Scritto il 10/2/12 • nella Categoria: idee
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L’Italia sta male, e domani starà malissimo? Niente paura: il presidente americano applaude. Barack Obama, premio Nobel per la pace reduce della guerra in Libia e attualmente impegnato a preparare in Siria la prossima grande guerra, quella contro l’Iran, plaude allo stratega Mario Monti. E’ il suo uomo, ha le carte in regola: Goldman Sachs, Trilaterale, Bilderberg, Commissione Europea. Il popolo italiano è in buone mani: nessun pericolo che possa far pesare la propria volontà democratica. Nel giugno 2011, coi referendum, avevamo votato per i beni comuni? Perfetto: con Mario Monti, si privatizzerà tutto. Gli italiani volevano la testa di Berlusconi? Be’, l’hanno avuta. E adesso, per favore, subiscano in silenzio il nuovo programma terminale: la fine della sovranità democratica, motivata ovviamente dall’emergenza del debito. Risultato già scritto: declino e crisi infinita.
Se il manistream racconta favole quotidiane – il buon governo dei saggi che fa crollare lo spread, quasi che la finanza fosse un’entità incorporea e magica, e non un’orchestrazione criminale di poteri occulti che ammassano miliardi spennando popoli – sul web sono tutti bravissimi ad azzardare analisi documentate, smascherando l’impostura: quello che viene abilmente contrabbandato come “risanamento”, e accolto con quasi unanime sollievo dopo gli anni impresentabili del club di Arcore, è la vera punizione. Gli eccessi autocratici del piccolo satrapo milanese non erano niente, in confronto a quello che verrà. Semmai, il super-potere può ringraziare quello che Beppe Grillo chiamava lo “psico-nano”: senza il suo impareggiabile avanspettacolo, l’anonimo e grigio giustiziere Mario Monti non avrebbe mai potuto ottenere i pieni poteri, per conto dei signori delle banche. Obiettivo: fare piazza pulita, una volta per tutte, di cinquant’anni di democrazia italiana: malfunzionante, occupata militarmente dai partiti, ma pur sempre democrazia.
Con la sola eccezione della Lega Nord, i partiti-fantasma – rassegnati all’inciucio “patriottico” officiato dal Quirinale – ora studiano una nuova legge elettorale meno indecente dell’attuale, ma comunque sufficiente a tenere lontani gli italiani dalla possibilità di eleggere davvero il Parlamento. Eppure sono ormai piccole manovre: dal 1° gennaio 2013, avverte Paolo Barnard, promotore del primo summit mondiale sulla Modern Money Theory, grazie al nuovo dispositivo europeo chiamato “Fiscal Compact”, la capacità autonoma di spesa di ogni Stato europeo sarà ridotta praticamente a zero: l’ente pubblico non potrà spendere per i cittadini più di quanto i cittadini non gli diano in tasse. Faremo bingo, profetizzò nel lontano 1943 il francese François Perroux, quando saremo riusciti a privare gli Stati della loro ragion d’essere, cioè la capacità di spesa.
Ci raccontano che il problema è il debito? Mentono: il problema è la privatizzazione del debito pubblico, messo all’asta sul mercato finanziario mondiale, e non più negoziabile mediante una autonoma politica monetaria. Fino a quando uno Stato dispone di moneta sovrana, dicono gli economisti americani che hanno salvato l’Argentina dal default, mantiene capacità pressoché illimitate di copertura e di spesa strategica per favorire domanda e occupazione, generando quindi le risorse necessarie a rimediare a qualunque difficoltà. Nessuna speranza dunque per l’Europa, dominata dalla dittatura della Commissione, governo onnipotente di tecnocrati non eletti da nessuno, a servizio esclusivo dei poteri forti tramite il sistema-prigione dell’euro, moneta che gli Stati sono costretti a prendere a presto (a caro prezzo) dalla Bce: con tanti saluti alla sovranità, e senza che i popoli abbiano mai avuto la minima possibilità di fermare, con un solo voto democratico, questa spirale neo-feudale.
