L'invasione ancora non percepita dell'Islam in Europa e le sue conseguenze
“Le tre religioni monoteiste”. Questa la definizione che comprende ebrei,arabi e cristiani, riuniti in un unico mazzo sotto la parola monoteismo. Come se il fatto di riconoscere l’unicità di un solo Dio creatore fosse sufficiente per poterle allineare , in una unione che ne annulla le differenze, religiose ma anche storiche.
Questa uguaglianza, in particolare oggi, in un mondo che sta subendo un attacco globale da parte del terrorismo islamista, contribuisce a nascondere la vera natura di questa religione, da sempre intrinseca al potere statuale. Conoscerne la storia, lunga circa 1.400 anni, aiuterebbe a capire quanto terrorismo e fede islamica siano indissolubilmente interconnessi. Sarebbe sufficiente una riflessione anche superficiale sulla storia millenaria dell’islam, per farci capire quanto sia lontano dalla realtà identificare – automaticamente, come avviene – la religione con il concetto di pace.
Mentre quello che ci viene ripetuto quotidianamente, con insistenza da ogni autorità religiosa, non importa in nome di quale religione parli, pace e fede sono due sinonimi. Niente di più falso. In nome di un Dio, si sterminano intere popolazioni, per bene che vada viene imposta agli “infedeli” una conversione forzata, oppure la morte, se non viene accettata. Malgrado ciò, la nostra cultura occidentale respinge questa verità, preferendo sostituirla con una menzogna, che abbellisce una fede che di pacifico non ha proprio nulla.
L'Islam segue un suo mandato divino che consiste nell'imporre al mondo intero la legge islamica.
Nell'Islam vi è il comandamento di "combattere contro i popoli [non-musulmani] finché non riconosceranno che nessuno all'infuori di Allah e Maometto il suo profeta può esser adorato", come riportato nell'opera islamica Salih al-Bukhari.
Tale comandamento è scolpito nei cuori dei fedeli, come soli si considerano i musulmani. Questo concetto dev'essere compreso proprio dai non-musulmani, europei, americani e israeliani, perché si possa rispondere fermamente all'Islam, religione di conquista.
La dottrina religiosa e le aspirazioni civilizzatrici islamiche pongono l'Islam in uno status di superiorità che mira a sostituirsi all'ebraismo e alla cristianità, da cui anticamente deriva; l'Islam dalle sue origini ha costituito un "regime di dhimmitudine [relegando i non-musulmani ad uno status di inferiorità]", ha elaborato "delle leggi della dhimmitudine" e una "mentalità della dhimmitudine", diffondendo insicurezza e oppressione nelle popolazioni indigene del Medio Oriente; l'Islam è riuscito a creare una situazione tale per cui "l'intera Cristianità Orientale è stata distrutta", una "pulizia religiosa" che continua ancora oggi.
Il mito della "simbiosi musulmano-cristiana" o "dell'età d'oro del Medio Oriente" non ha alcuna validità storica, né nella sua formulazione passata, né nella sua formulazione presente, come il Dialogo Euro-Arabo e l'Alleanza delle Civiltà, che sono funzionali al progetto islamico di conquista dell'Occidente.
La mentalità islamica di conquista, radicata nella jihad, ha devastato la Cristianità Orientale ed ora colpisce "l'Occidente cristiano", allo scopo di "costringere tutti noi a vivere all'ombra della dhimmitudine in Europa". Nel contesto della jihad islamica, "Israele rappresenta la liberazione nazionale di un popolo dhimmi" , poiché gli ebrei si sono ribellati contro le forze dell'oppressione e degradazione islamica per garantire la propria indipendenza politica nella propria patria storica.
Il termine "dhimmitudine" descrive il destino di sofferenza e discriminazione comune a ebrei e cristiani soggetti alla legge islamica, la shari'a.
I cristiani di Iraq e Siria, Iran e Pakistan, Libano e Egitto, Sudan e Nigeria sono tutti stati vittime di massacri e terrorismo. Così, le comunità ebraiche in Medio Oriente e nell'Africa settentrionale si sono ridotte sotto il giogo dell'Islam. L'Islam, con arrogante fierezza e fede assoluta, considera l'islamizzazione e la "dhimmizzazione" dei popoli e dei Paesi non-musulmani come un atto in risposta a un comando divino, legittimo e doveroso.
