martedì 29 settembre 2015

La repressione sessuale e la lotta di classe

WILHELM REICH
A cura di Diego Fusaro


WILHELM REICHIl pensiero di Wilhelm Reich si presenta
in bilico tra freudismo e marxismo, dei quali tenta una sapiente quanto ardita sintesi, proiettandosi in tal senso verso un filone della psicoanalisi che potremmo definire "ereticale": ne nacque un freudo/marxismo a cui aderì a pieno titolo lo stesso Marcuse. Reich nasce nel 1897 a Dobrzcynica – in Galizia – in una famiglia di agricoltori di lingua tedesca; quando nel 1920 era ancora studente di medicina, già era socio attivo nella Società psicoanalitica di Vienna, sperimentando la terapia delle nevrosi non nella separatezza del rapporto privato analista/cliente (quest’ultimo solitamente appartenente alla borghesia), bensì a contatto con gente ampia e proveniente dalle classi sociali più disparate. Nel 1927, poi, aderisce ufficialmente al Partito comunista: e il frutto di tale adesione, oltreché del contatto con gente delle più diverse (e basse) classi sociali, fa affiorare in lui la convinzione dell’improponibilità della psicoterapia individuale, così prolungata nel tempo e accessibile solo ad un ristretto numero di pazienti privilegiati 8delle classi sociali superiori), per la cura di disturbi nevrotici largamente diffusi presso tutte le fasce sociali. In secondo luogo, comincia ad affiorare in Reich la convinzione dell’esistenza di un nesso tra repressione sociale e logica del potere, da una parte, e repressione della sessualità, dall’altra (nesso su cui insisterà tantissimo Marcuse). Soprattutto la militanza nelle file del partito comunista permette a Reich di scoprire, grazie all’istituzione di appositi centri popolarfi di igiene sessuale, quella che egli avrebbe più tardi definito la "materia sessuale di massa" (nevrosi, aborti in clandestinità, disinformazione sessuale, perversioni, nevrosi, angosce giovanili, impossibilità di una sana e soddisfacente vita sessuale, e così via). Da questa esperienza medico/sociale/politica Reich trae gli elementi per fare i conti con la teoria e la pratica terapeutica freudiana, cosa che lo conduce rapidamente verso posizioni di aperta dissidenza con Freud, di cui sono fulgida testimonianza alcuni scritti risalenti a quegli anni: La funzione dell’orgasmo (1927) e Materialismo dialettico e psicoanalisi (1929). Nel 1930 Reich si trasferisce a Berlino per sottrarsi alla diffidenza e ai sospetti che su di lui gravavano da parte dei freudiani ortodossi: a Berlino milita in prima linea nel partito comunista tedesco e pubblica le sue opere più importanti, quali L’irruzione della morale sessuale coercitiva (1932), La lotta sessuale dei giovani (1932), Analisi del carattere (1933), La psicologia di massa del fascismo (1933) e, infine, La rivoluzione sessuale (1936). In rotta con il partito fin dal 1932 a causa della sua propaganda tra i giovani iscritti e per le posizioni propugnate nel saggio La psicologia di massa del fascismo (dove individua nel fascismo "l’espressione politicamente organizzata della struttura caratteriale umana media" in quanto costituisce "l’atteggiamento fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine"), Reich è anche bandito – nel 1934 – dalla "Società psicoanalitica internazionale", mentre già si trova a vagabondare per l’Europa per sottrarsi al nazismo oramai dilagante. Nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti, dove inaugura una nuova fase della sua vita e della sua riflessione. In sintonia con Freud per quel che concerne l’eziologia sessuale dei disturbi nevrotici, ed in particolar modo con gli orientamenti del primo Freud (quello del saggio su La morale sessuale ‘civile’ e il nervosismo moderno, del 1908), Reich esprime il suo totale dissenso nei confronti della svolta – da lui definita "idealistica" – operata da Freud in Al di là del principio di piacere e Il disagio della civiltà. Muovendo da un presupposto di remota ascendenza rousseauiana, secondo il quale la natura umana sarebbe in origine integra, pura, incontaminata negli istinti e genuinamente rivolta alla felicità (in primis a quella sessuale), egli nega che si possa parlare di un impulso distruttivo originario come quello freudiano di Thanatos che, al contrario, sarebbe un derivato della repressione degli istinti, soprattutto della repressione sessuale cui gli uomini sono sottoposti dal condizionamento sociale. Per quel che riguarda le tesi frudiane disvelantisi in Disagio della civiltà, Reich obietta che il discorso di Freud è viziato da un concetto destoricizzato di civiltà, cosicchè il sacrificio della pulsione sessuale, che viene inteso come inevitabile per garantire gli interessi della civiltà in generale, è in realtà richiesto da un determinato tipo di civiltà, ossia quella particolare civiltà caratterizzata dai rapporti sociali e dal sistema economico capitalistico. Il principio di realtà – da Freud assunto senza chiarire di qual realtà si tratti – si configura allora come una bieca mistificazione aberrante: per non parlare poi del fatto che la sublimazione, proposta da Freud come modo di risolvere il conflitto libido/civiltà, è in effetti praticabile esclusivamente dai privilegiati (ovvero i borghesi) che frequentano il salotto dello psicanalista, mentre il proletariato (a cui Reich rivolge la propria attenzione) ne resta inevitabilmente escluso in partenza, non potendosi economicamente permettere tale lusso. Del resto anche il primo Freud, condizionato com’era dall’assenza di una preparazione sociologica e da idee politiche piuttosto conservatrici (e caotiche), non avrebbe condotto alle sue ultime necessarie conseguenze la teoria dell’origine sessuale della nevrosi, accontentandosi di ottenere – grazie al trattamento terapeutico – la liberazione del paziente dalla rimozione inconscio delle pulsioni, e di sostituirla con la rinuncia consapevole delle passioni stesse. Un tale esito è da Reich rigettato: egli si convince che la nevrosi sorga, per l’appunto, dalla rinuncia alla soddisfazione della sessualità genitale, tanto da fare – già in La funzione dell’orgasmo (1927) – delle "nevrosi attuali", provocate non dai conflitti rimossi dell’infanzia bensì da un inappagamento sessuale nel presente, l’origine anche delle psiconevrosi approfondite da Freud. Siffatta origine viene ricercata nell’ "impotenza orgastica", ovvero nell’incapacità – indotta dalle resistenze antipulsionali – di donarsi interamente nell’amplesso genitale, attraverso un completo abbandono, con la conseguente scarica completa dell’eccitazione. L’energia vitale non liberata provocherebbe un ingorgo nell’organismo – la "stasi sessuale" – responsabile di fornire ai sintomi nevrotici una sorgente continua di energie. E così la guarigione della nevrosi richiede secondo Reich una vita sessuale caratterizzata dal recupero della pienezza della potenza orgastica. Ma all’origine delle difficoltà della sessualità genitale – cui Reich riconosce freudianamente un primato incontrastato nella vita sessuale umana – si nasconde la repressione sociale della sessualità.La miseria sessuale delle masse, inestricabilmente intrecciata com’è alla miseria sociale, ne è una prova inappellabile; negli stessi anni in cui prendono avvio – grazie alla Scuola di Francoforte – gli studi sull’autorità, la famiglia, i condizionamenti culturali, Reich è fra i primi a mettere in evidenza la funzione repressiva della sessualità cui assolve la famiglia, attraverso l'educazione sessuofobica dei bambini e dei giovani, la proibizione dei rapporti sessuali prima e al di fuori del matrimonio, il forte condizionamento di istituzioni come il matrimonio monogamico. La