre a ricattare i governi europei e a strappare all’opinione pubblica il consenso per nuove guerre preventive, a creare i presupposti per far deflagrare in Europa una guerra civile tra autoctoni e immigrati, in ossequio al tradizionale principio del divide et impera che ha da sempre caratterizzato la geopolitica anglosassone a partire dalla politica britannica dell’equilibrio. C’è da chiedersi anche se l’osceno regime di privilegi che viene riconosciuto agli ultimi arrivati e le rivendicazioni sociali, che opportuni “mediatori culturali” insegnano loro a pretendere per metterli contro i popoli ospitanti, non corrispondano in realtà a un lucido disegno per far scoppiare le fiamme della rivolta, allo stesso modo con cui agenzie finanziate da Soros hanno provocato gli scontri di Ferguson e Baltimora negli USA, nel tentativo di trasformare in disordini razziali il malessere popolare causato dalla crisi economica[7].
«Secondo i seguaci del filosofo Leo Strauss, il cui ramo mediatico è conosciuto sotto la denominazione di “neo-conservatori”, il vero potere non si esercita nell’immobilismo, ma al contrario con la distruzione di qualsiasi forma di resistenza. È immergendo le masse nel caos che le èlite possono aspirare alla stabilità della loro posizione[8]».
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