Si dovrebbe aderire a un partito per ideale e fede politica; si dovrebbe dare il voto per cambiare le cose in meglio e non vendere i voti.
Dopo le voci di piazza e gli attacchi verbali, la 'democratica' Loredana Capone ha denunciato tutto alle autorità competenti. Per il sindaco uscente Paolo Perrone si tratta "solo di spot elettorale". Ma le ombre sono legate soprattutto alla gestione delle case popolari
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Alla fine, le voci e i sospetti sono diventati un esposto in procura. “100 euro per un voto, 500 per un pacchetto da venti”. A Lecce, la compravendita del consenso avrebbe questi numeri, soprattutto nei quartieri della periferia della città. Molto più dei “buoni pasto delle parrocchie” che, nella vicinaBrindisi, sarebbero serviti per acquistare la preferenza sulla scheda, secondo l’allarme lanciato dal candidato sindaco Giovanni Brigante. Il bubbone è esploso, dunque, anche nel capoluogo salentino, con il colpo di coda della campagna elettorale per le amministrative. Finora veleni incrociati, fatti circostanziati, tanto, troppo, sebbene senza mai un nome dei coinvolti.
Loredana Capone, che si presenta con il centrosinistra, però, ha deciso di prendere carta e penna e formalizzare il tutto in una lettera- esposto alla Procura della Repubblica, al Comando dei Carabinieri, alla Questura di Lecce, oltre che al prefetto Giuliana Perrotta. Si delinea “un quadro molto grave del modus operandi di alcuni candidati e, in generale, un contesto assolutamente a rischio rispetto al corretto evolversi di meccanismi di un consenso autenticamente libero e democratico”. A gettare la pietra nello stagno, qualche giorno fa, era stato il consigliere comunaleFrancesco Cazzella, in corsa con Io Sud a sostegno del sindaco uscente pidiellino Paolo Perrone. Aveva reso di dominio pubblico quello che sempre è stato relegato al non detto. E aveva anche stilato un listino prezzi consueto, con tanto di sconti, agevolazioni o rincari, a seconda che la proposta arrivasse dai candidati o, al contrario, dagli elettori.
Una denuncia resa alla stampa, senza, tuttavia, essere convertita in un atto formale. A farlo ci ha pensato la Capone, tra l’altro vicepresidente in carica della Regione Puglia. Non solo ha chiesto “un intervento tempestivo” e che “le procedure di voto siano monitorate costantemente dalle autorità competenti per scongiurare ogni rischio di inquinamento del voto”, ma si è spinta anche oltre, facendo riferimento direttamente a “circostanziate indicazioni circa l’esistenza del voto di scambio“, per le quali le autorità hanno già ricevuto “dati, nomi e circostanze precise, in molti casi chiaramente indicative di fatti penalmente rilevanti”.
Paolo Perrone, ricandidato con il centrodestra, rispedisce al mittente “questo modo di sparare nel mucchio, nel disperato tentativo di raccattare qualche voto. Gli esposti privi di denunce precise – dice – non servono a nulla, se non a dare visibilità ad una parte politica priva di contenuti. Sono sempre stato disposto ad accompagnare in Procura chi aveva qualcosa e qualcuno da denunciare. Fino a questo momento ho constatato soltanto atteggiamenti puramente scandalistici. Quello diLoredana Capone e dei suoi compagni di partito è l’ennesimo, maldestro, tentativo di esorcizzare l’imminente sconfitta e di spostare l’attenzione sugli scandali, per evitare di parlare di temi e proposte che evidentemente non possiedono”.
Ma nell’esposto si indirizzano gli inquirenti su una pista in particolare, perché si rimanda ad un’altra denuncia depositata dal Pd una settimana fa, quella relativa alla gestione dell’edilizia residenzialepubblica. E’ stato questo il tema per eccellenza dello scontro elettorale, culminato in un episodio inquietante, il proiettile fatto recapitare ad Adelaide Lanzilao, che, in lista con il centrosinistra, aveva sollevato il velo sui disagi delle palazzine della zona 167. Per questo fatto, c’è già un indagato.
Di sicuro, non è un mistero che attorno all’aspettativa dell’assegnazione degli alloggi popolari ruotino illusioni e favori e che il calcagno del consenso sia da rintracciare proprio lì. E di certo non è un caso che nel capoluogo salentino gli assessori alla Casa siano stati solitamente tra i più suffragati. Ad oggi, la realtà dice che da tredici anni manca a Lecce un bando apposito, sebbene legraduatorie avrebbero dovuto essere aggiornate ogni due anni. E che un regolamento per le case parcheggio non esiste. E che l’ex assessore al ramo, Lucio Inguscio, è stato costretto a dimettersi perché scovato a inviare sms ad amici e conoscenti, avvisandoli della imminente pubblicazione del nuovo bando. E, infine, che, negli ultimi mesi, sono state raccolte ben 1400 domande di richiesta di un alloggio pubblico. 1400 famiglie in attesa della nuova graduatoria. Nel bel mezzo dellacampagna elettorale.
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