lettura dello scritto di Engels sull’Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato, la critica serrata condotta da Malinowski contro la pretesa universalità del complesso edipico, agevolano Reich nel consolidare questi suoi orientamenti. In linea generale, egli conclude che la funzione repressiva svolta dalla famiglia si inserisce in un ordinamento sociale come quello capitalistico, interessato a imporre alle classi subalterne non soltanto il dominio materiale ed economico della classe egemonica, ma anche la propria ideologia, quale puntello essenziale di quello stesso dominio. L’introiezione di massa dell’ideologia sessuofobica favorisce infatti la formazione di individui passivi, acritici, disposti ad essere piegati e sottomessi senza opporre resistenza: questo è quanto si può ricavare dalla teoria di Reich sul carattere, quale viene tratteggiata nell’opera Analisi del carattere, in cui Reich sostiene che ogni individui possiede una sorta di natura caratteriale mediante la quale si difende dagli stimoli provenienti dal mondo esterno o dal proprio inconscio. Essa, indotta dalla struttura sociale in cui una persona si trova a vivere, ne limita più o meno gravemente la mobilità psichica: l’arduo compito della terapia analitica sarà allora quello di aprirvi dei varchi, onde liberarne le energie imprigionate dell’uomo. L’armatura caratteriale è formata da più strati, fungenti da linee di difesa inconsce nei confronti degli impulsi non tollerati dalla società, e che irrigidiscono entro modelli stereotipati la condotta della persona: uno superficiale, che rende disponibile l’individuo nei confronti del ruolo e della responsabilità che riveste nella vita sociale, un secondo sottostante, corrispondente al rimosso freudiano, costituito dagli impulsi aggressivi e perversi conseguenti all’azione repressiva della società. Nel profondo si nasconde il nucleo biologico costitutivo della natura originaria dell’uomo, soffocato dalle strutture sovrastanti. Con questa impalcatura teorica, Reich conduce a Vienna e, soprattutto, a Berlino la sua battaglia per la liberazione sessuale: nel 1931 promuove Sexpol, l’Associazione per una politica sessuale proletaria che finisce per coinvolgere quasi cinquantamila giovani nella prospettiva di una lotta anticapitalistica, il cui esito vittorioso soltanto può creare i presupposti per un’autentica liberazione sessuale. Per il Sexpol Reich scrive La lotta sessuale dei giovani (1931), in cui sviluppa la sua tesi sull’origine sociale dei disturbi sessuali dei giovani: l’autoritarismo e la repressione sessuale all’interno della famiglia impediscono lo sviluppo della volontà di lottare negli individui, per questo Reich si propone con la sua associazione di aiutare i giovani a liberare la propria sessualità come presupposto per un pieno sviluppo della loro capacità critica, dell’attività intellettuale e della lotta politica. Il grande merito di Reich è stato quello di aver atteso per primo al progetto teorico di conciliar fra loro psicoanalisi e marxismo, salvaguardando la prima dalla deriva idealistica avviata con l’abbandono da parte di Freud del panedonismo originario (istanza accentuatasi in Jung e Adler) e liberando il secondo dai suoi limiti economicistici. Psicoanalisi e marxismo sono da Reich concepiti prospettive parziali e insufficienti se non incollate fra loro, efficaci solo e soltanto se integrati, in modo tale da penetrare la dialettica psicosociale dell’uomo. Alla psicoanalisi il marxismo può offrire il contesto sociologico che le manca per esprimere le potenzialità di contestazione radicale dell’assetto sociale che pure essa racchiude in sé, ma che il suo rapporto di convivenza con la cultura e la società borghesi le ha sempre fatto sacrificare. La psicoanalisi, sull’altro versante, è capace di colmare il deficit di psicologia sociale che impedisce al materialismo storico di liberarsi da interpretazioni meramente economicistiche della realtà sociale. Non è ad esempio sufficiente che i comunisti spieghino il fenomeno di massa del fascismo con la tesi (che pure presenta una sua parziale verità) secondo cui esso costituirebbe la reazione di classe del capitalismo contro l’ascesa del proletariato e sarebbe la conseguenza del fallimento della politica socialdemocratica; arrestarsi a queste spiegazioni vuol dire non poter spiegare come sia stato possibile al nazifascismo ottenere il consenso delle masse popolari, in un’epoca in cui (stando a Reich) vi sarebbero tutti i presupposti economici per la crisi del capitalismo e il suo violento tramonto attraverso la rivoluzione socialista. A tal proposito, così scrive Reich in Psicologia di massa del fascismo: "non sarebbe più logico chiedersi che cos’è, nelle masse e dentro le masse, a render loro impossibile di riconoscere la vera funzione del fascismo? Le solite formule: ‘i lavoratori debbono rendersi conto…’, o le autocritiche del tipo ‘noi non abbiamo capito che…’ non servono a nulla. ‘Perché’ i lavoratori non si rendono conto e ‘perché’ noi non abbiamo capito?". Ed è qui che la psicoanalisi giunge in soccorso: essa è infatti capace di spiegare comportamenti politici delle masse che non sarebbero mai derivabili dagli interessi economici: l’analisi del carattere, lo studio della famiglia patriarcale e piccolo-borghese e della sua funzione altamente repressiva, permettono di capire la struttura caratteriale di tipo autoritario, indotta dal potere dominante tra le masse, che le ha portate a interiorizzare il rispetto e l’accettazione del capo, estremo esito di quella castrazione dell’individuo iniziata dalla famiglia, nel rapporto del figlio con l’autorità del padre. Già Freud aveva notato che il fantomatico "imperativo categorico" di Kant altro non era se non l’interiorizzazione di leggi imposte dalla società; ora Reich arriva a dire, in maniera piuttosto simile, che l’autorità sviluppantesi nella famiglia viene introiettata dall’individuo e da questi sentita come legge morale. Siffatti orientamenti di Reich incontrarono profonde ostilità tanto nella Società psicoanalitica quanto all’interno del partito comunista tedesco, il quale restava dogmaticamente fermo all’economicismo della tradizione marxista e non disponibile – per la sua stessa struttura autoritaria – ad accettare la linea politica della Sexpol, in un’epoca in cui anche in Urss erano tornati in auge – con quella feroce dittatura che fu lo stalinismo – il culto dell’autorità (Stalin era visto quasi come un Dio in terra) e della famiglia, nonché il sospetto nei confronti della sessualità. Il periodo americano di Reich – periodo che va dal 1939 fino alla morte del filosofo – segna il suo distacco dal marxismo e il prevalere di quella tendenza alla radicale biologizzazione della libido, denudata da ogni segno culturale, i cui inizi erano già avvertibili nella teoria del nucleo biologico del carattere. Egli converte gradualmente il trattamento analitico della nevrosi in medicina psicosomatica e vegetoterapia (una specie di manipolazione del corpo del paziente, volta alla soluzione delle rigidità muscolari responsabili della corazza caratteriale), e soprattutto va alla ricerca dell’orgone, l’ipotetica energia cosmica bioelettrica primordiale imprigionabile in speciali accumulatori organici, di cui una manifestazione sarebbe anche l’energia sessuale. Si tratta – è evidente – di aspetti deliranti che contrassegneranno sempre più queste fantasiose e suggestive (nonché bizzarre) ricerche, fino alla morte di Reich – avvenuta nel 1957 in carcere, dopo che era stato condannato per ciarlataneria da un tribunale degli Stati Uniti (presunti) liberali e democratici.