La nazione islamica (la ummah) continuerà a combattere fino alla vittoria, e dopo l'espansione e la conquista di tutto il Medio Oriente e oltre, mira ora a fare dell'Europa cristiana una Casa dell'Islam. Mentre l'identità e la filosofia di vita europee si indeboliscono, le richieste dell'Islam e l'imponente immigrazione musulmana stanno trasformando l'Europa così radicalmente che presto non potrà forse più respirare l'aria libera di Rousseau, Goethe e Mill.
C'era un tempo, prima che il "politicamente corretto" ci colpisse tutti colme un fulmine, in cui si potevano dire le cose come stanno, enunciare la verità, manifestare un'opinione e argomentare liberamente. Ma le cose sono cambiate con l'incombere dello scettro dell'Islam e il diffondersi della sua ombra sull'America e l'Europa.
Nell'Islam vi è il comandamento di "combattere contro i popoli [non-musulmani] finché non riconosceranno che nessuno all'infuori di Allah e Maometto il suo profeta può esser adorato", come riportato nell'opera islamica Salih al-Bukhari.
Tale comandamento è scolpito nei cuori dei fedeli, come soli si considerano i musulmani. Questo concetto dev'essere compreso proprio dai non-musulmani, europei, americani e israeliani, perché si possa rispondere fermamente all'Islam, religione di conquista.
La dottrina religiosa e le aspirazioni civilizzatrici islamiche pongono l'Islam in uno status di superiorità che mira a sostituirsi all'ebraismo e alla cristianità, da cui anticamente deriva; l'Islam dalle sue origini ha costituito un "regime di dhimmitudine [relegando i non-musulmani ad uno status di inferiorità]", ha elaborato "delle leggi della dhimmitudine" e una "mentalità della dhimmitudine", diffondendo insicurezza e oppressione nelle popolazioni indigene del Medio Oriente; l'Islam è riuscito a creare una situazione tale per cui "l'intera Cristianità Orientale è stata distrutta", una "pulizia religiosa" che continua ancora oggi.
Il mito della "simbiosi musulmano-cristiana" o "dell'età d'oro del Medio Oriente" non ha alcuna validità storica, né nella sua formulazione passata, né nella sua formulazione presente, come il Dialogo Euro-Arabo e l'Alleanza delle Civiltà, che sono funzionali al progetto islamico di conquista dell'Occidente.
La mentalità islamica di conquista, radicata nella jihad, ha devastato la Cristianità Orientale ed ora colpisce "l'Occidente cristiano", allo scopo di "costringere tutti noi a vivere all'ombra della dhimmitudine in Europa". Nel contesto della jihad islamica, "Israele rappresenta la liberazione nazionale di un popolo dhimmi" , poiché gli ebrei si sono ribellati contro le forze dell'oppressione e degradazione islamica per garantire la propria indipendenza politica nella propria patria storica.
Il termine "dhimmitudine" descrive il destino di sofferenza e discriminazione comune a ebrei e cristiani soggetti alla legge islamica, la shari'a.
I cristiani di Iraq e Siria, Iran e Pakistan, Libano e Egitto, Sudan e Nigeria sono tutti stati vittime di massacri e terrorismo. Così, le comunità ebraiche in Medio Oriente e nell'Africa settentrionale si sono ridotte sotto il giogo dell'Islam. L'Islam, con arrogante fierezza e fede assoluta, considera l'islamizzazione e la "dhimmizzazione" dei popoli e dei Paesi non-musulmani come un atto in risposta a un comando divino, legittimo e doveroso.
La nazione islamica (la ummah) continuerà a combattere fino alla vittoria, e dopo l'espansione e la conquista di tutto il Medio Oriente e oltre, mira ora a fare dell'Europa cristiana una Casa dell'Islam. Mentre l'identità e la filosofia di vita europee si indeboliscono, le richieste dell'Islam e l'imponente immigrazione musulmana stanno trasformando l'Europa così radicalmente che presto non potrà forse più respirare l'aria libera di Rousseau, Goethe e Mill.