Se Barnard insiste sul problema cruciale della sovranità monetaria, da cui fa discendere ogni altra forma di cittadinanza democratica, non si può trascurare che la grande crisi non è solo finanziaria: sono in moltissimi a ripetere che il sistema industriale dell’Occidente, esteso al resto del mondo con la globalizzazione, ha ormai i giorni contati. Dietro l’angolo, prima ancora della crisi energetica destinata ad esplodere col superamento del picco del petrolio e l’esplosione demografica di paesi-continente come la Cina e l’India, c’è la crisi climatica che, secondo le Nazioni Unite, genererà migrazioni bibliche e catastrofi economiche a causa del progressivo inaridimento dei suoli a partire dall’emisfero meridionale della Terra. Questi, in teoria, sarebbero i problemi coi quali dovrebbe misurarsi la politica: perché in ogni più piccolo paese si riflettono le carenze e le speculazioni irresponsabili di chi dovrebbe affrontare con ben altra serietà la governance planetaria.
Limiti fisiologici della crescita? Sorridono, i super-potenti, di fronte alle obiezioni di un eco-economista come Latouche. E Mario Monti, sbiadito discepolo dell’oligarchia finanziaria mondiale, responsabile dell’attuale disastro, ripete come un disco rotto la sua triste barzelletta: massacrare gli italiani produrrà crescita. Non importa se a smentirlo è un premio Nobel per l’economia come Paul Krugman, secondo cui il rigore non può che debilitare il malato, fino ad ucciderlo. Krugman? Per Barack Obama e Mario Monti, evidentemente conta ancora meno di Latouche. E se questo è l’orizzonte internazionale, gli italiani sono completamente neutralizzati: possono infatti scegliere tra Bersani, che sorregge Monti, e gli eredi di Berlusconi, anch’essi sostenitori di Monti. Altra opzione: restare a casa, disertando le urne. Ipotesi che ormai, secondo i sondaggi, tenta seriamente quasi un italiano su due.
Fra quanti non si rassegnano a questo sostanziale suicidio democratico c’è un valoroso giornalista come Giulietto Chiesa, le cui denunce internazionali – come quella sulle incredibili menzogne dell’11 Settembre – lo hanno spinto sul terreno diretto della politica, con una motivazione lacerante: l’enorme vuoto politico che minaccia l’Italia. Bersani e Berlusconi? Sono praticamente la stessa cosa, obbediscono ai medesimi poteri forti che – attraverso Napolitano – hanno messo in campo Monti. E se non ci sarà un risveglio democratico, il futuro nuovo governo non avrà scelta: dovrà obbedire a Bruxelles, rinunciando a governare direttamente l’Italia. Possiamo fare qualcosa? Ce lo meriteremmo, dice Giulietto Chiesa, perché a votare per i beni comuni, nel giugno 2011, è stata la maggioranza assoluta: il 53% del corpo elettorale. E dunque?
Inutile illudersi che 50 milioni di persone riescano a mobilitarsi in modo permanente: occorre una struttura politica organizzata, che consenta a quei 50 milioni di tornare a partecipare alla vita democratica. Da sola, la democrazia diretta non è praticabile: serve «un intreccio fecondo tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta», grazie a «nuove forme di partecipazione». Per opporre resistenza allo sfacelo della democrazia, serve una massa critica sufficiente: «Non basta la sommatoria di mille esperienze separate: questo avremmo dovuto capirlo da tempo, in molti». Circoli, club, associazioni, movimenti: milioni di italiani, che non si riconoscono nell’attuale offerta politica. «Non mi stanco di ripeterlo: dobbiamo unirci», insiste Giulietto Chiesa, «perché la crisi sta arrivando a grandi falcate, con la sua lama tagliente che ci scarnificherà tutti, se non sapremo difenderci».
E mentre l’Italia sta per crollare, giornali e televisioni tentano di raccontare che il peggio è passato: il radar è già praticamente oscurato. «I tempi non saranno molto lunghi: coloro che ci stanno portando al disastro ci stanno portando anche alla guerra, e dobbiamo sapere che possiamo trovarci, d’un tratto, in una situazione di gran lunga più grave di quella di adesso». Potrebbe mancarci il tempo di capire, il modo di organizzare un’autodifesa. L’unica cosa certa è che, restando in ordine sparso, la sconfitta sarà garantita. Vinceranno i poteri forti: quelli che ieri lucravano al riparo della “casta”, che oggi progettano grandi affari con Mario Monti e che domani chiuderanno il destino dell’Italia direttamente negli uffici di Bruxelles e Francoforte. Dobbiamo prepararci a difenderci da soli, avverte Giulietto Chiesa, perché nessuno verrà in nostro aiuto: «Siamo in tanti, ma siamo divisi: dobbiamo risolvere questo problema, per il nostro bene». Fin che ci resta la Costituzione democratica, abbiamo ancora una possibilità. Una sola, l’ultima.
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