Capitalismo e repressione sessuale

Quali rapporti esistono tra l’ordinamento sociale capitalistico, le sue norme sessuali ed il modo in cui viene trattata la sessualità dei giovani? Che significato ha la repressione sessuale giovanile?
La maggior parte dei giovani, ad eccezione di quelli proletari che hanno una notevole coscienza di classe, assumono la repressione della loro vita sessuale da parte della società capitalistica come qualcosa di ovvio, che è cosí e non potrebbe essere altrimenti.
Cominciamo a fare un paragone fra i pochi giovani che conducono una vita sessuale soddisfacente e gli altri che non sono riusciti a liberarsi dall’influsso della famiglia borghese, della scuola e della Chiesa, e vivono perciò in astinenza, si masturbano oppure cadono occasionalmente nel cosiddetto "amore platonico", immergendosi nei loro sogni ad occhi aperti. Dovremo senz’altro constatare che i giovani che hanno le idee chiare in materia sessuale (e questi sono quasi sempre figli di proletari) si ribellano apertamente contro la loro famiglia, la scuola e la Chiesa, mentre quelli sessualmente inibiti (prevalentemente di origine piccolo-borghese) sono nella maggioranza dei casi dei "bravi ragazzi".
Famiglia e scuola infatti sono oggigiorno, da un punto di vista politico, nient’altro che officine dell’ordinamento sociale borghese dalle quali vengono sfornati continuamente servi bravi ed ubbidienti. Il padre, nel suo ruolo abituale, è il rappresentante dell’autorità statale all’interno della famiglia. Lo stesso atteggiamento ubbidiente e servile che il padre esige dai figli quando sono ancora piccoli oppure giovani, lo Stato lo pretende dagli adulti. La mancanza di senso critico, l’impossibilità di protestare, il non-avere-nessuna-opinione-personale caratterizzano tanto il rapporto di fedeltà familiare che i figli hanno con i genitori, quanto quello degli impiegati fedeli con lo Stato, e quello degli operai non ancora coscienti a livello di classe con il loro direttore di fabbrica o col padrone.
Nella misura in cui si sviluppa all’interno della famiglia proletaria la coscienza di classe, si modifica anche l’atteggiamento dei genitori verso i figli, anche se tale trasformazione avviene per ultima e con maggiore difficoltà di tutte le altre. La meccanica della repressione sessuale si può sintetizzare cosí: per ottenere una efficace repressione dei desideri sessuali è necessario impiegare una notevole quantità di energia psichica; ciò si ripercuote negativamente sullo sviluppo dell’attività, dell’intelligenza e della critica. Al contrario, piú la vita sessuale si svolge in modo sano e vigoroso, tanto piú libero, attivo e critico diventa l’individuo. Ma è proprio questo che il capitalismo non vuole che avvenga. La limitazione della libertà spirituale e critica per mezzo della repressione sessuale è uno degli scopi fondamentali dell’ordinamento sessuale borghese. È assai significativo il fatto che la borghesia con tutti i mezzi che ha a disposizione si impegna per il mantenimento e il rafforzamento della morale familiare: la famiglia borghese è infatti, come abbiamo detto precedentemente, la sua principale fabbrica di servi.
La morale dell’astinenza viene fatta valere in modo particolarmente rigido nell’epoca della maturità sessuale perché normalmente la gioventú comincia a ribellarsi proprio in quel periodo contro i genitori; gli interessi e le energie sessuali di ognuno si ribellano contro i loro oppressori.
L’epoca della maturità sessuale è proprio quella in cui, quasi senza eccezione, in tutte le famiglie avvengono i piú duri conflitti fra genitori e figli.
Se il giovane non è stato completamente condizionato (e questo è il caso dei figli di impiegati e piccoli commercianti) comincia a rifiutarsi di passare i giorni di festa in compagnia di adulti (come vorrebbero i genitori) prima o poi, piú o meno chiaramente intuisce che il suo posto è altrove, in mezzo agli altri giovani, si accorge che si annoia con gli adulti, che desidera aria aperta, sole, movimento e rapporti sessuali.
Se il nostro lavoro rivoluzionario di informazione non raggiunge questi giovani, essi ricadranno, dopo un breve ed inutile periodo di lotta contro i genitori, nella malinconica atmosfera familiare che li terrà lontani dalla vita politica, e li sottoporrà ad un tale indottrinamento borghese, che poi andranno a finire nel movimento giovanile borghese o addirittura in quello nazista. Non dobbiamo dimenticare il fatto che il movimento nazionalsocialista recluta i suoi appartenenti prevalentemente fra i giovani piccolo-borghesi e si schiera insieme alla Chiesa e al capitale per "tener alto l’onore" della famiglia borghese e per la castità nei giovani. È significativo inoltre che il movimento nazionalsocialista, accanto a slogan rivoluzionari, collochi parole d’ordine che implicano la totale schiavitú della donna (aumento della pena detentiva per l’aborto, "la donna appartiene al focolare domestico", rifiuto di una parificazione delle donne nelle associazioni politiche) e ne risulta che l’ideologia nazionalsocialista va perfettamente d’accordo con l’ideologia familiare borghese-capitalistica.
Il compito principale della gioventú rivoluzionaria è quello di chiarire le idee agli altri giovani su questi punti.
In questa lotta per la liberazione di tutti i giovani non emancipati dai legami con la famiglia, dobbiamo essere preparati a fronteggiare enormi difficoltà.
La famiglia borghese ha dunque il compito di educare dei servi, di rendere la gioventú disposta al matrimonio. Siccome la vita sessuale e la sussistenza materiale al di fuori della famiglia (che può godere della protezione delle leggi) è ancora assai difficile per la donna ed i bambini, anzi, spesso incredibilmente pericolosa per chiunque non goda di questa protezione, la famiglia e la casa dei genitori hanno pur sempre un ruolo importante nella società capitalistica come istituzioni protettive per le donne oppresse ed i loro figli.