C'era un tempo, prima che il "politicamente corretto" ci colpisse tutti colme un fulmine, in cui si potevano dire le cose come stanno, enunciare la verità, manifestare un'opinione e argomentare liberamente. Ma le cose sono cambiate con l'incombere dello scettro dell'Islam e il diffondersi della sua ombra sull'America e l'Europa.
Gli immigrati musulmani provengono da Paesi in cui vige la legge islamica tradizionale e appartengono a una civiltà che ha forgiato disposizioni mentali e di pensiero così come modalità di comportamento che sono conformi ai valori e alle concezioni della shari’a. Alcuni immigrati hanno la forza di allontanarsi da questo condizionamento mentale, ma la più parte rimane fedele alla tradizione.
Ci sono cinquantasei Paesi islamici e in più la Striscia di Gaza che applicano la shari’a.
Le leggi della shari'a dànno forma a una società che contraddice in quasi ogni ambito lo stile di vita occidentale. Questo è vero non solo per l’eguaglianza di genere e della libertà sessuale, ma è vero anche per la politica, la religione, l’educazione, la scienza.
Altresì, il Corano e gli Hadith (che insieme compongono le sacre scritture islamiche) proibiscono categoricamente ai musulmani di adottare usanze cristiane ed ebraiche. Questo divieto è proclamato nella prima surah del Corano, che dev’esser ripetuta cinque volte al giorno in occasione di ogni preghiera.
Per questi motivi, il mondo islamico non ha adottato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (del dicembre 1948), ispirata a valori europei universali e non religiosi, ma ha invece proclamato la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani (nel 1990), i cui articoli si conformano interamente ai precetti della shari’a.
Oltre al rigetto delle usanze occidentali, ci sono altre due ragioni che sottostanno al rifiuto di integrarsi: 1) il tradizionale disprezzo per i cristiani, che devono esser sottomessi alla supremazia islamica, com’è avvenuto nei passati tredici secoli e come continua ad accadere oggi, e 2) l’obbligo religioso di imporre la legge islamica ai Paesi non musulmani per applicare la legge di Allah sul mondo.
La Dhimmitudine consiste nell’accettazione di uno statuto di sottomissione e oppressione (dhimma, lo statuto giuridico da applicare ai dhimmi, non-musulmani soggetti di un governo islamico) in cambio di protezione e al fine di evitare la morte o la riduzione in schiavitù.
La dhimmitudine è anche una condizione psicologica di sottomissione, che si esprime nella progressiva islamizzazione dell’Europa, sottomessa alla politica energetica dei Paesi arabi e islamici, la cui influenza politica e culturale si ripercuote sulle relazioni con Israele, sulle relazioni con gli ebrei e sulle politiche dell’immigrazione.
Molti sono i motivi che spingono le persone, e in particolare i politici, ad accettare la dhimmitudine senza nemmeno rendersi conto della loro passività. Sia i politici sia il pubblico ignorano completamente il significato di dhimmitudine. Hanno una nozione vaga della condizione particolare dei non musulmani, solitamente cristiani, nei Paesi islamici, ma non hanno una parola per definirla. Non vedono che tutto ciò è la conseguenza di una legislazione militare e teologica obbligatoria che poggia su un fondamento ideologico. La loro ignoranza è anche causa della loro vulnerabilità.
Inoltre, siamo prigionieri di un indottrinamento sociale sistematico propagato dai media, dai libri, i film, dalla pubblicità attraverso cui si predica il multiculturalismo, il relativismo culturale, la decostruzione dei principi fondamentali dell’Occidente, il dialogo interreligioso, la colpa dell’Occidente, il debito scientifico e artistico dell’Europa nei confronti dello splendore della civiltà islamica di tolleranza e pace.
Le nozioni di dhimmitudine e jihad sono completamente rigettate, e anche proibite. Le specifiche identità e la storia europee sono intenzionalmente confuse e respinte per soddisfare gli stranieri che, disprezzandole, mantengono fieramente le loro tradizioni e le loro credenze.