Proprio per questa ragione le donne proletarie difendono cosí appassionatamente il matrimonio. In ogni caso l’istituzione familiare rappresenta, sia negli strati borghesi che piccolo-borghesi, fino al proletariato, nient’altro che miseria e squallore per tutti i suoi componenti.
Nell’istituzione familiare vi è una contraddizione che contribuisce a rafforzarla e nello stesso tempo a distruggerla: da una parte la famiglia è una delle piú importanti istituzioni dell’economia privata, dall’altra la stessa economia capitalistica, la disoccupazione di massa, l’impoverimento del proletariato provocato dall’abbassamento continuo dei salari, distruggono le famiglie della popolazione lavoratrice; le donne e i giovani proletari devono scegliere fra l’andare a lavorare, per guadagnarsi il minimo necessario per vivere, o vivere con il sussidio di disoccupazione (ed in tal caso la lunga disoccupazione provoca in loro un tale scoraggiamento che le tensioni già presenti normalmente in ogni famiglia raggiungono a volte il livello di un odio insopportabile). In tal modo molte famiglie proletarie si spezzano tanto per difficoltà interne che per la pressione economica che incalza dall’esterno.
Nella piccola borghesia il quadro non è molto diverso (a parte la crisi del matrimonio piccolo-borghese). Piú la miseria economica in cui versano le masse investe la famiglia piccolo-borghese, piú rapidamente cadono le frasi ipocrite piú chiaramente la situazione si rivela per quella che è. Intere generazioni di giovani vengono moralmente rovinate dai violenti litigi che scoppiano fra i loro genitori; se non riusciranno ad inserirsi nel movimento della gioventú proletaria, questo giovani consumeranno inutilmente le loro forze migliori in una inutile lotta personale contro la propria famiglia.
Questa lotta dei giovani contro i propri genitori retrogradi non ci deve tuttavia far trascurare il fatto che sono ancora profondamente legati, sia interiormente che materialmente alla loro famiglia; forse nei giovani proletari questa dipendenza è meno accentuata a causa della loro autonomia economica. La dipendenza dalla custodia dei genitori e dalla loro autorità sono proprio i due argomenti principali per i quali la Chiesa scende in campo contro i suoi nemici, con tutto il suo arsenale di idiozie, di discorsi su Dio, la sua eterna volontà, la sua saggia previdenza, quando cerca di sollevare in cielo, ben lontano da qualsiasi valutazione critica, il matrimonio e la famiglia; perché infatti l’attuale figura del padre, mettiamocelo bene in testa cos’altro è se non il rappresentante dell’ordine costituito e della morale nei confronti dei figli e della donna all’interno della famiglia? E siccome il Papa approva questo ordine costituito è solo per un fatto di coerenza che ammonisce il suo gregge a seguire il comandamento divino che dice che la donna ed i figli devono essere sottoposti ed obbedienti al capo della famiglia come al buon Dio.
Se avessimo l’occasione di visitare il museo antireligioso di Mosca in cui sono esposte immagini di santi del tempo degli Zar, nelle quali viene raffigurato o Gesú con gli abiti dello Zar, o lo Zar con il volto di Gesú, capiremmo subito il nesso: Dio e Gesú sono immagini ultraterrene del Kaiser e dell’autorità per gli adulti, e del padre per i bambini.
Il Kaiser e le autorità successivamente assumono lo stesso ruolo nella vita sentimentale dell’adulto, lo inducono allo stesso atteggiamento di sudditanza e sottomissione acritica che caratterizzava i rapporti fra padre e figlio.
Naturalmente il ruolo politico della famiglia non si esaurisce in questo: in nessuna istituzione della società borghese risalta cosí chiaramente l’oppressione autoritaria della gioventú, in nessuna istituzione comincia cosí presto ad agire sulla struttura psichica del ragazzo come nella famiglia. Perciò ci rendiamo conto sempre di piú, che la subordinazione familiare nella maggior parte dei casi, và di pari passo con un forte legame all’ordine costituito, e che la ribellione contro i genitori è spesso nei giovani solo un primo passo verso una lotta cosciente a livello di classe contro l’ordinamento sociale capitalistico. Non è un caso che i giovani proletari rivoluzionari, per la maggior parte, proprio per il fatto di aver partecipato al processo produttivo quando erano ancora molto giovani, si allontanano molto presto dalla casa paterna, mentre d’altra parte la gioventú reazionaria è molto legata ai genitori.
È anche significativo il fatto che in uno Stato socialista come l’Unione Sovietica venga data tanta importanza all’indipendenza ed all’autonomia dei giovani dai genitori, e persino ad un atteggiamento critico nei loro confronti.
La famiglia rappresenta nella maggior parte dei casi un baluardo del capitale e della reazione all’interno della stessa classe oppressa. Dentro le quattro squallide mura della sua casa il padre che in altre occasioni dimostra di essere consapevole a livello di classe, dimentica spesso il suo ideale rivoluzionario: in casa si trasforma nel patriarca brutale che domina la moglie ed i figli, e, cosí facendo non fà altro che aiutare, anche se inconsapevolmente, la reazione politica, perché una famiglia di questo genere impedisce ai giovani di sviluppare quella gioia della lotta e quell’energia rivoluzionaria di cui hanno cosí urgentemente bisogno.
Osserviamo dunque in che ambito sopravvive piú fortemente l’autorità dei genitori: quello della vita sessuale dei loro figli. Intimidire ed inibire sessualmente i propri figli, creare in loro un’angoscia autoritaria nei confronti dei loro desideri, pensieri e atti sessuali, costituisce il nucleo di quell’apparato ideologico con l’aiuto del quale la famiglia rende i giovani dei soggetti malleabili per l’ordinamento sociale capitalistico.
A determinare il successo di questa repressione ed assoggettamento dei giovani, poco importa che sia la severità o la dolcezza: ambedue contribuiscono a stabilire un forte legame e sono di solito persino mescolate l’una con l’altra, cioè, uno dei genitori può essere brutale, mentre l’altro si comporta con estrema dolcezza: il risultato e sempre la mancanza di autonomia che caratterizza tutti i giovani. Quando gli educatori borghesi ci vengono a dire che la libertà sessuale rende i giovani incapaci di essere educati, noi rispondiamo: incapaci di essere educati per scopi capitalistici. La miseria psichica e sessuale dei bambini dipende direttamente da questi scopi, che la società capitalista riesce ad affermare facendo opprimere i figli per mezzo dei loro genitori, usando la repressione intellettuale nella scuola, l’abbrutimento spirituale della Chiesa, ed infine la repressione e lo sfruttamento materiale nella fabbrica.
La gioventú proletaria è naturalmente portata verso la lotta di classe dalla propria miseria materiale, mentre larghi settori sociali di grande peso politico, non riescono ancora a raggiungere una piena capacità di lotta di classe per la loro dipendenza emotiva da genitori retrogradi e reazionari. Questo fattore è senz’altro molto piú importante per il giovane piccolo-borghese che per quello proletario.
Purtroppo oggi c’è un numero molto limitato di genitori comunisti che mettono in pratica le proprie convinzioni rivoluzionarie anche nei rapporti con i propri figli. Questi genitori sono per noi l’esempio di come tutti i genitori dovrebbero essere.
Per riuscire a schierare questi giovani nel fronte di lotta di classe è necessario fare i conti con i loro legami familiari.
Occorre passare attraverso questo legame, se si vuol giungere al fronte unito di classe, attraverso la lotta contro la famiglia, attraverso l’opera di convincimento sui genitori proletari che li porti a prendere coscienza del ruolo reazionario della famiglia borghese. Siccome l’angoscia di fronte al sesso rappresenta lo strumento fondamentale per creare uno stato di asservimento e di subordinazione, nessuna presa di coscienza del ruolo autoritario dei genitori e dello Stato classista può essere efficace, senza l’affermazione della fondamentale verità che nei giovani la sessualità è qualcosa di ovvio e di naturale per la quale devono entrare in lotta e combattere contro qualsiasi tipo di repressione.
Prima di passare al problema se il capitalismo dia una possibilità al suo interno di eliminare o almeno di diminuire la miseria sessuale della gioventú dobbiamo chiarire un punto che fino ad ora è stato troppo trascurato nella lotta proletaria contro la religione.
Mentre la scuola prende il posto della famiglia nel portare avanti l’oppressione autoritaria e intellettuale dei giovani, è la Chiesa a perpetuare la repressione puramente sessuale che, – non lo ripeteremo mai abbastanza – rappresenta il piú importante fondamento individuale dell’ottundimento della ragione e della capacità critica. Non è un caso – ed anzi, è particolarmente significativo – che la celebrazione della "cresima", per i ragazzi cattolici, viene a coincidere proprio con l’inizio della maturità sessuale.
Tutti sanno che nella confessione religiosa non è tanto importante se uno abbia – per esempio – rubato, ma è invece di capitale importanza se uno sia stato troppo libidinoso, se si sia masturbato o abbia avuto rapporti sessuali fuori dell’ordinario. Confessarsi, in altri termini, significa rinfrescare continuamente il senso di colpa sessuale che i genitori, fin dalla piú tenera età, hanno inculcato nei loro figli per reprimere le loro curiosità sessuali. Nella confessione il ragazzo si sente sempre ripetere che l’attività sessuale è un grave peccato e che la piú alta autorità divina vede tutto e punisce tutti i "peccati", che i ragazzi compiono in questo ambito. Se la società umana oggi non fosse nelle mani dei capitalisti e dei preti che sono cosí esperti nel servirsi della religione per i loro interessi, se la sessuologia non stesse al servizio del capitale, ma utilizzasse la propria esperienza scientifica per una critica coerente della società, si dovrebbe giungere alla ovvia conclusione che la Chiesa, per la sua influenza negativa sulla sessualità dei giovani, (per non parlare del suo influsso direttamente reazionario su coloro che subiscono lo sfruttamento piú intenso) rappresenta una delle istituzioni piú dannose per la salute fisica e psichica dell’individuo che lo Stato classista possieda, e che nessuna punizione è troppo grande per coloro che continuamente, in piena coscienza e consapevolezza dell’infelicità che provocano, compiono incredibili misfatti contro l’umanità non solo impuniti, ma addirittura ben ricompensati. Questi legami fra reazione clericale e repressione sessuale non sono fatti di poca importanza: si tratta di sottrarre all’influenza della Chiesa la gioventú cattolica e di portarla nei nostri ranghi contro la Chiesa stessa, la famiglia borghese, la scuola reazionaria e l’ordine sociale capitalistico, perché, anche se sono cattolici, sono figli di operai sfruttati, di impiegati e di contadini. È nostro dovere, tuttavia, dimostrare a questi giovani con dati alla mano, la nostra tesi che la Chiesa è esclusivamente al servizio del capitale.
Quando ultimamente il Papa (dicembre 1930) nella sua Enciclica Del matrimonio cristiano, venendo in soccorso al capitalismo, si è pronunciato per un rafforzamento della "moralità" cristiana e per il matrimonio ha scritto:
"L’ordinamento dell’amore implica la superiorità dell’uomo sulla donna e sui figli e la volenterosa e generosa ubbidienza da parte della donna (e dei figli) come fu descritta dall’apostolo: Le donne (ed i bambini) devono essere sottoposti ai loro uomini (e padri) come al Signore, perché l’uomo è il signore della donna (ed il padre dei figli) come Cristo è il signore della Chiesa".
In seguito il Papa raccomanda, contro la miseria materiale delle masse "esercizi religiosi" e ammonisce i ricchi in questo modo:
"Coloro che vivono nell’abbondanza non devono utilizzare il danaro per spese superflue o addirittura sperperarlo, ma per il mantenimento ed il bene di coloro a cui manca persino il minimo necessario per sopravvivere".
Se alle associazioni giovanili cristiane dicessimo che sono in contrasto persino con la loro Chiesa, perché i loro appartenenti si comportano dal punto di vista sessuale, nello stesso modo dei giovani atei (forse con manifestazioni patologiche piú gravi), ci risponderebbero che con l’aiuto dello spirito santo e della Chiesa riusciranno a crearsi le forze necessarie per resistere all’onanismo e per reprimere la loro sessualità; perciò bisogna parlare non solo dei pericoli che incombono sulla salute, ma anche dello sporco gioco che avviene alle loro spalle, dire e dimostrare chiaramente tutta la verità riguardo alla Chiesa; per esempio questo: mentre, nell’anno di depressione economica 1930, il bilancio statale prevedeva solo 1693 milioni di marchi per l’assistenza ad invalidi, disoccupati, bambini, mentre le scuole e gli ospedali erano chiusi, la gente si trascinava affamata per le strade, il numero dei suicidi fra i giovani aumentava enormemente, la Chiesa aumentò le sue entrate, attraverso le tasse statali, dai 40 milioni del 1923 (71 nel 1928) agli 86 milioni del 1929. Questi giovani delle associazioni cattoliche dovrebbero cercare di chiarire a se stessi come mai la Chiesa, in periodi di grave necessità, non segue nemmeno i propri precetti, ma, al contrario riesce ad assicurarsi entrate sempre maggiori alle spese dei poveri, perché tutti sanno che queste entrate provengono dalle tasse che gravano maggiormente sui poveri cioè gli oppressi pagano, senza saperlo, allo Stato il mantenimento dei mezzi che servono alla loro oppressione.
Come dimostra questo esempio (purtroppo non possiamo portare in questa sede l’intera documentazione che sarebbe necessaria) è necessario sviluppare tutto il retroterra clericale e capitalistico in una discussione sui bisogni sessuali della gioventú, altrimenti non raggiungeremo mai il nucleo della questione; corriamo il pericolo di non dare una risposta corretta ai giovani che ci chiedono una soluzione alla loro miseria sessuale.