La dhimmitudine non è solo una condizione militare, politica, giuridica, sociale e religiosa, ma anche il perverso condizionamento mentale di una persona che giustifica la propria sottomissione. La dhimmitudine intellettuale precede e facilita la realizzazione pratica della dhimmitudine.
Le relazioni dell’Europa con i musulmani rientrano nello schema della dhimmitudine. I politici europei non osano confrontarsi con la potente Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC), che è la fonte dei diktat che impongono all’Europa una politica anti-israeliana, la strategia sull’immigrazione islamica con riferimento all’educazione, ai libri di testo, alla non-integrazione, alla scolarizzazione islamica separata, alla discriminazione positiva, alla promozione della diversità, alla legge sulla blasfemia, alle politiche bancarie islamiche ecc.
L’Unione Europea e i suoi leader sono i semplici esecutori degli ordini dell’OIC, che recluta e paga numerose lobby e numerosi collaboratori per attuare la mite strategia jihadista.
Fa impressione in particolar modo la narrativa islamica che l’Europa ha adottato con riferimento a Israele, poiché nega al popolo ebraico i diritti sulla propria terra ancestrale, sottomettendosi alla logica della jihad. L’Europa, ossessionata da un odio anti-israeliano colmo di risentimento, assieme ai Paesi arabo-musulmani, conduce a ogni livello una guerra di delegittimazione e demonizzazione contro Israele, con il fine ultimo di distruggerlo. Considero questa politica un esempio importante di dhimmitudine.
L’Europa conosce molto bene la storia del popolo ebraico nella propria terra, perché è rimasta per venti secoli il fondamento della sua spiritualità e dei suoi valori. Tuttavia, l’Europa abbraccia l’ideologia jihadista che ne predica il disprezzo e che mira alla stessa distruzione dell’Europa così come di Israele. L’Europa sta perseguendo gli stessi fini islamisti diretti alla propria distruzione come un continente servitore.
Un altro segno di dhimmitudine è la creazione di un’intera industria europea di falsificazione della storia e dell’archeologia di Israele, compresi i siti biblici, per “palestinizzarli” e quindi islamizzarli. Nei musei di Parigi e Londra si usano le parole “Palestina” e “palestinesi” con riferimento agli ebrei del 2000 a.C., quando solo l’imperatore romano Adriano ha chiamato “Palestina” la terra ebraica dopo aver sconfitto gli abitanti ebrei nel 135 d.C.!
Ci sono cinquantasei Paesi islamici e in più la Striscia di Gaza che applicano la shari’a.
Le leggi della shari'a dànno forma a una società che contraddice in quasi ogni ambito lo stile di vita occidentale. Questo è vero non solo per l’eguaglianza di genere e della libertà sessuale, ma è vero anche per la politica, la religione, l’educazione, la scienza.
Altresì, il Corano e gli Hadith (che insieme compongono le sacre scritture islamiche) proibiscono categoricamente ai musulmani di adottare usanze cristiane ed ebraiche. Questo divieto è proclamato nella prima surah del Corano, che dev’esser ripetuta cinque volte al giorno in occasione di ogni preghiera.
Per questi motivi, il mondo islamico non ha adottato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (del dicembre 1948), ispirata a valori europei universali e non religiosi, ma ha invece proclamato la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani (nel 1990), i cui articoli si conformano interamente ai precetti della shari’a.
Oltre al rigetto delle usanze occidentali, ci sono altre due ragioni che sottostanno al rifiuto di integrarsi: 1) il tradizionale disprezzo per i cristiani, che devono esser sottomessi alla supremazia islamica, com’è avvenuto nei passati tredici secoli e come continua ad accadere oggi, e 2) l’obbligo religioso di imporre la legge islamica ai Paesi non musulmani per applicare la legge di Allah sul mondo.
La Dhimmitudine consiste nell’accettazione di uno statuto di sottomissione e oppressione (dhimma, lo statuto giuridico da applicare ai dhimmi, non-musulmani soggetti di un governo islamico) in cambio di protezione e al fine di evitare la morte o la riduzione in schiavitù.