Il nostro problema fondamentale era dunque: può la borghesia, nel proprio ambito, risolvere il problema sessuale dei giovani? A questa domanda rispondiamo decisamente di no: in ambito capitalistico, finché regneranno incontrastate l’economia e l’educazione borghese, non c’è nessuna soluzione al problema.
Nei circoli liberali della borghesia si parla molto spesso della miseria dei giovani, ma è necessario rendersi conto piú esattamente di come pensano (o meglio, pretendono di pensare) e di come agiscono in realtà. Sono forse veramente pronti a concedere ai giovani una completa facoltà di autodeterminazione e quindi una vita sessuale adeguata alla loro età?
Sono veramente pronti a riconoscere e approvare il rapporto sessuale quando è necessario, e quando la sua mancanza si rivela dannosa per la salute? Sono veramente pronti a smetterla di riempire di angoscia i giovani con i loro film di informazione sessuale che sono cosí dannosi da rendere impotenti alcuni ragazzi che assistono alla loro proiezione? Il 98% di questi film ha lo scopo di creare il panico e diffondere l’ideologia dell’astinenza nella gioventú, solo il 2% descrive le possibilità di cura delle malattie veneree che sono oggi a disposizione e nessuno di essi si occupa della loro prevenzione. Sono dunque pronti a sopprimere ufficialmente la doppia morale sessuale, in modo tale che i giovani della piccola borghesia possano avere rapporti sessuali con ragazze della loro classe e non con delle prostitute? Sono pronti, – cioè – il loro sistema sociale permette loro di mettere a disposizione della gioventú, in centri di consultazione sessuale che dovrebbero essere immediatamente costituiti, tutti gli anticoncezionali, gratuitamente e senza alcuna limitazione?
Cancellerà la borghesia il paragrafo sull’aborto, e permetterà che venga procurato gratuitamente in cliniche pubbliche anche alle ragazze minorenni, nel caso che gli anticoncezionali non abbiano avuto effetto?
Può la borghesia risolvere il problema dell’abitazione per i giovani in modo che non siano piú costretti a vivere una grottesca imitazione di una sana vita sessuale, a fare l’amore nei portoni e dietro i muri, dando cioè a ciascuno la possibilità di stare solo con il proprio partner?
Sono pronti ad educare sessualmente i bambini in modo tale da renderli capaci, quando diventeranno adulti, di avere una vita sessuale sana?
Una statistica di un centro di consultazione sessuale di Berlino ha stabilito che il 44% di tutti quelli che sono venuti a chiedere consigli, abitano in un appartamento formato da una camera e una cucina.
327 abitano in 3
354 abitano in 4
187 abitano in 5
81 abitano in 6
47 abitano in 7
Il 20% di questi ha solo una stanza con uso di cucina, in cui vivono: 240 in tre, 76 in quattro. Il 5% di quelli che frequentano i consultori pubblici vivono in una unica stanza che fa anche da cucina in tre, fino a cinque persone.
No, la borghesia, a causa del suo sistema economico che si basa sullo sfruttamento da parte di una minoranza che vive bene, non può risolvere il problema sessuale dei giovani. Non è neanche capace di sfamare i giovani proletari, e quello della fame è naturalmente il primo presupposto per la soluzione del problema sessuale in generale.
Secondo i dati dell’"Annuario statistico tedesco" del 1930, nel 1918 sono morti per suicidio 11239 uomini e 4797 donne; fra questi 3563 uomini e 1440 donne in età dai 15 ai 30 anni. Senz’altro sono stati tutti delle vittime dell’abbrutimento materiale e sessuale: ogni giorno circa 47 persone. Da allora il numero è enormemente cresciuto. Questa è l’immagine offerta dal "pacifismo" dei democratici dal cuore tenero, che non sopportano la vista del sangue.
Non vogliamo qui fare lunghe discussioni sul perché la borghesia non può e non potrà mai trasformare il proprio ordinamento sessuale; abbiamo svolto questo argomento in altra sede. Nella misura in cui la sessualità, nella società borghese riesce a liberarsi degli antichi vincoli, questo succede contro la volontà della borghesia. Questo non solo è un segno della decadenza della morale borghese ma del sistema borghese in generale.
Alcuni giovani non ancora coscienti a livello di classe, come sono i giovani socialdemocratici, affermano di solito, a questo punto, alludendo a quel poco di libertà sessuale che la gioventú ha raggiunto fino ad oggi, che la liberazione sessuale senza rivoluzione sociale è ancora possibile nella società capitalistica: queste "libertà" secondo loro, dovrebbero essere la miglior prova a conforto della loro tesi. Bisogna dimostrare chiaramente a questi giovani che si sbagliano: non si tratta infatti di una libertà sessuale. È senz’altro vero che oggigiorno i giovani hanno una vita sessuale diversa da quella che avrebbero potuto avere, per esempio, trent’anni fa, che la famiglia e la Chiesa hanno perduto molta della loro influenza di una volta su gran parte dei ragazzi, ma ciò è avvenuto solo grazie al lavoro rivoluzionario svolto dalle nostre organizzazioni.
Tuttavia è necessario non scambiare la confusione odierna per "liberazione sessuale". Che aspetto ha? A quale tipo di struttura psichica porterà questa maggiore libertà sessuale? Non sono forse aumentate le difficoltà dei giovani per il fatto che vivendo in famiglia prima nella infanzia e piú tardi nella scuola, la loro sessualità è stata cosí disturbata che essi, per la maggior parte, sono divenuti interiormente incapaci di avere una vita sessuale soddisfacente?
E dall’altro lato il piú frequente unirsi dei giovani in associazioni, pur stabilendosi fra compagni un corretto atteggiamento di solidarietà, e portando un certo sollievo, non produce nello stesso tempo, a causa della insolita situazione, un acutizzarsi del problema?
L’assistenza sociale nella sua forma di volgarizzazione scientifica, aiuto sociale, non è forse aumentata solo nella stessa misura in cui la morale borghese si è andata disgregando e la gioventú ha cominciato ad entrare nelle associazioni spinta da una oscura e istintiva consapevolezza del fatto che la lotta contro la casa paterna non avrebbe avuto nessun risultato positivo? Non sono forse enormemente aumentati i disturbi sessuali ed i suicidi per motivi sessuali negli ultimi anni?
I giovani socialdemocratici possono dirci in che modo autoritario e repressivo il loro partito si comporta. Il borghese e il prete diranno: "Certo, la miseria sessuale dei giovani deriva dal fatto che la loro moralità si è disgregata e la colpa di ciò deve essere attribuita ai bolscevichi". Noi rispondiamo, (e lo possiamo dimostrare fino nel piú piccolo dettaglio), che è stata invece proprio la repressione sessuale e materiale della gioventú che ha sotterrato questa morale. Si tratta come ha giustamente constatato il giudice borghese Lindsay in America, di una irreversibile ribellione sessuale della gioventú che oggi però non sempre porta ad un atteggiamento chiaramente rivoluzionario, perché noi non siamo riusciti a trasformare questa sterile rivolta sessuale in una feconda lotta rivoluzionaria, che avrebbe dato un senso al tutto.
Lo sviluppo economico della società, l’incapacità del capitalismo di regolare in modo soddisfacente i rapporti economici fra gli uomini, il suo progressivo disgregarsi, garantiscono da soli anche senza il nostro aiuto, che la morale borghese si sta putrefacendo in modo irreversibile.
Non l’abbiamo seppellita noi questa morale, non le abbiamo provocate noi le crisi economiche, né abbiamo distrutto la famiglia: lo ha fatto il sistema capitalistico stesso. Noi svolgeremo il nostro compito di organizzazione giovanile e di partito rivoluzionario solo se riusciremo ad accelerare questo doloroso processo di immiserimento delle masse uccidendo ciò che è già in agonia dovunque si presenti, per costruire una nuova società, che la faccia finita una volta per tutte con i privilegi di classe, lo sfruttamento economico, l’asservimento intellettuale e sessuale, e soddisfi finalmente l’aspirazione dell’uomo alla socializzazione assicurando la soddisfazione delle esigenze fondamentali delle masse: il cibo, l’amore, le attività culturali.
[La lotta sessuale dei giovani]

Il fascismo come espressione della struttura caratteriale umana media

Da quando la primitiva organizzazione democratico-lavorativa è definitivamente tramontata, il nucleo biologico non ha piú trovato un’espressione sul piano sociale. Ciò che è a naturale" ed "elevato" nell’uomo, ciò che lo lega al suo cosmo, ha trovato soltanto nell’arte, soprattutto nella musica e nella pittura, un’autentica espressione. Ma finora non ha esercitato alcuna sostanziale influenza sulla formazione della società umana, se per società si intende non la cultura di un ristretto gruppo di persone ricche appartenenti alla classe dominante, ma la comunità di tutti gli uomini.
Negli ideali etici e sociali del liberalismo si possono riconoscere i tratti dello strato caratteriale superficiale, caratterizzato dall’autocontrollo e dalla tolleranza. Questo liberalismo accentua la propria etica al fine di soffocare "il mostro nell’uomo", il secondo strato delle "pulsioni secondarie", "l'inconscio" di Freud. La naturale socialità del terzo e piú profondo strato, dello strato in cui ha sede il nucleo biologico dell'uomo, è sconosciuta al liberale. Egli deplora e combatte il pervertimento caratteriale umano con norme etiche, ma le catastrofi del XX secolo hanno insegnato che non ha combinato gran che.
Tutto ciò che è veramente rivoluzionario, qualsiasi arte e scienza autentiche, nasce dal nucleo biologico naturale dell’uomo. Né il vero rivoluzionario né l’artista o lo scienziato finora sono riusciti a conquistare le masse e a guidarle, e semmai vi sono riusciti, non sono stati capaci di tenerle in modo duraturo nel campo degli interessi vitali.
Le cose stanno diversamente, rispetto al liberalismo e alla vera rivoluzione, per quanto riguarda il fascismo. Sostanzialmente il fascismo non rappresenta né lo strato superficiale né quello piú profondo, ma il secondo strato caratteriale intermedio delle pulsioni secondarie.
Nel periodo in cui ero occupato con la prima stesura di questo libro, il fascismo veniva generalmente considerato un "partito politico" che come altri "raggruppamenti sociali" esprimeva in modo organizzato un’"idea politica". Di conseguenza "il partito fascista introduceva il fascismo o con la forza o con "manovre politiche"".
Contrariamente a tutto ciò, le mie esperienze mediche fatte con molte persone appartenenti ai piú disparati strati sociali, razze, nazioni, religioni ecc. mi avevano insegnato che il "fascismo" non è altro che l’espressione politicamente organizzata della struttura, caratteriale umana media, di una struttura che non è vincolata né a determinate razze o nazioni né a determinati partiti, ma che è generale ed internazionale. Secondo il significato caratteriale "il fascismo" è l’atteggiamento emozionale fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e dalla sua concezione meccanicistico-mistica della vita.
Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro tempo crea i partiti fascisti e non viceversa.
Ancor oggi, in seguito a un errato pensiero politico, il fascismo viene considerato una specifica caratteristica nazionale dei tedeschi o dei giapponesi. Da questa prima concezione sbagliata conseguono tutte le altre interpretazioni erronee.
Il fascismo è stato e continuerà ad essere considerato, a danno degli autentici sforzi per raggiungere la libertà, la dittatura di una piccola cricca reazionaria. L’ostinazione con cui si continua a sostenere questo errore è da attribuire alla paura di rendersi conto di come stanno veramente le cose: il fascismo è un fenomeno internazionale che corrode tutti i gruppi della società umana di tutte le nazioni. Questa conclusione trova la sua conferma negli avvenimenti internazionali degli ultimi quindici anni.
Le mie esperienze analitico-caratteriali mi convinsero invece che oggi non esiste assolutamente nessuno che non porti in sé gli elementi del modo di pensare e sentire fascista. Il fascismo come movimento politico si differenzia da altri partiti reazionari per il fatto che viene sostenuto e diffuso dalle masse umane.
Mi rendo perfettamente conto dell’enorme responsabilità che deriva da simili affermazioni. Augurerei, nell’interesse del nostro mondo tormentato, che le masse lavoratrici si rendessero conto con altrettanta chiarezza della loro responsabilità per quanto riguarda il fascismo.
Bisogna distinguere rigorosamente fra normale militarismo e fascismo. La Germania guglielmina era militarista, ma non fascista.
Poiché il fascismo si manifesta sempre e ovunque come un movimento sorretto dalle masse umane, tradisce tutti i tratti e tutte le contraddizioni della struttura caratteriale delle masse umane: non è, come si crede generalmente, un movimento puramente reazionario, ma costituisce un amalgama tra emozioni ribelli e idee sociali reazionarie.
Se per rivoluzione si intende la ribellione razionale contro condizioni insopportabili nella società umana, la volontà razionale di "andare a fondo a tutte le cose" ("radicale" – "radix" – "radice") e di migliorarle, allora il fascismo non è mai rivoluzionario. Non vi è dubbio che esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari. Ma non si chiamerà rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia, ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente, cerca e combatte le cause della malattia. La ribellione fascista nasce sempre laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura della verità.
Il fascismo, nella sua forma piú pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. Il sociologo ottuso, a cui manca il coraggio di riconoscere il ruolo predominante della irrazionalità nella storia dell’umanità, considera la teoria fascista della razza soltanto un interesse imperialistico, per dirla con parole piú blande, un "pregiudizio". Lo stesso dicasi per il politico irresponsabile e retorico. L’intensità e la vasta diffusione di questi "pregiudizi razziali" sono la prova che essi affondano le loro radici nella parte irrazionale del carattere umano. La teoria della razza non è una creazione del fascismo. Al contrario: il fascismo è una creazione dell’odio razziale e la sua espressione politicamente organizzata. Di conseguenza esiste un fascismo tedesco, italiano, spagnolo, anglosassone, ebreo ed arabo. L’ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell’uomo orgasticamente impotente.