La dhimmitudine è anche una condizione psicologica di sottomissione, che si esprime nella progressiva islamizzazione dell’Europa, sottomessa alla politica energetica dei Paesi arabi e islamici, la cui influenza politica e culturale si ripercuote sulle relazioni con Israele, sulle relazioni con gli ebrei e sulle politiche dell’immigrazione.
Molti sono i motivi che spingono le persone, e in particolare i politici, ad accettare la dhimmitudine senza nemmeno rendersi conto della loro passività. Sia i politici sia il pubblico ignorano completamente il significato di dhimmitudine. Hanno una nozione vaga della condizione particolare dei non musulmani, solitamente cristiani, nei Paesi islamici, ma non hanno una parola per definirla. Non vedono che tutto ciò è la conseguenza di una legislazione militare e teologica obbligatoria che poggia su un fondamento ideologico. La loro ignoranza è anche causa della loro vulnerabilità.
Inoltre, siamo prigionieri di un indottrinamento sociale sistematico propagato dai media, dai libri, i film, dalla pubblicità attraverso cui si predica il multiculturalismo, il relativismo culturale, la decostruzione dei principi fondamentali dell’Occidente, il dialogo interreligioso, la colpa dell’Occidente, il debito scientifico e artistico dell’Europa nei confronti dello splendore della civiltà islamica di tolleranza e pace.
Le nozioni di dhimmitudine e jihad sono completamente rigettate, e anche proibite. Le specifiche identità e la storia europee sono intenzionalmente confuse e respinte per soddisfare gli stranieri che, disprezzandole, mantengono fieramente le loro tradizioni e le loro credenze.
La dhimmitudine non è solo una condizione militare, politica, giuridica, sociale e religiosa, ma anche il perverso condizionamento mentale di una persona che giustifica la propria sottomissione. La dhimmitudine intellettuale precede e facilita la realizzazione pratica della dhimmitudine.
Le relazioni dell’Europa con i musulmani rientrano nello schema della dhimmitudine. I politici europei non osano confrontarsi con la potente Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC), che è la fonte dei diktat che impongono all’Europa una politica anti-israeliana, la strategia sull’immigrazione islamica con riferimento all’educazione, ai libri di testo, alla non-integrazione, alla scolarizzazione islamica separata, alla discriminazione positiva, alla promozione della diversità, alla legge sulla blasfemia, alle politiche bancarie islamiche ecc.
L’Unione Europea e i suoi leader sono i semplici esecutori degli ordini dell’OIC, che recluta e paga numerose lobby e numerosi collaboratori per attuare la mite strategia jihadista.
Fa impressione in particolar modo la narrativa islamica che l’Europa ha adottato con riferimento a Israele, poiché nega al popolo ebraico i diritti sulla propria terra ancestrale, sottomettendosi alla logica della jihad. L’Europa, ossessionata da un odio anti-israeliano colmo di risentimento, assieme ai Paesi arabo-musulmani, conduce a ogni livello una guerra di delegittimazione e demonizzazione contro Israele, con il fine ultimo di distruggerlo. Considero questa politica un esempio importante di dhimmitudine.
L’Europa conosce molto bene la storia del popolo ebraico nella propria terra, perché è rimasta per venti secoli il fondamento della sua spiritualità e dei suoi valori. Tuttavia, l’Europa abbraccia l’ideologia jihadista che ne predica il disprezzo e che mira alla stessa distruzione dell’Europa così come di Israele. L’Europa sta perseguendo gli stessi fini islamisti diretti alla propria distruzione come un continente servitore.
Un altro segno di dhimmitudine è la creazione di un’intera industria europea di falsificazione della storia e dell’archeologia di Israele, compresi i siti biblici, per “palestinizzarli” e quindi islamizzarli. Nei musei di Parigi e Londra si usano le parole “Palestina” e “palestinesi” con riferimento agli ebrei del 2000 a.C., quando solo l’imperatore romano Adriano ha chiamato “Palestina” la terra ebraica dopo aver sconfitto gli abitanti ebrei nel 135 d.C.!