Il carattere sadico-pervertito dell’ideologia razziale tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. Si dice che il fascismo sarebbe un ritorno al paganesimo e il nemico mortale della religione. Ben lungi da ciò, il fascismo è l’estrema espressione del misticismo religioso. Come tale si manifesta sotto una particolare forma sociale. Il fascismo appoggia quella religiosità che nasce dal pervertimento sessuale, e trasforma il carattere masochista della religione della sofferenza dell’antico patriarcato in una religione sadica. Di conseguenza traspone la religione dall’aldilà della filosofia della sofferenza nell’aldiqua dell’omicidio sadico.
La mentalità fascista è la mentalità dell’"uomo della strada" mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un’autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell’ambito della generale repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto la forma di fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. Il fascista è il sergente del gigantesco esercito della nostra civiltà profondamente malata e altamente industrializzata. Non si può far vedere impunemente all’uomo comune il grande tam tam dell’alta politica: il piccolo sergente ha superato il generale imperialista in tutto: nella musica di marcia, nel passo dell’oca, nel comandare e nell’obbedire, nella mortale paura di dover pensare, nella diplomazia, nella strategia e nella tattica, nelle divise e nelle parate, nelle decorazioni e nelle medaglie. Un uomo come l’imperatore Guglielmo si rivelò in tutte queste cose un miserabile dilettante rispetto a Hitler figlio di un funzionario e morto di fame. Quando un generale "proletario" si copre il petto da ambo le parti con medaglie, e perché no, dalla gola fino all’ombelico, dimostra cosí al piccolo uomo comune che non intende essere da meno del "vero" e grande generale.
Solo dopo aver studiato a fondo e per anni il carattere del piccolo uomo comune represso, e le cose come si svolgono realmente dietro le quinte, è possibile comprendere su quali forze poggia il fascismo.
Nella ribellione delle masse di animali umani maltrattati contro le insignificanti cortesie del falso liberalismo (non intendo il vero liberalismo e la vera tolleranza) apparve lo strato caratteriale delle pulsioni secondarie.
Non è possibile rendere inoffensivo l’energumeno fascista se lo si cerca, a seconda della congiuntura politica, soltanto nel tedesco o nell’italiano e non anche nell’americano o nel cinese; se non lo si rintraccia nel proprio essere; se non si conoscono le istituzioni sociali che lo covano ogni giorno.
Si può battere il fascismo soltanto se lo si affronta obiettivamente e praticamente con una approfondita conoscenza dei processi vitali. Nessuno è capace di imitarlo in fatto di manovre politiche, abilità nel destreggiarsi nei rapporti diplomatici, e organizzazione delle parate. Ma non sa rispondere a questioni vitali pratiche, perché vede tutto nell’immagine riflessa dell’ideologia e sotto forma della divisa dello stato.
Quando un carattere fascista di qualsiasi colorazione si mette a predicare "l'onore della nazione" (anziché l’onore dell’uomo) o a la salvezza della sacra famiglia e della razza" (anziché la comunità dell’umanità che lavora); quando monta in superbia e quando dalla sua bocca non escono che slogans, allora gli si chieda pubblicamente, e con la massima calma e semplicità:
"Che cosa fai praticamente per dar da mangiare alla nazione senza assassinare altre nazioni? Che cosa fai come medico contro le malattie croniche, che cosa fai come educatore per favorire la gioia di vivere dei bambini, che cosa fai come economista contro la miseria, che cosa fai come assistente sociale contro il logoramento delle madri con tanti figli, che cosa fai come costruttore per sviluppare l’igiene delle abitazioni? Ora, cerca di non parlare a vanvera e cerca di dare una risposta concreta e pratica, altrimenti tieni chiuso il becco!"
Da ciò consegue che il fascismo internazionale non potrà mai essere battuto con manovre politiche. Soccomberà alla naturale organizzazione del lavoro, dell’amore e del sapere su scala internazionale.
Il lavoro, l'amore e il sapere della nostra società non hanno ancora il potere di determinare l’esistenza umana. Piú ancora, queste grandi forze del principio vitale positivo non sono consapevoli della loro immensità, della loro insostituibilità e della loro determinante importanza per l’esistenza sociale. Per questo motivo la società umana si trova oggi, un anno dopo la vittoria militare sui partiti fascisti, ancora piú vicina all’orlo dell’abisso. Il crollo della nostra civiltà sarà inarrestabile se i responsabili del lavoro, gli scienziati di tutte le ramificazioni vitali (e non mortali) e i donatori e i beneficiari dell’amore naturale tarderanno a rendersi conto della loro gigantesca responsabilità.
Ciò che è vivo può esistere senza il fascismo, ma il fascismo non può vivere senza ciò che è vivo. Il fascismo è il vampiro avvinghiato al corpo dei viventi che sfoga i suoi impulsi omicidi quando l’amore si ridesta in primavera invocando la naturale realizzazione.
"La libertà umana e sociale, l'autogoverno della nostra vita e della vita dei nostri discendenti si realizzerà in modo pacifico o violento?". Nessuno è in grado di dare una risposta a questa angosciosa domanda.
Ma chi conosce le funzioni vitali nell’animale, nel neonato, nel lavoratore dedito alla propria attività, sia che si tratti di un meccanico, di un ricercatore o di un artista, cessa di pensare servendosi di concetti che sono stati creati dalle malefatte dei partiti. Ciò che è vivo non può "prendere il potere con la violenza" perché non saprebbe che farsene del potere. Forse questa conclusione significa che la vita sarà per sempre vittima e martire del gangsterismo politico e che il politicante continuerà a succhiare per sempre il suo sangue? Questa conclusione sarebbe errata.
In quanto medico il mio compito è quello di guarire le malattie. In quanto ricercatore devo svelare processi naturali sconosciuti. Se mi si presentasse un cialtrone politico per costringermi ad abbandonare i miei malati e il mio microscopio, non mi farei disturbare, ma lo butterei fuori dalla porta, qualora non se ne andasse di sua spontanea volontà. Il fatto di dover ricorrere alla violenza per difendere il mio lavoro e i miei studi sulla vita umana dagli intrusi non dipende da me o dal mio lavoro, ma dal grado di impudenza dell’intruso. Proviamo a immaginare ora che tutti quelli che svolgono una attività che investe la vita umana riconoscano in tempo utile il cialtrone politico. Non agirebbero diversamente. Forse questo esempio semplificato può dare una risposta parziale alla domanda sul modo con cui prima o poi dovrà essere difesa la vita contro gli intrusi e i distruttori.
[La psicologia di massa del fascismo, Prefazione alla III edizione del 1932]







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