In sostanza, esiste una invasione non ancora percepita dell'islam in Europa. Che nulla ha a che vedere con la normale immigrazione, che può e deve svolgersi secondo le leggi europee. Ma l'islam è una religione strettamente unita ad una concezione statuale, il cui obiettivo è la penetrazione in Europa, fino a diventarne maggioranza
È alquanto interessante anche la seguente costatazione "universale": ogni volta che i musulmani diventano una significativa percentuale in una regione, comincia il terrorismo e poi la secessione del territorio con la costituzione di uno stato islamico. Il passo successivo è di sottomere lo stato alla legge della Sharia, la quale però è già desiderata (e richiesta) in quegli stati non islamici ma con una consistente comunità musulmana.
In considerazione dei reali movimenti migratori, con un occhio realistico, è possibile dire che in futuro tutto ciò avverrà anche in Europa. Ma tutto ciò all'Europa non interessa, anzi, fa volutamente il tifo contro chi cerca di resistere, come Israele: uno stato non mussulmano, basato su libertà e democrazia, in un'area circondata da stati islamici.
In questa presentazione PowerPoint ci si può fare una idea veloce su cosa vogliono, e guarda caso sono immagini censurate in Europa: CLICCA QUI
Che dire... evviva l'Europa.
Averlo capito non è essere islamofobi, come la vulgata politicamente corretta vorrebbe farci credere, e sulla quale si sono allineati la maggior parte dei mezzi d'informazione, significa avere l'idea di società civile e politica che l'islam propone, anzi, il verbo giusto è impone, perché sarà questo il destino del nostro continente (del mondo ?), quando i musulmani supereranno la soglia del 51% e si andrà inevitabilmente verso una società sotto il tallone della Sharia, cosa che riempirà di gioia ogni amante della libertà e della democrazia.
In aspetto integrante della dhimma (l'essere non mussulmano) era che, essendo un infedele, era necessaria l’aperto riconoscimento della superiorità del vero credente, cioè il musulmano. La condizione d’inferiorità di ebrei e cristiani è sempre stata rafforzata attraverso una serie di norme che regolavano il comportamento del dhimmi, in modo da evidenziare questa inferiorità verso chi è mussulmano.
Scrive Salvatore Abruzzese, professore ordinario di Sociologia della religione all’università di Trento:
«Non si può far finta di non sapere quanto pesino alcune forme ostentate della propria religione. Che del resto, non sono imposte dai testi. (…) Sta di fatto che c’è da chiedersi come sia possibile che solo ora si affronti un problema del genere e non lo si sia fatto 20 anni fa. Anche allora, infatti, i fedeli islamici erano presenti in Europa e pregavano alla stessa maniera. Ed Enzo Bettiza aggiunge che questo sentimento di dhimmitudine è una trappola ideata dalle moderne élite islamiste per la conquista dell´Europa e del mondo. Una trappola che già funziona: molti europei, «volenti o nolenti, consapevoli o meno, già collaborano da tempo alla propria metamorfosi in dhimmi».
Tra i «servigi» di questa «dhimmitudine occulta» dell´Europa:
c´è il lassismo nei confronti dell´immigrazione musulmana.
C´è la tolleranza dei separatismi culturali sul proprio territorio.
C´è la concessione di aiuti finanziari a governi ferocemente ostili all´Occidente.
C´è il discredito dello Stato d´Israele.
C´è la comprensione per il terrorismo palestinese e islamista.
C´è lo scudo umano offerto dai frati francescani ai guerriglieri arabi rifugiati nella basilica di Betlemme.
C´è il silenzio su secoli di jihad islamica rimpiazzato dall´autoflagellazione per le crociate: «il male viene attribuito a ebrei e cristiani per non urtare la suscettibilità del mondo musulmano, che rifiuta ogni critica al suo passato di conquiste».
Insomma: «L´antico universo della dhimmitudine, con la sottomissione e il servilismo come pegni di sopravvivenza, è stato ricostituito nell´Europa contemporanea».
L’islam potrebbe diventare “la forza dominante” in Europa, sia perché nel nome del politically correct gli europei hanno rinunciato a combattere la battaglia per il controllo della cultura e della religione, e sia perché i tantissimi immigrati mussulmani non solo continuano ad arrivare in massa ma fanno anche molti più figli degli europei (in Europa la natalità è scesa ad un livello tale da non far prevedere nessuna risalita). Se continua così, alla fine del XXI secolo l’Europa avrà una maggioranza islamica, una frase che può essere meglio compresa da chi vive o ha vissuto in qualsiasi altro paesi europeo diverso dall'Italia dove la presenza dei mussulmani è estremamente più alta ed evidente.
Secondo la narrativa islamica, il Profeta Maometto spedì messaggi agli imperatori di Bisanzio, Iran ed Etiopia chiedendo loro di accettare la versione finale della vera fede. L’Iran venne conquistato e islamizzato. La cristianità, nonostante molte sconfitte e perdite, è sopravvissuta a Bisanzio e in Etiopia, così come in Europa.
I seguaci del Profeta hanno allora conquistato paesi cristiani come Iraq, Siria, Palestina, Egitto, Nord Africa e hanno invaso l’Europa, conquistando Sicilia, Spagna e Portogallo. Dopo centinaia di anni, i cristiani hanno ripreso la Spagna, Portogallo e Sicilia ma non l’Africa del nord.
Il secondo attacco islamico venne quando gli ottomani crearono un nuovo impero in medio oriente. Conquistarono l’antica città di Costantinopoli e invasero l’Europa. Anche questa fase è finita con una sconfitta. Il collasso dell’impero ottomano durante la Prima guerra mondiale è seguito dall’espansione degli imperi europei, Inghilterra, Francia, Russia e Olanda e Italia, nelle terre dell’islam. Un dominio finito dopo la Seconda guerra mondiale.
Quello che sta accadendo ora è il terzo tentativo dei musulmani di realizzare la missione divina di portare la verità di Dio a tutta l’umanità. Questa volta non sarà tramite l’invasione e la conquista, ma l’immigrazione e la demografia.
L'Islam non è una razza, ma una cultura sociale e politica basata su credenze religiose, una “forma di vita”, per dirla con Wittgenstein e con la semiotica.
Opporglisi non è razzismo, più di quanto fosse razzista essere anticomunisti o antifascisti. Ci sono stati comunisti "bianchi" e "neri" e "gialli", ci sono stati fascisti arabi (i fondatori del nazionalismo arabo, come Nasser e prima di lui il Muftì di Gerusalemme). Ci sono islamisti di tutte le nazionalità e di tutti i "colori". Chi gli si oppone lotta contro una politica, non contro una "razza". E dunque ha tutto il diritto di farlo senza essere criminalizzato.
Però questo riconoscimento non piace. Anche se l'Islam politico somiglia molto di più al fascismo che al comunismo (non solo per le bandiere nere, ma per il sistema di dominio che propone, per l'autoritarismo di tutte le sue istituzioni, per il rifiuto totale dell'analisi sociale, ancor prima dell'idea di classe, è diventato di moda appoggiarlo. Perché buona parte dei suoi paesi guida erano alleati dell'Unione Sovietica, anche perché essa non c'è più, sostituita da un regime che ha anch'esso forti marche fasciste. O forse per disperazione.
Fallita l'analisi marxiana della dinamica sociale in termini di lotta di classe, fallito il socialismo reale in tutte le sue varianti, dalla Cina di Mao diventata capitalismo di stato all'Urss di Stalin (e Breznev e Kossighin) a quei lager infiniti che sono Cuba e Corea del Nord, ma anche alle socialdemocrazie nordiche che non hanno affatto mantenuto le loro promesse, la sinistra che vuole "cambiare il mondo" non ha più modelli e strategie, si affida da un lato ai temi familiari e del corpo che "è mio e lo gestisco io"; dall'altro alle più improbabili alleanze, come quella con gli islamisti.
La verità è che la sinistra europea e americana, almeno quella che si vuole vera, è diventata semplicemente nichilista. Chiunque voglia "distruggere lo stato di cose presente" (una citazione dell'"Ideologia tedesca" di Marx che piace molto a Toni Negri) gli appare un alleato, si tratti degli ottusi luddisti senza prospettive che "lottano" contro i collegamenti ferroviari moderni o dei tagliagole dello Stato Islamico.
Opporglisi non è razzismo, più di quanto fosse razzista essere anticomunisti o antifascisti. Ci sono stati comunisti "bianchi" e "neri" e "gialli", ci sono stati fascisti arabi (i fondatori del nazionalismo arabo, come Nasser e prima di lui il Muftì di Gerusalemme). Ci sono islamisti di tutte le nazionalità e di tutti i "colori". Chi gli si oppone lotta contro una politica, non contro una "razza". E dunque ha tutto il diritto di farlo senza essere criminalizzato.
Però questo riconoscimento non piace. Anche se l'Islam politico somiglia molto di più al fascismo che al comunismo (non solo per le bandiere nere, ma per il sistema di dominio che propone, per l'autoritarismo di tutte le sue istituzioni, per il rifiuto totale dell'analisi sociale, ancor prima dell'idea di classe, è diventato di moda appoggiarlo. Perché buona parte dei suoi paesi guida erano alleati dell'Unione Sovietica, anche perché essa non c'è più, sostituita da un regime che ha anch'esso forti marche fasciste. O forse per disperazione.
Fallita l'analisi marxiana della dinamica sociale in termini di lotta di classe, fallito il socialismo reale in tutte le sue varianti, dalla Cina di Mao diventata capitalismo di stato all'Urss di Stalin (e Breznev e Kossighin) a quei lager infiniti che sono Cuba e Corea del Nord, ma anche alle socialdemocrazie nordiche che non hanno affatto mantenuto le loro promesse, la sinistra che vuole "cambiare il mondo" non ha più modelli e strategie, si affida da un lato ai temi familiari e del corpo che "è mio e lo gestisco io"; dall'altro alle più improbabili alleanze, come quella con gli islamisti.
La verità è che la sinistra europea e americana, almeno quella che si vuole vera, è diventata semplicemente nichilista. Chiunque voglia "distruggere lo stato di cose presente" (una citazione dell'"Ideologia tedesca" di Marx che piace molto a Toni Negri) gli appare un alleato, si tratti degli ottusi luddisti senza prospettive che "lottano" contro i collegamenti ferroviari moderni o dei tagliagole dello Stato Islamico.
Distruggere lo "stato borghese", cioè il funzionamento dell'istruzione e dell'economia, le strutture sociali fondamentali, l'identità collettiva che si esprime negli stati nazionali, l'innovazione tecnologica, è il suo programma. E se per questo bisogna aiutare gli islamisti nel loro feroce sforzo di restaurare una società reazionaria, paragonabili ai momenti più barbarici del Medioevo, non hanno alcuno scrupolo. E dato che la prevalenza di questo nichilismo non è cosa recente, risale almeno agli anni Sessanta del secolo scorso, essa ha fatto in tempo a formare una classe dirigente politica e intellettuale che ritiene suo dovere "democratico" non resistere alla distruzione incombente della nostra società.
Il nostro problema non sono tanto gli islamisti, gli attentatori vigliacchi, i terroristi e i guerriglieri postmedievali che affliggono territori sempre più vicini alla vecchia Europa. Il problema vero è chi dirige oggi l'Europa e gli Stati Uniti, sul piano politico, intellettuale, religioso e anche militare. Una classe dirigente intera che lavora per il re di Prussia, con la pretesa di esprimere la democrazia più completa ed avanzata. E naturalmente l'elettorato che crede loro e li appoggia.
Il nostro problema non sono tanto gli islamisti, gli attentatori vigliacchi, i terroristi e i guerriglieri postmedievali che affliggono territori sempre più vicini alla vecchia Europa. Il problema vero è chi dirige oggi l'Europa e gli Stati Uniti, sul piano politico, intellettuale, religioso e anche militare. Una classe dirigente intera che lavora per il re di Prussia, con la pretesa di esprimere la democrazia più completa ed avanzata. E naturalmente l'elettorato che crede loro e li appoggia.
Se non riusciremo a rovesciare la grande ondata culturale e politica autodistruttiva che domina l'Occidente, dai più alti livelli di potere fino alle redazioni dei giornali di provincia e alle scuole medie e elementari, il tramonto della nostra società sarà rapido, violentissimo e irresistibile.
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